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La letteratura russo-sovietica nei periodici del Ventennio

Parte I – La letteratura russo-sovietica in Italia

I.1 La ricezione della letteratura russa in Italia tra le due guerre

I.1.10 La letteratura russo-sovietica nei periodici del Ventennio

Se in generale i poputciki, difesi a suo tempo dal “troskista” Voronskij, ancora abbastanza tutelati dallo Stato contro l‟intolleranza dei più esagitati partigiani della letteratura proletaria anche dopo la risoluzione del Partito in materia letteraria del 1925, decisamente in difficoltà dopo il 1929, anno dell‟esilio di Troskij, come si è visto sono ampiamente premiati dalla traduzione italiana soprattutto dal 1929 in poi, una conferma indiretta della strategia culturale italiana proviene dall‟importante indicatore “di secondo grado” della ricezione letteraria rappresentato dalle recensioni. Come sottolinea il teorico della traduzione Andrè Lefevere infatti, è importante valutare insieme alle traduzioni quell‟insieme di agenti culturali

che svolgono una funzione di mediazione: essi non creano la letteratura ma la riscrivono e sono responsabili, forse più degli stessi autori, della ricezione e del successo delle opere letterarie presso i lettori non specialisti, i quali nella globalità della nostra cultura costituiscono la stragrande maggioranza dei fruitori.282

È utile insomma innanzitutto sottolineare la «vastità del potere di queste immagini»283 nel loro complesso, e anche osservare l‟interazione – e talvolta una sorta di “armonia prestabilita” – tra un insieme di testi,

che in qualche modo riscrivono l‟originale, come i riassunti reperibili in storie della letteratura o in opere di consultazione, le recensioni pubblicate su giornali o riviste specializzate, i saggi critici, le rappresentazioni teatrali o cinematografiche e in ultimo, ma non certo per importanza, le traduzioni.284

282 A

NDRÉ LEFEVERE (1992), trad. it. Traduzione e riscrittura. La manipolazione della fama letteraria, a cura di Margherita Ulrych, traduzione di Silvia Campanini, Utet, Torino 1998, p. 4.

283 Ivi, p. 6. «Suggeriamo che sia questa la realtà della cultura, cioè che questo è il modo in cui la

letteratura agisce, all‟interno di una cultura, nella nostra epoca. […] La letteratura raggiunge sempre più coloro che non la studiano a livello professionale attraverso delle “immagini”, costruite [non solo] dalle traduzioni, ma anche dalle antologie, dai commenti [critici], dalle storie della letteratura, e, occasionalmente, da giornali di critica letteraria, piuttosto che attraverso gli “originali”, per quanto venerandi possano essere considerati, e per quanto fortemente i docenti di letteratura e i loro studenti, che si rapportano con la letteratura in un modo “professionale”, possano biasimare questo stato di cose. Ciò che viene a contatto con la maggior parte dei membri di una cultura, secondo noi, è l‟“immagine” di un‟opera letteraria, non la sua “realtà”, non il testo che resta sacrosanto solo nei dipartimenti di letteratura. È quindi estremamente importante che l‟“immagine” di una letteratura e le opere che la costituiscono sia studiata accanto alla sua realtà» (SUSAN BASSNET,A.LEFEVERE, Introduction: Proust‟s

Grandmother and the Thousand and One Nights: The Cultural Turn in Translation Studies, in ID. (a cura di), Translation, History and Culture, Cassel, Great Britain (1990) 19952, pp. 9-10, traduzione mia).

284 A.L

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Dopo aver tracciato un quadro panoramico delle traduzioni e della ricezione critica, si possono ora prendere in esame le recensioni. Nel periodico «L‟Italia che scrive», oggetto di uno studio sulle recensioni d‟argomento letterario russo della Mazzucchelli, la studiosa nota che «a partire dal 1920 e con una certa regolarità si incontrano molti titoli di autori russi tradotti, con uno spazio sempre maggiore nella rubrica “Letterature straniere in Italia”, dedicata alle recensioni; qui vengono pubblicati interventi e articoli di alcuni dei maggiori conoscitori ed esperti di letteratura russa dell‟epoca»285

. Nelle recensioni curate fino al 1924 da Lo Gatto, «poco spazio è dato ai contemporanei: su un totale di 31 recensioni, solo 4 riguardano autori sovietici o autori dell‟emigrazione russa»286

; «nel dettaglio, una recensione di M. Gorkij e tre di autori dell‟emigrazione»287

. Una «caratteristica comune»288 dei recensori successivi a Lo Gatto è stata individuata nel trascurare aspetti come la cura editoriale e la qualità della traduzione, il concentrarsi sulla «trama o [su] alcune caratteristiche dell‟autore o dell‟opera»289

; parrebbe un chiaro segnale del fatto che, dal 1924 in poi, nella rivista si afferma una prassi divulgativa, atta a veicolare nella fattispecie una chiara interpretazione ideologica. Inoltre, se tra il ‟19 e il ‟29 il 48% delle recensioni riguarda grandi classici dell‟Ottocento russo, «in questo periodo troviamo solo una recensione riguardante opere di Lermontov, di Leskov e di Puškin»290

. Le recensioni di autori contemporanei invece interessano «alcuni scrittori dell‟emigrazione: A.I. Kuprin, O. Felyne, N.N. Evreinov, I. Bunin, e pochi autori sovietici»291.

Negli anni Trenta si può inoltre riconoscere una peculiare operazione di

riscrittura, il disegno del percorso privilegiato di una tradizione che, dai classici

dell‟Ottocento, conduce a determinati autori contemporanei. La Mazzucchelli si sofferma sugli «interventi di Enrico Damiani, che, pur nel breve spazio di una recensione, non perde occasione per fornire al lettore un quadro più ampio della

285 S.M

AZZUCCHELLI, Le traduzioni dal russo nelle recensioni de «L‟Italia che scrive» (1919-1939), «La fabbrica del libro. Bollettino di storia dell‟editoria in Italia», XIII (2007), n. 2, p. 25.

286 Ivi, p. 27. 287 Ivi, p. 27 n. 288 Ibidem. 289 Ibidem. 290 Ivi, p. 28. 291 Ibidem.

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situazione letteraria russa e sovietica»292; così è nel commento al succitato La

guardia bianca di Bulgakov, primo volume della collana della Slavia di Polledro dal

titolo significativo «La rivoluzione russa nei suoi scrittori». Qui Damiani infatti «si sofferma sull‟interesse che destano le opere degli scrittori sovietici, riconoscendoli continuatori della tradizione»293, affermando testualmente che «la rivoluzione russa (...) ha impresso la sua impronta sanguinosa alla nuova produzione letteraria»294. La valenza imagologica attribuita alla peculiare promozione della letteratura russo- sovietica in atto non potrebbe trovare parole più esplicite di quelle dello stesso Damiani: «“la produzione dei prosatori sovietici […] acquista un valore particolarissimo anche e specialmente come documentazione dell‟epoca e degli elementi tragici che la caratterizzano”»295

. Le recensioni de «L‟Italia che scrive» offrono una conferma in merito alla politica della ricezione in atto in Italia dalla seconda metà degli anni Venti:

Crescono le recensioni di traduzioni di autori contemporanei, con una lieve predominanza degli autori attivi in Unione Sovietica. Soffermandoci sugli autori contemporanei, si nota tra le recensioni spesso la scelta, tra gli autori sovietici, dei “compagni di strada”, quindi di autori non perfettamente allineati o rappresentanti della cultura sovietica, ma sicuramente tra i più significativi del periodo.296

Il conflitto in atto in Unione Sovietica, inaspritosi particolarmente dal 1929, e che dall‟ambito del dominio prettamente politico si estende al letterario, coincide insomma con un cambio di passo della strategia culturale dell‟Italia fascista, che dal 1929 in poi si ribalta: «sono 14 le recensioni di opere di autori emigrati, 19 degli scrittori attivi in Unione Sovietica (nel corso degli anni ‟20 troviamo 9 recensioni di autori dell‟emigrazione e soltanto 4 di sovietici)»297

. Negli anni Trenta quindi, rispetto agli autori dell‟“immigrazione esterna”, si prediligono gli autori accusati di rappresentare una immigrazione interna; come simili predilezioni si risolvono in

292 Ibidem. 293 Ibidem. 294 E

NRICO DAMIANI, recensione a M. Bulgakov, La guardia bianca. Romanzo, in «L‟Italia che scrive», 1931, n. 3, p. 85; cito da S.MAZZUCCHELLI, Le traduzioni dal russo nelle recensioni de «L‟Italia che

scrive» (1919-1939), cit., p. 28.

295 Ibidem; cito da S.M

AZZUCCHELLI, Le traduzioni dal russo nelle recensioni de «L‟Italia che scrive»

(1919-1939), cit., p. 29.

296

S.MAZZUCCHELLI, Le traduzioni dal russo nelle recensioni de «L‟Italia che scrive» (1919-1939), cit., p. 29.

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ulteriore benzina sul fuoco che rischia di ardere i “prediletti” si è detto sopra.298 La diplomazia culturale fascista riesce così in un sol colpo a proseguire la propaganda antisovietica e a esacerbare le contrapposizioni sul fronte culturale (e politico), sovietico in primis, ma anche interno all‟Italia, e inoltre a tutt‟oggi passa per umanitaria e liberale.

Al dato imagologico veicolato dal testo romanzesco e dalle sue riscritture critiche e divulgative, si somma il tracciato imagotipico disegnato dal “testo storico- letterario”, riconoscibile in ciò che Boris Tomaševskij, nel suo Letteratura e

biografia (1923), ha chiamato la “leggenda biografica” dell‟autore, ovvero il culto

della sua personalità artistica ed esistenziale, civile e politica, che lo rende “personaggio”, spesso consapevole, di una sorta di “narrazione” che interagisce con la ricezione dei suoi testi letterari.299 Anche la tomaševskiana “leggenda biografica” degli autori russo-sovietici, prescelti rimuovendo la letteratura del consenso (valutata “non letteratura”), premia e al contempo contribuisce a instaurare con la sua specifica canonizzazione, una letteratura sovietica del dissenso. In seguito, tra il 1932 e il 1935, lo scioglimento del RAPP e la riunione degli scrittori sovietici in un‟unica associazione guidata dagli ex compagni di strada, scompaginarono il quadro letterario precedente e la politica della ricezione letteraria dei nemici occidentali dell‟Urss. Infatti, contrariamente a quanto di solito si rileva, la produzione di traduzioni e recensioni d‟argomento letterario russo dell‟Italia del Ventennio, non crolla nel 1935 in seguito allo stringersi dell‟alleanza con la Germania nazista, ma crolla precisamente nel 1932, quando in Urss la Rapp viene sciolta, i compagni di strada si trovano reintegrati a pieno titolo nella compagine

298

Si può aggiungere l‟esempio di Pil‟njak che dovette dimettersi insieme a Zamjatin dal direttivo dell‟Unione degli scrittori, un autore che «ebbe in Russia una grande popolarità all‟epoca della NEP, ma poi finì col dare ombra ai critici ortodossi che credettero di scorgere delle tendenze antirivoluzionarie nel racconto Mogano pubblicato a Berlino nel 1929, e fu costretto al silenzio» (G.MESSINA, Le traduzioni

dal russo nel 1920-1943, cit., p. 700).

299 Cfr. B

ORIS TOMAŠEVSKIJ (1923), trad. ing. Literature and biography, in LADISLAV MATEJKA, KRYSTYNA POMORSKA (a cura di), Readings in Russian Poetics: Formalist and Structuralist Views,

Illinois, Dalkey Archive Press, 2002. Anche Pierre Bourdieu ha riconosciuto nella percezione sociale dello scrittore «un‟individualità “creatrice”, la cui originalità, deliberatamente coltivata, è fatta apposta per suscitare il sentimento dell‟irriducibilità e dell‟attenzione reverenziale» (PIERRE BOURDIEU, trad. it.

Campo intellettuale, campo del potere e habitus di classe, in ID., Campo del potere e campo intellettuale, a cura di Marco d‟Eramo, manifestolibri, Roma 2002, p. 51), e – stranamente senza citare Tomaševskij – Bordieu osserva che «la vita dello scrittore diventa essa stessa opera d‟arte e come tale entra nella letteratura» (Ivi, p. 54), che gli scrittori stessi «provocano una lettura biografica della loro opera» (ibidem): sembra di leggere una traduzione non dichiarata dell‟articolo sopra citato di Tomaševskij.

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politica dello stato sovietico (per giunta in funzione antifascista), e di conseguenza la loro promozione avrebbe rappresentato un boomerang per l‟Italia fascista e gli altri nemici dell‟Urss.

Riassumendo, la dinamica ricettiva della letteratura russo-sovietica nel Ventennio, osservando la produzione letteraria d‟appendice, l‟alta letteratura, la divulgazione operata dal giornalismo popolare e dalla critica specialista, coordina la percezione della rivoluzione russa degli intellettuali e del pubblico popolare dell‟Italia fascista, che si unirà nel 1941 alla Germania nazista nella guerra di sterminio condotta contro l‟Unione Sovietica.300

La costruzione imagologica prodotta dalla ricezione italiana della letteratura russo-sovietica è stata caratterizzata, per quanto riguarda l‟alta letteratura, dalle valutazioni della russistica specialistica. Si potrebbe rilevare che Lo Gatto e gli altri agenti culturali accreditati hanno semplicemente svolto una libera attività secondo i propri principi politici, culturali e letterari; ma la stretta politica del regime fascista ha trasformato la libera attività degli intellettuali integrati in una chiusa e compatta unità culturale di regime, impedendo l‟elaborazione e la diffusione di interpretazioni diverse. I tre più noti e influenti intellettuali che hanno promosso una diversa interpretazione e ricezione della cultura e letteratura russa infatti, sono stati stroncati dalla repressione politica: Gobetti muore nel 1926 in seguito a un pestaggio degli squadristi, e nello stesso anno viene arrestato Gramsci, che morirà in carcere. Negli anni Trenta subentra Ginzburg, ma la sua attività, già contenuta dalle maglie della censura esplicita e implicita del regime, è interrotta dal primo arresto nel 1934 (e l‟anno successivo, con la seconda ondata di arresti, sarà chiusa definitivamente anche la rivista «La Cultura»). Il fatto che i tre intellettuali siano anche dei politici non costituisce una obiezione a questa tesi, perché la repressione politica ha come conseguenza la repressione letteraria, e viceversa. A proposito dell‟Unione Sovietica per esempio, si è spesso rilevato che le sorti dei poputciki erano legate al critico

300 «Fu una guerra subito diversa perché di sterminio. Obiettivo dell‟operazione Barbarossa non era solo

la distruzione dello stato sovietico, ma anche del “giudeo-bolscevismo” che secondo il nazismo lo ispirava e quindi la preventiva liquidazione fisica di comunisti, commissari ed ebrei, bersagli di un ordine di liquidazione preventiva. Fu annunciato che ai soldati sovietici non sarebbe stata applicata la Convenzione di Ginevra, che Mosca non aveva firmato impegnandosi però a ricambiare un suo eventuale rispetto da parte del nemico. E fu proclamato che gli slavi erano una razza inferiore, che come tale andava trattata» (ANDREA GRAZIOSI, L‟Urss di Lenin e Stalin. Storia dell‟Unione Sovietica 1914-1945, Il Mulino, Bologna 2007, p. 471).

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Voronskij, direttore della «Krasnaja Nov», legato a sua volta alle sorti di Trockij (e di Bucharin), e che l‟espulsione dal partito di Trockij, a cui seguì giorni dopo l‟espulsione di Voronskij, ebbe pesanti conseguenze sugli scrittori della «Krasnaja Nov».

In Italia le interpretazioni della storia e della letteratura russa diverse da quelle di Lo Gatto, per restare al nome più di peso, erano elaborate dal Gobetti del

Paradosso dello spirito russo, che valutò la Rivoluzione bolscevica come una

rivoluzione liberale che infranse l‟astrattismo e l‟inerzia dell‟intellighenzia russa ottocentesca, dalla ricezione e promozione della cultura sovietica proletaria elaborata da Gramsci, che proponeva – all‟opposto del leitmotif del discorso di Lo Gatto (o di Poggioli, Polledro e via dicendo) sull‟irrilevanza della rivoluzione per la letteratura – il valore di rivoluzione letteraria della Rivoluzione russa, promuovendo al contempo gli esperimenti di cultura e letteratura proletaria. Ginzburg nel 1932 divulga in Italia, in stridente contrappunto rispetto alle tesi dominanti, l‟avvenuta integrazione nella letteratura proletaria di Leonov, della Saghinjan e di Pilnjak, pronunciandosi sulla consistenza letteraria e sulla continuità conseguente con la tradizione letteraria russa ottocentesca della linea realistica proletaria della letteratura sovietica. Queste prospettive politiche, intellettuali e letterarie correlate alle peculiari operazioni di ricezione della letteratura russa e russo-sovietica, ufficialmente spente dal regime fascista, coveranno sotto la cenere della cultura italiana d‟opposizione e si riaffermeranno nel Secondo dopoguerra, influenzando politicamente e letterariamente la corrente letteraria del neorealismo.

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