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Terza fase: individuare una classificazione condivisa Un momento ulteriore del lavoro è stato quello di condividere con l’inte-

ra classe il risultato dell’attività di gruppo, per cercare di trovare una mo- dalità di disposizione comune per tutte le azioni prese in esame. L’espo- sizione dei risultati raggiunti ha fatto emergere domande e dubbi, ma con la guida dell’insegnante, i ragazzi hanno condiviso la formulazione di una sintesi che è riassunta nella seguente Figura 5:

Fig. 5 - Tabella di sintesi condivisa dalla classe

L’interesse di questo risultato non risiede tanto nel prodotto ottenuto, quanto nell’individuazione di fasi che hanno senso per i ragazzi, i quali pos- sono, con la tabella sotto gli occhi, avere uno strumento utile nel momento in cui gli esiti numerici, attribuiti alle loro prestazioni, non corrispondono alle aspettative. La domanda: “Ma che cosa ho sbagliato? Che cosa non ho fatto bene?” può trovare una risposta proprio con la consultazione di questa tabella, che è stata negoziata a lungo ed adottata dalla classe.

Restano aperte alcune questioni di fondo che erano state poste dai ra- gazzi e saranno ulteriore oggetto di indagine:

– ci possono essere delle azioni comuni a più fasi, perciò si possono in- travedere intersezioni o azioni ricorrenti fra le fasi del processo di ap- prendimento che sono state individuate? L’esempio della riflessione, che

è utile in tutti i momenti dell’apprendimento ha sicuramente un senso ed un valore importanti;

– se, come tutti i ragazzi concordano, non è necessario, per imparare e studiare, svolgere tutti nello stesso modo le stesse azioni, esistono delle strategie comunque indispensabili? Possono essere sintetizzate ed esauri- te dalle fasi individuate?;

– le azioni che conducono all’apprendimento che sono state indicate, qua- le tipo di apprendimento prendono in considerazione, quello scolastico o l’imparare inteso in senso vasto anche al di fuori delle formalizzazioni che ogni scuola richiede?

Su quest’ultima domanda gli alunni sono stati concordi nel risponde- re che, per imparare qualunque cosa, è necessario attivare qualcuna del- le azioni proprie di ognuna delle tre fasi concordate e per precisare ulte- riormente il discorso, essi hanno stabilito che avrebbe potuto essere utile individuare dei livelli per ogni azione-indicatore, che hanno provato ad elaborare. La loro decisione di individuare tre livelli ha condotto sponta- neamente a cercare una collocazione e quindi ad effettuare una auto-valu- tazione. Gli alunni si sono ben presto resi conto però, che si collocavano quasi tutti, in relazione ad ogni indicatore, nel livello intermedio. “Forse – ha suggerito uno di loro – di livelli dobbiamo trovarne quattro o cinque!?”.

Conclusioni provvisorie: ruolo delle tecnologie digitali ed

importanza dell’e-portfolio

Il tentativo di coinvolgere nella progettazione, che in questo caso era prerogativa del Consiglio di Classe, anche i ragazzi ha condotto a due tra- guardi: il primo è stato quello del coinvolgimento pieno dei ragazzi in quell’agire del docente, che se condiviso con loro in maniera appropria- ta, può condurre alla creazione di un clima di lavoro nel quale si opera per raggiungere consapevolmente obiettivi, che sono davvero di tutti; il se- condo è stato quello di continuare un percorso di valutazione, vista come un’occasione continua, che precede, accompagna, segue e rende tangibile la strada percorsa, perché si tracciano progressi e battute d’arresto, ma solo per cogliere appieno il cammino che è stato fatto e quello che abbiamo da- vanti, ancora da compiere.

Non si può invece certamente sostenere che l’attività svolta abbia con- dotto a risultati apprezzabili nell’individuare strategie di apprendimento o metodologie efficaci di studio. Eppure anche da questo punto di vista l’at- teggiamento di molti alunni è cambiato, soprattutto nella ricerca di pro- cedure personali, che diano valore aggiunto al lavoro, che di solito chie- de l’insegnante. In particolare ha suscitato discussioni il ruolo di quella che

un’alunna ha chiamato “immaginazione”. Riuscire a prefigurare il contenu- to proposto dall’insegnante in modo da agganciarlo a qualcosa che già ab- biamo immagazzinato è solo un aspetto di questa azione complessa, però forse mette in luce il nucleo della formula iniziale “imparare ad imparare”, dà forma cioè alla

… convinzione che buona parte di (se non tutto) ciò che abitualmente chiamiamo “apprendimento” abbia a che fare con la nostra capacità di prevedere il compor- tamento delle cose e degli altri intorno a noi e anche il nostro. Sapere, potremmo dire parafrasando Cartesio, si riduce a prevedere (Rivoltella, 2014, 8).

Proprio questa potenzialità è quella che va coltivata in primo luogo negli alunni, quella di distinguere, per collocare in un luogo rintracciabile della nostra mente e del nostro cuore, qualcosa che ancora non sappiamo appie- no, ma che ci attrae perché riusciamo a dargli un volto che piano piano sa- remo capaci di svelare. Raggiungere una competenza così complessa vuol dire per tutti, studenti ed insegnanti, accettare la sfida che si deve conti- nuare ad imparare sempre, per tutta la vita.

L’ultimo aspetto da sottolineare in questa esperienza è quello legato all’uso delle tecnologie digitali e allo scarto qualitativo che hanno impres- so all’esperienza.

Gli aspetti da considerare sono diversi:

– la possibilità di memorizzare grandi quantità di materiali in un unico “luogo” a disposizione della classe; il computer collegato alla LIM, per esempio, consente di lavorare collettivamente su una serie di scritture provvisorie e permette di coltivarle per osservarle mentre crescono e di- ventano espressione formalmente corretta ed accettata, patrimonio sco- lastico, che mantiene comunque l’impronta individuale sempre riconosci- bile perché è possibile ricostruire i passaggi effettuati;

– la possibilità di tornare indietro (grande valore dell’adozione dell’e-por- tfolio), di riprendere ciò che è passato per analizzarlo con occhi nuovi e scoprire che i progressi ci sono per ognuno e sono tangibili e dimostra- bili, anche se i punti d’arrivo non sono gli stessi per tutti;

– la possibilità di avere un oggetto fisico (la LIM o anche il tablet) che conserva la virtualità dei pensieri ed anche le loro contraddizioni; è in- fatti proprio ragionando sugli errori depositati e rintracciabili, che si può arrivare al concetto che si stava cercando; la metafora platonica per cui strofinando le idee si accende il fuoco della conoscenza (Platone, Lette- ra VII), può rendere bene l’idea del lavoro che si può compiere in classe, mettendo in moto una discussione autentica e coinvolgente proprio per- ché si riesce a rappresentarla e a riconoscersi in essa;

– la possibilità di ritrovare il gesto della mano che traccia il segno; avere a disposizione dei tablet in cui facilmente si possono registrare note, ap-

punti, immagini, schemi, mappe che altrettanto facilmente possono es- sere riaperti e modificati, lascia davvero spazio a quella che un tempo era la “bella copia” sul foglio di carta. Ora ha davvero senso chiedere di esercitare controllo e di fare attenzione al gesto grafico della mano; il foglio che ne scaturisce è frutto di una selezione e di una scelta maturata nel tempo che gli alunni apprezzano per primi e sentono propria.

In modo quasi paradossale l’uso delle tecnologie che, grazie alla LIM, ai tablet e all’adozione di un e-portfolio, è stato portato avanti va in direzione esattamente opposta a quella dichiarata dai detrattori delle tecnologie digi- tali stesse: non conduce ad accelerare ad ampliare a dismisura i contenuti, a rimanere in superficie e non approfondire temi e concetti. Al contrario, il tempo che è necessario per ricercare, fra le tante tracce depositate sui di- spositivi digitali, per scegliere quello che vogliamo tenere e per dirimere le questioni che affrontiamo è un tempo di riflessione, lento e meditato che, seppur guidato dall’azione didattica del docente, permette di valutare e di decidere in maniera più consapevole.

Bibliografia

Bruner J. (1979), On Knowing, Essay for the left hands, Harvard College, Cambridge (trad. it.: Il conoscere: saggi sulla mano sinistra, Armando, Roma, 1990).

Bruner J. (1986), Actual Minds, Possible Worlds (trad. it.: La mente a più

dimensioni, Laterza, Roma-Bari, 1993).

Damiano E. (2006), La nuova alleanza. Temi, problemi e prospettive della nuova

ricerca didattica, La Scuola, Brescia.

Giannandrea L., Rossi P.G. (2006), Che cos’è l’e-portfolio, Carocci, Roma.

Novak J. Gowin B. (1984), Learning How to Learn, Cambridge University Press, New York (trad. it.: Imparando a imparare, SEI, Torino, 2001).

Rivoltella P.C. (2014), La previsione. Neuroscienze, apprendimento, didattica, La Scuola, Brescia.

Rivoltella P.C., Rossi P.G. (a cura di) (2012), L’agire didattico. Manuale per

l’insegnante, La Scuola, Brescia.

Presentazione dell’autore

Teresa Magnaterra, docente di Italiano, Storia e Geografia nella scuola se- condaria di primo grado, Istituto Comprensivo di Filottrano (AN), laureata in Filosofia, PHD in E-Learning and Knowledge Management presso l’Uni- versità degli Studi di Macerata; interessi di ricerca: lettura e scrittura digita- le, produzione ed uso di e-book.