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La Flipped Classroom come approccio inclusivo

In che misura la Flipped Classroom può essere considerata un approc- cio inclusivo?

Si tratta in primo luogo di comprendere gli elementi costitutivi del- la Flipped Classroom: come ricordato dagli autori del principale manua- le italiano,

la Flipped Classroom, o insegnamento capovolto, consiste quindi nell’invertire il luogo dove si segue la lezione (a casa propria anziché a scuola) con quello in cui si studia e si fanno i compiti (a scuola anziché nella propria abitazione) (Maglioni e Biscaro, 2014, 16).

Il capovolgimento, di per sé preso, non implica un modello didattico in- novativo. Un visione riduttiva del capovolgimento potrebbe riproporre ar- chitetture didattiche ricettivo/trasmissive in cui la lezione viene sostituita dall’assegnazione preventiva di un compito (che potrebbe essere anche tra- dizionale come lo studio della parte di un manuale scolastico), a cui far se- guire in aula attività che vedono lo studente semplice ripetitore di quanto autonomamente appreso, mantenendo un apparato valutativo del tutto tra- dizionale. Si tratta di cogliere, per evitare visioni riduzionistiche, le pecu- liarità del capovolgimento proprio della Flipped Classroom. Come giusta- mente osservato il capovolgimento è duplice. Il primo rende possibile “la fase di fruizione dei contenuti prevalentemente al di fuori della scuola” e ciò si ricollega all’utilizzo di

nuovi canali di comunicazione e avvalendosi della crescente e libera disponibili- tà di risorse educative come testi, prodotti audiovisivi, multimediali, videolezioni, ma anche strumenti interattivi che consentono simulazioni, riproduzioni virtuali, contatti con esperti (Cecchinato, 2012, 5).

Le attività che precedono il lavoro in classe presuppongo una moltepli- cità di materiali, tanto già disponibili quanto realizzati dagli stessi docen- ti. Le modalità con cui tali materiali vengono predisposti, scelti e proposti

agli studenti fanno la differenza tra un approccio standardizzato da un lato e una didattica inclusiva dall’altro. Una osservazione simile può essere for- mulata in relazione al secondo capovolgimento, che porta nell’aula, grazie al tempo lasciato libero dalla lezione, il lavoro che gli studenti realizzava- no a casa. Come osserva Cecchinato, le potenzialità innovative si giocano soprattutto in questo secondo capovolgimento: “come tutti i docenti sanno ogni classe è molto eterogenea al proprio interno e l’attività didattica uffi- cialmente rivolta a tutti in realtà è rivolta inevitabilmente allo studente me- dio. Ciò comporta che spesso in classe ci sono studenti dotati che si annoia- no e studenti in difficoltà che rischiano di sentirsi esclusi” (Ibidem, 10). La gestione della classe implica e rimanda, nella logica della Flipped Class-

room, sia ad una serie di metodologie ed attività (lavoro di gruppo, attività tra pari, esercitazioni, laboratori…) che vedono come protagonista l’allievo.

Proseguendo in tale direzione la Flipped Classroom può essere messa in parallelo con gli Episodi di apprendimento situato (EAS), cioè “una porzio- ne di azione didattica, ovvero l’unità minima di cui consta l’agire didatti- co dell’insegnante in contesto” (Rivoltella, 2013, 52). Ad accomunarli è una struttura triadica in definitiva simile: al momento anticipatorio, il lavoro a casa, segue una fase operativa in classe per giungere infine al terzo mo- mento caratterizzato dalla ristrutturazione che implica forme di valutazio- ne e consolidamento di quanto appreso (Ibidem, 53). La dimensione valuta- tiva nella Flipped Classroom non può che fare riferimento ad un approccio legato alle competenze, e qui potrebbe essere proposto un terzo capovolgi- mento che tocca tanto le categorie di fondo – ad esempio sostituendo una visione legata a specifici momenti/prove con una valutazione diffusa e le- gata alla quotidianità (Castoldi, 2009) – quanto l’uso di strumenti valutativi appositamente modificati (Maglioni e Biscaro, 2014, 38-39).

La Flipped Classroom implica quindi un approccio che richiede tan- to una molteplicità di materiali scelti in relazione a specifici contesti quan- to metodologie didattiche che rendano gli studenti protagonisti del loro ap- prendimento. Provando ad operare un confronto con i tratti della didattica inclusiva, il metodo flipped nella sua prima inversione può rispettare e pro- muovere le differenze presenti tra gli studenti (primo tratto) proprio grazie alla varietà dei contenuti proposti prima delle attività in classe, con una co- erente attenzione al contesto (secondo tratto). Forme di discriminazione po- sitiva (terzo tratto) possono essere messe in opera tanto nella prima inver- sione, fornendo specifici materiali, quanto nella seconda inversione legata alle attività in classe: forme di specifico supporto possono essere mirate ad un singolo gruppo o studente. Similmente la gestione dell’aula non sarà le- gata ad un approccio standard (quarto tratto) ma a metodologie (lavoro di gruppo, peer tutoring…) che permettono di prestare attenzione alle diver- sità presenti. Gli stessi processi di individualizzazione e personalizzazione

potrebbero combinarsi in modo tale da stemperare quelle forme di subordi- nazione proposte alla luce della comprensibile preoccupazione che “le di- versità tra gli alunni si trasformino in disuguaglianze” (Baldacci, 2005, 8).

La Flipped Classroom e le risorse digitali come strumen-

to inclusivo

Il metodo della Flipped Classroom potrebbe essere gestito, in via del tutto astratta, prescindendo dalle risorse digitali e dalla rete. Ricostruen- do però la sua evoluzione va rilevato un legame strutturale con la dimen- sione digitale ed in particolar modo con il l’uso del video. Nelle varie sperimentazioni le “informazioni sono rese disponibili nel formato di Le- arning Units, di videoclip di pochi minuti, di piccole animazioni” (Rivol- tella, 2013, 49). Nella presentazione di una delle prime esperienze, quella realizzata alla Miami University, si segnala «this method uses a variety of teaching styles, although multimedia (in the broadest of definitions) is the cornerstone»2 (Lage, Platt, Treglia, 2000, 32) al punto da considerare come

strumento fondamentale un sito web, adeguatamente strutturato, in colloca- re le indispensabili risorse e far interagire i corsisti:

although the inverted classroom can be taught without online resources, the Internet allows the instructor to invert the classroom without sacrificing content coverage3(Lage, Platt, 2000, 11).

La dimensione digitale si propone non come uno strumento neutro ma come l’ambiente naturale in cui la flipped nasce e si sviluppa influenzando e cambiando i processi formativi (Ferri, 2008).

La direzione in cui indagare, anche per evitare forme di retorica tecno- centrica (Ranieri 2011), è proprio quella di un uso inclusivo delle risorse di- gitali. Una prima osservazione può essere legata proprio al fatto che le tec- nologie digitali sono legate, in una delle prime esperienze sopra ricordate, proprio alla creazione di un ambiente inclusivo. L’esperienza della Miami University, che risale ormai ad oltre 15 anni fa, trova la sua origine nel de- siderio di colmare lo scarto tra gli stili di insegnamento e quelli di appren- dimento tenendo conto quindi di una molteplicità di differenze, come quel- la di genere per esempio, che vanno recepite e valorizzate proprio grazie

2. “Questo metodo usa una molteplicità di stili di insegnamento, tuttavia in approccio multimediale (inteso nel senso più ampio) costituisce il punto di riferimento più importante”.

3. “Sebbene la classe rovesciata possa essere concepita senza risorse on line, Internet per- mette a chi insegna di capovolgere la classe senza sacrificare la dimensione dei contenuti”.

ad una molteplicità di risorse e di metodologie rese disponibili dalla tec- nologia digitale: «the inverted classroom explicitly allows for students of all learning styles to use a method that are best for them»4 (Lage e Platt,

2000, 39). Una seconda osservazione, più che legata al tradizionale rappor- to docente-discente, riguarda la formazione professionale degli insegnan- ti e quindi ad un apprendimento, e a una didattica, che rinviano ad una dimensione dell’inclusione poco affrontata. Tutti coloro che insegnano ac- cumulano una serie di materiali, spesso estremamente eterogenei (schemi di lezioni, tabelle, grafici, immagini, appunti, prove di valutazione…), che, elaborati e conservati sempre più in formato digitale, rischiano di non usci- re dall’ambito della classe e spesso sono usati solo a supporto di tradiziona- li forme di lezione espositiva. La Flipped Classroom implica un approccio diverso: in primo luogo spinge in maniera sistematica a reperire, ma anco- ra di più a creare, materiali didattici ed in secondo luogo, proprio perché si tratta di fornirli anticipatamente agli allievi, ad usare tecnologie digitali per poterli meglio distribuire. Ciò implica, come prima inevitabile ricadu- ta, una attenzione verso la documentazione delle pratiche didattiche. Se “la società non si basa sulla comunicazione, bensì sulla registrazione”, la do- cumentalità intesa appunto come “dottrina dei documenti” (Ferraris, 2009, 360-361) costituisce una stimolante cornice teorica per cogliere l’opportuni- tà che la Flipped Classroom offre per far uscire le pratiche di insegnamen- to da una condizione spesso caratterizzata da livelli di visibilità ridotti.

A partire da tali considerazioni, va segnalata l’ulteriore linea di sviluppo legata alle Open Educational Resources (OER) intese come

teaching, learning, and research resources that reside in the public domain or have been released under an intellectual property license that permits their free use and re-purposing by others. Open educational resources include full courses, course materials, modules, textbooks, streaming videos, tests, software, and any other tools, materials, or techniques used to support access to knowledge»5 (William

and Flora Hewlett Foundation).

Tali risorse sono per lo più associate ai Massive Open Online Courses (MOOC) e considerati come prodotti estremamente articolati associati a percorsi formativi di tipo universitario. Se però, in relazione agli OER, si

4. “La classe capovolta permette in modo esplicito agli studenti con i più diversi stili di apprendimento di usare il metodo per loro migliore“.

5. “Risorse per l’insegnamento, l’apprendimento e la ricerca di libero accesso o che so- no state rilasciate sotto una licenza di proprietà intellettuale che ne permette il libero uso e la rifinalizzazione da parte di altri. Le risorse educative aperte includono interi corsi, ma- teriali, moduli, libri di testo, video, testi, software e ogni altro strumento, materiale o tec- nica usata per supportare l’accesso alla conoscenza”.

è parlato di un vero e proprio movimento (D’Antoni, 2009) e non solo di un approccio estremamente specialistico, rimane lo spazio per forme di più ampia partecipazione che partano dal basso con la creazione di comunità e reti di scuole ed insegnanti. Unire la documentazione delle pratiche di in- segnamento alla produzione di OER costituisce una prospettiva che è stata giustamente già sottolineata:

One action that would both improve transparency and accountability in teaching would be to include teaching portfolios or similar requirements as part of the ten- ure process and to promote the conversion of at least one course into an OER for- mat as part of the documentation of excellence in teaching6 (OECD/OCSE, 2007,

96).

Se le ulteriori modalità indicate dall’Organizzazione per Cooperazio- ne e lo Sviluppo Economico per realizzare una tale prospettiva sono, alme- no in parte, legate a meccanismi premiali (concorsi, bandi…) che marcano le differenze, vanno anche segnalate modalità in cui la dimensione compe- titiva è assente e che possono inoltre costituire l’ambiente ideale per rende- re possibile, anche con modalità informali, il passaggio delle competenze tra docenti esperti e novizi, in una logica, appunto, inclusiva. Possono esse- re segnalate, in tale direzione, associazioni professionali – tanto a livello in- ternazionale, come il Flipped Learning Network7, quanto a livello italiano,

come Flipnet – Associazione per la promozione della didattica capovolta8

che costituiscono esempi significativi di un positivo intreccio tra la metodo- logia della Flipped Classroom, le tecnologie digitali ed approcci inclusivi.

Bibliografia

Baldacci M. (2005), Personalizzazione o individualizzazione?, Erickson, Trento. D’Alonzo L. (2008), Gestire le integrazioni a scuola, La Scuola, Brescia.

Castoldi M. (2009), Valutare le competenze. Percorsi e strumenti, Carocci, Roma. Cecchinato G. (2012), Flipped classroom, innovare la scuola con le tecnologie

del Web 2.0, www.bodoni.pr.it/pdf/cecchinato.pdf [28/02/2015].

D’Antoni S. (2009), “Open Educational Resources: reviewing initiatives and issue”, Open Learning: The Journal of Open, Distance and e-Learning,

6. “Una azione che potrebbe migliorare la trasparenza e la responsabilità in relazione all’insegnamento consiste nell’includere il portfolio dell’insegnante o strumenti simili co- me modalità di controllo e nel promuovere la conversione di almeno un corso nel formato delle risorse educative aperte come elemento della documentazione dell’eccellenza nell’in- segnamento”.

7. http://flippedclassroom.org/. 8. http://flipnet.it/.

XXIV, 1, 3-10, www.tandfonline.com/doi/pdf/10.1080/02680510802625443 [28/02/2015].

Demetrio D., Favaro G. (2002), Didattica interculturale, FrancoAngeli, Milano. Ferri P. (2008), La scuola digitale, Bruno Mondadori, Milano.

Ferraris M. (2014), Documentalità, Laterza, Roma-Bari.

Ianes D. (2014), L’evoluzione dell’insegnante di sostegno, Erickson, Trento. Lage M.J., Platt G.J., Treglia M. (2000), “Inverting the Classroom: a Gateway

to Creating an Inclusive Learning Environment”, Journal of Economic

Education, XXXI, 1, 30-43.

Lage M.J., Platt G.J., (2000), “The Internet and the Inverted Classroom”, Journal

of Economic Education, XXXI, 1, 11.

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Rivoltella P.C. (2013), Fare didattica con gli EAS, La Scuola, Brescia.

UNESCO (2005), Guidelines for Inclusion: Ensuring Access to Education for All. Paris. http://unesdoc.unesco.org/images/0014/001402/140224e.pdf [28/02/2015].

Presentazione dell’autore

Filippo Bruni insegna Didattica generale e Tecnologie dell’istruzione all’U- niversità degli Studi del Molise. Tra i suoi lavori si segnalano Blog e didatti-

ca. Una risorsa del web 2.0 per i processi di insegnamento, EUM, Macera- ta 2009 e, con Giuliana Fiorentino, Didattica e tecnologie. Studi, percorsi e

proposte, Carocci, Roma 2013. filippo.bruni@unimol.it