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È noto ormai da tempo che il cervello mostra livelli di rame ben più alti rispetto agli altri organi (Nalbandyan, 1983); questo metallo non solo è il cofattore di numerosi enzimi ma è anche rilasciato ad alte concentrazioni nelle sinapsi durante la trasmissione nervosa. Un ulteriore passo avanti nella comprensione della reale importanza del rame nella funzionalità cerebrale si è avuta con la scoperta del suo fondamentale ruolo nella regolazione della trasmissione nervosa glutammatergica (Schlief et al., 2005). Al fine di un corretto sviluppo dell’architettura del cervello e della sua funzionalità, sono richiesti livelli adeguati del metallo, e ciò è stato dimostrato analizzando la prole di animali alimentati in carenza di rame (Prohaska e Wells, 1975). A sottolineare la notevole importanza di cui il rame è investito nelle attività del cervello, basti pensare che le due malattie genetiche associate a disturbi nell’omeostasi di questo metallo (la malattia di Menkes e quella di Wilson) sono altresì caratterizzate da neurodegenerazione. Una gran moltitudine di studi, inoltre, descrive in dettaglio le modalità in cui il metallo viene legato da proteine che sono molto abbondanti nel sistema nervoso centrale, come la proteina precursore del β-amiloide o la proteina prionica, che per questo sono considerate parte del complesso meccanismo incaricato del corretto impiego del rame nel cervello (Multhaup et al., 1996; Brown et al., 1997). Il fatto che l’instabilità o l’alterata proteolisi di queste due proteine sia associata all’insorgenza di patologie neurodegenerative, avvalora l’ipotesi che una manipolazione non corretta di questo metallo di transizione possa in qualche modo essere coinvolta nell’insorgenza e/o nella progressione di processi neurodegenerativi.

L’importanza evoluzionistica del rame nei sistemi biologici risiede nella sua caratteristica di potersi alternare tra la sua forma ridotta, Cu1+, e quella

ossidata, Cu2+. Ciò, infatti, lo rende un cofattore enzimatico ideale nella

catalisi di una vasta gamma di reazioni biochimiche che prevedono ossidoriduzioni. Come conseguenza di un suo deficit infatti si possono riscontrare difetti nella respirazione, nella detossificazione o nella sintesi di neurotrasmettitori, tutti processi necessari alla funzionalità cerebrale e non solo. D’altro canto però, se il rame fosse in eccesso o non fosse correttamente legato alle proteine, la sua reattività incontrollata potrebbe

catalizzare reazioni tra anione superossido (O2-) e perossido di idrogeno

(H2O2), due intermedi fisiologici della riduzione dell’ossigeno molecolare ad acqua, in quella che viene chiamata reazione di Haber-Weiss che dà origine

al radicale idrossilico (OH.), una specie ancor più reattiva e pericolosa (figura 1) (Halliwell e Gutteridge, 1990).

O2-+ Cu2+ → O 2 + Cu1+ H2O2 + Cu1+ → OH-+ OH. + Cu2+ O2.- + H 2O2 → OH-+ OH.+ O2 Reazione di Haber-Weiss Reazione di Fenton

Figura 1. Rappresentazione schematica delle reazioni osidoriduttive di Fenton ed Haber-Weiss che vedono il coinvolgimento dell’attività catalitica del rame.

L’O2-, l’H2O2 e l’ OH. insieme vengono definite specie reattive

dell’ossigeno (ROS) e, soprattutto nel cervello, possono indurre l’aumento della Ossido Nitrico Sintasi inducibile (iNOS) e l’azione della Ossido Nitrico Sintasi neuronale (nNOS) entrambe responsabili della produzione del radicale ossido nitrico (NO), mediante la conversione catalitica dell’arginina in citrullina (figura 2).

L’NO è un mediatore fisiologico della trasmissione glutammatergica, la quale, in condizioni di iperattività, si pensa possa essere coinvolta nel fisiologico processo neurodegenerativo che colpisce il cervello durante l’invecchiamento e nelle patologie neurodegenerative tipiche dell’età adulta (Beal, 1995).

Figura 2. Reazione catalizzata dalle ossido nitrico sintasi (NOS) che vede la formazione di ossido nitrico (NO) dalla conversione di L-arginina in L-citrullina.

L’NO può reagire con l’O2- per formare il perossinitrito (ONOO-),

direttamente con i metalli di transizione generando dei complessi, o con i tioli presenti nelle cellule a dare origine ad S-nitroso-tioli, tutti prodotti che vengono definiti specie reattive dell’azoto (RNS). Quando i ROS o gli RNS vengono prodotti in eccesso e superano le difese dei sistemi biologici atte a contrastarli, possono provocare danni ossidativi a lipidi, proteine ed acidi nucleici alterandone la struttura e danneggiandone la funzionalità, alterando anche altri aspetti del normale metabolismo cellulare, mediante quello che viene definito “stress ossidativo o nitrosativo”, che in ultima istanza può provocare anche la morte cellulare (Stamler et al., 1992). Per far fronte allo stress ossidativo di cui il rame, come abbiamo visto, può esser artefice i sistemi biologici hanno sviluppato un complesso “sistema di difesa antiossidante” comprendente non solo enzimi come la superossido dismutasi a rame e zinco (SOD1) o la superossido dismutasi a manganese mitocondriale (MnSOD o SOD2), la catalasi o la glutatione gerossidasi, ma anche composti a basso peso molecolare (ad esempio le vitamine E e C o il tripeptide glutatione (GSH)) in grado di interrompere le reazioni radicaliche (figura 3).

Indicatori di questo tipo di stress cui sono soggette le cellule sono le proteine carbonilate e le 3-nitrotirosine, per i danni ossidativi alle proteine; le sostanze reattive all’acido tiobarbiturico (TBARS) e il 4-idrossi-2-trans- nonenale (HNE) sono indice dell’avvenuta per ossidazione lipidica; mentre l’8-OH-2′-deossiguanosina invece, indica l’ossidazione del DNA (Halliwell

e Gutteridge, 1990; Butterfield et al., 2007). Questi marcatori di stress sono facilmente riscontrabili in vari fenomeni neurodegenerativi che colpiscono il cervello. H2O2 + O2- OH-+ OH. + O2 FONTI FISIOLOGICHE DANNI MITOCONDRIALI STRESS OSSIDATIVO MORTE CELLULARE NEURODEGENERAZIONE Cu PROTEZIONE NON ENZIMATICA GSH TOCOFEROLO ASCORBATO FLAVONOIDI CATALASI GLUTATIONE PEROSSIDASI H2O + O2 H2O + GSSG PROTEZIONE ENZIMATICA SOD1 O2- SOD2 H2O2 + O2

Figura 3. Lo stress ossidativo ed i meccanismi di difesa antiossidante. SOD1: superossido

dismutasi a rame e zinco; SOD2: superossido dismutasi a manganese; GSH/GSSG: glutatione ridotto/ossidato.

Il metabolismo del cervello comprende numerose reazioni e meccanismi in grado di generare ROS, come ad esempio l’ossidazione della dopamina da parte della monoamina ossidasi (Spina e Cohen, 1989), inoltre il tessuto nervoso contiene un’elevata concentrazione di agenti in grado di ridurre

fisiologicamente il Cu2+, tra cui l’ascorbato, il colesterolo o la dopamina

stessa, che possono alimentare l’azione nociva del rame. In più và tenuto presente che il cervello possiede un elevato metabolismo aerobio, che può quindi essere una costante fonte di ROS. Il cervello, infatti, utilizza circa il 20% di tutto l’ossigeno consumato dall’intero organismo per la produzione di ATP nei mitocondri, dove, fisiologicamente, circa il 2% dell’ossigeno viene ridotto in modo incompleto ad O2- a causa della perdita di elettroni che può avvenire a livello dei complessi I e III della catena di trasporto degli elettroni (Richter et al., 1997).

È per questo motivo che in condizioni di rame in eccesso o non adeguatamente controllato i mitocondri delle cellule neuronali possono

essere particolarmente suscettibili alla formazione e all’azione di OH.. A

supporto di questo fenomeno, infatti, numerose ricerche hanno riscontrato notevoli danni ai mitocondri nei processi neurodegenerativi, in cui spesso rappresentano un bersaglio precoce di questi meccanismi patologici (Rossi et

al., 2004). D’altro canto, va comunque evidenziato che anche una ridotta

disponibilità di rame può provocare un deficit energetico e ingenti danni ai mitocondri; soprattutto perché il rame è fondamentale per la corretta funzionalità della citocromo c ossidasi, il complesso IV della catena di trasporto degli elettroni. In condizioni di ridotta disponibilità del metallo, il blocco a valle della catena di trasporto degli elettroni provoca un aumento del flusso di O2- causato dalla fuoriuscita di elettroni dalla catena a livello dei complessi I e III, provocando un aumento delle specie ossidanti. Allo stesso tempo però, dal momento che il rame è il cofattore del principale enzima antiossidante, la SOD1, in condizioni di ridotti livelli di rame le cellule neuronali sono soggette ad un forte insulto ossidativo causato dal concomitante incremento dei ROS, dovuto al malfunzionamento della catena di trasporto degli elettroni, e dall’inattivazione della SOD1, che non è più in grado di contrastarne gli effetti tossici.

Alla luce di quanto descritto finora risulta fondamentale quindi il mantenimento della corretta omeostasi del rame che viene garantita da una fitta rete costituita da proteine, chiamate “chaperoni del rame”, che regolano in modo molto stretto l’ingresso e l’espulsione di questo metallo dalle cellule, nonché la sua corretta distribuzione agli enzimi a rame (Huffman e O’Halloran, 2001), sia a livello sistemico sia intracellulare.