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CAPITOLO II Il digital storytelling: studio delle competenze e delle diete mediali giovanil

3. Il digital storytelling come metodo emergente di ricerca.

3.1 La matrice socio-costruttivista del digital storytelling.

Numerose ricerche hanno studiato il rapporto tra iil digital storytelling e la teoria pedagogica del costruttivismo. Lo studio e l’applicazione di processi di collaborazione, di costruzione e co-costruzione nei percorsi di apprendimento non nascono con le nuove tecnologie ma si radicano in alcune riflessioni pedagogiche che, complessivamente, esprimono una visione cooperativa dell’apprendimento,

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facendo centro sul valore educativo e formativo delle interazioni fra gli attori nei vari contesti.

La tabella che segue contiene una sintesi (necessariamente non esaustiva) dei “precedenti storici” del costruttivismo sociale, anche detto costruttivismo socio- culturale o semplicemente costruttivismo (Varisco, 2002). A partire da tale quadro abbiamo selezionato alcuni elementi utili per la definizione del digital storytelling come metodologia didattica di matrice costruttivista 58.

Apprendimento “attivo e sociale” (John Dewey)

La scuola è intesa come sede di vita attuale e reale, non come luogo di “formazione” per l’ipotesi di un vivere futuro. Le attività “disciplinari”, dunque, dovrebbero riflettere tale vita «attiva e sociale». Ne derivano alcune indicazioni per la pratica didattica:

- Centralità dell’esperienza (anche attraverso, l’indagine, il problem-solving e la «genesi» di problemi reali).

- Centralità dell’interesse del discente e dell’attività, individuale e sociale, spontanea o guidata.

- Apprendimento attraverso il fare pratico (learning by doing). Apprendimento come “mediazione dialogica” (Vygotskij)

Secondo il pensiero vygotskijano, concetti rilevanti per l’apprendimento sono:

- la «mediazione culturale» (ovvero dialogica inter e intrapersonale, che avviene attraverso sistemi simbolici, storicamente costruiti dall’uomo)

- il concetto di «zona di sviluppo prossimale», che si configura come «la distanza tra il livello attuale di sviluppo così come è determinato dal problem solving autonomo e il livello di sviluppo potenziale così come è determinato attraverso il problem solving sotto la guida di un adulto o in collaborazione con i propri pari più capaci [attraverso la mediazione dialogica]. (Vygotskij 1978, trad. it. p. 127)».

È nel momento in cui il soggetto “agisce” socialmente, cercando di risolvere un problema che non sarebbe in grado di affrontare autonomamente, attraverso lo

scaffolding (sostegno) dialogico – che orienta senza dirigere – di chi tale problema sa

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La tabella si compone di citazioni tratte dal testo di Bianca Maria Varisco (2002, pp. 83-133); il corsivo è dell’Autrice, così come i riferimenti bibliografici agli autori di volta in volta citati.

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già risolverlo (in quanto ha già colmato o reso attuale quella sua zona di sviluppo prossimale), che egli si “appropria” di nuovi strumenti cognitivi.

Apprendimento “significativo” (David Ausubel)

Nei processi di costruzione (individuale) della conoscenza, il soggetto assume una funzione attiva e intenzionale. Le condizioni dell’«apprendimento significativo» sono:

- Il contenuto da apprendere deve avere una sua interna giustificazione, essere cioè «logicamente significativo».

- Il soggetto deve possedere conoscenze atte a renderlo «potenzialmente o

psicologicamente significativo», cioè collegabile, per continuità, somiglianza,

analogia, contrasto, a ciò che già sa.

- Il soggetto deve essere disposto a mettere in relazione il materiale che deve apprendere a ciò che conosce, attribuendogli significati “psicologici”, deve cioè «essere motivato», e la sua attenzione non disturbata da fattori interni o esterni.

L’apprendimento “culturale sociale” o “situazionista” (Jonassen, 1994)

Elementi fondamentali di un ambiente d’apprendimento “costruttivista-sociale” sono: 1. La costruzione della conoscenza: basata su una «negoziazione interna» che si

fonda anche su una «negoziazione sociale», cioè su un processo di condivisione di una “realtà” con altri che utilizzano processi uguali o simili a quelli da noi usati nella negoziazione interiore; è facilitata dall’«esplorazione» di ambienti del mondo reale, e della «invenzione» di nuovi ambienti, processi regolati dalle intenzioni, necessità o aspettative personali; si configura in «modelli».

2. Un contesto significativo e autentico per apprendere e adoperare la conoscenza: esso potrebbe essere supportato, per Jonassen, da «problemi basati su casi» derivati e situati da/in contesti di vita reale, complessi e incerti, ancorati a compiti autentici, quelli che si incontrano normalmente nella vita di tutti i giorni; ciò richiede una consapevolezza e comprensione dei propri processi di pensiero e metodi di problem-solving (metacognizione), poiché le strategie per risolvere un problema sono differenti da contesto a contesto e vanno opportunamente selezionate.

3. La collaborazione tra chi apprende e l’insegnante: quest’ultimo è certamente più di un “allenatore” o un “mentore”, che attiva e facilita la negoziazione

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sociale tra pari; la collaborazione (con insegnante e pari) fornisce inoltre un set intellettuale che facilita la negoziazione interna quando essa è necessaria per costruire modelli mentali.

L’apprendimento come “pratica culturale situata” (Eckert, 1993):

Le caratteristiche e i principi che regolano un apprendimento considerato come

pratica culturale situata sono:

- l’apprendimento è una pratica fondamentalmente sociale;

- la conoscenza è integrata e distribuita nella vita delle comunità di pratiche59

; - l’apprendimento è un atto di appartenenza alla comunità;

- l’apprendimento è coinvolgimento nelle sue pratiche;

- il coinvolgimento è legato alla possibilità di contribuire allo sviluppo della stessa comunità;

- non si impara quando ci è negata la partecipazione alle pratiche rilevanti della comunità, in quanto non ne accettiamo regole e valori condivisi.

L’apprendimento nelle comunità di pratica (Wenger)

La conoscenza è sempre in pratica e ogni pratica è una «forma di conoscenza». La pratica è intorno al significato, inteso come esperienza di vita quotidiana, localizzata in un processo di «negoziazione di significato» implicante processi di partecipazione e

reificazione.

Le tre dimensioni di una comunità di pratica che competono ai suoi membri potrebbero essere:

1. il mutuo coinvolgimento; 2. la responsabilità dell’iniziativa; 3. la negoziabilità del repertorio

59

La definizione del concetto di “Comunità di pratica” (abbreviata con CdP) si deve in particolare a Etienne Wenger (2006, ed. or. 1998). «Le CdP si basano su reti di relazioni informali fra persone, impregnate in una particolare professione o funzione, che cercano attivamente il modo di dare più efficacia al loro lavoro, interpretando al meglio il proprio ruolo» (Trentin, 2004). Con riferimento alla creazone e condivisione della conoscenza all’interno di CdP Guglielmo Trentin (2004) sostiene che la stessa Comunità rappresenta «un soggetto collettivo che crea apprendimento, genera cioè valore aggiunto intenzionale attraverso un processo collaborativo/cooperative deliberato e strutturato, non focalizzato, continuo, trasformativo, in contrasto con il semplice scambio di informazioni o esecuzioni di compiti assegnati.[…] in una comunità di pratica il modello di apprendimento è di tipo collaborativo dove l’acquisizione di conoscenze, abilità o atteggiamenti sono il risultato dell’interazione nel gruppo, dove cioè l’apprendimento individuale è il risultato di un processo di gruppo» (Trentin, 2004, p. 84).

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Le comunità di pratica vengono considerate da Wenger «comunità d’apprendimento».

Tabella 9 I precedenti storici del costruttivismo socio-culturale

(Varisco, 2002)

Nella matrice socio-costruttivista l’apprendimento si centra sulle interazioni dei soggetti coinvolti nel processo formativo e sul soggetto come knowledge builder, inserito in una comunità che costruisce conoscenza. Il digital storytelling sembra rispondere efficacemente alle richieste metodologiche e operative del modello socio-costruttivista per almeno due motivi:

 centra il processo di apprendimento sul soggetto “apprendente”. L’approccio didattico del digital storytelling è learner-centered, costruito sui bisogni cognitivi, emozionali, meta cognitivi e sociali di chi apprende;

 attiva dinamiche collaborative e di co-costruzione di storie digitali nella comunità. L’apprendimento è visto come un processo sociale e culturale che prende forma dall’interazione che si stabilisce tra il discente e gli strumenti materiali e psicologici e dall’interazione con gli altri (Vygotsky, 1978).

La metodologia didattica del digital storytelling si basa su queste forme di interazione e assegna allo studente un ruolo centrale nell’esplorazione e nella costruzione della conoscenza attraverso strumenti quali internet, cellulare, computer. Inoltre gli studenti interagiscono con i cosiddetti tools psicologici quando usano il linguaggio, il brainstorming e sperimentano la collaborazione nel processo di costruzione e di condivisione delle esperienze e delle conoscenze maturate nella formulazione delle storie. Condividere le storie, inoltre, promuove l’assunzione di nuove prospettive e facilita la comprensione del tema in vista di un suo possibile collegamento a fenomeni più generali.

L’assunto di partenza è che la presentazione di stimoli per l’apprendimento, come per esempio foto, audio, documenti, rappresenta un modo per facilitare la discussione sugli argomenti da affrontare e un modo per rendere i contenuti astratti o concettuali più comprensibili. La discussione e le interazioni sociali che si generano da un processo di riflessione condiviso facilitano l’apprendimento. A questo proposito Vygotsky (1978) sosteneva che le interazioni sociali degli studenti influenzano fortemente il loro sviluppo cognitivo. L’apprendimento che si realizza nella cosiddetta “zona di sviluppo prossimale” dipende dalle interazioni sociali con gli insegnanti e tra pari. La zona di sviluppo prossimale è lo spazio sociale tra il livello

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effettivo di sviluppo di un discente, determinato da una risoluzione autonoma dei problemi, e il livello di sviluppo potenziale, determinato attraverso la risoluzione dei problemi sotto la guida degli adulti, o in collaborazione con coetanei più capaci. Se l'apprendimento si configura come un processo sociale è semplice affermare che le funzioni mentali hanno origine in attività sociali riconoscendo come paradigma interpretativo la “legge dello sviluppo culturale” che stabilisce che le strutture cognitive esistono, prima, nel mondo esterno e che attraverso la partecipazione in attività sociali, i processi di pensiero sono “interiorizzati” (Vygotsky, 1978).

La tecnica del digital storytelling presuppone la promozione di attività sociali di costruzione di narrazioni digitali. Il lavoro cooperativo di costruzione dello storyboard attiva discussioni e momenti di confronto tra pari che aprono spazi di riflessione sulle proprie competenze mediali e narrative. La discussione, il confronto, la riflessione rappresentano elementi critici del processo di apprendimento sociale. La tecnica del digital storytelling, inoltre, permette agli studenti con differenti stili di apprendimento di contribuire alla produzione della storia (Standley, 2003). Se ad esempio uno studente privilegia modalità di apprendimento per immagini, il suo contributo sarà prezioso in fase di selezione e montaggio della narrazione digitale. Se, invece, uno studente privilegia modalità di apprendimento verbali il suo contributo sarà indispensabile durante la fase di stesura e revisione del canovaccio narrativo.

Le fasi di pre-produzione, produzione e post-produzione di una narrazione digitale avvengono in sottogruppi di lavoro. Il lavoro cooperativo attiva processi sociali di apprendimento orientati alla:

 Produzione di idee: ciò facilita l’immaginazione e l’esplorazione di nuove idee di storia.

 Connessione di eventi, materiali, pratiche: ciò supporta l’individuazione e la creazione di possibili nessi di connessione tra eventi della storia, materiali multimediali e pratiche di lavoro.

 Creazione di significati condivisi: ciò avviene attraverso la manipolazione o la combinazione di vari media.

 Riflessione metacognitiva: ciò si concretizza in attività di comunicazione e condivisione delle storie prodotte.

Durante tali processi, la costruzione, de-costruzione e ri-costruzione della narrazione digitale, nonché la negoziazione di adeguati comportamenti sociali sollecitati dai continui feedback ricevuti dal gruppo dei pari e dai progettisti delle

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attività, consentono agli studenti di esercitare ed incrementare varie e complesse abilità cognitive.

Inoltre, le attività di gruppo attivate dal processo di produzione di una narrazione digitale migliorano l’esperienza individuale di apprendimento di ogni studente e promuovono la comunicazione e la collaborazione nella comunità di apprendimento. Gli studenti (ma anche i docenti e i tutor) durante i lavori di gruppo, migliorano la propria flessibilità cognitiva, recuperano e danno senso alle informazioni, adattano la propria conoscenza e comprendono concetti e pratiche. Gli studenti sono “attivi e intenzionali” nell’esaminare il proprio modo di pensare e di lavorare e ciò rende l’apprendimento visibile.