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La grammatica funzionale

Nel documento LINGUE , CULTURE , COMUNICAZIONE (pagine 51-57)

Capitolo 3. Il linguaggio e la rappresentazione della realtà nei media

3.1 L’analisi del discorso

3.1.2 La grammatica funzionale

L’approccio socio-semiotico allo studio della linguistica si sviluppa a metà degli anni Ottanta ad opera di Michael Halliday. Lo scopo della grammatica funzionale elaborata dal linguista inglese è quello di individuare ed utilizzare determinate categorie per descrivere le scelte comunicative adottate dai parlanti ed i loro obiettivi. Ciò si basa sul presupposto che a particolari funzioni comunicative, e quindi a particolari significati, siano associate determinate configurazioni linguistiche: per descrivere queste associazioni viene usato il sistema lessico-grammaticale, o lessicogrammatica (Thompson, 2014:29-30). Halliday suddivide le funzioni comunicative in tre grandi gruppi, che prendono il nome di metafunzioni: egli individua la metafunzione esperienziale, interpersonale e testuale. Alla prima corrisponde l’uso del linguaggio per parlare della realtà, alla seconda l’uso del linguaggio nell’interazione sociale, mentre la terza è l’organizzazione della lingua nel contesto. A queste tre se ne aggiunge una quarta, denominata metafunzione logica, che si concentra sui rapporti che possono essere stabiliti tra le frasi e quindi tra i messaggi. Ad ognuna delle metafunzioni corrisponde una componente della lessicogrammatica, che presenta le opzioni tra cui scegliere26 per esprimere il significato corrispondente (mood): ogni metafunzione rappresenta quindi un punto di vista sulla frase e ne individua una specifica struttura. La lessicogrammatica può essere quindi definita come un set di risorse a disposizione dei parlanti per generare senso, ma è vero anche il contrario ovvero che i significati che si vogliono trasmettere possono determinare le 26 Halliday descrive infatti il linguaggio come un sistema di scelte, anche se in quello orale, nella pratica quotidiana – diversamente da quello scritto – spesso queste scelte avvengono inconsciamente e non sono il risultato di una analisi da parte del parlante (Thompson, 2014:31)

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risorse linguistiche da impiegare, infatti, possiamo osservare che in determinati contesti ricorrono determinate configurazioni linguistiche: la variazione del linguaggio a seconda dell’uso viene denominata “registro” (ivi. 40). Ad ognuna delle tre metafunzioni principali corrisponde un registro: i significati esperienziali sono determinati da e costituiscono il campo (field), quelli interpersonali concernono il tenore (tenor) mentre quelli testuali il modo (mode). Di seguito, verranno analizzate singolarmente le metafunzioni e le loro componenti, a cominciare con la metafunzione interpersonale.

La metafunzione interpersonale riguarda uno degli obiettivi preponderanti della comunicazione, ovvero l’interazione tra i partecipanti e lo scambio reciproco di informazioni o di “beni e servizi” (ivi.47). Nel primo caso, il linguaggio ha una funzione costitutiva, perché porta avanti l’azione comunicativa nella sua quasi totalità, visto che l’obiettivo è lo scambio di informazioni: è questo il caso delle asserzioni – ovvero quando vengono offerte informazioni – e delle domande, quando invece vengono richieste informazioni. Nel secondo caso la lingua è invece solo ausiliare, infatti quando vengono offerti (offerte) o richiesti (comandi) beni e servizi la risposta si concretizza in un’azione materiale più che in una reazione verbale. Nella lessico-grammatica, le asserzioni, le domande e i comandi sono associati a precise strutture grammaticali, rispettivamente le frasi dichiarative, interrogative ed imperative, mentre le offerte non sono associate con nessuna scelta perché qui il linguaggio raggiunge il massimo grado di subordinazione. Tuttavia, questa associazione non è fissa, infatti ogni struttura può realizzare anche altre funzioni, in base ad alcuni fattori contestuali come la relazione tra i partecipanti alla comunicazione, secondo il principio di “riciclaggio linguistico” (ivi. 48), ad esempio un comando può essere espresso con una forma interrogativa invece che una imperativa per rispettare delle norme di cortesia.

In questa prospettiva d’analisi, gli elementi principali della frase sono il soggetto e la componente finita del gruppo verbale (Finite, tra cui rientrano ad esempio i verbi ausiliari ed i verbi modali), che serve per indicare l’atteggiamento del parlante nei confronti della frase stessa, ovvero la polarità e la modalità, e la sua validità nello spazio-tempo. Con polarità intendiamo il valore positivo o negativo di una frase, mentre la modalità esprime una posizione intermedia tra i due estremi della polarità, in termini di probabilità, frequenza, obbligo o inclinazione. Grazie alla modalità, i parlanti possono esprimere un valore basso, medio o alto di obbligatorietà o sicurezza di ciò che stanno dicendo, ovvero il loro grado di coinvolgimento e impegno con la proposizione. Inoltre, i parlanti possono assumere su di sé maggiore o minore responsabilità nei confronti dell’atteggiamento espresso, ovvero possono dichiarare il loro punto di vista soggettivo oppure cercare di oggettivizzarlo, secondo vari gradi di modalità. Ciò che non rientra in queste due categorie è chiamato residuo (Residue) e può comprendere tre elementi funzionali: predicato,

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complementi e aggiunti. Con predicato si intende la componente non-finita del gruppo verbale, il complemento è invece un gruppo nominale “che si sarebbe potuto scegliere come soggetto, ma non lo si è fatto” (trad. ivi. 64), a differenza degli aggiunti, che sono tipicamente realizzati da gruppi avverbiali o frasi preposizionali. Per quanto riguarda gli aggiunti possiamo distinguere tra modali e congiuntivi, anche se questi ultimi non sono rilevanti per i significati interpersonali ma per quelli testuali, perché collegano la frase con la porzione di testo precedente. Gli aggiunti modali possono essere invece suddivisi in Comment adjuncts che, come suggerisce il nome, esprimono un commento sulla frase stessa, e Mood adjuncts, il cui significato è associato alla struttura soggetto+Finite, la quale prende proprio il nome di Mood. Questi aggiunti esprimono infatti gli stessi significati di polarità e modalità del gruppo verbale finito di tempo. L’attribuzione delle modalità ad una frase non si realizza però solo grazie a risorse grammaticali, ma anche semantiche, infatti il modello tripartito di valutazione, o Appraisal, di Martin e White (ivi. 80) comprende soprattutto scelte lessicali per esprimere coinvolgimento (Engagement), scala (Graduation) e atteggiamento (Attitude). In senso generale, l’atteggiamento è la valutazione positiva o negativa da parte del parlante in termini emozionali, attraverso l’Affetto, o Affect, o attribuendo direttamente le qualità positive o negative agli oggetti o eventi (Apprezzamento, Appreciation) o alle persone (Giudizio, Judgement). Il giudizio può essere a sua volta suddiviso in due categorie, la stima sociale (social esteem) e la sanzione sociale (social sanction): la stima sociale comprende caratteristiche di normalità, capacità e tenacia, mentre la sanzione sociale comprende la veracità e l’etica. L’Affetto può essere realizzato in vari modi: come qualità – attraverso epiteti, attributi e circostanze – come processo mentale o comportamentale, come commento attraverso gli aggiunti e infine come nominalizzazione di aggettivi e processi, ovvero attraverso sostantivi (Martin e White, 2005:46). Questa categoria è particolarmente interessante – anche ai fini della nostra analisi – perché può aiutare il mittente a comunicare, in modo più o meno esplicito, un’inclinazione più o meno favorevole nei confronti di determinati valori. Riassumendo, la metafunzione interazionale si concentra sul modo in cui i parlanti interagiscono per raggiungere un determinato scopo; tuttavia l’obiettivo della comunicazione può influenzare in larga parte il modo in cui la realtà viene presentata, quindi il contenuto di una proposizione, che è l’oggetto della metafunzione esperienziale.

Secondo la prospettiva esperienziale, invece, il linguaggio consiste in una serie di risorse per la rappresentazione del mondo e delle sue interrelazioni in termini di processi, partecipanti e circostanze. Siccome in questa prospettiva d’analisi la frase ruota intorno all’azione, il processo – che viene tipicamente espresso da un gruppo verbale – è il suo perno centrale e corrisponde ad un modo alternativo di costruire la realtà nel discorso. Il termine “azione” non si riferisce tuttavia

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sempre a qualcosa di materiale, infatti esistono diversi tipi di processi, che coinvolgono diversi tipi di partecipanti: questo sistema è chiamato transitività (Transitivity). Nella seguente Tabella 1 verranno elencati i diversi sistemi di transitività:

Processo Partecipanti

Processi materiali, ovvero le azioni fisiche

Attori, coloro che compiono l’azione

Obiettivo, il destinatario dell’azione

Processi mentali, quei verbi che descrivono azioni interiori percettive, emotive, cognitive o desiderative

Percettore (Senser), è sempre umano o possiede qualità umane

Fenomeno, che può essere un gruppo nominale ma anche un’intera frase

Processi relazionali, servono a stabilire una relazione tra i due partecipanti e si distinguono in: Attributivi Vettore, ovvero colui che “ha”

un attributo Attributo

Identificativi, i quali identificano qualcosa con qualcos’altro, tipicamente espressi dal verbo essere

Simbolo (Token) e Valore, che sono reversibili. Questi due partecipanti sono utili per capire il panorama valoriale dell’autore, fornendoci in ultima istanza indizi sulla sua cultura (ivi. 117)

Processi verbali, che stanno a metà tra i processi materiali e quelli mentali perché esprimono un’operazione mentale con un’azione

Parlante, tipicamente umano

Ricevente

Target, non è necessariamente umano né il diretto destinatario

Espressione (Verbiage), si riferisce al linguaggio stesso Processi comportamentali,

descrivono anch’essi specifici processi psicologici umani

Attori (Behaver), che a differenza dei processi materiali sono esclusivamente umani

Comportamento Processi esistenziali, che

semplicemente sanciscono l’esistenza di qualcosa, di solito espressi da “c’è”

Esistente

Tabella 3.1. I processi ed i loro partecipanti

L’analisi di un testo può far emergere una prevalenza nella scelta di un tipo di processo, che corrisponderà ad un particolare punto di vista che si vuole adottare nella rappresentazione della realtà, soprattutto se al processo vengono ripetutamente associati determinati partecipanti, così che anche la rappresentazione di uno stesso evento può essere modificata. Anche le diverse circostanze possono essere classificate, ma per lo scopo di questo elaborato basterà ricordare le principali, ovvero gli aggiunti di tempo, luogo, modo, causa, possibilità e ruolo. L’analisi delle scelte contestuali che vengono fatte in un testo in termini di transitività può far emergere dei particolari pattern, dei modelli associati a determinati generi. Una comparazione tra i pattern di due testi che trattano un argomento simile ma che presentano delle differenze ad esempio nell’orientamento

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politico, come quella che verrà portata avanti nel capitolo finale di questo elaborato, può far emergere le differenze contestuali tra i due, nonché lo stretto rapporto tra il linguaggio e la realtà.

La terza metafunzione individuata da Halliday è quella testuale, che analizza l’organizzazione delle frasi all’interno del testo per garantire una coerenza del messaggio e quindi guidare il lettore nella sua interpretazione. A questo scopo vengono impiegate tre diverse strategie: ripetizione, congiunzione, tematizzazione. La prima si riferisce alla ripetizione “lessicale” di una stessa parola o una ripetizione “grammaticale” che può assumere la forma di una referenza e di un’ellissi. La prima consiste in una serie di risorse grammaticali che permettono all’autore di indicare se sta ripetendo qualcosa già menzionato nel testo o no: esempi di referenza sono i pronomi personali, dimostrativi ed i comparativi. Questa risorsa permette all’autore di riferirsi sia ad elementi esterni al linguaggio (referenza exoforica), che necessitano quindi di un contesto più ampio per la loro comprensione, sia interni al testo, quindi co-testuali: questa referenza prende il nome di endoforica. Quest’ultima può assumere la funzione di anafora, ovvero riferirsi ad elementi apparsi precedentemente nel testo, o al contrario di catafora, riferendosi quindi ad elementi di cui si parlerà successivamente. Il termine ellissi indica invece l’omissione totale di una parte della frase, che deve essere elicitata da quella precedente, o la sua sostituzione con un altro elemento. In secondo luogo, per instaurare una specifica relazione tra due parti del testo viene utilizzata una congiunzione. Gli elementi circostanziali realizzano diversi tipi di congiunzioni, tra cui causa-effetto, condizione, concessione, tempo, comparazione e contrasto. Diversamente, la tematizzazione si riferisce alla struttura della frase stessa, ovvero all’ordine con cui vengono presentati i suoi vari elementi secondo lo schema Tema-Rema, dove con Tema intendiamo la prima parte della frase e con Rema tutto il resto. La scelta del Tema contribuisce alla trasmissione di un particolare significato perché esso risveglia l’attenzione dell’utente e si presenta come rilevante a fini informativi: il Tema può essere definito, per distinguerlo dal soggetto della frase, come “il punto di partenza del messaggio” (ivi. 147). Tuttavia, la struttura più tipica e ricorrente delle frasi dichiarative, chiamata non marcata, è proprio quella dove il soggetto ed il Tema coincidono. Vi sono poi strutture tematiche particolari, che possono contribuire a modificare la struttura del messaggio:

• equivalenza tematica, ovvero quando utilizziamo il verbo essere per stabilire un’uguaglianza tra Tema e Rema e può servire, ad esempio, a facilitare la ricezione del messaggio perché esso è diviso in due parti, segnalando quindi un interesse del mittente per il pubblico;

• tema assertivo, chiamato tradizionalmente “dislocazione” ed usato principalmente nella lingua scritta, utilizzato per enfatizzare un contrasto il soggetto in posizione tematica e quello in posizione rematica;

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• commento tematizzato, dove nella posizione tematica appare un commento dell’autore in merito al valore o alla validità del messaggio seguente.

Inoltre, è necessario sottolineare che l’analisi di Halliday si riferisce alla lingua inglese, mentre in tedesco esistono delle strutture particolari, come la Linksverschiebung, o dislocazione a sinistra: essa permette di spostare un sintagma in una posizione diversa da quella usuale, invertendo quindi l’ordine tema-rema, visto che l’informazione nuova va a trovarsi in prima posizione. Questa strategia ha solitamente lo scopo di enfatizzare l’elemento rematico, facendolo diventare l’elemento di maggiore attenzione della proposizione. Allargando lo sguardo dalle singole frasi al testo nel suo complesso, si può osservare come le scelte tematiche contribuiscano alla strategia di sviluppo dello stesso. Infatti, il Tema può servire per segnalare il cambiamento o il mantenimento di uno stesso argomento, suggerendo quindi una chiave interpretativa, perché mette in luce ciò da cui l’autore pensa sia importante partire per comprendere il messaggio. Una strategia per ricreare una coerenza interna al testo è ad esempio quella di utilizzare come tema di una nuova proposizione un elemento che si trovava in posizione rematica nella frase precedente. L’utilizzo di queste tre risorse serve ad assicurare una coesione interna delle parti del testo, con l’obiettivo di costruire una coerenza mentale degli utenti.

Quanto è stato finora descritto avvalora la tesi di Halliday, secondo la quale determinati significati sono realizzati da particolari strutture lessico-grammaticali: vi sono quindi modi che risultano maggiormente congruenti per esprimere un certo significato rispetto ad altri. Le risorse linguistiche possono tuttavia essere decostruite e ricomposte per espandere il potenziale semantico della lingua: è questo il caso delle metafore grammaticali, che si riferiscono ai significati esperienziali ed interpersonali. Thompson definisce la metafora grammaticale come “l’espressione di un significato attraverso una forma lessico-grammaticale che si è evoluta per esprimere un tipo di significato diverso” (trad. ivi. 236). La scelta di una forma più metaforica non è semplicisticamente un modo per esprimere uno stesso significato in maniera meno congruente, ma un modo di conferire al messaggio un significato adeguato alla lessicogrammatica ma differente dalla sua realizzazione più frequente, e ciò implica quindi una diversa rappresentazione del mondo. Per quanto riguarda la metafunzione esperienziale, la metafora grammaticale principale è la nominalizzazione, ovvero l’uso di una forma nominale per esprimere un processo, che viene tipicamente utilizzata nei testi specialistici, per un pubblico che è già familiare con l’argomento di cui si sta parlando. Viene riscontrata soprattutto in questo tipo di testi accademici perché è vista come de-personalizzata, infatti omettendo il partecipante al processo eliminiamo la sua componente umana. La nominalizzazione svolge un’importante funzione di incapsulazione nel processo di costruzione del significato, questo perché serve a stabilire l’esistenza di qualcosa, infatti i sostantivi vengono

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generalmente considerati come l’espressione di qualcosa che esiste; inoltre può essere combinata con un altro processo espresso da un gruppo verbale, e in questo modo funzionare da tema. In ultima istanza, il processo che viene nominalizzato risulta non-negoziabile e quindi chiude lo spazio di dialogo con l’utente: per questo motivo l’uso di tale metafora grammaticale denota maggiore autorità da parte dell’autore, che detiene il potere sul suo testo. Siccome il linguaggio è inteso da Halliday come un sistema di risorse linguistiche a disposizione dei parlanti per realizzare determinati significati, e viene quindi usato in maniera congruente al messaggio che si vuole trasmettere, ci sono sistemi lessico-grammaticali atti a realizzare una maggiore negoziabilità, come ad esempio la modalità, ed altri, come quello appena visto, meno. Questo rappresenta un aspetto comune con la CDA, secondo la quale, è l’uso che viene fatto del linguaggio, in quanto pratica sociale, in un preciso contesto a determinare la sua funzione di potere che perpetra pratiche discriminatorie. In Halliday invece non emerge questo aspetto, perché la sua grammatica non è generalizzabile, ma applicabile a diversi tipi di testo, con i relativi obiettivi comunicativi. Nel paragrafo successivo vedremo inoltre come il suo sistema sia stato applicato da Gunther Kress e Theo van Leeuwen alle immagini, per l’analisi di vari tipi di fonti visuali.

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