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CAPITOLO I: La protezione della democrazia in un’ottica

3. La problematica attuazione dell’art 49 Cost it

L’incompiutezza dell’art. 49 Cost. it., unitamente ad una prassi interpretativa, legata anche a ragioni storico-costituzionali, estremamente prudente nella lettura di tale disposizione, hanno trovato un diretto riflesso nell’elaborazione di un intervento di legge attuativo del precetto costituzionale, ostacolando di fatto una regolazione seria del fenomeno partitico81. Non è un caso se una delle questioni, riproposte con maggiore frequenza in dottrina, riguardasse l’ammissibilità costituzionale di un intervento legislativo diretto a garantire il rispetto delle procedure democratiche anche

nell’organizzazione interna dei partiti82.

Rispetto a tale quesito, una parte, sempre più cospicua in anni recenti, della dottrina, ha dato riscontro positivo: ritenendo che, ancorché l’art. 49 non preveda alcun obbligo sul punto, una regolamentazione legislativa dell’organizzazione dei partiti, non soltanto non può ritenersi vietata da tale disposizione, ma anzi appare coerente con i principi, da essa affermati, tesi a garantire l’effettività dei diritti di partecipazione democratica e la conformazione ai principi costituzionali del funzionamento del sistema politico

italiano83.

Tale orientamento si è fatto strada a partire da una diversa rilettura del combinato disposto artt. 18 e 49 Cost. it., in base alla quale l’oggetto dell’art. 49 sarebbe, non il diritto alla libertà di

81 F. Scuto, La democrazia interna dei partiti: profili costituzionali di una transizione, Giappichelli, Torino, 2017, p. 4.

82 Una definizione di “democrazia interna”, comunemente accettata dalla dottrina pubblicistica, è quella di Rossi, I partiti politici, cit., p. 28, in base alla quale per democrazia interna si intende “un insieme di regole necessarie a far sì che le decisioni assunte dal partito rispondano alla volontà di quanti ad esso partecipano, con la predisposizione di norme e meccanismi interni idonei a garantire possibilità qualità della partecipazione”.

83 F. Bassanini, Lo statuto democratico dei partiti e le elezioni primarie, in Merlini (a cura di), op. cit., pp. 225.

associazione in partiti (per quello sarebbe bastato l’art. 18 Cost. it.), ma il diritto dei cittadini di concorrere con metodo democratico, tramite la libera associazione in partiti, a determinare la politica nazionale84. Nell’ottica di tale funzione “strumentale”, assume

peculiare rilievo la garanzia di uno statuto minimo di diritti di partecipazione dei membri, e tra questi, in considerazione del loro carattere logicamente prioritario, del diritto all’iscrizione al partito e delle vicende connesse ad un’eventuale espulsione del singolo membro.

Relativamente all’ammissione del singolo alla vita del partito, si ritiene comunemente che dalla previsione, ex art. 49 Cost. it., del diritto di “tutti i cittadini” di associarsi “liberamente” in partiti, discenda la necessaria garanzia sia del diritto di iscriversi (nel duplice senso di costituire un partito o di aderire a un partito già esistente), che del diritto di non iscriversi ad alcun partito85. Di conseguenza, non possono essere introdotti con legge ordinaria limiti all’esercizio di tale diritto, salvo i casi consentiti dall’art. 98 Cost.it. Rientra al contrario nell’autonomia statutaria di ciascun partito la possibilità di prevedere criteri di ammissione e regole sostanziali e procedurali per l’esercizio di tale diritto.

Non solo, la questione pare connessa a quella collaterale della natura

84 Ivi pp. 223-224, ha osservato che: “I soggetti dell’articolo 49 sono, certo, i cittadini; ma se il diritto che viene loro riconosciuto non è tanto il diritto di associarsi in partiti, già riconosciuto dall’articolo 18, ma quello di «associarsi in partiti per concorrere a determinare la politica nazionale», allora il partito è configurato come uno strumento necessario per l’esercizio della sovranità popolare, che ai cittadini è intestata – dall’articolo 1 della Costituzione – non solo quanto alla titolarità dei poteri sovrani, ma, per l’appunto, anche quanto al loro concreto esercizio, sia pure nelle forme e nei limiti della Costituzione. L’ulteriore precisazione contenuta nel dettato costituzionale, che vincola al metodo democratico il concorso a determinare la politica nazionale tramite i partiti, non è dunque irrilevante né superflua: è evidente che nessuna effettiva partecipazione all’esercizio di poteri sovrani può realizzarsi associandosi ad un partito personale o oligarchico, comunque non democratico, nel quale il cittadino non dispone di efficaci strumenti di partecipazione democratica perché le decisioni rilevanti sono riservate a un leader padrone o a una ristretta oligarchia, che si rinnova per cooptazione.

giuridica dei partiti italiani. Sul punto, la dottrina è concorde nel ritenere che la forma giuridica delle formazioni politiche sia quella delle associazioni non riconosciute, in quanto tali disciplinate dal Codice civile, e segnatamente dall’art. 36 cc., a mente del quale “L'ordinamento interno e l'amministrazione delle associazioni non riconosciute come persone giuridiche sono regolati dagli accordi degli associati”86.

Tale assetto, ritenuto da più parti inopportuno, specie in considerazione delle importanti attribuzioni riservate ai partiti87, ha

orientato la giurisprudenza verso un controllo di mera legittimità estrinseca e formale dei provvedimenti, escludendo un sindacato nel merito sui criteri di ammissione statutariamente previsti88. A ciò si aggiunga la necessaria considerazione del carattere squisitamente politico di dette valutazioni di ammissione e della libertà, di ciascun partito, di determinare la propria identità politico-ideologica89. Da qui, l’impossibilità di fatto di garantire un pieno e giustiziabile diritto di iscrizione ai cittadini, pur a fronte della lettera inequivocabile dell’art. 49 Cost.it.

Un’altra questione che ha evidenziato la necessità di un intervento legislativo in materia concerne le vicende connesse ad un’eventuale decisione di espulsione del singolo dalla vita del partito. A tal riguardo, sebbene in un primo momento la sindacabilità di tali

86 Ivi, p. 31. A sostegno di questo orientamento, hanno osservato le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 10094/2015: “Occorre muovere dal rilievo che nel nostro ordinamento il partito politico ha natura di associazione privata non riconosciuta come persona giuridica, regolata in via generale dalle norme del Codice civile. In questa direzione convergono le indicazioni che si traggono dalla giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte di cassazione e dalla dottrina”. Si veda https://www.eius.it/giurisprudenza/2015/114.

87 G. Amato, Nota su una legge sui partiti in l’attuazione dell’art. 49 della

Costituzione, in Rassegna Parlamentare, n. 4/2012, p.777 e ss. Del pari, si veda

sentenza n. 9895/2009, emanata dal Tar Lazio, sez. II.

88 D. Messineo, L’ammissione del cittadino ai partiti: osservazioni a margine del

‘caso Pannella’, in Quaderni Costituzionali, 2007. 89 Ibidem.

provvedimenti fosse stata in toto esclusa, sul presupposto dell’esclusiva competenza in materia degli organi di giustizia interni al partito; al mutare, negli anni ‘80, di tale orientamento giurisprudenziale, si è ritenuta ammissibile l’impugnazione di tali delibere di fronte all’autorità giudiziaria, pur nei limiti di un controllo di mera conformità della relativa norma statutaria alle prescrizione del Codice civile (ed in particolare all’art. 24, 3 comma, cc.) ovvero avente ad oggetto la corretta applicazione delle norme statutarie al caso di specie90. Infine, anche questa impostazione è stata superata da una più recente sentenza pronunciata dal Tribunale di Roma91, con la quale è stata accolta l’istanza di annullamento dei provvedimenti espulsivi comminati, poco prima delle elezioni amministrative del 2016, nei confronti di alcuni ex membri, dal MoVimento 5 Stelle (M5S). Confermando le valutazioni rese già in sede cautelare, tale pronuncia ha inaugurato una nuova fase nella giurisprudenza sulla sindacabilità degli atti interni del partito. Come commentato dalla dottrina, muovendo dall’applicazione analogica della disciplina delle associazioni riconosciute, in via del tutto inedita, i giudici sono entrati nel merito dell’effettiva sussistenza della causa legittimante la misura sanzionatoria, “ossia la sussistenza degli inadempimenti o degli illeciti imputati dall’ente all’associato al momento dell’assunzione della delibera sanzionatoria, la loro riconducibilità alla fattispecie prevista dalla legge o dallo statuto, nonché la congruità della condotta imputata”, non trascurando altresì la valutazione sulla proporzionalità tra addebito contestato e sanzione adottata92. Per questa via, ad essere stata valorizzata è la

90 Rossi, La democrazia interna nei partiti politici, cit., p. 9.

91 Si tratta della sentenza n.2492/2018, consultata in

https://civiumlibertas.blogspot.com/2018/02/sentenza-di-merito-nella-causa.html. 92 Cosi, E. Caterina, Il giudice civile e l’ordinamento interno dei partiti politici: alcune

considerazioni sulle recenti ordinanze dei Tribunali di Napoli e di Roma, in Osservatorio sulle Fonti, n.3/2017, p. 9; seppure a commento della pregressa

clausola dei “gravi motivi” prevista dall’art. 24, III comma, cc., la cui derogabilità rischierebbe, viceversa, di tradursi in un’indebita compressione dei diritti inviolabili del singolo all’interno delle formazioni sociali93.

Dalle vicende sopracitate emerge l’attuale e crescente tendenza alla giurisdizionalizzazione della scena politica94. Nondimeno, la dottrina ha auspicato un’ulteriore espansione del controllo giurisdizionale sull’organizzazione interna dei partiti che, muovendo, dal recupero della centralità di quei principi costituzionali posti a tutela del cittadino95, si spinga fino ad assicurare “un controllo diffuso sui partiti politici, nella prospettiva di proteggere il diritto di partecipazione democratica ex. artt. 3 e 49 Cost.”96.

Questa prospettiva, pur condivisibile, non deve però adombrare l’improrogabile esigenza di definire con legge i livelli minimi di democraticità da adottare in seno all’organizzazione interna dei partiti. Inoltre, la necessità di uno statuto minimo di garanzie, previsto ex lege, emerge a posteriori: tanto dalla considerazione, unanime in dottrina, del carattere estremamente deficitario e assai spesso strumentalizzabile delle discipline statutarie adottate in seno

cautelare di tali provvedimenti, e il cui impianto motivazionale è riportato fedelmente nella sentenza citata.

93E. Gianfrancesco, I partiti politici e l’art.49 della Costituzione, in Quaderni

Costituzionali, n.10/2017, p. 22.

94 M. Siclari, Appunti sulla giustiziabilità dei diritti politici, in Nomos. Le attualità nel

diritto, n. 2/2016, p.18.

95 A. Lanzafame, Sui livelli essenziali di democrazia nei partiti, in Rivista AIC n. 1/2017, p. 19 ha osservato che:“…può evidenziarsi l’esistenza nel nostro ordinamento di principi costituzionali ai quali la tutela del cittadino-elettore si può collegare immediatamente: il principio di sovranità (artt. 1 e 2 Cost.), quello di eguaglianza (art. 3 Cost.), quello di partecipazione democratica (artt. 3 e 49 Cost., ma anche art. 51) nonché il canone di imparzialità (art. 97 Cost.) inteso anche come dovere di trasparenza da parte di coloro che esercitano poteri di rilievo pubblicistico. L’insieme di tali disposizioni costituzionali permette di delimitare i confini di una sorta di interesse generale e diffuso in capo al corpo elettorale relativamente all’organizzazione in senso democratico della vita partitica.”

ai partiti; quanto dal crescente ricorso a strumenti di democrazia diretta o partecipata che, specie quando contrapposti all’attività degli organi interni all’associazione, si traducono in una finzione funzionale esclusivamente all’autolegittimazione dei partiti (97) (98).

Premessa l’assenza di un quadro legislativo organico in materia, in occasione dell’abolizione del finanziamento pubblico diretto, il d. l. n. 149/2013, poi convertito nella l. n. 13/2014, ha subordinato l’accesso alle forme di finanziamento pubblico indiretto, al rispetto di alcuni obblighi di trasparenza e prescrizioni minime di democraticità, ivi previste.

Come noto, a partire dal 1° gennaio 2017, i partiti possono accedere solo a forme di contribuzione indirette, tramite destinazione del 2 per mille IRPEF o tramite detrazioni sulle erogazioni liberali ai partiti. L’accesso a tali forme è tuttavia condizionato alla dotazione di uno statuto il cui contenuto minimo è sancito dall’art. 3 del decreto in commento. In particolare, oltre a dover rispettare Costituzione e ordinamento dell’Unione Europea, si richiede una puntuale definizione delle regole di selezione dei membri, delle regole di

97I. Massa Pinto, op.cit., pp. 24-25, ha osservato in proposito che: “…si ritiene che questi strumenti debbano mantenere un peso “laterale”, non potendo il loro ricorso quasi esclusivo non entrare in rotta di collisione con lo svolgimento della essenziale funzione di sintesi politica del partito, che richiede la capacità di valutazioni complesse in cui occorre soppesare diversi interessi generali e non è possibile giungere ad una soluzione chiamando in causa la base a pronunciarsi su singole questioni specifiche.”

98 Ceccanti, Curreri, I partiti antisistema nell’esperienza italiana: il MoVimento 5 Stelle come partito personale autoescluso, in Diritto pubblico comparato ed europeo, n.3/2015, p. 808 considerano a riguardo emblematico il caso del M5S, la cui esperienza dimostrerebbe “…come il ricorso alla Rete sollevi rilevanti problematicità: l’analfabetismo informatico, il digital divide che non permette ai cittadini di partecipare in condizioni di parità; la paternità del quesito (talora modificato in corso di votazione, com’è accaduto per la scelta sulle unioni omosessuali), la cui formulazione com’è noto non è irrilevante ai fini dell’esito della votazione tramite cui si vorrebbero dare istruzioni agli eletti. Votazioni promesse e poi non effettuate o svoltesi con modalità non del tutto trasparenti”. A ciò si aggiunga che, con provvedimento n.83 del 4 aprile 2019, il Garante per la protezione dei dati personali ha comminato all’Associazione Rousseau pesanti sanzioni pecuniarie per la violazione degli artt. 32 e 83, par. 4, lett. a. del Regolamento UE 2016/679, invitando a predisporre una serie di misure correttive volte, tra l’altro, ad "assicurare l'autenticità e la riservatezza delle espressioni di voto".

composizione degli organi interni e delle procedure per la deliberazione degli atti che impegnano il partito all’esterno.

Con riguardo ai diritti di partecipazione dei membri, si richiede l’indicazione: dei diritti e doveri degli iscritti, delle modalità di partecipazione alle attività, dei criteri con i quali è promossa la presenza delle minoranze negli organi collegiali non esecutivi, delle modalità per promuovere, attraverso azioni positive, l’obiettivo della parità tra i sessi. Ancora, è prescritta la previsione di un organo di garanzia per i diritti degli stessi.

Viceversa, per quanto non espressamente previsto dal decreto in esame e dallo statuto, continuano ad applicarsi le disposizioni del Codice civile e le norme di legge vigenti. Inoltre, ex art. 4 di tale decreto, è fatto obbligo al rappresentante legale di ciascun partito di trasmettere copia autentica dello statuto, oltre che dei bilanci e delle rendicontazioni ai Presidenti del Senato e della Camera dei deputati, che la inoltrano alla “Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei Partiti politici”, istituita ex art.9, comma 3, Legge n.96/2012. La commissione suddetta, oltre a controllare il rendiconto dei partiti, verifica la conformità delle norme statutarie alle indicazioni di cui all’art. 3 della legge in esame, come integrate dalle linee guida adottate dalla stessa commissione con la deliberazione n. 1/2018, e se del caso richiede la modifica delle norme statutarie difformi, potendo infine procedere all’iscrizione del Partito nel “Registro nazionale dei Partiti politici riconosciuti”. Contro le sue decisioni, la tutela giurisdizionale è data da giudici diversi: sulle sanzioni pecuniarie adottate dalla Commissione il giudice ordinario; quello amministrativo in caso di diniego di registrazione o di cancellazione dal registro. La registrazione è condizione necessaria per ammettere i partiti politici ai benefici fiscali di cui sopra, ma non funge da elemento costitutivo

dell’esistenza del partito.

Non solo, a tale criterio si accompagna un requisito di rappresentatività delle formazioni politiche espresso all’art. 10, I comma, del decreto stesso: per beneficiare delle detrazioni alle erogazioni liberali, la formazione partitica deve aver conseguito nell’ultima consultazione elettorale almeno un candidato eletto in una delle due Camere, al Parlamento Europeo, in uno dei consigli regionali o delle province autonome di Trento e Bolzano, ovvero deve aver presentato nella medesima consultazione elettorale candidati in almeno tre circoscrizioni per le elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati o in almeno tre regioni per il rinnovo del Senato della Repubblica, o in un consiglio regionale o delle province autonome, o in almeno una circoscrizione per l’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia; quanto al 2 per mille, si richiede che vi sia almeno un candidato eletto nelle istituzioni elencate.

Meritano un cenno, in una prospettiva de iure condendo, i Ddl n. 2439 e n. 1938, peraltro decaduti con la fine della legislatura. Il primo, approvato dalla Camera l’8 Giugno 2016, proponeva una rivisitazione organica degli obblighi di democraticità interna dei partiti politici: ex. art. 2, co 3, avrebbe esteso il contenuto necessario dello statuto alle forme e alle modalità di iscrizione e di partecipazione degli iscritti alle fasi di formazione della proposta politica del partito, alle regole per l’istituzione e per l’accesso all’anagrafe degli iscritti, e ai criteri di ripartizione delle risorse del partito tra gli organi centrali ed eventuali articolazioni territoriali. Quanto alle competizioni elettorali, l’art. 3 avrebbe introdotto l’obbligo di deposito dello statuto presso il Ministero dell’interno, attribuendo a quest’ultimo il potere/dovere di ricusare dalla competizione elettorale le liste delle formazioni che non avessero

ottemperato a questi obblighi. Relativamente agli obblighi di pubblicità e trasparenza, il disegno in commento avrebbe introdotto all’art. 6 l’obbligo per i partiti di inserimento nell’apposita sezione “Trasparenza” all’interno dei propri siti Internet delle proprie risorse finanziarie.

Quanto invece al Ddl n. 1938, la novità più rilevante sarebbe consistita nel fare acquisire la personalità giuridica ai partiti che si fossero conformati ai requisiti di cui all’art. 3 del d. l. n.149/2013 già esaminato. Tale riconoscimento si rivela auspicabile, tra l’altro, al fine di armonizzare la disciplina nazionale con quella europea. Invero, sul versante europeo, il riferimento naturale è costituito dal regolamento n.1141/2014 del Parlamento Europeo e del Consiglio, che detta le norme relative allo statuto e al finanziamento dei partiti politici europei e delle fondazioni politiche europee. Va menzionato in questa sede l’art. 14 del citato regolamento, il quale, individuando l’ambito di applicazione della disciplina regolamentare, rinvia “per le materie non disciplinate dal presente regolamento o, qualora una materia lo sia parzialmente, per gli aspetti non contemplati da quest’ultimo” alle disposizioni di diritto nazionale applicabili. Da più parti99, si è allora segnalata la necessità che il legislatore domestico intervenga in materia per armonizzare la disciplina nazionale con quella europea: invero, la circostanza che i partiti europei abbiano personalità giuridica a differenza di quelli nazionali potrebbe sollevare qualche problema in punto di regime giuridico applicabile a tali formazioni, ove un partito europeo fissasse la propria sede nel territorio nazionale.

99 G. Grasso, Partiti politici europei e disciplina costituzionale nazionale, in Nomos,