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La dieta modella il microbiota intestinale

A. Diabete

2. La dieta modella il microbiota intestinale

La dieta è un fattore dominante, che contribuisce sulla composizione del microbiota intestinale. I fattori dietetici hanno un profondo impatto sull’alterazione del microbiota intestinale di animali (Mujico et al., 2013, De Filippo et al., 2010) e di uomini (Ley et al., 2006, De Filippo et al., 2010, Xu et al., 2015). Ciò implica che, alterazioni benefiche per la salute della composizione del microbiota intestinale, attraverso cambiamenti legati alla dieta, sono diventati meccanismi attraenti per i quali è possibile prevenire o alleviare le malattie, che sembrano derivare da una composizione microbica alterata. I modelli dietetici sono associati a combinazioni distinte di batteri nell’intestino, chiamati anche enterotipi (Graf et al., 2015). Dato che il ruolo del microbiota intestinale è quello di fermentare substrati dietetici, diete complesse possono fornire una vasta gamma di fattori promotori e inibitori di crescita per specifici phylotipi (Flint et al., 2012). La difficoltà sorge nel decifrare quali precisi componenti dietetici promuovano specificamente la crescita favorevole della salute del microbiota intestinale, affinchè si massimizzi la produzione di farmabiotici (Shanahan et al., 2009). Pertanto, l’obiettivo principale è l’identificazione di schemi dietetici o di specifici alimenti, che aumentino la diversità batterica e promuovano la crescita di batteri benefici, producendo elevati livelli di metaboliti bioattivi.

Diete occidentali o varie combinazioni di diete ad elevato contenuto di grassi (HFD), come HF-alto-saccarosio e HF-basso-polisaccaridi-vegetale, hanno effetti profondi sulla composizione microbica intestinale degli animali e umani, spesso con risultati contrastanti. Le alterazioni microbiche intestinali, legate all’alimentazione HFD, sono spesso correlate a effetti deleteri sulla salute metabolica (Zhang et al., 2013, Turnbaugh et al., 2009, Zhang et

50 al., 2012). Ad esempio, un recente studio su soggetti umani in sovrappeso e obesi ha dimostrato gli effetti di tre diversi regimi dietetici sulla composizione microbica e sulla salute (Kong et al., 2014). Hanno trovato che, soggetti che consumano il minimo regime più sano, caratterizzato dall’elevato consumo di dolciumi e bevande zuccherate e un consumo più basso di frutta, yogurt e acqua, avevano un significativo profilo infiammatorio maggiore, rispetto a quelli che consumavano un regime dietetico più sano, caratterizzato dal più basso consumo di bevande zuccherate e dolciumi e il massimo consumo di frutta, yogurt e zuppe (Kong et al., 2014). È interessante notare che, sebbene i dati non abbiano evidenziato cambiamenti significativi tra i sette gruppi del microbiota intestinale, il regime alimentare più salutare era associato con il più alto cluster di geni microbici o la più alta diversità/ricchezza microbica (Kong et al., 2014). Questo dimostra l’importanza della diversità microbica, identificata come un fattore significativo e influenzata dalla dieta e dall’esercizio fisico (Clarke et al., 2014), che purtroppo si riduce durante gli stati di malattia di sovrappeso e obesità (Le Chatelier et al., 2013). Il tipo di grasso alimentare è anche un fattore determinante dell’infiammazione e della composizione del microbiota intestinale. Diete ricche di grassi saturi (lardo) sono associate con un aumento dell’infiammazione del tessuto adiposo bianco (WAT) e malattia metabolica, mentre diete ricche di acidi grassi polinsaturi (olio di pesce) possono contrastare l’infiammazione, favorendo un fenotipo magro e metabolicamente sano (Oh et al., 2010, Caesar et al., 2015). In realtà, topi alimentati con olio di pesce hanno aumentato i livelli di taxa dei generi Lactobacillus e Akkermansia, mentre topi alimentati con lardo hanno aumentato i livelli di taxa relativi a Bilophila (Caesar et al., 2015). Bilophila wadsworthia ha dimostrato di esacerbare la colite in modelli geneticamente sensibili (Devkota et al., 2012). Mentre altri studi hanno dimostrato che, i fattori microbici possano contribuire direttamente all’infiammazione del WAT, attraverso la segnalazione del recettore Toll-like (TLR) (Cani et al., 2007, Henao-Mejia et al., 2012), ma i fattori dietetici e ospiti sono forti ligandi TLR ed è incerto che i fattori microbici intestinali attivino la segnalazione TLR con un effetto sulla salute. Caesar et al. hanno dimostrato che, l’infiammazione del WAT, indotta dal lardo, è mediata dall’attivazione di TLR4 nel microbiota intestinale. Gli autori hanno scoperto che, i livelli sierici di LPS erano più alti nei topi alimentati con lardo, rispetto a quelli alimentati con olio di pesce, indicando che i fattori microbici presenti in periferia influenzino l’infiammazione del WAT. L’impatto dei fattori microbici intestinali sull’infiammazione del WAT, indotto dal lardo, è stato ulteriormente chiarito confrontando gli effetti del lardo e dell’olio di pesce in topi allevati convenzionalmente e GF. Questi risultati hanno dimostrato un collegamento indipendente dall’adiposità tra il microbiota intestinale e l’infiammazione

51 del WAT e ha portato gli autori a concludere che, i prodotti di derivazione microbica agiscono come mediatori dell’infiammazione, attraverso la segnalazione TLR. Questo evidenzia il microbiota intestinale come un fattore indipendente, che aggrava l’infiammazione in seguito all’alimentazione di grassi saturi (Caesar et al., 2015).

I dati di Clarke et al. (Clarke et al., 2014) dimostrano l’importanza della variazione dietetica e del consumo proteico, in combinazione con l’esercizio fisico, verso un modellamento della composizione microbica intestinale. Il consumo di proteine è correlato positivamente con l’elevata diversità microbica (22 phyla distinti) e atleti con un basso BMI hanno livelli significativamente più alti di Akkermansia, correlati inversamente con l’obesità sia nei topi che negli uomini (Everard et al., 2013, Karlsson et al., 2012). Questi risultati evidenziano l’importanza dei macronutrienti alimentari e l’esercizio fisico per modellare positivamente la composizione del microbiota intestinale.

Spesso è molto difficile determinare l’estensione con la quale i fattori dietetici influenzano la composizione del microbiota intestinale, a parte i fattori genetici. I membri del microbiota intestinale possono essere stabili per anni (Faith et al., 2013), anche se la struttura della comunità o le relative abbondanze di ciascun membro sono altamente dinamiche (David et al., 2014). A tal fine, Carmody et al. hanno descritto il ruolo della genetica ospite nel guidare le alterazioni della composizione microbica intestinale relative alla dieta. Questo studio ha dimostrato che, la dieta è un fattore ambientale predominante, rispetto alla genetica, dell’ospite nel modellare la composizione del microbiota intestinale. Questa teoria si è basata su studi precedenti, in cui gemelli monozigoti non sono riusciti a possedere più profili di microbiota intestinale simili, rispetto ai gemelli dizigoti, dall’infanzia all’età adulta, suggerendo che i fattori genetici dell’ospite svolgano un ruolo minore nell’alterazione del microbiota intestinale umano (Turnbaugh et al., 2009, Yatsunenko et al., 2012). I risultati hanno mostrato che, il consumo di una dieta ad elevato contenuto di zuccheri modifica il microbiota intestinale di topi in cinque ceppi congeniti (Carmody et al., 2015). Pertanto, lo studio ha concluso che, la dieta è un fattore ambientale dominante, che altera la comunità microbica intestinale nell’ospite universalmente, nonostante le variazioni genetiche. Inoltre, i cambiamenti del microbiota intestinale, relativi alla dieta, si sono verificati in media ogni 3,5 giorni ed erano reversibili (Carmody et al., 2015). In effetti, le interazioni tra genetica dell’ospite e condizioni ambientali sono state recentemente descritte come fattori confondenti nello sviluppo della sindrome metabolica.

52 La dieta è un fattore ambientale dominante alla base dei cambiamenti del microbiota intestinale e Bolnick et al. (Bolnick et al., 2014) hanno dimostrato che, questi cambiamenti sono dipendenti dal sesso. Pesci da laboratorio, topi da laboratorio e uomini hanno tutti dimostrato che, l’associazione dieta-microbiota è sesso dipendente. È interessante notare che, la dieta influisce differentemente sul microbiota intestinale nei maschi e nelle femmine. Dal punto di vista clinico, se l’intenzione è quella di sfruttare l’effetto dominante che i fattori dietetici hanno sul modellamento salutare del microbiota intestinale, le terapie future dovrebbero essere sesso specifiche.