di Angela Arsena
5.3. La lezione: un sistema caotico non lineare
Ed è proprio nelle more dello sviluppo di questo sistema più ampio che viene definito a partire dalla lezione e che, a sua volta, conduce verso la le- zione (Calvani, 1995) in una relazione chiaramente biunivoca, che emerge una delle condizioni sine qua non tipica di un ambiente di apprendimento e che qui riportiamo con le parole di Mauro Laeng (1969) quando, in occasione di un suo intervento a Perugia dal titolo Istruzione programmata e teaching
machine, svolto nell’ambito di un consesso internazionale negli Anni Ses-
santa che aveva l’ambizione di prevedere (e che, difatti, riuscì a prevedere) le modalità, le forme e i ritmi dell’istruzione futura, suggeriva che:
il problema preminente nel rapporto di insegnamento è un problema di comunica- zione che si risolve attraverso un gioco sottile di reazioni reciproche: tra alunno e modelli di sapere, tra individuo e gruppo, tra gruppo e ambiente (p.44).
Ponendo l’accento sulla comunicazione e sulla trasferibilità della cono- scenza anche Laeng si pone, al pari di Cartesio, un problema di retorica, in- tesa nella modalità greca di arte del comunicare (Barthes, 2006), dal quale tuttavia emerge una legge di causalità tutt’altro che lineare e aristotelica, quanto fortemente caotica perché riconducibile ad un sottile gioco di impli- cazioni reciproche tra sottosistemi, ciascuno paragonabile ad un elemento mai isolato e che va acomporre un organismo le cui leggi generali coinvol- gono, di fatto e di diritto, la totalità dei suoi componenti costitutivi.
E sono proprio quest’ultimi a costituire e a far riferimento, a loro volta, ad un sistema più vasto che, per usare un’espressione di von Bertalanffy
(1971), potremmo chiamare il “sistema uomo” e che occorre necessaria- mente scomodare in un ambiente di apprendimento il quale, a dispetto di ogni tentativo di riduzionismo meccanicistico, si contraddistingue per una legge di casualità non lineare dove l’aspetto globale della conoscenza, la complessità intrinsecamente strutturale del tutto, l’interazione sottile e meno sottile delle parti in gioco e dell’ambiente circostante (quella dimensione che Laneve chiama in causa quando parla di un’aula connotata socialmente), ri- velano una natura di organismo vivente dotato di leggi che coinvolgono non la singolarità degli steps e degli attori, bensì la totalità dei suoi componenti costitutivi.
In un sistema dinamico e caotico siffatto (intendendo per caotico un si- stema non solo estremamente sensibile alle condizioni iniziali ma soprattutto impredicibile: e non può essere altrimenti se lo stesso Socrate, nella testimo- nianza di Platone e nell’interpretazione di Gadamer, veniva travolto dall’onda inaspettata del dialogo che si ritrovava dunque a dover seguire così come un navigatore segue i venti del mare, o così come un odierno naviga- tore di Rete segue gli input di un dialogo di una piattaforma e-learning) viene fuori la consapevolezza dell’esistenza di leggi generali che fanno emergere una struttura di riferimento propria di un sistema aperto e vivente.
La lezione, dunque, contenitore di questa dimensione respirante, ose- remmo dire, come qualsiasi organismo biologico, si muove da una dinamica inevitabilmente situata (Rivoltella, 2013) ad una dinamica che poi si allarga oltre il qui ed ora ed oltre il top-down e botton-up e, come una molecola, può essere certo osservata ed analizzata ed ulteriormente frazionata con spirito scientifico, tenendo tuttavia sempre in conto che essa si sottrae al rigido mec- canicismo causa-effetto immediato perché numerose e felicemente impredi- cibili sono le variabili in gioco: se così non fosse sarebbe dunque giustificata ogni azione didattica che, nel momento in cui sperimenta (invero quotidia- namente6) l’aspettativa tradita di una risposta, derubricasse quest’ultima a mero errore da cancellare o sanzionare, così come farebbe una macchina che si illumina con il suo segnale rosso e intima di ritornare indietro.
L’errore, che irrompe prepotentemente in ogni situazione di apprendi- mento per problem-solving e che trova posto in quella figura geometrica poc’anzi descritta (trascinando con sé il rischio, mai ipotetico, di ogni bene- fico falsificazionismo e spalancando le porte a tutte le popperiane congetture e confutazioni), è controllato e controllabile, nell’alveo del sistema aperto e
6 Si potrebbe qui azzardare l’ipotesi che, in ogni ambiente di apprendimento, la magistri
conditio, come quella humana conditio descritta da Elias (1987), sia riconducibile alla dimen-
sione, umanissima, di chi vive ogni giorno il sentimento di essere, talvolta beneficamente, tradito dai suoi allievi, magari proprio i prediletti: si veda, a tal proposito, il tradimento di Platone nei confronti di Socrate in Bonazzi (2016).
vivente qui ipotizzato, soprattutto perché riconducibile alle leggi fondamen- tali che esplicitano quest’ultimo e che possiamo mutuare direttamente dalla teoria di von Bertalanffy (2004), attraverso un prestito concettuale, sperabil- mente non arbitrario, con il quale traghettiamo una teoria generale dei sistemi dalla biologia, e dalla fisica-matematica, alla pedagogia e alla filosofia (e alla fenomenologia) della lezione.
Queste leggi fondamentali sono difatti riconducibili a quella che il bio- logo tedesco chiamava la non-sommatività, che ci dice come ogni sistema, in quanto complesso (e la lezione, nella coralità dei suoi componenti e nella sua coreografia, appartiene a questo modello teorico), mai potrebbe essere ridotto alla mera somma delle parti e che esse piuttosto formano e costitui- scono pattern di relazioni sempre originali (una totalità, dunque, di organi- smo fortemente strutturato e situato) e a quella che viene indicata come equi- finalità, dove stesse cause producono effetti diversi e dove, viceversa, stessi risultati (anche ottimali) derivano da strategie adottate, da input e da stimoli diversi e dove dunque l’errore appare come opportunità di perfezionamento ulteriore e mai come limite invalicabile o vicolo cieco.