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CAPITOLO IV Il profilo del giovane consumatore mediale

2006 2009 2011 Persone con diete solo audiovisive

4. La dieta mediale dei nuovi narratori digitali.

Per dieta mediale si intende la distribuzione, quantitativa e qualitativa, del consumo dei vari tipi di media in un determinato arco temporale. Il termine “dieta”, come altre espressioni utilizzate per designare nuovi campi di azione dei giovani, è “importato” da un'altra area di studio: le scienze dell’alimentazione. Indagare il significato semantico della parola ci aiuta a ricostruire la metafora 97 della “dieta mediale”. Nell’antica medicina greca, con il termine dieta si indicava il complesso delle norme di vita (alimentazione, attività fisica, riposo ecc.) atte a mantenere lo stato di salute. Nell’accezione moderna, la dieta è una prescrizione alimentare ben definita, in termini qualitativi e quantitativi, mirante a correggere particolari condizioni cliniche a scopo terapeutico, preventivo o sperimentale (Treccani, 2013)98. A tal fine le scienze dell’alimentazione nell’indicazione di una dieta prendono in considerazione molteplici elementi di ordine non solo individuale (età, sesso, statura, peso corporeo ecc.), ma anche ambientale, ecologico, economico, e sociale. In sintesi il termine “dieta” rimanda alla personalizzazione di un percorso alimentare in base alle esigenze individuali (età, peso ideale, attività fisica, ect.) in riferimento ad un “genere” di dieta (mediterranea, iposodica, ipocalorica, ect.). Traslando il significato del termine “dieta” e accostandolo al termine “mediale”, con l’espressione “dieta mediale” si designa il regime mediale o consumo di media dei

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Per il significato di metafora cfr. nota 88.

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giovani. Dalle indagini statistiche (Istat, Censis) e dalla ricerche etnografiche (Ito et al., 2008; 2010) l’ingrediente di base della dieta dei giovani è Internet.

L’ingrediente di base della dieta mediale che i nativi digitali consumano sono i bit di informazione e comunicazione che gestiscono, fruiscono e producono attraverso il loro strumento di comunicazione preferito: Internet. (Ferri, 2011, p.21).

Anche l’ultima indagine Istat (2013) rileva un picco di utilizzo di internet nel corso di 8 anni (dal 2006 al 2013) da parte dei giovani di età compresa tra gli 11-14 anni ma soprattutto tra i 15 e i 19 anni. I giovani utilizzano internet in circa 67-68 famiglie su cento del 2008 e in circa 89-90 su cento nel 2013.

Figura 17Uso del personal computer e di internet da parte di persone dai 3 – 6 anni in su. Valori per 100 famiglie della stessa zona.

Fonte: Istat (2013), Cittadini e nuove tecnologie, p.7.

Notiamo anche che l’uso di internet registra una percentuale maggiore rispetto all’uso del personal computer. Questa dato significa che i giovani accedono a internet non più soltanto da postazioni fisse (computer) ma anche da altre postazioni mobili. Per sintetizzare i giovani utilizzano internet in mobilità. Bambini, preadolescenti e teenager, infatti usano le tecnologie digitali non solo negli spazi comuni: (casa, studio di papà e mamma) ma attraverso dispositivi mobili (cellulari, consolle per videogiochi, ipod, ipad, iphone) e reti wireless. I nativi sono sempre più

CAPITOLO IV Il profilo del giovane consumatore mediale

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Ricerche etnografiche sul consumo mediale (Ito et al., 2008; 2010) Istat (2013)

Ferri (2012) Rivoltella (2006)

“mobili” (Ferri, 2012, p. 23) e accedono ad internet in “luoghi terzi e personali” al di fuori dei tradizionali confini della casa e della scuola. Assistiamo a quella che Ferri (2012) chiama la “svolta verso il mobile” che mette i genitori e gli educatori di fronte alla sfida della nuova cultura “partecipativa” (Jenkins, 2006) di cui i giovani sono protagonisti. Gli elementi che emergono dall’ indagine nazionale Istat del 2013 e dalla ricerca condotta da Rivoltella (2006) e Ferri (2012) e che caratterizzano la dieta mediale sono:

1. la personalizzazione della dieta; 2. la “mobilità” della dieta.

Dal confronto tra i dati e le ricerche nazionali e le ricerche etnografiche condotte dal gruppo di ricerca coordinato dall’antropologa giapponese Ito (2008; 2010) si delinea un “genere” di dieta mediale giovanile costituito da quattro variabili: 1. la personalizzazione del consumo; 2. la svolta mobile nel consumo; 3. i “generi di partecipazione” nel consumo dei media; 4. l’approccio ecologico al consumo dei media.

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La prospettiva di personalizzazione del consumo mediale riguarda le variabili personali: età, hobby, reti di amicizie, interessi che influenzano l’uso dei media da parte dei giovani. La variabile “amicizia” e “interesse” determina due modalità di consumo interest driven e friendship-driven (Ito, 2010).

La mobilità riguarda i comportamenti di consumo di internet, dei social network (Facebook, Twitter) e di altre applicazioni di comunicazione (WathsApp, Messenger) de-localizzate. Appare ormai superata l’idea di un luogo fisso di consumo: esistono infatti diversi contesti di fruizione e una molteplicità di attività di consumo culturale. Anche l’idea che la fruizione mediale sia un processo lineare è messa in crisi dalla nuove modalità di fruizione. Ad esempio la semplice azione di guardare la televisione o di ascoltare la radio si è trasformata nell’azione di guardare la TV mentre si ascolta un brano musicale e si commenta uno stato su Facebook. Inoltre, la localizzazione degli strumenti tecnologi in postazioni fisse, che caratterizzava gli ambienti domestici sino 5 anni fa (tv in salotto o in cucina, computer nello studio, ect.), favoriva dinamiche, interazioni e discorsi sociali. Al contrario l’uso “mobile” dei media ovvero in “luoghi terzi e personali”, rimanda ad una dimensione personale ed individuale di consumo mediale.

I generi di partecipazione e l’approccio ecologico ai media rappresentano due paradigmi interpretativi delle modalità di consumo dei media. I giovani consumano media in modo partecipativo ed ecologico. Il consumo si declina in due modi come consumo “partecipativo” ossia orientato a comportamenti di natura partecipativa: comunicare con i pari, condividere interessi, negoziare conoscenze, ricercare informazioni, iscriversi ai social network, e come consumo “ecologico” orientato non ad un singolo media o ad una singola funzione ma ad un uso sistemico dei media e delle rispettive funzionalità. Per intenderci i giovani consumano più media contemporaneamente (multitasking) e li scelgono in base ad un sistema di interdipendenza delle funzioni. Per esempio usano nello stesso momento il cellulare e il computer per più funzioni: comunicare e collegarsi ad internet in una dimensione sistemica. La dieta mediale dei giovani, inoltre risulta, in maniera sistemica, continuamente ristrutturata da nuove combinazioni di prodotti comunicativi.

172 CONCLUSIONI

Il lavoro di tesi sin qui presentato riassume il periodo di ricerca e di lavoro svolto presso il laboratorio ERID dell’Università degli Studi di Foggia. Sono stati anni di intensa formazione e di lavoro orientati allo studio delle applicazioni del metodo del digital storytelling in particolare nell’ ambito didattico e in quello della ricerca. Il digital storytelling oltre ad essere usato come metodologia didattica innovativa orientata alla sinergia espressiva e alla contaminazione di codici tipici delle nuove generazioni, è usato come metodo di documentazione narrativa delle pratiche di produzione e consumo mediale dei giovani all’interno di contesti educativi. Produrre e consumare artefatti multimediali significa attribuire significati. Il consumo mediale, così, veicola i modi del significato, le pratiche individuali e sociali di consumo. Studiare le “narrazioni” digitali che raccontano l’esperienza d’uso (customer user experience) dei media significa intercettare le pratiche di consumo e studiare i significati che veicolano i più comuni gesti di consumo mediale. Significa studiare i filtri stilistici nell’opera di continua ri-mediazione di immagini, foto e video operata dai “consumatori mediali” per studiare le narrazioni digitali (digital stories) come costruzioni selettive che riflettono un’intenzionalità capace di raccontare uno stile di uso/consumo mediale.

La tesi incentrata sullo studio delle pratiche adottate dai tweens nell’uso/consumo dei media propone un approccio di ricerca narrativo ed etnografico. La ricerca fa ricorso al metodo etnografico, non semplicemente applicandolo alle esperienze didattiche realizzate nelle varie scuole, ma (ri-)costruendolo attorno ad esse, e giungendo, così, a svilupparne una personale declinazione dello stesso.

Lo studio riporta i principali risultati raggiunti dalle ricerche nazionali e internazionali sul tema del consumo mediale, in particolare del mondo degli adolescenti, confrontandoli con la letteratura di settore (quadro teorico e best practices) e con situazioni reali di consumo mediale rilevate dalle esperienze didattiche realizzate sul territorio al fine di definire una tipologia generale di “dieta” mediale giovanile.

E se come sostiene Backingham (2006) “la produzione è una parte centrale della media education” (Ivi, p. 151) produrre narrazioni digitali potrebbe rappresentare uno degli elementi chiave nella progettazione di percorsi di educazione mediale. Inoltre la produzione di storie è intrinsecamente sociale: in primo luogo viene svolta in gruppi di lavoro mettendo in atto strategie di apprendimento collaborative; in secondo luogo il processo di produzione è supportato da dinamiche di condivisione

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delle storie attraverso l’uso di ambienti tecnologici come ad esempio i social network che consentono agli utenti di “diventare critici” e di “diventare creativi” (Ivi, p. 121 e p. 137). E se “la produzione dei media contempla la selezione e la combinazione degli avvenimenti, rendendo i fatti “storie” e creando personaggi” (Ivi, p. 77), collaborare con le istituzioni scolastiche per promuovere competenze narrative attraverso un “fare mediale” significa rafforzare la capacità di selezionare e combinare media per costruire storie e personaggi che raccontano un nuovo modo di essere al mondo.

Nel corso della ricerca dal carattere interdisciplinare, è stata affrontata una riflessione teorica sui temi legati al consumo mediale e al digital storytelling, alla quale è stata affiancata un’attività di natura prototipale, finalizzata allo sviluppo di un protocollo etnografico di digital storytelling utile alla definizione di dieta “generale” dei consumi mediali dei giovani.

Tra i principali risultati del lavoro di ricerca si segnala:

 Un modello di progettazione didattica del digital storytelling che faciliti il processo di costruzione attiva e di condivisone della conoscenza attraverso pratiche narrative;

 Il contributo allo sviluppo di un prototipo di applicazione etnografica del digital storytelling;

 La predisposizione di un modello di dieta “generale” mediale giovanile ossia di una serie di categorie interpretative attraverso cui studiare le esperienze di consumo mediali dei giovani.