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CAPITOLO I: La protezione della democrazia in un’ottica

4. La normativa pre-costituzionale sui partit

legislativa attuativa dell’art. 6 CE era costituita dalla Ley n. 54/1978. Tale normativa entrò in vigore solo pochi giorni prima dell’entrata in vigore della Costituzione. In quanto legge ordinaria e disponendo invece l’art. 81, I comma CE che la materia dei diritti fondamentali e delle libertà pubbliche dovesse essere regolata con legge organica, suscitò immediatamente riserve di legittimità costituzionale sul piano formale. Nondimeno, la questione fu presto risolta sul presupposto che le regole sulla produzione di fonte costituzionale non dovessero trovare applicazione nel caso di specie, trattandosi appunto di una legge anteriore alla costituzione.

Tale normativa esordiva intanto riconoscendo ai cittadini spagnoli la libertà di costituire partiti politici nell’esercizio del diritto fondamentale di associazione (art. 1). Ai fini dell’acquisizione della personalità giuridica da parte del partito, stabiliva all’art. 2 l’obbligo di depositare presso il Ministero degli Interni lo statuto, congiuntamente ad atto notarile sottoscritto dai dirigenti e promotori del partito e con espressa indicazione dei relativi dati personali. Allo stesso Ministero competeva l’iscrizione del partito nel relativo Registro, entro venti giorni dalla data del deposito della documentazione richiesta, purché non avesse riscontrato nella documentazione trasmessa la sussistenza di indizi di illiceità penale. In caso contrario, comunicata la relativa documentazione al Pubblico Ministero, si sarebbe istaurato, se del caso, il giudizio di cui al

comma II, funzionale alla declaratoria, di competenza del giudice ordinario, di illegalità del partito. Nelle more di tale giudizio, il termine legale per l’iscrizione nel Registro e per l’acquisizione della personalità giuridica dal partito sarebbe rimasto sospeso, congiuntamente all’obbligo del Ministero di procedere a tale iscrizione.

Con riferimento ai requisiti di democraticità dell’ordinamento interno dei partiti, la legge (art. 4) si limitava a prevedere che l’organizzazione e il funzionamento dei partiti si conformasse ai principi democratici. Nondimeno, con riferimento alle procedure di deliberazione e alle situazioni giuridiche dei membri del partito, si prevedeva altresì: che l’organo supremo del partito dovesse istituirsi tramite elezione da parte dell’assemblea generale di tutti membri del partito; che nell’elezione degli organi direttivi fosse garantito il suffragio universale e segreto; che gli iscritti fossero informati circa l’attività e la situazione economica del partito; che i membri godessero, quanto alle cariche interne, del pari diritto all’elettorato attivo e passivo.

In ordine alla sospensione e dissoluzione dei partiti politici, erano previste, sotto la vigenza di tale legge, due ipotesi di sospensione o dissoluzione (art. 5): la prima diretta a colpire le associazioni partitiche incorse in fattispecie tipizzate di associazioni illecite, secondo il Codice penale; la seconda ove la loro “organizzazione o attività” fosse stata contraria ai principi democratici.

Dunque, la legge istituiva un duplice sistema di controllo: il primo, preventivo, con riguardo alla liceità penale del partito richiedente la registrazione (art.2, II comma); il secondo, successivo, relativo oltre che alla liceità penale, alla democraticità della attività e

organizzazione del partito (art.5). In entrambi casi, la competenza era attribuita al giudice ordinario.

Tale assetto suscitava complessivamente non poche riserve di legittimità costituzionale. In primis, il sistema di registrazione completato all’art. 2 appariva scarsamente conforme alla normativa costituzionale sui partiti politici e in specie all’art. 22, III comma, CE. Infatti, tale controllo, in quanto di carattere preventivo, sfociava in un sistema di autorizzazione, escluso dal tenore letterale della disposizione di rango costituzionale (“le associazioni dovranno essere registrate soltanto agli effetti della pubblicità”). In aggiunta a questi rilievi, a suscitare non poche perplessità era altresì la competenza attribuita, in base alle leggi vigenti, al giudice civile, relativamente ad un giudizio penalistico di carattere prognostico237. Preme segnalare, inoltre, come di tali difficoltà, testimoniate da alcune vicende giudiziarie insorte sul punto238, abbia dato conto

anche la giurisprudenza costituzionale. Nella sentenza 85/1986, il Tribunale costituzionale, investito di un recurso de amparo, ha segnalato la necessità di una interpretazione costituzionalmente conforme del disposto legislativo in esame. In questa ottica, ha osservato che “la adquisición de la calificación jurídica de partido,

para respetar el precepto constitucional de libertad de fundación de

237Jimenez Campo, op.cit., p.171, ha in proposito commentato: “Es difícil, en efecto,

conciliar con la competencia judicial en la intervención sobre el derecho de asociación (…) la misma previsión de un control previo sobre la legalidad de los partidos (art. 3. ° de la citada Ley) mediante el que se obliga al juez civil (arts. 11 y ss. de la Ley 62/1978 sobre protección jurisdiccional de los derechos fundamentales) a la aplicación del Código Penal para la determinación, no de la eventual comisión de un delito, sino de la potencialidad de su comisión futura”

238 Il 31 luglio 1980 i rappresentanti del Partido Comunista promuovevano recurso de

amparo avverso la mancata iscrizione nel Registro dei partiti da parte dell’Amministrazione, nonostante il Tribunale, invitato a pronunciarsi sulla liceità penale del partito ex art. 3, 2 comma, legge n.54/1978 non avesse ravvisato gli estremi della illiceità nella documentazione allegata. Del pari, una ipotesi di controllo abusivo da parte del Ministero coinvolse il Partido Feminista, al quale fu negata la registrazione fino al 1981, sul presupposto della sua antidemocraticità. Cfr. Pinelli, op.cit. p.173-174.

partidos, no puede subordinarse a otros requisitos formales que a los ya previstos y con el alcance que establece el propio art. 22. Del mismo se deduce con toda claridad la función de mera publicidad del Registro de Asociaciones, y que tal Registro no puede controlar materialmente y decidir sobre la «legalización» o «reconocimiento» de las asociaciones y, en particular, de los partidos políticos (…) el sistema de previa inscripción en un Registro público que impone la Ley 54/1978, sólo es constitucionalmente admisible con el alcance de un control formal externo y de naturaleza estrictamente reglada por parte de la autoridad administrativa (...)el Registro de Partidos Políticos, es por tanto un Registro cuyo encargado no tiene más funciones que las de verificación reglada, es decir, le compete exclusivamente comprobar si los documentos que se le presentan corresponden a materia objeto del Registro y si reúnen los requisitos formales necesarios”239.

Da qui si comprende perché tale norma sia sempre stata disapplicata dai giudici spagnoli, sul presupposto che, in quanto pre- costituzionale e contrastante con la CE, fosse affetta da illegittimità costituzionale sopravvenuta240.

Un altro nodo problematico della normativa in esame era costituito dal controllo successivo sui partiti istaurato ai sensi dell’art. 5. Alcune riserve sono state avanzate con particolare riguardo al controllo sulla democraticità della “attività e della organizzazione”

239 Tribunale costituzionale spagnolo, sentenza n. 85/1986 par.3-4, consultabile in

http://hj.tribunalconstitucional.es/ca-ES/Resolucion/Show/648.

240 Con la sentenza n. 4/1981, il Tribunale costituzionale spagnolo, non diversamente da quanto accaduto nel nostro ordinamento, ha ritenuto che le norme pre- costituzionali contrarie a Costituzione devono considerarsi illegittime per incostituzionalità sopravvenuta. Inoltre, limitatamente a tali norme, sono i giudici comuni a poter scegliere, nel caso di specie, se rimettere la questione ai giudici costituzionali, al fine di ottenere una pronuncia erga omnes, ovvero disapplicare tali norme nel relativo giudizio. Cfr. P.P. Sabatelli, La nuova legge organica dei partiti

del partito. In primo luogo, è apparsa inopportuna la scelta di deferire tale competenza alla giurisdizione ordinaria, malgrado l’utilizzo di un parametro di giudizio extra-penale, quale quello in esame241. In secondo luogo, ci si è chiesti, in dottrina, se l’art. 5, II comma, lett. b., nel prescrivere la sanzione dello scioglimento in caso di difformità della “organizzazione o attività” del partito al principio democratico, si limitasse ad attuare il disposto costituzionale di cui all’art. 6 CE, III comma (“la loro struttura interna e il loro funzionamento dovranno essere democratici”), o vi aggiungesse invece qualcosa di diverso242. Verso quest’ultima soluzione si è indirizzata una parte della dottrina, segnalando come l’art. 5, II comma, lett. b, identificando “il funzionamento” di cui all’art. 6 CE con “l’attività” del partito, abbia in effetti avallato una interpretazione contra litteram del disposto costituzionale. In effetti, se il “funzionamento” è un dato riferibile soltanto agli aspetti interni della vita del partito, altrettanto non può dirsi della locuzione “attività”. Tale rielaborazione del dettato costituzionale si presenta inoltre difforme rispetto all’art. 6, II comma, CE, che subordina il libero agire dei partiti soltanto al rispetto della Costituzione e della legge. Per questa via, si ritiene che la norma abbia introdotto, al di fuori di una base costituzionale, una clausola di abuso del diritto, quale principio generale operante in materia di libertà di associazione243. Dunque, in assenza di pronunce della giurisprudenza costituzionale sul punto, la dottrina maggioritaria ha optato per una interpretazione del disposto legislativo tale da considerare lo scioglimento del partito per attività contrarie al principio democratico “solo ed esclusivamente come la possibilità per l’autorità giudiziaria di sindacare l’eventuale assenza di democrazia

241 Jimenez Campo, op.cit., p.171 242 Pinelli, op.cit., p. 179.

interna nella formazione sociale, come possibilità di controllare che sia assicurato il diritto degli affiliati a partecipare ai processi decisionali, sempre però nel rispetto del diritto di auto- organizzazione della stessa, onde evitare l’instaurarsi di un controllo che potrebbe cadere su un piano meramente ideologico”244.

Nondimeno, la questione della sussistenza di una base costituzionale, a sostegno di tale fattispecie di scioglimento, è stata in tempi più recenti affrontata diversamente: rinvenendo proprio nel dettato costituzionale di cui al comma II dell’art. 6 CE l’appiglio giuridico funzionale a giustificare una simile previsione245.

Infine, sempre con riferimento ai requisiti di democraticità dell’ordinamento interno dei partiti, codificati dalla normativa in esame, il giudizio dottrinale sul punto si è rivelato del tutto insoddisfacente: prevedendo una disciplina estremamente contenuta sul punto, sottaceva alcune importanti garanzie, tra cui la previsione di procedure tipo quella di espulsione dei membri dal partito246. In definitiva, molte delle anomalie della normativa in commento sembravano derivare, a giudizio di molti, dalla natura particolare

244 Sabatelli, op.cit., p. 293

245 R. L. Blanco Valdès, A proposito della “illegalizzazione” di Batasuna, in

Quaderni costituzionali, n. 4/2002, p 759 ha osservato come “Benché la

costituzionalità di tale interpretazione fosse stata discussa in quel periodo, oggi, non sembra che tale esigenza debba porre problemi di sorta: cosa è un’attività democratica se non un’attività rispettosa della Costituzione e della legge?”.

246 La lacuna normativa sul punto ha spesso assunto rilevanza per l’ordinamento statale tout court. In questa ottica, merita di essere ricordata la nota vicenda dell’espulsione, dal PCE, di alcuni affiliati operanti nella carica di Consiglieri Comunali di Madrid. La revoca di tale carica, disposta in base all’art. 11 della Ley n. 39/1978, era stata poi ratificata dalla Junta Electoral de Zona. Contro tale decisione, i consiglieri interessati avevano promosso ricorso, in sede di giurisdizione

contencioso-administrativa. In tale occasione, i giudici accolsero il ricorso

motivando, non soltanto sulla violazione delle regole interne del partito, ma anche sul mancato rispetto dei principi sanciti dalla costituzione, e segnatamente quello di cui all’art. 24 (diritto di difesa). Cfr. A. Fernàndez-Miranda Campoamor, El control

estructural-funcional de los partidos politicos en la jurisprudencia contencioso- administrativa, in Revista española de derecho constitucional, n.4/1982, pp. 127-129.

della legge: concepita come una legge destinata ad attuare le previsioni costituzionali, ma entrata in vigore pochi giorni prima della vigenza della nuova Costituzione, molti dei suoi contenuti apparivano debitori più delle norme previgenti che della stessa Costituzione247. Da qui il tentativo, come si è visto, della giurisprudenza costituzionale di fornire una interpretazione adeguatrice di tali disposizioni.

5.

La novella legislativa sui partiti politici 6/2002: lo