I.3 La contemporaneità
I.3.2 La promozione del plurilinguismo
Nel 2002 durante il Consiglio europeo tenutosi a Barcellona, dove si sono trattate strategie a livello comune in campo prevalentemente economico, analizzando le basi di un’economia competitiva si è evinta l’importanza della conoscenza, e quindi dell’educazione e della formazione. Tra le misure da adottare in questo ambito emerge infatti l’esigenza educativa conosciuta poi con il nome di “obiettivo Bercellona” :
to improve the mastery of basic skills, in particular by teaching at least two foreign languages from a very early age: establishment of a linguistic competence indicator in 2003;50
ossia l’insegnamento di almeno due lingue straniere sin dalla tenera età.
Il primo passo ufficiale inerente al plurilinguismo è rappresentato dalla comunicazione della Commissione europea del 2005 Una nuova strategia
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http://ec.europa.eu/invest-in-research/pdf/download_en/barcelona_european_council.pdf, pag.19, ultimo accesso 09/05/17.
quadro per il multilinguismo51 a cui seguirà nel 2008, al fine di raggiungere l’“obiettivo Bercellona”, la comunicazione al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo, e al Comitato delle regioni dal titolo Multilinguismo: una risorsa e un impegno52
: entrambe volte alla garanzia dell’incentivazione del multilinguismo, ribadendone l’importanza per la coesione sociale e la mobilità dei cittadini. La seconda comunicazione nello specifico detta le linee per investire fondi ed energie per promuovere l’insegnamento/apprendimento e la valutazione delle lingue straniere attraverso programmi e nuovi curricoli, anche per interpreti e traduttori, nonché l’attenuazione del divario linguistico attraverso le nuove tecnologie e i media (e.g. l’utilizzo della sottotitolazione). Si promuove la mobilità dei lavoratori e degli studenti, quest’ultimi in particolare attraverso il programma Erasmus+ il quale rientra nella concezione di un apprendimento permanente ossia longlife, spostando l’attenzione anche su gli apprendenti adulti fuori dal circuito educativo formale.
Consapevole del già citato plurilinguismo genetico e del suo potenziale ma anche delle sue criticità, dovute a qualsiasi situazione di diversità o asimmetricità, sempre nel 2008 la Commissione invita a Bruxelles un gruppo53 di intellettuali per promuovere il dialogo interculturale. Il lavoro di questi porterà alla pubblicazione di un documento dal titolo più che mai emblematico “Una sfida salutare. Come la molteplicità delle lingue potrebbe rafforzare l'Europa”. La natura del documento rispetto a quelli precedentemente analizzati è di tipo riflessivo e propositivo, né specialistico né programmatico, ma fonte di vitali e utili idee anche sul piano pratico. Come abbiamo visto sin
51
http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/ALL/?uri=CELEX%3A52006AE1372, ulitmo accesso 09/05/17.
52 http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=LEGISSUM:ef0003, ultimo accesso
09/05/17.
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Presieduto da Amin Maalouf, scrittore, era composto da: Jutta Limbach, presidente del Goethe Institut, Sandra Pralong, esperta in comunicazione, Simonetta Agnello Hornby, scrittrice, David Green, presidente dell'EUNIC (European Network of National Cultural Institutes), già direttore generale del British Council, Eduardo Lourenço, filosofo,Jacques de Decker, scrittore, segretario perpetuo dell'Accademia reale di lingua e letteratura francese del Belgio, Jan Sokol, filosofo, già ministro dell'istruzione della Repubblica ceca,Jens Christian Grøndahl, scrittore,Tahar Ben Jelloun, scrittore.
dalle origini la diversità linguistica è un dato di fatto non cancellabile attraverso l’utilizzo preponderante dell’inglese, riflettendo sulle motivazione che hanno spinto alla creazione di un progetto unitario come l’UE, le personalità riunite sostengono come :
l'idea europea (ci) sembra poggiare su due esigenze inseparabili: l'universalità dei valori morali comuni e la diversità delle espressioni culturali; di questa, in particolare, la diversità linguistica costituisce, per ragioni storiche, una componente primaria, oltre ad essere, come cercheremo di dimostrare, un magnifico strumento d'integrazione e d'armonizzazione54
Sul versante pratico si arriva a contemplare come soluzione più realistica la presenza di gruppi di locutori specifici per ogni lingua riconosciuta, presenti nei diversi Stati membri, che adottino questa lingua concepita non come una LS ma una vera e propria L2 “materna”. Questa L2 dovrebbe essere studiata approfonditamente in tutti i suoi aspetti, risaltando quello culturale, e potrebbe affiancare l’inglese (lingua franca), così da permettere negli scambi bilaterali l’uso di ognuna delle due lingue coinvolte. Le scelte personali di questi locutori permetterebbero di rivitalizzare quelle lingue meno parlate e che non godono di uno status attualmente non significativo, permettendo così di rinvigorire il patrimonio storico culturale che esse rappresentano.
Questa esperienza di una lingua personale adottiva gioverebbe inoltre all’arricchimento intellettuale e professionale, umano e personale: e.g. la conoscenza approfondita di una lingua permette un’espressione migliore di sé stessi durante uno scambio comunicativo rispetto all’utilizzo di una lingua franca utile, ma spesso funzionale e conosciuta più superficialmente.
Infine, ma non per ultimo in ordine di importanza, contribuirebbe a tentare di sanare le problematiche relative all’immigrazione attuale, permettendo una migliore integrazione attraverso l’adozione della lingua del paese ospitante e mantenendo viva la lingua d’origine, dato che si incentiverebbe lo studio anche
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http://www.creifos.org/materialididattici/Malalouf-Plurilinguismo.pdf, pag.8, ultimo accesso 09/05/17.
di lingue al di fuori dell’Unione. Sul piano istituzionale la creazione di enti bilaterali in ogni Stato favorirebbe oltretutto il mercato della formazione e del lavoro.
Sul versante pratico la dimensione della scelta di questa lingua adottiva dovrebbe nascere e partire dal basso, incentivata ma non articolata in grandi progetti ad ampio raggio che implicano componenti burocratiche e a volte vincoli non attuabili in qualsiasi realtà, ma quindi “spontaneamente” come scelta personale o di un’istituzione scolastica ad esempio attraverso gemellaggi o utilizzando le risorse on line.
Chiosando:
una gestione saggia e immaginativa della diversità linguistica può effettivamente favorire l'integrazione europea, promuovere lo spirito di appartenenza civica e di appartenenza all'Unione; può anche contribuire significativamente al dialogo delle culture e alla loro coesistenza armoniosa, sia nei riguardi del resto del mondo, sia in seno alle nostre società.55
Soprattutto in questo particolare periodo di crisi politica “Potrebbe anche dare alla costruzione europea un nuovo slancio, un nuovo respiro.56”
Tra gli ultimi documenti programmatici pubblicati dal Consiglio dell’Unione Europa ci soffermiamo sulle Conclusions on multilingualism and the development of language competences57 frutto del meeting su Educazione, Giovinezza Cultura e Sport tenutosi a Bruxelles nel 2014. Tenendo conto dei lavori e delle risoluzioni precedenti (e.g. l’ “Obiettivo Barcellona”, le conclusioni del Consiglio del 2006 per un Indicatore Europeo della competenza linguistica, le conclusioni nel 2011 sulla competenza linguistica per incentivare la mobilità, etc) ribadisce l’importanza della diversità linguistica fondamentale per il dialogo interculturale e quanto le competenze linguistiche contribuiscano alla mobilità allo sviluppo personale e alla “spendibilità” in campo lavorativo.
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http://www.creifos.org/materialididattici/Malalouf-Plurilinguismo.pdf, pag.29, ultimo accesso 09/05/17. 56 Ibidem. 57 http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/en/educ/142692.pdf, ultimo accesso 09/05/17.
Si constata la diversificazione tra Stato e Stato per quanto concerne le politiche linguistiche ed educative, anche se si attesta quanto sia migliorato il livello di competenza linguistica nei diversi stati, si evidenzia la possibilità di un margine di miglioramento, attingendo anche dallo studio delle lingue classiche che fanno parte di un patrimonio comune.
Una particolare importanza è data: alla valutazione come mezzo per promuovere il plurilinguismo e l’insegnamento delle lingue, i quali ormai rappresentano un binomio complementare, al programma Erasmus+ e agli strumenti già a disposizione come il QCER, il Portfolio, il Label58 (premio insignito a livello europeo ai migliori progetti nel campo dell’insegnamento delle lingue e delle nuove tecniche didattiche) e alla collaborazione e alla cooperazione tra Stati ed enti, come il CELV di Graz.
Vedremo nel II capitolo attraverso l’analisi della Guida per lo sviluppo e l’attuazione di curricoli per una educazione plurilingue e interculturale59
(edita nel 2010 e riedita revisionata e arricchita nel 2016 dopo una sperimentazione dal 2011 al 2014) come le istituzioni europee abbiano concepito le strategie e la messa in atto dei principi teorici, precedentemente esposti, connessi al plurilinguismo e all’interculturalità nella pratica dell’educazione linguistica e della didattica quotidiana. L’opera è frutto del lavoro di vari autori tra cui i francese Jean-Claude Beacco e Daniel Coste e il britannico Michael Byram, che hanno pubblicato per il Consiglio d’Europa numerosi studi da noi consultati e precedentemente citati.
58
http://ec.europa.eu/education/initiatives/language-label_it, ultimo accesso 09/05/17.
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http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/alfresco/d/d/workspace/SpacesStore/12a0fd31-f9ea- 4a80-942b-bfc10b94c7f1/guida_cavalli.pdf, ultimo accesso 09/05/17.
I.3.3 Aspetti neuroscientifici e psicologici: i benefici dell’educazione