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Parte I – La letteratura russo-sovietica in Italia

I.1 La ricezione della letteratura russa in Italia tra le due guerre

I.1.8 Strategia della ricezione: i romanzi tradotti

Nell‟Italia del Ventennio la traduzione della narrativa russo-sovietica ha interessato, riprendendo le parole di Messina, «le opere più notevoli, da Babel‟ a Bulgakov»200. La strategia messa in atto dalla “diplomazia estetica” dell‟epoca fascista si inserisce quindi negli scontri politico-culturali che caratterizzavano in quegli anni l‟Unione Sovietica: Babel‟ e Bulgakov sono certamente autori importanti che ben meritano di essere tradotti, letti e studiati, ma sono anche autori che si trovavano al centro di feroci polemiche letterarie e politiche, che sfoceranno nel cosiddetto «affare Zamjatin Pilnjak Eremburg», un episodio tutt‟altro che irrilevante, come qui si tenterà di suggerire, per intendere il significato politico della ricezione della letteratura russo-sovietica nel Ventennio.

La strumentalizzazione occidentale di ogni opera di un autore sovietico passibile di interpretazione anticomunista, o comunque critica verso il regime sovietico, ha spesso causato o perlomeno aggravato i guai degli scrittori sovietici, fornendo argomenti oggettivi all‟agitazione più oltranzista. Tra i casi più celebri si può ricordare l‟episodio relativo al romanzo Noi (My, 1921) di Evgenij Zamjatin. Solo un‟interpretazione strumentale poteva proporre una lettura esclusivamente antisovietica di un‟opera tanto densa di riferimenti satirici alla società e cultura occidentale, e che esprime quanto meno una distopia a doppio taglio. Se oggi l‟unilaterale lettura antisovietica del romanzo di Zamjatin non ha più tanto seguito,201 è importante ricordare che lo scrittore vide moltiplicarsi i suoi guai, fino a valutare la sua permanenza in Unione Sovietica impossibile, quando, in conseguenza di una traduzione dal ceco in russo pubblicata a sua insaputa, i più oltranzisti

200 G.M

ESSINA, Le traduzioni dal russo nel 1920-1943, cit., p. 699.

201 In occasione di una più recente traduzione italiana del romanzo si è constatato il superamento della

«pesante zavorra che una lettura superficiale o distorta ideologicamente ha affibbiato allo scrittore nei decenni scorsi», in virtù della quale «dietro allo Stato Unico si è visto lo smascheramento dello stato sovietico» (ANDREA GULLOTTA, recensione a E. ZAMJATIN, trad. it. Noi, traduzione di B. Delfino, Lupetti, Milano 2007, «eSamizdat», VI (2008), n. 1, p. 291).

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detrattori di Zamjatin ebbero la prova che il suo romanzo Noi era strumento di agitazione antisovietica all‟estero. Il romanzo infatti era noto in Russia solo attraverso copie private, o per brani letti dall‟autore stesso; ma poi «uscì in inglese nel 1924, in cèco nel 1927 e in russo lo stesso anno, sulla rivista di Praga “libertà della Russia” (“Volja Rossij”), dove il testo era ripresentato come una traduzione dal ceco»202. Quest‟ultima pubblicazione soprattutto, interna a un contesto editoriale esplicitamente antisovietico, ha contribuito a screditare l‟autore, tanto che «nel 1929 gli attacchi contro Zamjatin diventano persecuzione sistematica e lo scrittore viene bollato come “nemico”»203

. Era il culmine di una più vasta campagna contro i cosiddetti compagni di strada e contro la loro associazione, L‟unione degli scrittori, presieduta da Pilnjak e dallo stesso Zamjatin; scoppiò così «l‟affare Zamjatin – Pilnjak – Eremburg»204, quando i tre scrittori furono «attaccati con violenza per aver pubblicato i loro libri all‟estero. Ma se i lavori di Pilnjak e di Eremburg erano stati pubblicati con il loro consenso poco prima che questa campagna si scatenasse, Zamjatin si vide imputare l‟edizione praghese di Noi, uscita a sua insaputa due anni prima»205. L‟intero consiglio esecutivo dell‟Unione fu indotto alle dimissioni, la presidenza fu affidata a Leonov, e il nome dell‟associazione divenne Unione degli

scrittori sovietici, il tutto sull‟onda delle polemiche innescate dal casus belli delle

traduzioni estere, che videro in prima linea artisti del calibro di Majakovskij: Malgrado molti scrittori sovietici avessero contratti con editori stranieri, il gesto di Pil‟njak e di Zamjatin fu istericamente attaccato dalla stampa e tacciato di «tradimento» e di «commercio col nemico». Dichiarazioni che condannavano il loro comportamento «sleale» furono ottenute da numerosi scrittori (Majakovskij disse che l‟azione di Pil‟njak equivaleva a un «tradimento sul campo di battaglia»).206

202

LEONID HELLER, Evgenij Zamjatin (1884 – 1937), in Storia della letteratura russa, vol. III tomo II, cit., p. 528.

203 Ivi, p. 529. 204 Ibidem. 205

Ivi, p. 530. Secondo Lo Gatto «le traduzioni del romanzo in lingue straniere non avevano provocato proteste: queste vennero quando una parte del romanzo fu edita a Praga dagli emigrati socialisti rivoluzionari» (E.LO GATTO, Prefazione, in E.ZAMJÀTIN, trad. it. Noi, Feltrinelli, Milano (1955) 1963, p. 13). Ma in generale la diffusione estera, come si è appena visto nel caso di Pilnjak e Eremburg, poteva essere valutata controprova della valenza agitatoria di un‟opera.

206 E

DWARD J.BROWN, L‟anno dell‟acquiescienza, in MAX HAYWARD,LEOPOLD LABEDZ (a cura di), trad. it. Letteratura e rivoluzione nell‟URSS (1917-62), Il Saggiatore, Milano 1965, p. 84.

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Si può registrare per inciso, che in questa occasione l‟Unione degli scrittori fu riformata, e nel suo nuovo statuto si afferma che «la letteratura non rappresenta soltanto una immagine riflessa della vita, ma un‟arma potente di azione sociale»207

. Il critico sovietico Voronskij, che era riuscito nel 1924 a far valere la sua linea contro gli estremisti del Vapp (Unione panrussa degli scrittori proletari), legato a Trotskij, cade in disgrazia con la caduta politica di quest‟ultimo, e nel 1929 la riforma dell‟Associazione degli scrittori di cui sopra sancisce in modo pressoché definitivo la sconfitta di tutta una linea letteraria e politica, che da questo momento in Urss tenderà a essere associata definitivamente al trotzkismo. Si notino due episodi, a prima vista singolari nell‟Italia fascista: la traduzione dell‟autobiografia di Trotskij, pubblicata da Mondadori nel 1930, fa seguito allo scalpore suscitato nel comunismo italiano (e internazionale) da articoli dello stesso Trotskij (esiliato dall‟Urss proprio nel 1929) pubblicati da giornali statunitensi e ripresi da un quotidiano di punta quale il «Corriere della sera», articoli che in Italia, secondo Spriano, «non tanto per il loro contenuto quanto per il fatto che il prestigioso dirigente ha scelto per tribuna gli organi borghesi, provocano una penosa impressione tra i militanti»208; nel 1929 Togliatti denuncia Trotskij come «fornitore di letteratura antisovietica alla stampa fascista internazionale»209. Lo scompiglio creato nel movimento comunista internazionale dal caso Trotskij scompaginerà anche il comunismo italiano, con «i tre» oppositori interni al partito che, appena messi in minoranza, si avvicinano ai troskisti, imitati poco dopo da un Bordiga appena espulso dal Partito.210 L‟uso strumentale del dissenso troskista da parte fascista resterà un leitmotiv fino alla Seconda guerra mondiale, e culminerà nelle campagne di provocazione dei servizi segreti della Germania nazista, in vista e nel corso dell‟invasione dell‟unione Sovietica:

Nell‟aprile 1938 Goebbels annota nel suo diario: «Il nostro trasmettitore radio clandestino dalla Prussia orientale alla Russia desta enorme scalpore. Opera in nome di Troskij, e dà del filo da torcere a Stalin». Subito dopo lo scatenamento dell‟operazione Barbarossa […]: «Ora lavoriamo con tre radio clandestine per la Russia: la prima è trockijsta, la seconda separatista, la

207 Ivi, p. 85. 208 P

AOLO SPRIANO, Storia del Partito comunista italiano, vol. II, Gli anni della clandestinità, Einaudi, Torino (1969) 19758, p. 194.

209

Trotzkiana, nota anonima attribuita a PALMIRO TOGLIATTI in «Lo Stato operaio», III, n. 2, febbraio 1929, p. 159; citazione in P.SPRIANO, Storia del Partito comunista italiano, cit., vol. II, p. 195.

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terza nazional-russa, tutte e tre aspre contro il regime staliniano». È uno strumento al quale gli aggressori attribuiscono grande importanza: «Lavoriamo con ogni mezzo, soprattutto con le tre radio clandestine per la Russia»; esse «sono un modello di astuzia e raffinatezza».211

Osservando la letteratura russo-sovietica tradotta nell‟Italia fascista si può similmente notare, oltre ad una certa «raffinatezza» nella scelta delle opere, una qualche «astuzia». Messina nota che le suddette traduzioni, sintomo di «un atteggiamento “liberale” verso la Russia», si concentrarono «soprattutto nel 1929- 35»212 e che «qualitativamente, vennero tradotte le opere più notevoli, da Babel‟ a Bulgakov»213. Se l‟alta qualità letteraria espressa dai due autori è un dato acquisito, nondimeno il contesto storico sopra ricordato non consente di trascurare la strumentalità politica dell‟operazione. Inoltre, a ben vedere, le traduzioni si concentrano soprattutto tra il ‟29 e il ‟32, anno nel quale l‟aggressiva associazione RAPP fu sciolta, e il limite del ‟35 coincide con l‟anno in cui, dopo la riunione degli scrittori sovietici in un‟unica associazione e il favore internazionale accordato al I Congresso degli scrittori sovietici (1934)214, si celebra a Parigi il Congresso Per la

difesa della cultura, che riunisce scrittori antifascisti sovietici e occidentali.215

Infatti, tra le motivazioni politiche sovietiche che condussero allo scioglimento del Rapp e al formarsi di un‟unica associazione (dove inoltre i rappisti erano in minoranza nella direzione, mentre la maggioranza era degli ex compagni di strada), ha un ruolo primario, come è stato rilevato,

la lotta contro il fascismo e la politica delle alleanze. […] la prospettiva politica, affidata ai partiti comunisti, di “un largo fronte popolare antifascista”. L‟unificazione degli scrittori sovietici, del resto, aveva anche il significato di una nuova apertura verso certe forze della letteratura mondiale. Come la RAPP sul piano interno non rispondeva più alle nuove esigenze di direzione politico-letteraria, così un‟assemblea come era stata la II Conferenza internazionale degli scrittori proletari (tenutasi dal 5 al 15 novembre a Char´kov), […] non poteva servire da modello per un largo

211 D

OMENICO LOSURDO, Stalin. Storia e critica di una leggenda nera, con un saggio di Luciano Canfora, Carocci, Roma 2008, p. 87.

212

G.MESSINA, Le traduzioni dal russo nel 1920-1943, cit., p. 699.

213 Ibidem.

214 Cfr. la silloge di interventi raccolta in: Rivoluzione e letteratura. Il dibattito al 1° Congresso degli

scrittori sovietici, a cura di Giorgio Kraiski, introduzione di Vittorio Strada, traduzione di Maria Fabris,

Laterza, Roma-Bari 1967.

215 Per quanto riguarda le contraddizioni emerse (o latenti) nel Convegno di Parigi cfr. S

ANDRA TERONI (a cura di), Per la difesa della cultura. Scrittori a Parigi nel 1935, Carocci, Roma 2002.

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fronte internazionale di lotta antifascista. Infatti […] a Parigi [nel 1935] si terrà il I Congresso internazionale degli scrittori per la difesa della cultura.216

Si può ora cogliere meglio il significato politico della dinamica ricettiva espressa dalle traduzioni del romanzo russo-sovietico nel Ventennio. In Italia si manifestò in effetti, come nota Messina, una grande attenzione per Bulgakov, che si concretizzò prima nella pubblicazione in volume di un romanzo (trad. it. La guardia

bianca, 1930) per il quale l‟autore in Unione Sovietica «fu spesso accusato di

tendenze anti-rivoluzionarie»217, e poi nel volume che raccoglie le sue novelle tra il grottesco e il satirico (Le uova fatali, 1931).

Quanto ai volumi di Vikont Verasaev (trad. it. Nel vicolo cieco, 1925) e Aleksej Nikolàevic Tolstoij (trad. it. La via dei tormenti, 1931), si notino i titoli, sono romanzi dedicati all‟urto con la Rivoluzione dell‟intellighenzia, «legata al vecchio mondo che però è costretta a rinnegare nel tentativo di sopravvivere»218, un tema trattato nella seconda opera «forse con maggior ampiezza ma senza l‟ottimismo e la “fede nella verità e nella giustizia” tipici di Veresaev»219

.

Durante il Ventennio sono state pubblicate in volume anche le opere di Lunts, Fedin, Nikitin e Zòsc‟enko, quattro tra «i prosatori migliori»220

del gruppo dei

Fratelli di Serapione, – lo stesso di Zamjatin – cenacolo caratterizzato dalla comune

«tendenza ad una libertà creatrice e ad una indipendenza dell‟opera d‟arte che contrastavano col “mandato sociale”»221. Tra questi in Italia si predilesse l‟umorista Zòsc‟enko, che tematizzò, come osserva il Gleb Struve citato da Messina, «il punto di vista del cittadino medio sovietico che passivamente accetta la Rivoluzione, ma vagamente rimpiange i bei vecchi tempi andati e aspira ai filistei e borghesi comfort e felicità»222; Zòsc‟enko vide «numerosissimi saggi della sua arte pubblicati in riviste e periodici»223, poi raccolti in volume (Il vino nuovo, 1930), e di conseguenza

216 V.S

TRADA, Il I Congresso degli scrittori sovietici, cit., pp. 176-177.

217 G.M

ESSINA, Le traduzioni dal russo nel 1920-1943, cit., p. 702.

218 Ivi, pp. 699-700. 219 Ivi, p. 700. 220 Ibidem. 221 Ibidem. 222

GLEB STRUVE, citato in G.MESSINA, Le traduzioni dal russo nel 1920-1943, cit., p. 700; traduzione mia.

223 G.M

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«la sua popolarità in Italia può essere paragonata a quella di Avercenko»224. Comprensibilmente Messina deplora «la disgrazia in cui recentemente è caduto Zòsc‟enko»225, che attribuisce al suo «umorismo corrosivo e all‟implacabile satira»226.

Passando al gruppo dei poputciki227 propriamente detti, e ricordando che toccò loro «sorte simile a quella dei serapionidi»228, Messina osserva che «i più noti in Italia sono la Seifùllina e Pantelèjmon Romanov, ma i più interessanti […] Babel‟ e Leonov»229. In merito a Babel‟, – come è noto vittima nel ‟41 delle repressioni sovietiche esacerbatesi dal 1937 – Messina ricorda l‟esito della traduzione di Poggioli come un volume «vanto dell‟editoria italiana»230

(trad. it. L‟armata a

cavallo, 1932); si possono ricordare dopo la pubblicazione russa «le proteste offese

di Semën Budënny, comandante della Prima Armata a cavallo, e la sua polemica con Gor´kij, che prese le difese di Babel´»231.

Messina lamenta invece, quanto a Leonid Leonov, l‟inadeguatezza dell‟unico volume tradotto nel periodo in esame (trad. it. L‟avventura di Ivan, 1932), effettivamente ben poco rappresentativo. Come si è già ricordato, Leonov si era avvicinato alla linea politico-letteraria dei «realisti proletari», per riprendere la definizione di Ginzburg, che alimentò il realismo socialista, ma le opere in cui si concretizzò questa svolta non furono tradotte e pubblicate in Italia.

La Seifùllina, che figura tra i fondatori del gruppo dei poputciki, vide invece pubblicati in Italia due romanzi (trad. it. Humus, 1929; trad. it. Virinea, 1930), due collezioni di racconti (Verso il domani, 1929; Il burrone, 1931), e varie altre novelle in rivista. La scrittrice, nota Messina, «tratta in genere delle ripercussioni della

224 Ibidem. 225

Ibidem.

226 Ibidem.

227 Secondo Lo Gatto in pratica «tutta la storia della critica letteraria comunista dopo il 1925, fino alla fine

delle polemiche tra singole tendenze e raggruppamenti, è seminata di motivi anti-compagni di strada e di motivi pro-compagni di strada, in altri termini di polemiche sulla maggiore o minore ingerenza del partito nella letteratura (e nelle arti in generale), polemiche che andarono indebolendosi perché molti “Compagni di strada” si allinearono, nella maggior parte per motivi contingenti, sulla linea segnata dal partito» (E.LO

GATTO, La letteratura russo-sovietica, cit., pp. 199-200).

228

G.MESSINA, Le traduzioni dal russo nel 1920-1943, cit., p. 701.

229 Ibidem. 230 Ibidem. 231 S

IMON MARKISH, Isaak Babel´ (1894 – 1941), in Storia della letteratura russa, vol. III, tomo II, cit., p. 505. Cfr. anche la ricostruzione della vicenda in ADRIANO DALL‟ASTA, Note e notizie sui testi, in ISAAK

BABEL‟, Tutte le opere, a cura e con un saggio introduttivo di Adriano dall‟Asta e uno scritto di Serena

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guerra civile nella campagna siberiana e del problema dei bezprizornyje, i fanciulli abbandonati, dei quali a suo tempo tanto si occupò la stampa internazionale»232.

Per quanto riguarda i poputciki del gruppo del Valico (Perevàl), è stato tradotto il «bel romanzo di guerra»233 di Nikolaij Kòlokov (trad. it. Miele e sangue, 1931), dove l‟autore, come spiega Lo Gatto, «si rivelò eccellente descrittore della desolata vita provinciale di quegli anni, resa ancora più desolata dalla presenza di un “čekista”, l‟eroe del racconto, il quale mentre afferma “la possibilità di rinnovare la vita a prezzo di sangue e crudeltà”, è sempre sotto il giogo dell‟angoscia di essere in errore»234.

Una diffusione italiana «superiore ai meriti reali dello scrittore»235 ebbe il già ricordato Pantelèjmon Romanov, di cui Messina ricorda una raccolta di novelle (Amore, 1930) e due romanzi (trad. it. Tre paia di calze di seta, 1933; trad. it. Le

nuove tavole della legge, 1930), opere nelle quali Romanov risulta «sempre intento

alla presentazione morbosa dei problemi sessuali nel quadro della rivoluzione trionfante»236.

Di un altro autore le cui opere in Unione Sovietica «erano accolte con riserva»237, e i cui «personaggi dei racconti erano presi in prevalenza da quella classe piccolo-borghese che tanta resistenza continuò ad opporre alla classe proletaria»238, Vladimir Lidin, ben due romanzi «che non aggiungono niente alla conoscenza della letteratura sovietica»239 sono stati tuttavia pubblicati in volume (trad. it. Navi in

cammino, 1929; trad. it. Apostata, 1932).240

Il‟ja Eremburg «nel ventennio fascista fu abbastanza noto, per tre grossi volumi»241: una raccolta di racconti (trad. it. 13 pipe, 1929) e due romanzi (trad. it.

232

G.MESSINA, Le traduzioni dal russo nel 1920-1943, cit., p. 701.

233 Ibidem. 234 E.L

O GATTO, La letteratura russo-sovietica, cit., p. 222.

235 G.M

ESSINA, Le traduzioni dal russo nel 1920-1943, cit., p. 701.

236

Ibidem.

237 E.L

O GATTO, La letteratura russo-sovietica, cit., p. 217.

238 Ibidem. 239 G.M

ESSINA, Le traduzioni dal russo nel 1920-1943, cit., p. 701.

240

Lidin peraltro durante la guerra sovietica contro i nazifascisti sarà l‟autore del celebre saggio Tanja, pubblicato sulla «Pravda» del 27 gennaio 42, il cui tema, l‟«eroismo della scolara e partigiana Tania, ovvero Zoja Kozmodem´skaja, impiccata dai soldati di Hitler nella regione di Mosca, divenne allora l‟argomento principale dei testi pubblicati nelle riviste e nei giornali, il soggetto di libri e di grandi poemi lirici» (GRIGORIJ SVIRSKI, La letteratura durante la seconda guerra mondiale, in Storia della letteratura

russa, vol. III, tomo III, cit., p. 356).

241 G.M

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L‟amore di Gianna Ney, 1929; trad. it. Nel vicolo Protocny, 1930). Dei due romanzi,

spesso criticati in Urss per l‟acceso sperimentalismo, il secondo, ambientato nella Mosca della NEP, è parso rappresentare un «segno del fallimento della rivoluzione»; l‟autore del poema Preghiera per la Russia (1918) – opera valutata un‟«esplicita accusa contro il regime bolscevico e un lamento funebre per il destino della Russia»242 – «dalla parte dei bianchi»243 durante la guerra civile, più avanti definito «un compagno di strada»244, svolse in realtà fin dai primi anni Venti245 e fino agli anni Trenta un ruolo di mediazione tra gli scrittori dell‟emigrazione russa in Europa e gli scrittori sovietici. Ma ancora nel 1932, secondo Lukács, in Eremburg si dovrebbe cogliere una certa «concezione del mondo, caratterizzata da un consunto scetticismo e da uno spirito intellettualistico e controrivoluzionario»246; solo in seguito Eremburg «ha subito una netta evoluzione interiore, sino a diventare il massimo corifeo delle ideologie sovietiche nel corso della seconda guerra mondiale»247.

Osservare da un punto di vista imagologico la rappresentazione della Rivoluzione russa potenzialmente veicolata da queste opere, e le descrizioni sopra citate ne suggeriscono un profilo eloquente, permette di valutare il significato storico-politico della peculiare ricezione del romanzo russo-sovietico nell‟Italia fascista. Come ha sottolineato Paolo Proietti,

La ricerca e l‟individuazione della presenza di mirages e di images dell‟Altro all‟interno di un‟opera letteraria nella considerazione della loro portata in termini di “mediazione simbolica”, (per riprendere un‟espressione di Daniel-Henri Pageaux), non ha valore meramente analitico o tassonomico, ma acquista un valore ermeneutico laddove queste stesse immagini letterarie costituiscono la chiave d‟accesso a quelle dinamiche attraverso le quali il testo letterario esercita un‟influenza sull‟opinione pubblica, su quello che

242 G.S

TRUVE, Il passaggio dalla letteratura russa a quella sovietica, in M.HAYWARD,L.LABEDZ (a cura di), Letteratura e rivoluzione nell‟URSS (1917-62), cit., p. 43.

243 E.L

O GATTO, La letteratura russo-sovietica, cit., p 248.

244

Ibidem.

245 Per quanto riguarda il ruolo di Eremburg a Berlino nei primi anni ‟20 cfr. C.S

CANDURA, Aleksandr

Jaščenko e Marc Slonim, mediatori della letteratura russa nella diaspora, «Europa Orientalis», XIV

(1995), n. 2, pp. 230-231. La figura di Eremburg, ancora alla fine del secondo decennio del Novecento, secondo alcuni critici vicini al Kpd, si caratterizza per il «rifiuto di rinunciare alla posizione tradizionalmente isolata dello scrittore borghese» (HELGA GALLAS, trad. it. Teorie marxiste della

letteratura, Laterza, Roma-Bari 1974, p. 56).

246 G.L

UKÁCS, Reportage o rappresentazione?, in ID., trad. it. Scritti di sociologia della letteratura, Premessa di Peter Ludz, traduzione di Giovanni Piana, Mondadori, Milano 1976, p. 76 (pubblicato originariamente su «Die Linkskurve», IV (1932), n. 7-8, pp. 23-30, pp. 26-31).

247 G. M

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chiamiamo immaginario, il quale le riceve e le elabora, a sua volta incidendo sul contesto sociale e culturale.248

Anche prescindendo dalla letteratura dell‟emigrazione russa antibolscevica, ampiamente diffusa in Italia, si delinea la coerenza ossessiva del disegno imagotipico che si è voluto imprimere nell‟immaginario italiano attraverso le traduzioni del romanzo russo-sovietico.249 Riassumendo, il canone costituito dalle opere tradotte durante la dittatura fascista, veicola: un‟immagine a tinte fosche della Rivoluzione e della politica bolscevica;250 un‟interpretazione della guerra civile favorevole ai bianchi;251 una visione tragica e sgradevole della realtà sovietica,252 della sua vita quotidiana,253 del suo clima morale,254 della condizione intellettuale.255 Questo è il quadro che emerge dalla selezione delle opere tradotte nel Ventennio, un

corpus che da un punto di vista imagologico rivela la sua consistenza e coerenza

politica. Questa strategia della ricezione affonda le sue radici nel rapporto delle