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III.2 Studio di caso: l’Istituto Comprensivo Statale di Altopascio-Lucca

III.2.2 La Scuola Primaria

La realtà della scuola primaria dell’Istituto Comprensivo (4 plessi: Altopascio, Badia Pozzeveri, Marginone e Spianate) è risultata abbastanza variegata. Ogni plesso ha rivelato caratteristiche proprie imputabili a diversi fattori, primo fra tutti la quantità di studenti stranieri presenti in ogni plesso (figura n.14). Questo fattore influisce necessariamente sull’offerta e la modalità che assume l’insegnamento della lingua di scolarizzazione, nel nostro caso l’italiano, come L2.

Figura 14. Rapporto in percentuale tra alunni italiani e stranieri nei 4 plessi di scuola primaria dell’Istituto Comprensivo statale di Altopascio

0% 20% 40% 60% 80% 100% Altopascio Badia

Pozzeveri Marginone Spianate

stranieri 42,4 30,8 11,5 10,4

italiani 57,6 69,2 88,5 89,6

La scuola primaria del capoluogo del Comune (Altopascio) con il maggior numero di alunni rispetto agli altri plessi prevede infatti un laboratorio di L2 in orario scolastico, ma al di fuori della classe (all’incirca di 20-25 ore totali). Il gruppo di norma è composto da 15 studenti, è misto sia per livello (A1 A2), che per nazionalità, e sono presenti anche studenti neoarrivati. Si prevede di orma un piano personale per la valutazione e il monitoraggio degli alunni NAI (neoarrivati in Italia). È previsto un placement test d’entrata e uno di valutazione in uscita, con obiettivo il livello B1 (obiettivo generale dell’Istituto per tutti i plessi). Gli altri plessi rimanenti, come evidenziato nel figura n.14, non presentano un rilevante numero di stranieri, salvo Badia Pozzeveri, e nello specifico non hanno avuto nuovi arrivi. Per l’anno in corso era comunque previsto un laboratorio L2 per il plesso del Marginone e il plesso di Badia Pozzeveri ha attivato un gruppo di recupero di una decina di ore aggiuntive in parallelo con l’attività dell’insegnante di italiano.

La totalità degli insegnanti intervistati (17) è di genere femminile: 5 sono in possesso di laurea (una in Pedagogia, 2 in Scienze della formazione, una in Scienze politiche, una in Lingue e Letterature straniere), mentre la maggior parte è in possesso di diploma magistrale abilitante. Due di esse, tra cui una docente che si occupa del laboratorio L2, hanno seguito il corso di preparazione alla certificazione DITALS. La formazione prettamente glottodidattica è prevista per il corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria titolo richiesto attualmente per l’insegnamento ma non era prevista dall’istituto magistrale. Il QCER e i suoi indacatori, e il Portfolio, sono conosciuti nominalmente dalla quasi totalità delle insegnanti, ma non nel dettaglio, e non vengono utilizzati in classe (più dettagliatamente sono conosciuti dalla laureata in Lingue e Letterature straniere).

Esporremmo i dati suddivisi in base alle macroaree utilizzate nell’intervista, esposte precedentemente:

a. lingua/e e obiettivi b. approcci didattici

c. possibili convergenze d. educazione interculturale

Il punto d sarà trattato trasversalmente all’interno degli altri per poi essere approfondito nel § III.2.4.

a e b lingua/e e obiettivi approcci didattici

I livelli di competenza da raggiungere sono quelli nazionali indicati nelle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione135, sempre però esplicitati e elaborati nel Pof e quasi la totalità delle insegnanti dichiara di calibrarli sulla classe.

Le varietà della lingua di scolarizzazione sono presentate quasi in toto, anche se quando esplicitato dalle intervistate, si predilige la forma dell’italiano standard. Al contrario delle differenze di registro (formale e informale), che rientrano nell’apprendimento della lingua di scolarizzazione, i riferimenti al dialetto o all’accento regionale sono disomogenei: possono essere spontanei da parte dello studente, data la presenza storica e attuale di immigrati dal Sud Italia nella zona, o volutamente affrontanti dall’insegnante. Al contrario per la LS non vengono quasi mai presentate differenze d’accento o di provenienza regionale, limitandoci alla dicotomia scritto e orale, con qualche eccezione per il linguaggio giovanile.

L’approccio grammaticale, inteso come studio delle regole, è presente ma sempre affiancanto dagli approccio comunicativo, che predilige la componente orale, maggiormente utilizzato dalle insegnanti. Come precedentemente menzionato, la componente grammatico-traduttiva aveva radici profonde nella scuola italiana, e a nostro avviso un indizio è rappresentato ancora oggi dal sentire comune dei genitori, che come emerso non infrequentemente lo richiedono, ritenendolo più valido.

135

L’età degli apprendenti, secondo le insegnanti, incentiva l’oralità e i fini comunicativi, tendenzialmente la maggior parte degli insegnanti intervistate dichiara di utilizzare comunque un approccio per la LS eclettico ma prevalentemente orale e comunicativo, supportato da numerose attività autentiche e ludiche (e.g. : gioco della tombola, attività musicali, canzoni e filastrocche). L’utilizzo di materiale originale è disomogeneo: dall’esclusivamente didattico all’accoglienza delle richieste degli alunni, ad esempio attraverso l’utilizzo di materiale originale e autentico, come la musica in lingua inglese, che attualmente pervade la nostra società. Si utilizzano i roleplay e tecniche di immedesimazione situazionale. È onnipresente l’incentivazione del lavoro autonomo degli apprendenti, sotto le più svariate forme: sia a coppie di livelli disomogenei, a gruppi dello stesso livello o di livelli differenti col fine di sfruttare le competenze dei livelli più alti, in particolare per l’attività di conversazione.

Un appunto a parte va dedicato al plesso di Marginone: in questa scuola primaria già da svariati anni si adotta “la scelta alternativa al libro di testo”: questa pratica rientra nelle forme di sperimentazione concesse dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (DPR275/99). Non è prevista l’adozione di un testo unico (di nomra un sussidiario), ma la possibilità di usufruire di più testi, una sorta di bibliografia, in un’ottica di indagine e ricerca da parte del bambino stesso. I testi perciò sostituiscono il libro di testo in sintonia con la programmazione curricolare, sotto forma di manuali, testi narrativi, materiale audiovisivo, etc. Gli insegnanti adottano questa metodologia in contrapposizione a una concezione di trasmissione-acquisizione passiva, privilegiando il ruolo attivo del discente sotto la guida del docente. La varietà dei testi per le diverse aree tematiche rappresenta un “valore culturale” aggiunto alla conoscenza e rende più dinamico l’apprendimento. L’uso di beni condivisi da trasmettere ad altri incentiva inoltre la valenza socio-affettiva del sapere e dei rapporti. In classe è utilizzato un “libro-quaderno” per rielaborare e riorganizzare le conoscenze in base alla tipologia della classe e all’età dei discenti. Se pur applicando anche per la LS la scelta alternativa, per l’inglese è

stato adottato un testo di supporto, ma utilizzato in linea con le pratiche attuate per le altre discipline. L’aspetto più rilevante di questa metodologia è il ruolo della componente autonoma dell’apprendimento, fortemente incentivata ad esempio tramite il cooperative learning, il tutoring. Le insegnanti che operano in questa realtà sono particolarmente aggiornate sugli approcci didattici e sulle metodologie più recenti (dato che si evince anche dalla terminologia specialistica usata): prediligono i metodi autonomi sovra citati, incentivano la riflessione metacognitiva e ricorrono esplicitamente alla grammatica induttiva per la L1 e la LS.

c e d: possibili convergenze-educazione interculturale

Per quanto riguarda la trasversalità una riflessione scaturisce dal fatto che nella scuola primaria un’insegnante è responsabile per più di una disciplina, tra cui spesso la LS, rappresentata esclusivamente dall’inglese. Questa condizione può favorire la trasversalità e lo sfruttamento delle competenze e delle strategie di apprendimento tra disciplina e disciplina, se monitorate da un solo docente o al massimo da i due insegnanti che seguono una classe, può tuttavia limitarsi all’iniziativa personale dell’insegnante che si occupa di più materie. A tal proposito sono comunque presenti alcune esperienze (e.g scienze in inglese) della metodologia CLIL, che è comunque conosciuta dalla quasi totalità delle intervistate. Le insegnanti di un plesso specifico (Spianate) sfruttano, ad esempio, il libro di testo d’inglese adottato, in cui è prevista una sezione CLIL con argomenti di altre discipline trattate in inglese. La possibilità che un insegnante sia responsabile sia della L1 di scolarizzazione che della LS, al contrario favorisce la comparazione e l’analisi contrastiva tra le due lingue soprattutto per i riferimenti grammaticali e lessicali. In quasi la totalità dei casi si fa ricorso all’analisi contrastiva tra le lingue, in particolare per gli aspetti grammaticali e lessicali. Sempre nel plesso precedente, le insegnanti ricorrono anche alle altre lingue conosciute da loro stesse, ma non studiate formalmente a scuola (e.g. francese e spagnolo), anche in questo caso evidenziamo il peso

della formazione personale delle docenti (e.g. un percorso di studi linguistici universitari non completato).

I riferimenti alla lingua di origine sono risultati particolarmente disomogenei: nella maggior parte dei casi, se presenti, risultano spontanei, ma molto più limitati per questa fascia di età che per quella successiva della secondaria, infatti si presentano maggiormente con l’aumento dell’età nelle ultime due classi (IV e V). Un interessante dato sociologico è legato alla provenienza degli studenti stranieri: i parlanti albanese e rumeno di II generazione, che rappresentano le due maggiori nazionalità immigrate in Italia negli anni ‘90 e anche nella realtà locale (nell’Istituto: albanesi 52%, romeni 15%, si veda figura n.13) limitano o addirittura evitano i riferimenti alla lingua di origine, che è comunque parlata in famiglia. Questo fenomeno non avviene sempre per i parlanti arabo, che risulta una lingua non solo parlata in famiglia ma anche insegnata nel paese ospitante in famiglia o in strutture della comunità. Inerente all’uso della lingua d’origine in famiglia, sempre riscontrato nelle risposte delle insegnanti, riportiamo tuttavia i dati Istat che stimavano nel 2012 che:

Gli stranieri di madrelingua italiana sono oltre 160 mila, pari al 4,5% della popolazione straniera di 6 anni e più. Nel 16,8% dei casi essi sono cittadini albanesi, nel 12,1% marocchini e nell'11,1% rumeni. Tra i minorenni, è di madrelingua italiana uno su quattro.136

Sono presenti comunque nella primaria, alcune forme di incentivazione al riferimento della lingua di origine stimolate da alcuni insegnanti, come ad esempio il “buongiorno” alternato nelle varie lingue presenti in classe, il “tanti auguri” cantato in occasione di un compleanno nelle diverse lingue d’origine e in inglese. Quando vi siano presenti stimoli a tal proposito da parte dell’insegnante, è più probabile avvengano nelle ultime classi.

Probabilmente dovuto all’età degli apprendenti e al fatto che appartengano ad una II generazione di immigrati, le insegnanti non riscontrano problematiche legate al razzismo o allo scontro culturale, o la presenza di pregiudizi e

stereotipi culturali. La totalità degli insegnanti incentiva comunque il decentramento culturale, in particolar modo, sia in L1 che in LS: il terreno di confronto più diffuso è rappresentato dalle tradizioni, in particolare quelle legate alle feste, agli usi costumi e all’alimentazione. La componente biografica e aneddotica legata alla condizione di cittadino straniero essenzialmente non emerge, salvo isolati casi (più giustificata nel laboratorio L2, composto da neoarrivati e totalmente da stranieri). Due possibili interpretazioni posso essere: il fatto che gli alunni stranieri siano nati o comunque cresciuti nel paese ospitante, e la forte volontà di integrazione nella società riscontrata dalle insegnanti. Anche l’emergere dell’esperienza biografica e aneddotica è al quanto frammentaria: può emergere spontaneamente da parte dell’alunno col crescere dell’età, e se guidata ma limitatamente al confronto tra tradizioni, usi e costumi. Essenzialmente o è totalmente assente, dato che gli alunni se pur giuridicamente stranieri sono nati e cresciuti in Italia o addirittura, in svariati casi, è stato riportato dalle insegnanti come sia percepito come negativo o fonte di vergogna dagli studenti stessi. In particolare per alcune nazionalità lo è per più di altre, ad esempio gli studenti albanesi che corrispondono all’immigrazione più cospicua ma anche più antica e più integrata. Su questi ultimi aspetti influisce molto il background familiare, come per qualsiasi studente: il livello di istruzione dei genitori e dei parenti (non raramente analfabeti) che contribuiscono all’educazione, una comunità etnica di supporto, etc. comunque è spesso riscontrata la forte intenzione da parte degli studenti stranieri di integrazione e dell’utilizzo della lingua italiana. Paradossalmente un’insegnante riscontra l’uso del dialetto in classe da parte di un bambino quando si rivolge ai propri compagni, utilizzato con valore identitario, cosa che non avviene per gli stranieri. Questo fenomeno che vede delle seconde generazione integrate e accolte, almeno tra coetanei, può produrre sul versante linguistico e culturale una perdita, se non di identità, almeno di possibilità di confronto e arricchimento su più versanti come auspicato dalle istituzioni europee. Spesso si evince che la lingua di origine è parlata sì in famiglia ma non scritta.

Abbiamo rilevato che gli interventi per quanto riguarda l’italiano L2 sono fortemente vincolati al periodo storico: attualmente la presenza di alunni neoarrivati è rappresentata da poche unità, spesso di passaggio ed è molto variabile nel corso del tempo con alti e bassi, se pur in un territorio con una cospicua presenza, e come abbiamo visto attualmente la quasi totalità degli studenti stranieri è di II generazione. Sorvoliamo su considerazioni politiche, ma possiamo comunque elicitare dalle dichiarazioni degli insegnati che almeno tra coetanei, gli alunni vivano una situazione di integrazione priva di particolari conflitti o problematiche razziali. Spesso gli studenti stranieri sono stati definiti “molto motivati nell’apprendimento in generale” e anche con buoni rendimenti scolastici.