Al di là della sua importanza relativa alla catena di trasporto degli elettroni mitocondriale, quindi per la produzione di ATP, il rame è coinvolto
in una ampia varietà di processi metabolici necessari alla corretta attività cerebrale (tabella I).
Tabella I. Proteine leganti il rame e loro attività a livello cerebrale.
Proteina Funzione
HAH1(Human Atox1 Homologue)
Chaperone del rame citosolico responsabile del rifornimento delle ATP7A e B
ATP7A ATPasi di tipo P, che rifornisce di rame le proteine di secrezione
ed il circolo sanguigno, ritenuta implicata nella modulazione della risposta del recettore dell’NMDA
CCS Chaperone citosolico del rame addetto al rifornimento del
metallo della SOD1 Cu, Zn superossido dismutasi
(SOD1) Enzima antiossidante, catalizza la dismutazone dell’anione superossido Ceruloplasmina (Cp) Ferrossidasi principale proteina a rame del siero
Dopamina β monoossigenasi
(DBM) Enzima producente la noradrenalina mediante idrossilazionedella dopamina Monoossigenasi peptidilglicina
α-amidante (PAM)
Fondamentale per la attivazione di vari neuropeptidi
β -secretasi (BACE1) Aspartico proteasi responsabile del taglio proteoliticodell’APP nel sito β
Proteina precursore del peptide β-Amiloide (APP)
Proteina in grado di legare il rame e probabilmente implicata nella regolazione dei livelli di rame nel cervello
Proteina prionica (PrP) Proteina localizzata nei sinaptosomi, probabilmente implicata nella modulazione dei livelli di rame nelle sinapsi
Come ogni altro distretto corporeo, i neuroni e la glia producono SOD1, un enzima ubiquitario prevalentemente localizzato nel citoplasma e alla quale, è stato dimostrato, può essere associato il 25% del rame totale nel cervello di ratto (Prohaska, 1987). La SOD1 è prevalentemente un enzima antossidante dal momento che è in grado di dismutare con un’elevata
efficacia l’O2-. Nel cervello comunque è anche presente una forma
extracellulare di questa proteina, anch’essa contenente rame (ECSOD o SOD3), la quale è stata individuata anche nel liquido cerebrospinale (Jacobsson et al., 2001). La SOD3 è una glicoproteina tetramerica che può aderire alla membrana cellulare interagendo con polianioni, come ad esempio l’eparan solfato. Ne sono note tre isoforme e vengono distinte in relazione alla loro capacità di legare l’eparina (Marklund, 1982). La
l’NO, in modo tale da controllare il tono e la risposta agli stimoli dei vasi sanguigni, e promuovere la vasodilatazione mediata dall’NO (Demchenko et
al.,2002). Recenti studi suggeriscono un importante ruolo per il rame anche
per quanto riguarda l’eccitabilità neuronale, è infatti noto che ioni rame sono rilasciati alle sinapsi dai neuroni ipotalamici secondo un meccanismo calcio dipendente (Colburn e Maas, 1965; Hartter e Barnea, 1988). La concentrazione minima di rame che è stata stimata essere rilasciata dai sinaptosomi corticali in seguito alla depolarizzazione è circa 100 µM (Kardos et al., 1989). Il rame è stato anche proposto quale antagonista ad alta affinità e dipendente dal voltaggio per il recettore dell’NMDA del glutammato in colture cellulari di neuroni ippocampali sia di topi che di ratti (Vlachovà et al.,1996). Recentemente Gitlin e i suoi collaboratori hanno proposto un meccanismo mediante il quale il rame agisce da modulatore della trasmissione nervosa, poiché il suo rilascio dai neuroni regola l’attività dei recettori per l’NMDA (Schlief et al., 2006).
Questo gruppo di ricerca ha evidenziato in neuroni ippocampali primari
che l’ingresso del Ca2+ attraverso il recettore dell’NMDA induce il
trafficking rapido, reversibile (e indipendente dal rame) della ATP7A provocando l’accumulo di rame nel compartimento peri-plasmatico, generando così un pool di metallo scambiabile. Il rilascio del rame sarebbe in grado di bloccare il recettore dell’NMDA, probabilmente mediante
nitrosilazione, che limitando l’ingresso nella cellula del Ca2+ è in grado di
prevenire l’insulto eccitotossico in grado di indurre la morte cellulare.
L’enzima a rame dopamina β-monoossigenasi (DBM) (Tabella I) è una glicoproteina tetramerica coinvolta nella sintesi del neurotrasmettitore noradrenalina dalla dopamina. La reazione di idrossilazione del carbonio β della dopamina consuma ossigeno e richiede la presenza dell’ascorbato quale cofattore. Questo enzima fa parte delle vescicole deputate all’imagazzinamento delle catecolamine nelle cellule cromaffini della medulla surrenale e nei neuroni adrenergici nel sistema nervoso centrale e periferico. Essa presenta una distribuzione zonale nel cervello che è correlabile alla presenza dei neuroni noradrenergici, come ad esempio nel
locus coeruleus, nell’ipotalamo posteriore e nel tronco encefalico (Cimarusti et al., 1979). L’importanza rivestita di questo enzima, inoltre, viene
evidenziata dal fatto che topi transgenici deleti del gene che codifica per la DBM non risultano vitali (Thomas et al., 1995).
Un altro enzima rame dipendente, strettamente associato al sistema nervoso centrale e omologo alla DBM, la monoossigenasi peptidilglicina α- amidante (PAM), individuabile nelle vescicole secretorie della ghiandola
pituitaria ed espresso sia nei neuroni che negli astrociti. La PAM catalizza i due passaggi dell’amidazione del C-terminale dei precursori peptidici che presentano residui esterni di glicina, una modificazione essenziale per l’attivazione di molteplici neuropeptidi responsabili di numerosi processi biologici (ricordiamo tra questi l’ossitocina, la vasopressina, la gastrina e la calcitonina) (Eipper et al., 1983). La reazione può iniziare all’interno del complesso di Golgi, tuttavia si sviluppa prevalentemente all’interno dei granuli secretori. La PAM lega il rame in due siti distinti, non equivalenti (CuA e CuB) del dominio idrossilante la peptidilglicina in posizione α, ed entrambi risultano critici per la corretta attività enzimatica. Il core catalitico di 395 aminoacidi della PAM, inoltre, presenta il 28% di omologia con la regione corrispondente della DBM (Southan e Kruse, 1989). Studi condotti in Saccharomyces hanno stabilito il ruolo cardine del trasportatore del rame della via secretoria Ccc2 e dello chaperone citosolica Atx1 (omologhi rispettivamente dell’ATP7A e di HAH1) nel rifornire del metallo il core catalitico della PAM (El Meskini et al., 2003).
L’importanza del rame nel cervello si manifesta in altri due processi fondamentali quali la mielinazione e la sinaptogenesi; è stato infatti riscontrato che entrambi questi processi risentono di ridotti livelli di rame (Prohaska e Wells, 1975; Zimmerman et al., 1976; El Meskini et al., 2007), tuttavia il preciso meccanismo che lo vede coinvolto non è a stato ancora chiarito. Le evidenze più importanti sono state riscontrate in studi condotti su topi in cui un deficit sistemico del rame viene indotto farmacologicamente, mediante l’uso del cuprizone, un chelante specifico del metallo. La carenza di rame generata provoca demielinazione e una riduzione dell’espressione dell’mRNA di enzimi coinvolti nella sintesi dei lipidi della mielina: la ceramide galattosio transferasi per la cerebroside e la idrossimetilglutaril-CoA reduttasi per il colesterolo (Jurevics et al., 2001). Una perdita dell’integrità della mielina nei nervi periferici è stata osservata anche in seguito al trattamento di animali con altri chelanti del rame, come il N,N-dietilditiocarbammato (DEDC) o la pirrolidina ditiocarbammato (PDTC) (Valentine et al., 2007). L’ipomielinazione si presenta anche nel sistema nervoso centrale di animali con bassi livelli sistemici di rame, laddove risulta alterata anche la composizione di acidi grassi poliinsaturi dei fosfolipidi del tessuto nervoso centrale (Sun et al., 1992). L’ipomielinazione è solo una delle espressioni della mielopatia, la quale rappresenta la manifestazione più comune di disturbo neurologico causata dalla carenza di rame. Sulla base della similitudine con la degenerazione combinata subacuta della spina dorsale dovuta a carenza di cobalamina (vitamina B12), è
possibile ipotizzare che la metionina sintasi e l’adenosilomocisteina idrolasi, le quali sono implicate nella sintesi della mielina, oltre ad essere dipendenti dalla cobalamina possono essere in qualche modo regolate anche dal rame (Winston e Jaiser, 2008).
Le implicazioni del rame nella funzionalità cerebrale non si fermano qui. Recentemente è stato dimostrato infatti, che l’Enzima 1 responsabile del taglio proteolitico dell’APP nel sito β (BACE1), un’aspartico proteasi di membrana coinvolta nella formazione del peptide Aβ, è in grado di legare il rame con un’alta affinità mediante un dominio ricco in cisteine. BACE1 è una proteina transmembrana di tipo I di 501 aminoacidi, il suo dominio citosolico presenta due siti attivi i cui motivi contengono la classica sequenza delle aspartico proteasi (D T/S G T/S) (Citron, 2002). È stato inoltre dimostrato mediante saggi di co-immunoprecipitazione da estratti ottenuti da cervello di ratto che il dominio citosolico è in grado di interagire direttamente con lo chaperone del rame CCS; a supporto di tali risultati inoltre è stato osservato che l’overespressione di BACE1 è in grado di ridurre l’attività della SOD1 in cellule CHO (cellule di ovaio di criceto cinese), attuando una sorta di competizione per il pool di rame disponibile (Angeletti et al., 2005).
L’influenza del rame è notevole anche nella regolazione della corretta omeostasi del ferro nel cervello, dal momento che è il cofattore della ferrossidasi ceruloplasmina (Cp). Questo enzima è una glicoproteina monomerica, la quale al fine di funzionare correttamente richiede la presenza di 6 atomi di rame; quella presente nel siero, dove lega il 95% del rame circolante, è prodotta nel fegato e riceve il rame dalla ATP7B nella via secretoria del rame degli epatociti, prima che venga riversata nel siero. Per tale motivo un malfunzionamento dell’ATP7B come avviene nella malattia di Wilson provoca la riduzione dell’attività della Cp. L’attività ferrossidasica della ceruloplasmina è fondamentale per il trasporto del ferro, infatti, solo il
Fe3+ può legarsi al suo trasportatore specifico transferrina. L’importanza
della attività di questa proteina a rame viene messa drasticamente in mostra in una patologia autosomica e recessiva chiamata aceruloplasminemia; tale patologia infatti, è caratterizzata da mutazione del gene codificante l’enzima e attività enzimatica ridotta o addirittura assente, cui è associata una pronunciata degenerazione, verosimilmente causata dall’accumulo eccessivo di ferro nel cervello e conseguente stress ossidativo (Harris et al., 1998). La Cp del siero non è in grado di attraversare la barriera emato-encefalica se questa è integra. Comunque, la Cp è secreta anche dalle cellule dell’epitelio del plesso corioideo, raggiungendo così il liquido cerebrospinale; inoltre,
esiste una ulteriore forma di Cp, risultato di uno splicing alternativo del gene da cui è codificata, agganciata mediante un’ancora di glicosilfosfatidilinositolo (ancora GPI) alla membrana degli astrociti (Patel
et al., 2000).
2.4 La neurodegenerazione nelle due malattie genetiche associate ad