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D. Neoplasie del tratto gastrointestinale

2. Metaboliti microbici e cancro

a) Cancro al colon

È stato ben discusso che, i microrganismi svolgono un ruolo diretto o indiretto nello sviluppo del cancro al colon (Oke et al., 2017). I ricercatori hanno sviluppato un modello per

86 la carcinogenesi al colon, evidenziando il ruolo di alcuni batteri come elementi chiave e altri come passeggeri nella carcinogenesi del cancro al colon (Oke et al., 2017, Marchesi et al., 2011, Yu et al., 2017). Batteri patogeni driver (con capacità cancerogene), come l’enterotossigenico Bacteroides fragilis, Shigella spp., Citrobacter spp. e Salmonella spp., sono capaci di colonizzare facilmente l’epitelio intestinale sano. Questi driver possono causare infiammazione, aumento della proliferazione cellulare e/o della produzione di sostanze genotossiche, contribuendo all’iniziazione di lesioni pre-maligne e all’accumulo di mutazioni (comprese quelle nel TP53 - proteina tumorale 53) durante la sequenza adenoma- carcinoma. Questo processo oncogenico è accompagnato dalla rottura e dal sanguinamento del tessuto canceroso, che altera il microambiente e la pressione selettiva sul microbiota locale residente, facilitando la sostituzione graduale dei batteri driver da “passeggeri”. Questi opportunisti batteri passeggeri, tra cui Fusobacterium spp. e membri della famiglia

Streptococcaceae, approfittano della permeabilità della barriera del colon e dei cambiamenti

del microambiente tumorale nel sano sviluppo (Tjalsma et al., 2012). Per quanto riguarda il microbiota obesità-specifico, il passeggero F. nucleatum è stato segnalato per essere più abbondante nelle persone obese, che in quelle magre (Andoh et al., 2016), e si pensa che sia coinvolto nella cancerogenesi del cancro colon-retto (Yu et al., 2017, Kostic et al., 2012, Ramos et al., 2017) da un meccanismo che coinvolge l’attivazione della segnalazione di - catenina, tramite una cascata di segnalazioni, che implicano TLR4, la proteina serina/treonina fosforilata chinasi PAK1 (pPak1) e la fosforilazione di -catenina a S675 (REFS Yang et al., 2017, Chen et al., 2017). Pertanto, si suggerisce che, TLR4 e PAK1 siano gli obiettivi farmaceutici per il trattamento del cancro al colon correlato a F. nucleatum (Chen et al., 2017).

Oltre all’effetto diretto del microbiota intestinale sulla carcinogenesi, mediata dall’attivazione di TLR (Schwabe et al., 2013, Yu et al., 2017), è stato osservato un ruolo protettivo degli SCFA, prodotti dai batteri intestinali. Gli SCFA sono poco presenti durante lo stato di obesità (Brahe et al., 2013, Hartstra et al., 2015). Diversi studi hanno dimostrato un’abbondanza inferiore di alcuni batteri produttori di butirrato in campioni fecali di pazienti con DMT2, rispetto ai campioni di individui sani, suggerendo un ruolo protettivo del butirrato nei disturbi metabolici relativi all’obesità (Qin et al., 2012, Ilhan et al., 2017). Dai risultati di uno studio, si è osservato che le concentrazioni di acetato, propionato e butirrato avevano livelli significativamente più alti in soggetti con BMI>25 (partecipanti in sovrappeso o con obesità) (Fernandes et al., 2014).

87 Gli SCFA derivano dalla fermentazione batterica e dal metabolismo di carboidrati non digeribili e fibre alimentari (Gibson et al., 2017, Louis et al., 2017). Il ruolo degli SCFA, in particolare del butirrato, nel tumore al colon è stato ampiamente studiato e le sue funzioni oppressive tumorali sono generate da azioni intracellulari, in particolare dall’inibizione dell’istone deacetilasi (O’Keefe et al., 2016). Tuttavia, gli studi dimostrano che, gli SCFA esercitino effetti antitumorali attraverso GPCR, che mediano l’attività degli SCFA. In particolare, la proteina G accoppiata al recettore 109 A (GPR109A, nota anche come HCAR2) ha dimostrato di agire come soppressore del tumore al colon (Thangaraju et al., 2009). Un altro studio ha dimostrato che, la segnalazione GPR109A promuova proprietà anti- infiammatorie e riduca lo sviluppo del cancro al colon-retto in un’infiammazione associata ad un modello di carcinogenesi al colon, abilitando macrofagi del colon e cellule dendritiche ad indurre differenziazione di cellule Treg (regolatorie) e cellule T, che producono IL-10 (Jobin et al., 2014, Singh et al., 2014). Le cellule Treg sono capaci di aumentare l’espressione di IL-10, che a sua volta sopprime l’infiammazione intestinale (Pradere et al., 2014). È interessante notare che, GPR109A dimostra di essere altamente espresso nei tessuti sani del colon umano, ma è silenziato nelle cellule umane del cancro al colon (Bardhan et al., 2015). Gli autori suggeriscono che, il sistema immunitario dell’ospite utilizzi IFN per contrastare la metilazione del DNA, mediata dal silenziamento di GPR109A, come un meccanismo per sopprimere lo sviluppo del tumore. Il ripristino dell’espressione di GPR109A nelle cellule tumorali del colon induce apoptosi in presenza di butirrato (Thangaraju et al., 2009) (Figura 13). Inoltre, la carenza di GPR109A migliora la carcinogenesi al colon in topi ApcMin/+, modello genetico di carcinogenesi intestinale (Singh et al., 2014, Sivaprakasam et al., 2016). Infine, coerente con il ruolo delle fibre alimentari nel sopprimere la carcinogenesi, lo sviluppo di tumori intestinali è aumentato nei topi ApcMin/+, alimentati con una dieta povera di fibre alimentari (Sivaprakasam et al., 2016).

Un legame tra la carcinogenesi al colon e il microbiota intestinale è stato suggerito in topi trattati con antibiotico, che hanno mostrato un modificato microbiota intestinale in concomitanza con l’aumento della carcinogenesi, dipendente da GPR109A (Singh et al., 2014). Infatti, un’esposizione ricorrente a determinati antibiotici potrebbe essere associata con il rischio di cancro in specifici siti di organi, tra cui al colon, allo stomaco e al pancreas (Boursi et al., 2015). Al contrario, altri autori hanno riportato una riduzione del carico tumorale al colon in un modello sperimentale, dopo l’esposizione a vancomicina,

88 metronidazolo e streptomicina (Zackular et al., 2013) e hanno ipotizzato che, la riduzione del carico tumorale fosse dovuta all’abbondanza relativa iniziale del genere Lactobacillus e della famiglia Enterobacteriaceae (Zackular et al., 2013).

Allo stesso modo, GPR43 (noto anche come FFAR2) è down-regolato nei tumori al colon negli umani (Sivaprakasam et al., 2016, Tang et al., 2011), mentre i topi Ffar2-/- sono più a rischio per sviluppare un’infiammazione associata al tumore intestinale (Sivaprakasam et al., 2016). Da notare che, gli SCFA, come il propionato, siano in grado di stimolare la proliferazione periferica cellulare di Treg extrathymic in topi, in maniera dipendente dalla GPR43 (Arpaia et al., 2013). Tuttavia, solo una dieta integrata con butirrato ha evidenziato un aumento del numero di cellule Treg nel colon (Arpaia et al., 2013, Furusawa et al., 2013). È interessante notare che, le cellule Treg sono capaci di regolare l’infiammazione associata all’obesità e il metabolismo dell’ospite (Winer et al., 2009, Ilan et al., 2010); pertanto, è allettante tentare di supporre che, lo sviluppo di tumori gastrointestinali, associati con l’obesità, potrebbe essere collegato con le cellule Treg e microrganismi. Inoltre, è stato dimostrato che, GPR43 sopprimesse l’infiammazione associata alla carcinogenesi al colon e giocasse un ruolo nella promozione di Bifidobacterium spp., mediata da fibre alimentari (Sivaprakasam et al., 2016).

Tutti questi dati suggeriscono che, GPR109A e GPR43 costituiscono un legame tra gli SCFA (in particolare il butirrato), il microbiota intestinale e il cancro al colon (Figura 13). La rilevanza terapeutica della modulazione di recettori per la terapia del cancro deve essere ancora stabilita. Utilizzando modelli sperimentali di roditori e studi sull’uomo caso-controllo, le diete ricche di fibre hanno dimostrato essere protettive nello sviluppo del cancro al colon- retto (Oke et al., 2017). Il butirrato è una fonte di energia importante per la mucosa colica e ha un ruolo nel controllo epigenetico dell’espressione di geni e, nel frattempo, agisce da mediatore di risposte anti-infiammatorie, nel mantenimento dell’integrità della barriera intestinale e nella protezione contro lo stress ossidativo (Qin et al., 2018, O’Keefe et al., 2016).

Sulla base di 13 studi caso-controllo di popolazioni con diversi tassi di cancro al colon e abitudini alimentari, è stato dimostrato che, il rischio di sviluppo del cancro al colon possa essere ridotto del 31%, aumentando l’assunzione di fibra totale del 70% (Howe et al., 1992).

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b) Cancro al fegato

Diversi studi dimostrano che, l’epatocarcinoma (HCC) è associato all’obesità (White et al., 2012). HCC è il più delle volte associato allo sviluppo di NAFLD (steatosi epatica non alcolica), che poi progredisce a NASH (steatoepatite non alcolica) (White et al., 2012). È stato osservato che, il microbiota intestinale contribuisce al progresso di NAFLD e alla disbiosi, che a sua volta influenza il grado di steatosi epatica, di infiammazione e di fibrosi, attraverso le interazioni multiple con il sistema immunitario dell’ospite e altre tipologie di cellule (Mosche net al., 2013, Tilg et al., 2016). Tuttavia, anche il microbiota intestinale è stato collegato all’insorgenza dell’infiammazione, che è la principale caratteristica di NASH (Tilg et al., 2016). L’alimentazione ricca di grassi aumenta la permeabilità intestinale e i livelli sistemici di LPS (Cani et al., 2007, Cani et al., 2008). Attualmente, l’alterazione della funzione della barriera intestinale è considerata la principale causa di NASH ed è, probabilmente, anche il motivo principale per la progressione delle malattie del fegato ed eventuale HCC (Yu et al., 2017, Marchesi et al., 2016) (Figura 13). La caratteristica più comune tra le malattie epatiche infiammatorie, correlate all’obesità, come NAFLD o NASH e HCC, è la traslocazione di MAMP (ad esempio LPS), innescando un segnale dipendente da TLR-MYD88-NF-B (Tilg et al., 2016). Si suppone che, la carcinogenesi epatica potrebbe essere indotta da LPS, a partire da diversi meccanismi, come la via di segnalazione LPS- TLR4 nella promozione della fibrosi (Dapito et al., 2012), ma anche la via di regolazione di specifici fattori mitogeni (Hsu et al., 2010, Tomita et al., 2014).

I meccanismi specifici con cui i batteri e i metaboliti contribuiscono all’HCC sono stati ampiamente recensiti da Yu e Schwabe (Yu et al., 2017). È stato suggerito che, nel microbiota intestinale di animali e umani con obesità vi sia un rapporto aumentato di batteri Gram- positivi Firmicutes a batteri Gram-negativi (Ley et al., 2006, Kasai et al., 2015). I batteri Gram-positivi hanno la capacità di promuovere lo sviluppo di HCC, attraverso l’attivazione della via TLR2, ma non la via TLR4 (Yoshimoto et al., 2013, Loo et al., 2017). Oltre al ruolo diretto di fattori infiammatori, come LPS, durante l’obesità è stata osservata un’alterata composizione del microbiota, in gran parte influenzata anche da specifici acidi biliari (ad esempio l’acido desossicolico) ed eventualmente dall’epatocarcinogenesi. Infatti, l’acido desossicolico è noto per causare danni al DNA, attraverso la produzione di ROS (Payne et al., 2007), favorendo un induttore critico del fenotipo secretorio associato alla senescenza (SASP) (Takahashi et al., 2012), che a sua volta porta alla secrezione e promozione di fattori tumorali nel fegato (Yoshimoto et al., 2013). Allo stesso modo, la traslocazione epatica dell’acido

90 lipoteicoico, indotto dall’obesità, componente di microrganismi intestinali Gram-positivi, promuove lo sviluppo di HCC, migliorando il SAPS delle cellule stellate epatiche. Questo effetto collabora con l’acido desossicolico, indotto dall’obesità, per sovraregolare l’espressione dei fattori SASP e della ciclossigenasi 2 (COX2), tramite TLR2 (REF Loo et al., 2017).

È interessante notare che, nei topi il legame tra microrganismi, obesità e HCC viene trasmesso da generazione in generazione (Figura 13). Poutahidis et al. (Poutahidis et al., 2015) hanno dimostrato che, madri murine, che praticavano una dieta ricca di grassi durante la gravidanza, trasferivano un elevato rischio di obesità e cancro al fegato alla prole. Inoltre, il trasferimento del microbiota intestinale da topi trattati con una dieta ricca di grassi in topi femmine GF è associato ad un aumento del tasso di cancro al fegato nella prole di questi topi (Poutahidis et al., 2015).

c) Cancro al pancreas

L’obesità e il DMT2 non sono solo associati a infiammazione di basso grado di origine intestinale. Evidenze scientifiche suggeriscono che, la malattia parodontale (malattia infiammatoria della cavità orale dovuta a batteri) è associata con lo sviluppo del sovrappeso e dell’insulino-resistenza (Nishimura et al., 2001, Dursun et al., 2016). Un’ipotesi per questi risultati, associati all’obesità, sono i livelli elevati di TNF nel plasma, che possono portare ad uno stato iper-infiammatorio, aumentando il rischio di malattia parodontale, nel senso che la produzione negli adipociti di citochine pro-infiammatorie è un fattore patogeno, che collega l’obesità e l’infezione parodontale (Genco et al., 2005, Otomo-Corgel et al., 2012). Un’associazione positiva di parodontite con cancro al pancreas è stato osservato in molti studi di coorte sull’uomo (Hujoel et al., 2003, Ahn et al., 2012), come rivisto da Michaud e Izard (Michaud et al., 2014). In molti studi prospettici di coorte, con un follow-up di 9 anni, sono stati correlati anticorpi contro vari patogeni orali al rischio di carcinoma pancreatico (European Prospective Investigation into Cancer Cohort) (Michaud et al., 2014). Gli autori hanno osservato un aumento di due volte del rischio di cancro al pancreas, quando aumentavano i livelli di anticorpi sierici contro un ceppo patogeno Porphyromonas gingivalis (Michaud et al., 2014). In linea con questa scoperta, uno studio prospettico ha identificato che, la presenza di patogeni orali, P. gingivalis e Aggregatibacter actinomycetemcomitans, sia associata con l’aumento del rischio di cancro al pancreas nell’uomo (Fan et al., 2018).

91 Un’elevata quantità di Fusobacterium spp. nel tessuto tumorale pancreatico ha anche dimostrato di non essere associato con le peggiori prognosi di cancro al pancreas (Mitsuhashi et al., 2015), anche se è stato individuato un risultato opposto nel microbioma orale umano con Fusobacterium spp. salivare, essendo collegato ad un ridotto rischio di carcinoma pancreatico (Fan et al., 2018). Il meccanismo potrebbe comportare un effetto di batteri orali sulla risposta immunitaria, come la loro diffusione potrebbe portare a cambiamenti sistemici nelle citochine infiammatorie, tra cui TNF, IL-1, IFN e prostaglandine E2 (REES Michaud et al., 2014, Li et al., 2000). Nei modelli animali, P. gingivalis mostra una capacità di eludere l’attivazione immunitaria dell’ospite (Singh et al., 2011, Palm et al., 2013) e l’infezione da P.

gingivalis mostra che i TLR, incluso TLR4, siano coinvolti nell’immunità protettiva e abbiano

un ruolo importante nel cancro al pancreas (Michaud et al., 2014) (Figura 13). Un’evidenza sperimentale in un modello murino di cancro al pancreas suggerisce che, LPS possa attivare TLR4 su cellule immunitarie in un microambiente tumorale e promuovere lo sviluppo del tumore al pancreas, attraverso l’attivazione di NF-B e percorsi di segnalazione MAPK (Ochi et al., 2012) (Figura 13).

Uno studio ha valutato anche le variazioni del microbiota orale in pazienti con carcinoma pancreatico accertato, rispetto a quelle in soggetti sani (Farrell et al., 2012). Quest’analisi ha rivelato una variazione significativa del microbiota salivare, convalidando potenzialmente l’uso di due candidati batterici, Neisseria elongata e Streptococcus mitis, per discriminare i pazienti con carcinoma al pancreas e i controlli, suggerendo così l’uso di questi agenti patogeni combinati, come biomarcatori per scopi diagnostici (Farrell et al., 2012). Tuttavia, uno studio non ha confermato le variazioni di questi due batteri, ma piuttosto ha individuato un significativo rapporto elevato tra Leptotrichia spp. e Porphyromonas spp. nella saliva di pazienti con carcinoma pancreatico (Torres et al., 2015).

Nel 2007, è stato suggerito da Ren et al. (Ren et al., 2017) un potenziale collegamento tra il microbiota intestinale e il cancro al pancreas e, inoltre, è stato dimostrato che, la diversità del microbiota intestinale fosse ridotta nell’uomo con carcinoma pancreatico e che le alterazioni microbiche fossero collegate con l’aumento di alcuni agenti patogeni e batteri, che producono LPS, e con la diminuzione dei microrganismi benefici e di batteri produttori di butirrato.

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