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Meccanismo patogeno del microbiota intestinale e metaboliti nelle malattie cardio-

B. Malattie cardiovascolari

1. Meccanismo patogeno del microbiota intestinale e metaboliti nelle malattie cardio-

malattie cardio-metaboliche

I metaboliti microbici sono indispensabili per la maggior parte degli effetti biologici del microbiota intestinale. In condizioni fisiologiche, i carboidrati indigeribili e le proteine possono essere fermentati attivamente dal microbiota intestinale commensale. I metaboliti del microbiota intestinale, associati con lo sviluppo di CVD, includono: TMAO (trimetilammina- N-ossido), BA (acidi biliari), SCFA (acidi grassi a catena corta), vitamine del gruppo B, PCA (acido protocatecuico), 4-EPS (4-etil fenolo solfato), HBP (D-glicero-D-manno-eptosio-1,7- bifosfato), fenilacetilglutamina, p-cresol solfato, IS (indoxil solfato), enterolattone, H2S (acido solfidrico).

a) Aterosclerosi

L’aterosclerosi è la principale base patologica per le CVD ed è caratterizzata dall’accumulo di colesterolo e reclutamento di macrofagi nelle pareti delle arterie, con la conseguente formazione di placche aterosclerotiche. Prove emergenti hanno suggerito un ruolo importante del microbiota intestinale nella progressione dell’aterosclerosi (Drosos et al., 2015). Le placche aterosclerotiche contengono DNA batterico e sono stati osservati taxa batterici nelle placche aterosclerotiche, che erano presenti anche nell’intestino degli stessi individui (Koren et al., 2011, Ott et al., 2006). Queste osservazioni suggeriscono la possibilità che, le comunità batteriche in questi siti possano essere una fonte di batteri nella placca, impattando sulla stabilità e sullo sviluppo di CVD. Oltre al microbiota intestinale, i taxa caratteristici del microbiota orale sono stati rilevati anche nelle placche aterosclerotiche negli umani (Koren et al., 2011). Dati i numerosi legami epidemiologici tra la malattia parodontale e CVD (Mattila et al., 1989, Fak et al., 2015), è stato studiato un ruolo del microbiota orale nella patofisiologia di CVD (Koren et al., 2011, Fak et al., 2015, Serra et al., 2014). Il sequenziamento metagenomico del microbiota fecale ha rivelato che, l’abbondanza relativa del genere Collinsella è più elevata nei pazienti con aterosclerosi sintomatica, definita come placche stenotiche aterosclerotiche nell’arteria carotide, che portano a disturbi cerebrovascolari. Al contrario, Roseburia e Eubacterium sono ricchi nei controlli sani (Karlsson et al., 2012). Inoltre, Akkermansia muciniphila, batterio che degrada la mucina, appartenente al genere di Verrucomicrobia, aumenta la permeabilità intestinale per esercitare effetti protettivi contro l’aterosclerosi (Li et al., 2016). Il microbioma intestinale di pazienti con CVD può, quindi, favorire l’infiammazione, producendo più molecole pro-infiammatorie.

65 Un ampio corpus di prove suggerisce che, gli agenti infettivi possano contribuire ai processi aterosclerotici. Ciò potrebbe verificarsi da un’infezione diretta delle cellule della parete del vaso e/o da un’infezione distante per induzione di citochine e proteine reagenti in fase acuta da infezioni in altri siti. Questa nozione è supportata dall’evidenza che, il DNA batterico è stato rilevato in placche aterosclerotiche. Il pirosequenziamento ha rivelato che, i batteri nelle lesioni derivavano prevalentemente dall’intestino e dalla cavità orale. Uno studio ha dimostrato che, pazienti con aterosclerosi sintomatica avevano un’abbondanza maggiore di

Anaeroglobus nella cavità orale, rispetto ai controlli sani. Diversi batteri orali, tra cui Porphyromonas gingivalis e Aggregatibacter actinomycetemcomitans, hanno mostrato di

essere batteri patogeni, in quanto l’aumento delle lesioni era osservato in topi ApoE-/- e ApoE(shl) con infezione orale o endovenosa (Hayashi et al., 2011, Zjang et al., 2010). Questi risultati implicano che, i batteri dalla cavità orale potrebbero traslocare nel vaso sanguigno, dove indurrebbero la rottura della placca aterosclerotica.

L’intestino è un’altra fonte di microrganismi, che potrebbe influenzare lo sviluppo di aterosclerosi: la disbiosi intestinale aumenta la permeabilità intestinale, inibendo l’espressione delle proteine tight junction, e successivamente provoca la traslocazione di LPS nel sangue (Cani et al., 2007). LPS, essendo parte della membrana esterna di batteri Gram-negativi, potrebbe reclutare proteine adattatrici, come la differenziazione mieloide di proteine di risposta primaria MYD88 dal dominio citoplasmatico di TLR, che ha ulteriormente attivato la segnalazione a valle e risulta nella produzione di citochine pro-infiammatorie e chemochine (Akira et al., 2006). LPS induce infiammazione di basso grado e promuove la progressione dell’aterosclerosi (Ostos et al., 2002). Al contrario, il gavage (alimentazione forzata) con

Bacteroides vulgatus e Bacteroides dorei vivi ha inibito la formazione di placche

aterosclerotiche in topi a rischio aterosclerotico, rafforzando la formazione di tight junction e riducendo la produzione di LPS da parte del microbiota intestinale (Yoshida et al., 2018), suggerendone una nuova strategia terapeutica per l’aterosclerosi.

− BA e aterosclerosi

Gli BA, come molecole di segnalazione, non solo regolano la propria biosintesi, ma influiscono anche nelle vie metaboliche coinvolte nel metabolismo delle lipoproteine, del glucosio, dei farmaci e dell’energia, mediante l’attivazione di recettori nucleari (Hylemon et al., 2009, Thomas et al., 2008) (Figura 9). Il recettore di BA, noto come il recettore Farnesoide X (FXR), è un recettore nucleare dedicato per gli acidi biliari. Nel fegato

66 l’attivazione dei trigliceridi, mediato da FXR,

coinvolge la produzione di VLDL e la lipogenesi de novo e regola anche la steatosi e l’obesità nell’intestino tenue (Jiang et al., 2015).

Tuttavia, esistono dati contrastanti sul ruolo di FXR nella progressione aterosclerotica. Rispetto ai topi wild-type, i topi carenti di FXR mostrano un’espressione ridotta di geni epatici coinvolti nel trasporto

inverso del colesterolo, che porta a una marcata riduzione della clearance plasmatica dell’estere di colesterolo lipoproteico ad alta densità (HDL) e profonda ipercolesterolemia, suggerendo che FXR è un regolatore critico del metabolismo del colesterolo (Lambert et al., 2003). Al contrario, l’attivazione di FXR ha ridotto la formazione di placca aterosclerotica in topi con deficit del recettore delle apolipoproteine E (ApoE) o a bassa densità (LDLR) (Miyazaki et al., 2014, Mencarelli et al., 2009), mentre FXR knock-out ha comportato un peggior profilo lipidico plasmatico e maggiori lesioni aterosclerotiche in topi ApoE-/-. Questi risultati suggeriscono che, FXR ha un ruolo protettivo nella progressione dell’aterosclerosi. Al contrario, Gou e Zhang et al. hanno riferito che, FXR knock-out ha ridotto l’area di lesione aterosclerotica nell’aorta in topi ApoE-/- o LDLR-/- (Guo et al., 2006, Zhang et al., 2006), ma non suggeriscono per FXR un ruolo protettivo.

− TMAO e aterosclerosi

Oltre alle alterazioni nella composizione del microbiota intestinale, il potenziale microbico del microbiota intestinale è stato identificato come un fattore che contribuisce allo sviluppo di CVD. In particolare, TMAO, prodotto dall’ossidazione epatica del metabolita microbico TMA, generando microbi intestinali, contribuisce direttamente all’iperattività piastrinica, associata a malattie cardiometaboliche, e potenzia eventi trombotici (Brown et al., 2015, Tang et al., 2014, Zhu et al., 2016). TMA è un composto organico, prodotto dal microbiota intestinale. Specificamente, il metabolismo microbico di nutrienti dietetici, che possiedono una porzione di TMA (come la colina, la fosfatidilcolina e L-carnitina), si concentra principalmente sull’ottenere una fonte di carbonio per il microbo. TMA è, quindi, generato come un prodotto di scarto da una varietà di enzimi microbici (TMA liasi) (Koeth et

Figura 9. BA e possibili vie molecolari legate a CVD

67 al., 2014, Chen et al., 2011). TMA viene rapidamente ossidato in TMAO da enzimi flavinici monoossigenasi-3 (FMO3) nel fegato e viene rilasciato nella circolazione (Bennett et al., 2012). FMO3, producendo TMAO, riduce i livelli circolanti di TMAO e attenua l’aterosclerosi, attraverso il miglioramento del metabolismo basale e l’attivazione dei macrofagi con il trasporto inverso di colesterolo (Miao et al., 2015, Shih et al., 2015). TMAO è eliminato principalmente dalla circolazione renale, quindi è importante considerare anche la funzione renale, quando si osservano i livelli di TMAO nella circolazione sistemica (Tang et al., 2015).

Recentemente è stato mostrato il contributo pro-aterogenico della generazione TMA/TMAO microbo-ospite dal metabolismo di nutrienti dietetici, usando topi GF o antibiotici a breve termine, per l’eliminazione del microbiota intestinale (Wang et al., 2011). Topi ApoE-/- C57BL/6J, solo se nutriti con una dieta ricca di colina e microbiota intestinale intatto, hanno condotto ad un aumento dei livelli plasmatici di TMAO, alla formazione di cellule di schiuma di macrofagi e alla placca aterosclerotica aortica potenziata. Al contrario, topi GF e con soppressione antibiotica a breve termine del microbiota intestinale hanno ridotto la capacità di generare TMAO, che ne ha ridotto il carico aterosclerotico (Wang et al., 2011). Questi effetti non erano esclusivi della colina o della fosfatidilcolina, ma sono stati osservati allo stesso modo con altri nutrienti dietetici, che possono generare TMAO a valle, tra cui L-carnitina e -butirobetaina (Koeth et al., 2013, Koeth et al., 2014). Il confronto della composizione e della funzione microbica intestinale tra onnivori e vegani/vegetariani ha rivelato forti differenze nella capacità microbica intestinale di produrre TMA e TMAO dalla L-carnitina dietetica, in cui vegetariani e vegani hanno una minima capacità di formare TMA dalla carnitina (Koeth et al., 2013). Inoltre, uno studio sull’uso di antibiotici, scarsamente assorbiti per via orale, accoppiato con l’uso dell’assunzione dietetica di fosfatidilcolina

Figura 10. TMAO e possibili vie metaboliche legate a CVD

68 marcata con un isotopo, ha mostrato direttamente il ruolo dei microbi intestinali nella generazione di TMAO negli uomini (Tang et al., 2013) (Figura 10).

b) Ipertensione

L’ipertensione è il fattore di rischio prevalente per CVD. Sebbene pochi studi abbiano collegato segni del microbiota intestinale all’ipertensione negli uomini, alcuni hanno mostrato che, topi GF hanno una pressione sanguigna elevata, implicando un ruolo per il microbiota intestinale nella regolazione della pressione arteriosa (Honour et al., 1982). Un numero limitato di studi indica una diretta associazione tra microbiota intestinale e controllo della pressione arteriosa in modelli animali (Yang et al., 2015, Adnan et al., 2016). Yang et al. (Yang et al., 2015) hanno confrontato le alterazioni del microbiota fecale nel ratto iperteso spontaneo e nel ratto con ipertensione cronica causata da angiotensina II. Hanno osservato che, una disbiosi significativa può essere la causa della riduzione di ricchezza microbica, diversità, uniformità e aumento del rapporto Firmicutes/Bacteroidetes in animali ipertesi (Yang et al., 2015). Mell et al. (Mell et al., 2015) hanno mostrato significative differenze nel microbiota cecale, confrontando ceppi sale-sensibili e sale-resistenti, usando ratti Dahl. Utilizzando topi GF con angiotensina II, è stato dimostrato che, il microbiota intestinale partecipa alla disfunzione vascolare e all’ipertensione indotta dall’angiotensina II (AngII) (Karbach et al., 2016). Uno studio recente ha mostrato che, si ha un effetto di riduzione della pressione sanguigna in un paziente con ipertensione, resistente al trattamento, se trattato con una combinazione di antibiotici (Qi et al., 2015). La maggior abbondanza del genere

Odoribacter, produttore di butirrato, è stata associata ad una pressione sanguigna più bassa

nelle donne gravide in sovrappeso e obese (Gomez-Arango et al., 2016). Questi dati suggeriscono una forte associazione tra disbiosi del microbiota intestinale e patologia ipertensiva.

69 − SCFA e ipertensione

Gli SCFA, che sono altri segnali importanti generati dal microbiota intestinale, hanno recentemente dimostrato di modulare la pressione sanguigna (Pluznick et al., 2013). Gli SCFA sono un prodotto importante dell’attività microbica fermentativa nell’intestino e hanno probabilmente ampi impatti anche su vari aspetti della fisiologia dell’ospite, come l’influenza sulla suscettibilità alle malattie (Evans et al., 2013). Gli SCFA stimolano le vie del recettore accoppiato alle proteine G (GPR) dell’ospite, influendo sulla secrezione di renina e sulla regolazione della pressione sanguigna (Pluznick et al., 2013). Una serie di studi, utilizzato il recettore olfattivo renale e vascolare (Olfr) 78 e GPR41 in topi knockout, supportano ulteriormente il coinvolgimento di questi recettori nel controllo della pressione sanguigna. Ad esempio, la stimolazione di Olfr78 è stata osservata per innalzare la pressione arteriosa, mentre la stimolazione di GPR41 ha ridotto la

pressione arteriosa (Pluznick et al., 2013). La comunicazione tra il sistema nervoso enterico intestinale e il sistema nervoso centrale è emersa come un potenziale collegamento con la pressione arteriosa (Sharkey et al., 2014, Santisteban et al., 2017). I prodotti microbici intestinali sono stati implicati nell’attivazione e nella manutenzione favorevole di un flusso di linfociti al tessuto intestinale (Palsson et al., 1988, Diaz et al., 2011). Pertanto, il microbiota intestinale è potenzialmente implicato

funzionalmente nel controllo della pressione arteriosa e le sue disfunzioni potrebbero essere associate con l’ipertensione. In effetti, è stato segnalato un ruolo benefico per i probiotici

Lactobacillus nella regolazione della pressione arteriosa (Kawase et al., 2000, Gomez-

Guzman et al., 2015). Anche una meta-analisi ha dimostrato una riduzione significativa della pressione arteriosa in pazienti trattati con probiotici (Khalesi et al., 2014) (Figura 11).

− H2S e ipertensione

H2S modula una varietà di processi fisiologici, tra cui la protezione cellulare, il rilassamento dei vasi sanguigni, l’angiogenesi, la riduzione della pressione arteriosa e della

Figura 11. SCFA e possibili vie molecolari legate a

70 frequenza cardiaca (Dombkowski et al., 2004, Nagpure et al., 2016). I ricercatori hanno mostrato che, il donatore di H2S aumenta i livelli ematici portali di tiosolfato e acido solfidrico e diminuisce la pressione arteriosa media (MABP), in maniera dose-dipendente, in ratti ipertesi spontaneamente (Tomasova et al., 2016). Questo studio, dunque, implica che, H2S, prodotto dall’intestino, può contribuire al controllo della pressione arteriosa e può essere uno dei collegamenti tra microbiota intestinale e ipertensione.

c) Insufficienza cardiaca (HF)

L’insufficienza cardiaca (HF) sta diventando un’epidemia moderna e una delle principali cause di mortalità e morbilità in tutto il mondo, nonostante i progressi nella terapia, reca ancora un inquietante prognosi e un significativo onere socio-economico. La letteratura scientifica supporta, sempre più, il ruolo dell’intestino nella patogenesi dell’insufficienza cardiaca – la cosiddetta “ipotesi intestinale di insufficienza cardiaca”. L’ipotesi intestinale implica che, una diminuzione della gittata cardiaca e un’elevata congestione sistemica possano portare a ischemia ed edema muscolare intestinale e possano favorire l’aumento della traslocazione batterica e delle endotossine circolanti, a causa della disfunzione della barriera intestinale, contribuendo all’infiammazione sottostante in pazienti con insufficienza cardiaca (Tomasova et al., 2016, Meng et al., 2015). Una volta che endotossine, come LPS, entrano nei linfonodi mesenterici o nella circolazione sistemica, attraverso l’intestino, potenzialmente sostengono ulteriori esacerbazioni di HF (Krack et al., 2005). Niebauer et al. (Niebauer et al., 1999) hanno scoperto che, pazienti HF con edema periferico avevano elevate concentrazioni di endotossine e citochine infiammatorie, rispetto a quelli senza edema. Dopo trattamento diuretico, per un breve periodo, le concentrazioni sieriche di endotossina, ma non le citochine, si sono ridotte (Niebauer et al., 1999). In un altro studio, pazienti HF con il più basso flusso sanguigno intestinale hanno mostrato di avere le più alte concentrazioni sieriche di immunoglobuline A-antilipopolisaccaride, che a loro volta erano correlate con l’aumento della crescita di batteri, ottenuti dalla biopsia della mucosa colica, ma non da batteri delle feci (Sandek et al., 2014). Recentemente, Pasini et al., (Pasini et al., 2016) hanno riportato un corrispondente incremento della quantità di batteri e funghi fecali intestinali con l’incremento della permeabilità intestinale, in pazienti con insufficienza cardiaca cronica, rispetto ai controlli sani. Anzi, concentrazioni più elevate di DNA batterico in circolazione sono state rilevate in pazienti con CVD, rispetto ai soggetti sani (Dinakaran et al., 2014). La concentrazione del DNA batterico ha riferito di avere un notevole impatto sull’insorgenza di

71 eventi cardiovascolari (Amar et al., 2013). Uno studio sull’uomo ha dimostrato che, la proliferazione intestinale di batteri patogeni e delle specie Candida era associata con la permeabilità intestinale e con la gravità clinica della malattia in pazienti con HF cronica (CHF) (Pasini et al., 2016). In un altro studio, i pazienti con scompenso cardiaco avevano una diversità significativamente ridotta del microbiota intestinale e una deplezione dei principali gruppi batterici intestinali (Luedde et al., 2017). Questi dati implicano che, una valutazione della funzione della barriera intestinale può portare a una maggiore comprensione meccanicistica dell’impatto della terapia dell’insufficienza cardiaca diretta dall’intestino.

− TMAO e HF

Oltre al chiaro legame tra TMAO e il rischio aterosclerotico CVD, i livelli di TMAO sono stati collegati anche allo sviluppo di HF e prognosi sfavorevole in pazienti con HF (Wang et al., 2011, Tang et al., 2013, Tang et al., 2014, Wang et al., 2014). È stato recentemente osservato che, i livelli circolanti di TMAO sono più alti nei pazienti con insufficienza cardiaca, rispetto a soggetti senza insufficienza cardiaca di stessa età e sesso (Tang et al., 2014). Inoltre, è stato osservato un valore prognostico avverso, notevolmente elevato, associato a livelli plasmatici elevati di TMAO tra una coorte di pazienti stabili con insufficienza cardiaca, che era incrementale rispetto ai tradizionali fattori di rischio, indici cardiorenali e marker di infiammazione sistemica (Tang et al., 2014). In topi HF, indotti da costrizione aortica trasversale (TAC), l’integrazione di TMAO o di colina nella dieta ha indotto fibrosi miocardica e ha accelerato il rimodellamento ventricolare avverso, rispetto alla dieta di controllo (Organ et al., 2016). Al contrario, riducendo la sintesi di TMAO, da parte degli antibiotici, è migliorata la fibrosi cardiaca indotta da TAC (Li et al., 2019). Questi studi suggeriscono che, la via TMAO può indurre direttamente un rimodellamento ventricolare avverso e il fenotipo HF.

La fibrillazione atriale, un tipo comune di aritmia, è associata ad un aumentato rischio del peggioramento di HF (Freeman et al., 2017). Uno studio clinico ha dimostrato che, TMAO prevede il rischio di fibrillazione atriale e ha correlazione positiva con la fibrillazione atriale (Svingen et al., 2018). Ulteriori studi rivelano che, TMAO facilita la progressione della fibrillazione atriale, mediante l’attivazione del sistema nervoso autonomo cardiaco (Yu et al., 2018). Oltre a TMAO, derivato dal microbiota, aumentava nella circolazione LPS, che deriva

72 dal microbiota intestinale ed è associato a importanti eventi cardiovascolari avversi, che insorgono in pazienti con fibrillazione atriale (Pastori et al., 2017).

L’infarto del miocardio è una delle cause più comuni che portano a HF. Lam et al. hanno dimostrato che, l’antibiotico vancomicina ha alterato l’abbondanza di gruppi individuali del microbiota intestinale, ha provocato la riduzione degli infarti del miocardio e ha migliorato il recupero della funzione meccanica post-ischemica, rispetto ai controlli non trattati, modificando i livelli circolanti di leptina nei ratti S Dahl (Lam et al., 2012). Altri metaboliti a basso peso molecolare, come la fenilalanina, il triptofano e la tirosina, prodotti dal microbiota intestinale e trasportati nella circolazione sistemica, influiscono anche sulla gravità dell’infarto del miocardio (Lam et al., 2016). Questi lavori hanno suggerito un legame diretto tra microbiota intestinale e la gravità dell’infarto miocardico nei ratti. Ulteriori studi rivelano che, la ricchezza del microbiota intestinale e l’abbondanza di Synergistetes phylum,

Spirochaetes phylum, della famiglia Lachnospiraceae, della famiglia Syntrophomonadaceae e

del genere Tissierella Soehngenia era più elevata ed era associata con la compromissione della funzione della barriera intestinale nel ratto con acuto infarto del miocardio (Wu et al., 2017). Nei pazienti con infarto miocardico, i ricercatori hanno trovato che, l’abbondanza e la diversità del microbiota circolatorio era aumentato e oltre il 12% dei batteri nel sangue era controllato dal microbiota intestinale, contribuendo agli eventi cardiovascolari post-infarto miocardico (Zhou et al., 2018).

Pertanto, l’intervento sulla composizione microbica intestinale, per migliorare l’infarto del miocardio, può essere un nuovo metodo di trattamento dell’infarto miocardico. La somministrazione di probiotici (Lactobacillus rhamnosus GR-1) ha inibito l’ipertrofia ventricolare sinistra e ha migliorato la frazione di eiezione ventricolare sinistra e l’accorciamento frazionario in ratti con infarto miocardico (Gan et al., 2014). Recentemente, Tang et al. hanno scoperto che l’integrazione dietetica di SCFA può migliorare la sopravvivenza dei topi trattati con antibiotici, dopo l’infarto del miocardio, e hanno suggerito che gli SCFA svolgono un ruolo importante nel mantenimento della capacità di riparazione, dopo infarto del miocardio (Tang et al., 2019).

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d) Dislipidemia

Studi recenti suggeriscono che, il microbiota intestinale può meccanicamente impattare sui livelli lipidici dell’ospite (Wang et al., 2011, Koeth et al., 2013, Fu et al., 2015, Warrier et al., 2015). Indipendentemente dal BMI e da altri disturbi metabolici, sono state riportate con il microbiota intestinale associazioni tra i livelli di trigliceridi circolanti e lipoproteine ad alta densità di colesterolo (Fu et al., 2015). Sebbene non siano stati elencati i meccanismi biologici sottostanti, attraverso i quali il microbiota intestinale o i loro metaboliti possano influenzare il metabolismo lipidico ospite, gli BA secondari, prodotti dal microbiota intestinale, sono stati suggeriti per modulare sia il metabolismo lipidico epatico e sistemico e sia il metabolismo del glucosio, tramite FXR e GPR131 (Watanabe et al., 2006, Thomas et al., 2009, Ryan et al., 2014). Inoltre, alcuni effetti proaterogenici di TMAO sono coinvoiti nella riduzione del trasporto inverso di colesterolo, nell’alterazione del colesterolo tissutale e del metabolismo degli steroli, nei cambiamenti della composizione di BA, nella dimensione del pool e nel trasporto sia nel fegato che nell’intestino (Koeth et al., 2013). Inoltre, la manipolazione genetica dell’espressione di FMO3 epatica dell’ospite ha dimostrato di provocare alterazioni nei livelli lipidici plasmatici e nel metabolismo lipidico epatico (Shih et al., 2015, Warrier et al., 2015), suggerendo un ruolo importante per FMO3 nella modulazione dell’omeostasi lipidica.

e) Malattia renale cronica (CKD)

Le malattie cardiovascolari e renali (CKD) sono strettamente correlate e la cosiddetta sindrome cardiorenale è associata con scarsi risultati clinici (Ronco et al., 2008). Le persone con CKD hanno un rischio maggiore di mortalità per CVD (Gansevoort et al., 2013). L’aumento del rischio CVD è solo parzialmente spiegato dai fattori di rischio cardiovascolari tradizionali, infatti, ci sono prove crescenti che fattori di rischio non tradizionali, come l’infiammazione, lo stress ossidativo e la disfunzione endoteliale, giochino un ruolo chiave (Schnabel et al., 2007).

È noto che, la composizione del microbiota intestinale sia marcatamente alterata in pazienti con CKD, portando a un flusso di urea circolante e di altre tossine uremiche all’interno del lume intestinale (Vaziri et al., 2013, Wong et al., 2014). All’interno del tratto intestinale, l’urea viene idrolizzata dall’ureasi microbica per formare grandi quantità di

74 ammoniaca, che viene poi convertita in idrossido di ammonio. L’ammoniaca e l’drossido di ammonio interrompono le tight junctions dell’epitelio intestinale (Vaziri et al., 2013). Si ritiene che, questa sia una delle principali cause della disfunzione della barriera epiteliale dell’intestino nella CKD, permettendo la traslocazione di DNA batterico intestinale e tossine uremiche nel sistema di circolazione sanguigna, con conseguente infiammazione sistemica (Szeto et al., 2008). Di recente, il DNA del microbiota intestinale è stato rilevato nel plasma di pazienti con CKD in emodialisi cronica, contando l’amplificazione batterica di rRNA 16S e il pirosequenziamento del DNA (Shi et al., 2014). Inoltre, i livelli di DNA batterico sono correlati con l’aumento dei livelli plasmatici di marker infiammatori. Le tossine uremiche,