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La letteratura negli scritti giovanili di Gramsci

Parte I – La letteratura russo-sovietica in Italia

I. 2 «L‟Ordine Nuovo» e la letteratura russa a Torino

I.2.2 La letteratura negli scritti giovanili di Gramsci

La tesi logattiana dell‟irrilevanza della Rivoluzione russa per l‟evoluzione letteraria, la svalutazione letteraria del movimento futurista russo postrivoluzionario (e del Majakovskij postrivoluzionario), oltre che del movimento di cultura proletaria, è oggettivamente avversata da Gramsci, che rielabora la cultura sovietica traducendola in italiano, come è stato detto, sia in termini politici sia in termini culturali e letterari. L‟assonanza ideologica nell‟intendere il rapporto letteratura- politica tra Gramsci e gli intellettuali politici sovietici come Lenin, Trockij, Lunaciarskij, ma anche Gor‟kij e Bogdanov, si fonda sul sostrato comune di una

327 Ibidem. 328 Ibidem.

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attenzione alla cultura e al significato storico della concezione del mondo delle classi lavoratrici, che si avvale, per quanto riguarda il giovane Gramsci, dell‟attenzione prestata alle riflessioni di Antonio Labriola sul ruolo della cultura e “psicologia” delle classi sociali nella storia.

Le prospettive letterarie dominanti in Unione Sovietica fin dal 1917 sono orientate verso la produzione di una nuova letteratura per le masse. L‟idea implicita in questa concezione, favorire l‟evolversi di una letteratura dotata di una forte immediatezza e di una vasta comprensibilità, se osservata in termini restrittivi (esclusione della letteratura per le elite intellettuali) può apparire in urto con l‟evidente ampiezza degli interessi letterari del giovane Gramsci, e con la sua attività critica che conseguentemente ha espresso valutazioni positive su diversi fenomeni letterari lontani da immediatezza e popolarità, e spesso in anticipo sui gusti della comunità letteraria (come nel caso di Pirandello). Certamente nel pensiero di Gramsci non si trova una distinzione tra arte e non-arte fondata sulla mera comprensibilità di un‟opera per il maggior numero di fruitori, in primo luogo essendo imprescindibile per Gramsci un approccio storico all‟arte e alla cultura. Tuttavia per Gramsci la lotta per il rinnovamento culturale e quindi artistico implica una tendenza all‟abbattimento dei confini tra arte d‟elite e arte popolare, elemento senza il quale del resto non si ha intelligenza del nazionale-popolare gramsciano in arte. Lungi dal rappresentare una contraddizione, questa dicotomia tra un forte interesse per l‟arte d‟avanguardia (anche borghese), e una tensione verso lo sviluppo di un‟arte popolare (che si manifesta nello studio del folclore, della letteratura popolare o d‟appendice, delle sperimentazioni del Proletkul´t ecc.) è il più coerente corollario in ambito artistico del marxismo gramsciano.329

Per comprendere la concezione gramsciana degli intellettuali, ha osservato Eugenio Garin, «non basta […] riferirsi ai Quaderni (e alle lettere): una disamina della meditazione gramsciana sugli “intellettuali” non può non seguire le linee di

329 Il legame delle riflessioni estetiche del giovane Gramsci con il pensiero di Marx non è stato

valorizzato; Umberto Carpi per esempio, ha ricondotto l‟interesse per le avanguardie a una fase sostanzialmente premarxista del pensiero di Gramsci, all‟influsso e alla condivisione dello status intellettuale del milieu culturale vociano: cfr. UMBERTO CARPI, Gramsci e le avanguardie intellettuali, «Studi Storici», XXI, n. 1, gennaio-marzo 1980, pp. 19-29.

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sviluppo dell‟opera di Gramsci fin dagli scritti giovanili»330

; il suggerimento si rivela utile anche in merito alla concezione gramsciana dell‟arte. Fin dal 1913 Gramsci interviene nelle polemiche italiane suscitate dal futurismo, valutando l‟attività dell‟avanguardia produzione di «artisti e non zampognari»331

(senza tuttavia sciogliere ogni riserva sull‟opera in discussione, Adrianopoli assedio-

orchestra: «è da vedere se Marinetti ha dato vera vita artistica a questa sua forma

d‟espressione»332

). In questo caso la valutazione di Gramsci non si fonda certamente sulla vasta comprensibilità dell‟opera, ma sul suo inserimento nella dinamica evolutiva formale più avanzata dell‟arte europea:

si ricollega alla nuova tendenza dell‟arte odiernissima, dalla musica alla pittura dei cubisti. La prova di Adrianopoli assedio-orchestra è una forma di espressione linguistica che trova il suo perfetto riscontro nella forma pittorica di Ardengo Soffici o di Pablo Picasso; è anch‟essa una scomposizione in piani dell‟immagine.333

Nel 1921 Gramsci coglie l‟occasione di un pronunciamento di Lunaciarsky, secondo il quale «in Italia esiste un intellettuale rivoluzionario […] egli è Filippo Tommaso Marinetti»334, per articolare un‟interpretazione propria del significato dell‟avanguardia futurista in relazione agli interessi della rivoluzione proletaria; l‟attenzione di Gramsci è esplicitamente rivolta alla pars destruens dell‟attività futurista: «i futuristi hanno svolto questo compito nel campo della cultura borghese: hanno distrutto, distrutto, distrutto, senza preoccuparsi se le nuove creazioni […] fossero nel complesso un‟opera superiore a quella distrutta»335

.

Similmente nel 1922, nella nota Lettera sul futurismo italiano scritta a Mosca in risposta a Trockij, Gramsci significativamente parla degli «operai, che nel futurismo avevano visto gli elementi di una lotta contro la vecchia cultura

330

EUGENIO GARIN, Politica e cultura in Gramsci (il problema degli intellettuali), in PIETRO ROSSI (a cura di), Gramsci e la cultura contemporanea, Atti del Convegno internazionale di studi gramsciani tenuto a Cagliari il 23-27 aprile 1967, Editori Riuniti – Istituto Gramsci, Roma 1969, vol. I, p. 38. Secondo Garin la ricerca sul problema degli intellettuali in Gramsci interessa la «formazione del pensiero gramsciano e sua presa di posizione circa la “cultura”, e in particolare la cultura popolare» (ibidem).

331 Articolo firmato “Alfa Gamma”, «Corriere universitario», I, n. 8, 20 maggio 1913; cito da A.

GRAMSCI, Arte e folclore, a cura di Giuseppe Prestipino, Newton Compton, Roma 1976, p. 137.

332 Ibidem. 333

Ibidem.

334 A.G

RAMSCI, Marinetti rivoluzionario?, «L‟Ordine Nuovo», anno I, n. 5, 5 gennaio 1921, p. 2.

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accademica italiana, mummificata, estranea alle masse popolari»336. Dalla lettera di Gramsci sul futurismo, Carpi ha dedotto due ordini di considerazioni:

1) la sottolineatura e fin l‟enfatizzazione dell‟interesse di parte operaia per il futurismo, col che Gramsci ribadisce di fatto […] la rilevanza del problema della cultura proletaria e la propria inclinazione, in questa fase, a legarlo a quello dell‟avanguardismo; 2) la sorprendente competenza che Gramsci sfoggia intorno ai fatti di casa futurista […] da diretto competente, non da generico orecchiante.337

Si deve rilevare un dato importante: sia nell‟articolo del 1921 (Marinetti

rivoluzionario?) sia nella lettera moscovita del 1922 Gramsci si esprime a favore

della linea culturale e artistica del Proletkul‟t; già nell‟articolo Marinetti

rivoluzionario?, Gramsci chiarisce che nell‟ambito culturale e artistico, la

distruzione può preludere alla costruzione della nuova cultura proletaria: nulla è prevedibile se non questa ipotesi generale: esisterà una cultura (una civiltà) proletaria, totalmente diversa da quella borghese; […] esisterà una poesia, un romanzo, un teatro, un costume, una lingua, una pittura una musica caratteristici della civiltà proletaria […] distruggere […] significa […] non credere che il mondo caschi se un operaio fa errori di grammatica, se una poesia zoppica, se un quadro assomiglia a un cartellone.338

E nell‟explicit afferma: «quando sostenevano i futuristi, i gruppi di operai dimostravano di non spaventarsi della distruzione, sicuri di potere, essi operai, fare poesia, pittura, dramma, come i futuristi; questi operai sostenevano la storicità, la possibilità di una cultura proletaria, creati dagli operai stessi»339.

Più esplicitamente, nel 1922 Gramsci afferma che «nei grandi centri industriali il programma del «proletcult», che tende al risveglio dello spirito creativo dei lavoratori nella letteratura e nell‟arte, assorbe l‟energia di coloro che hanno ancora tempo e voglia di occuparsi di simili questioni»340.

Il Gramsci dei Quaderni ritornerà sul futurismo (e apparentemente sui suoi passi), criticando con decisione l‟eccessivo interesse e credito prestato dagli operai

336 A.G

RAMSCI, trad. it. Lettera sul futurismo italiano, pubblicata in «Literatura i revolucija», Mosca, settembre 1922; cito da ID., Socialismo e fascismo. «L‟Ordine Nuovo» 1921-22, Einaudi, Torino (1966) 19703, p. 528.

337 U.C

ARPI, Bolscevico immaginista. Comunismo e avanguardie artistiche nell‟Italia degli anni venti, cit., pp. 41-42.

338

A.GRAMSCI, Marinetti rivoluzionario?, cit.

339 Ibidem. 340 A.G

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al movimento futurista. Ma si è visto che già nel 1921 e 1922 l‟approvazione del futurismo era correlata al suo ruolo “distruttivo” che prelude al sorgere della cultura proletaria. Questo apparente rivolgimento consiste nella esplicita definizione del futurismo come forma d‟espressione artistica elitaria, che al momento non può essere pienamente apprezzata e compresa dal proletariato. Si potrebbe dire, in estrema sintesi, che le auspicate potenzialità epiche del futurismo non si sono concretizzate. Così l‟interesse proletario per il futurismo secondo Gramsci deve intendersi come caso particolare di un fenomeno degenere, identificato nella penetrazione nel gusto popolare di una vuota retorica artificiosa e barocca che, confusamente compresa o fraintesa, suscita ammirazione nel popolo proprio per la sensazione di “colta” distanza che esprime:

Questa “malattia” è talmente diffusa che si è attaccata al popolo, per il quale infatti “scrivere” significa “montare sui trampoli”, mettersi a festa, “fingere” uno stile ridondante ecc., in ogni modo esprimersi in modo diverso dal comune; […] Ecco allora che “contenuto e forma” oltre che un significato estetico hanno anche un significato “storico” (Q, 1738).

La problematica storica e politica e la problematica estetica per Gramsci si intrecciano indissolubilmente, e «la formazione di una prosa vivace ed espressiva e nello stesso tempo sobria e misurata deve essere uno dei fini culturali da proporsi» (Q, 1739). Ed ecco che il futurismo, accomunato alla poesia di Ungaretti, si rivela una sorta di «secentismo» e il suo successo popolare mostra il suo valore negativo, in quanto esprime la subalternità culturale del popolo:

L‟Ungaretti ha scritto che le sue poesie piacevano ai suoi compagni di trincea «del popolo», e può esser vero: piacere di carattere particolare legato al sentimento che la poesia «difficile» (incomprensibile) deve esser bella e l‟autore un grande uomo appunto perché staccato dal popolo e incomprensibile: ciò avvenne anche per il futurismo ed è un aspetto del culto popolare per gli intellettuali (che in verità sono ammirati e disprezzati nello stesso tempo) (Q, 1944-1945).

Se si osservano le note gramsciane su Pirandello, si può notare, oltre al vivo interesse per l‟autore, l‟accostamento del drammaturgo siciliano ai futuristi, fondata sulla tesi che

L‟efficacia del Pirandello è stata più grande come «innovatore» del clima intellettuale che come creatore di opere artistiche: egli ha contribuito molto

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più dei futuristi a «sprovincializzare» l‟«uomo italiano», a suscitare un atteggiamento «critico» moderno in opposizione all‟atteggiamento «melodrammatico» tradizionale e ottocentista(Q, 1196).

Troviamo quindi Pirandello e i futuristi accomunati da una valutazione estetica e storico-sociale positiva da parte di Gramsci (con alcune riserve); se ci si interroga sulle ragioni che muovono Gramsci a questa valutazione positiva, emerge un importante elemento comune ai due fenomeni: la positività della actio destruens nei confronti della tradizione culturale e letteraria reazionaria. Questa valutazione consegue dal pensiero storico-politico di Gramsci, e rivela l‟interrelazione tra storia, politica ed estetica che alimenta il motore critico gramsciano.

Il liberalismo politico del giovane Gramsci esprime una concezione radicata nel pensiero di Marx ed Engels relativa al progresso storico, in quanto l‟azione della borghesia e del liberalismo esprime la sua carica rivoluzionaria e il suo compito universale nella distruzione e dissoluzione degli istituti premoderni e feudali, cultura, ideologia, miti e illusioni compresi; così Marx e Engels nel Manifesto del

Partito comunista:

La borghesia ha avuto nella storia una funzione sommamente rivoluzionaria. […] ha distrutto tutte le condizioni di vita feudali, patriarcali, idilliache. […] ha affogato nell‟acqua gelida del calcolo egoistico i santi fremiti dell‟esaltazione religiosa, dell‟entusiasmo cavalleresco, della sentimentalità piccolo-borghese. […] non può esistere senza rivoluzionare […] tutto l‟insieme dei rapporti sociali. I prodotti spirituali delle singole nazioni diventano patrimonio comune. […] dalle molte letterature nazionali e locali esce una letteratura mondiale. […] [La borghesia] ha assoggettato la campagna al dominio della città […] ha strappato una parte notevole della popolazione all‟idiotismo della vita rustica.341

Da qui l‟interesse conseguente e peculiare del marxismo (e quindi) di Gramsci per il liberalismo: come sottolinea Claudio Natoli, Gramsci, ancora durante la guerra e perlomeno fino al 1918, concentra il suo interesse sull‟«antitesi tra

341 K

ARL MARX,FRIEDRICH ENGELS, trad. it. Manifesto del partito comunista, Introduzione di Palmiro Togliatti, Editori Riuniti, Roma (1974) 1980, p. 58; 59; 62; 63. Cfr. anche per es. L‟ideologia tedesca: «la grande industria […] distrusse il più possibile l‟ideologia, la religione, la morale, ecc. e quando ciò non le fu possibile ne fece delle flagranti menzogne» (ID., trad. it. L‟ideologia tedesca. Critica della più recente

filosofia tedesca nei suoi rappresentanti Feuerbach, B. Bauer e Stirner, e del socialismo tedesco nei suoi vari profeti, Editori Riuniti, Roma (1958) 19752, p. 50).

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liberismo e protezionismo»342, additando nel secondo il «principale fattore scatenante dei conflitti tra gli Stati»343, e individuando in Italia nel nazionalismo la sua «più conseguente proiezione politica»344. Sarebbe errato dedurne una fase liberale tout court di Gramsci, perché l‟accesa polemica filo-liberale (che si scontra con Croce) sorge da una concezione priva di illusioni sulla conseguente vocazione democratica della borghesia liberale, esprime la necessità che le forze del socialismo assumano l‟eredità della lotta per il liberalismo. Ancora Natoli:

Scriveva Gramsci che il proletariato rivoluzionario, proprio al fine di adempiere al proprio compito storico di dissolvere le «forme capitalistiche arretrate e immature», era «liberista, o meglio preme sulla borghesia perché diventi liberista». Ma al tempo stesso l‟avvento del liberismo avrebbe segnato in Italia il definitivo superamento del liberismo e l‟acquisizione di una superiore coesione e coscienza di classe.345

È evidente nel pensiero di Gramsci il ruolo progressivo attribuito al liberalismo da una parte, e dall‟altra la ferma distinzione tra il liberalismo borghese e il socialismo, che «preme sulla borghesia perché diventi liberista»346; per quanto riguarda l‟Italia, è chiaro per Gramsci che le forze borghesi stesse si tengono alla larga dall‟esito di un compiuto liberalismo, e appunto debbono essere forzate in tale direzione dalla pressione politica del proletariato. In questo senso Gramsci interpreta per esempio, nel maggio 1918, le manovre oblique di Giolitti, che tenta di tenere in vita lo status quo semifeudale della società italiana; a queste manovre Gramsci oppone

342 CL

AUDIO NATOLI, Crisi organica e rinnovamento del socialismo: il laboratorio degli scritti giovanili

di Gramsci, «Studi Storici», L, n. 1, gennaio-marzo 2009, p. 182.

343

Ibidem.

344 Ibidem. 345 Ivi, p. 218. 346 A.G

RAMSCI, La funzione sociale del partito nazionalista, «Il grido del popolo», XXIII, n. 705, 26 gennaio 1918; cito da ID., Scritti giovanili 1914-1918, cit., p. 160. Il problema esplicitamente letterario, nel significato più ampio del termine, si affaccia anche in questo scritto, laddove allude alla necessità di spiegare l‟osmosi politico-letteraria tra Italia e Francia: «si è troppo trascurato di porsi il problema del perché il Partito nazionalista abbia finito con l‟affermarsi vittoriosamente, del come si sia venuto intimamente modificando, e sia divenuto sociale, cioè sia venuto acquistando concretezza politica, per il fatto che una parte delle sue ideologie è stata fatta propria da determinati ceti economici della borghesia, che nel Partito nazionalista hanno visto il loro partito, che negli scrittori nazionalisti hanno visto i loro scrittori, i teorici dei loro interessi, dei loro bisogni e delle loro aspirazioni» (ivi, p. 158). É un problema che in termini più generali, non limitati alla letteratura nazionalista ma estesi alla letteratura tout court – ma sempre con particolare attenzione al rapporto tra Francia e Italia – Gramsci discuterà diffusamente e più a fondo nei Quaderni.

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la politica del proletariato consapevole della sua missione rivoluzionaria di acceleratore della evoluzione capitalistica della società, […] che costringe gli stati moderni a continuare nella loro naturale missione di disgregatori degli istituti feudali che emergono ancora […] impacciando la storia. […] La legge della libertà deve integralmente operare; essa è intrinseca dell‟attività borghese, è l‟acido reattivo che ne scompone continuamente i quadri, obbligando a migliorarsi e perfezionarsi.347

In termini più generali, la democrazia borghese compiuta, pienamente liberale, è temuta dalla stessa borghesia in quanto terreno della lotta di classe diretta tra borghesia e proletariato, e di conseguenza si verifica l‟involuzione reazionaria della borghesia verso forme ibride. Gramsci si muove quindi in linea con la lezione storica e teorica del Marx del 18 Brumaio di Luigi Bonaparte: secondo Marx infatti le fazioni borghesi di Francia si affermarono

nella forma della repubblica parlamentare, perché soltanto sotto questo regime […] potevano unirsi e porre quindi all‟ordine del giorno il dominio della loro classe […] [ma] Il loro istinto li avvertiva che, se era vero che la repubblica rendeva completo il loro dominio politico, essa minava però in pari tempo la loro base sociale, perché ora erano costretti ad affrontare le classi oppresse e a lottare contro di esse senza intermediari […] Era un senso di debolezza che li faceva arretrare tremando davanti alle condizioni pure del loro dominio di classe e faceva loro rimpiangere le forme meno complete, meno sviluppate, e quindi prive di pericoli, di questo dominio.348

Queste letture della Storia europea alimentano la peculiare concezione gramsciana della letteratura. Il compito storico progressivo della borghesia e del liberalismo consiste nella corrosione e dissoluzione delle strutture culturali e sociali feudali, patriarcali, in breve reazionarie; si tratta di un prerequisito fondamentale per l‟esplicarsi della lotta di classe, e agevolarne il decorso rientra quindi negli interessi del proletariato rivoluzionario.349 Il corrispettivo letterario di questa azione storica, per Gramsci di grande importanza, è svolto dalla letteratura borghese più avanzata, la pars destruens di cui si è detto: è alla base della valutazione positiva del ruolo

347 A.G

RAMSCI, L‟intransigenza di classe e la storia italiana, «Il Grido del Popolo», XXIII, n. 721, 18 maggio 1918; cito da Id., Scritti giovanili 1914-1918, cit., pp. 235-236.

348

K.MARX, trad. it. Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte, Editori Riuniti, Roma (1964) 1980, pp. 45-46.

349 Nel sedicesimo dei Quaderni, discutendo la storia e la peculiare evoluzione della filosofia della prassi,

Gramsci ritorna sull‟esigenza di dissolvere la cultura retriva delle masse popolari: «la filosofia della praxis ha dovuto allearsi con tendenze estranee per combattere i residui del mondo precapitalistico nelle masse popolari, specialmente nel terreno religioso. La filosofia della prassi aveva due compiti: combattere le ideologie moderne nella loro forma più raffinata […] e educare le masse popolari, la cui cultura era medioevale» (Q, 1857-1858).

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storico e letterario del futurismo, del teatro di Pirandello, e di tutte le forme d‟arte in senso lato (o in senso proprio) d‟avanguardia.

Questa dicotomia politica e artistica è alla base della concezione gramsciana della letteratura: una letteratura borghese avanzata, il cui valore positivo consiste nell‟actio destruens sulla cultura e sull‟ideologia retriva o reazionaria; una letteratura proletaria progressiva (di cui è necessario erigere le premesse culturali) che esprime l‟actio construens di una nuova cultura destinata ad accompagnare l‟evoluzione della società verso il socialismo, e foriera di una nuova arte. Per brevità possono dirsi letteratura borghese e proletaria. Entrambe per Gramsci hanno potenzialmente un “valore” artistico positivo. Ma da una parte la letteratura borghese rappresenta il momento corrosivo (“negativo”), circostanza che implica una potenziale riserva sulla compiutezza dell‟esito artistico (che soggiace al pericolo di esprimere un momento esclusivamente individualistico), dall‟altra la letteratura proletaria – in seguito, con significato più ampio, nazionale-popolare – esprime il momento costruttivo, e implica la possibilità di una più completa coerenza storico- estetica dell‟esito artistico. Questa dicotomia è complicata dalla forza culturale di una cultura borghese dalle radici antiche e forti, e dalla debolezza della giovane (o nascitura) cultura proletaria; il Gramsci dei Quaderni esprimerà questa dicotomia, che si estende dal terreno storico-politico al terreno culturale ed estetico, nell‟ampia immagine metaforica della contrapposizione tra il Rinascimento (“splendido” canto del cigno della cultura antica, raffinata e antiquata) e la Riforma (cultura popolaresca, ancora rozza ma nuova, moderna e carica di futuro). Un‟altra dicotomia dialettica si affianca alle precedenti: l‟arte borghese, dissolutrice, è individualistica e intellettualistica; l‟arte proletaria, edificatrice, è nazionale-popolare (nella terminologia dei Quaderni), e quindi tendenzialmente epica.

Si può riscontrare questo dualismo prospettico nelle più diverse osservazioni di Gramsci sulla letteratura, se si tiene conto naturalmente che esso si esprime con un alto grado d‟elaborazione, e di attenzione alle sfumature culturali e artistiche in ogni caso concreto; non può essere interpretato come un principio rigido e meccanico. Per esempio nel caso di Pirandello laddove, sebbene il teatro pirandelliano esprima in generale un momento di corrosione culturale della cultura reazionaria (pars destruens), a ben vedere Gramsci vi riconosce anche la tendenza

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opposta, un più pieno momento d‟edificazione artistica e culturale. Il riconoscimento del momento “dissolutivo” si riscontra per esempio laddove Gramsci sottolinea che

tutto il teatro di Pirandello è stato avversato dai cattolici per la concezione pirandelliana del mondo […] indubbiamente anticattolica, come invece non era la concezione “umanitaria” e positivistica del verismo borghese e piccolo borghese del teatro tradizionale. […] nel Pirandello ci sono dei punti di vista che possono riallacciarsi genericamente a una concezione del mondo, che all‟ingrosso può essere identificata con quella soggettivistica (Q, 1670- 1671).

Anticattolicesimo e soggettivismo costituiscono il profilo del teatro pirandelliano in quanto arte borghese che, come si evince chiaramente dal brano di