I.3 La contemporaneità
II.2.3 Riflessività e metalinguistica
Sul piano cognitivo la trasversalità è supportata prevalentemente dall’attività metacognitiva, vale a dire la riflessività. Come in precedenza riportato, già l’analisi del proprio repertorio permette di esercitarla a livello personale, introspettivo e soprattutto autonomo. L’autoconsapevolezza a tal proposito può essere sollecitata attraverso mezzi particolarmente funzionali quali le sezioni del Passaporto delle lingue e della Biografia linguistica del Portfolio89.
Sul versante linguistico la riflessività acquista la forma della metalinguistica, nello specifico la conoscenza e la consapevolezza :
a. della variazione e delle norme;
b. della pluralità e delle comunanze tra le lingue; c. dei generi testuali.
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a. la variazione e le norme;
La varietà rappresentata dalla lingua di scolarizzazione rappresenta una novità sul piano sociolinguistico per tutti gli apprendenti, usualmente di natura normativa e tendente ad un uso standardizzato. In particolare in Italia il sistema scolastico è stato caratterizzato da questa normatività, dato il suo scopo unificante attraverso la diffusione dell’italiano rispetto ai dialetti90
, anche se come vedremo nel III capitolo (§ III.1) non siano mancate riflessioni che tenevano di conto del retroterra linguistico degli apprendenti. Questa concezione riposa su una trasmissione di regole attraverso un processo prevalentemente deduttivo per acquisire la grammatica, in contrasto con l’approccio induttivo più innovativo in cui è l’apprendente che “ricava o riscontra” il comportamento più usuale delle strutture linguistiche. Nel nostro caso, trasversalmente sono sfruttabili le diverse realizzazioni delle medesime strutture grammaticali nelle diverse lingue, in autonomia o con un sostegno successivo per una riformulazione dell’induzione avuta, ad esempio analizzando un testo. Lo studio e la consapevolezza della norma e delle variazioni linguistiche incide particolarmente nella realizzazione sociale, attraverso la corretta comunicazione in un determinato contesto. Queste variazioni sono spesso già presenti inconsciamente nel repertorio di partenza, un mare magnum di variazioni sociolinguistiche a volte conformi alla norma a volte agrammaticali, ma presenti nel contesto d’uso che si sommano alle variazioni presenti in ogni disciplina non linguistica appresa. La normatività di cui è spesso portatrice l’educazione scolastica, nel particolare attraverso la sanzione dell’errore, può, secondo la Guida, estromettere il repertorio dell’apprendente: dalla variazione alla lingua di origine e non favorire la consapevolezza della variazione linguistica. Il contatto con la norma avviene prevalentemente nel ciclo primario, per lo scenario ISCED1 infatti si propone di considerare nell’insegnamento “le pratiche devianti”, “al di fuori delle
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Nicola de Blasi, Scuola e lingua, in Enciclopedia Treccani (2011) on line, fonte:
http://www.treccani.it/enciclopedia/scuola-e-lingua_(Enciclopedia-dell%27Italiano)/, ultimo accesso 25/05/2017.
norme” in rapporto alla norma richiesta dalla scuola, evidenziandone comunque la portata e l’efficacia pragmatica.
b la pluralità e le comunanze tra le lingue
Oltre alla trasferibilità delle competenze comunicative acquisite, il QCER incentivava la relazione e la collaborazione tra gli insegnamenti linguistici, auspicando il transfer come mezzo di economia ed efficacia dell’apprendimento. La trasversalità tra lingue rappresentata inoltre dalla possibile vicinanza o distanza che intercorre tra di esse, può rappresentare un valido mezzo didattico. L’appartenenza alla stessa famiglia, o allo stesso gruppo linguistico rappresenta non un’interferenza, ma un terreno comune di analisi contrastiva e comparativa che stimola la riflessione metalinguistica. A tal proposito citiamo il Quadro di riferimento per gli approcci plurali per le lingue e le culture noto come CARAP( Cadre de Référence pour les Approches Plurielles des Langues et des Cultures). Il progetto nato dal programma a medio termine Across Languages and Culturesn (2004-2007) del CELV di Graz, mette a disposizione una piattaforma on line 91che offre una ricca banca dati di materiali elaborati per attuare gli approcci plurali. Gli approcci plurali riguardano l’insegnamento/apprendimento che coinvolge più di una lingua contemporaneamente. Se ne annoverano quattro tra cui:
a. l’Approccio interculturale: che consiste nel confronto tra culture ed è caratterizzato da tutte quelle riflessioni connesse alla mediazione culturale;
b. l’Éveil aux langues: che prevede sin dalla prima scolarizzazione il coinvolgimento di tutte le varietà presenti nel contesto dell’apprendente, incluse quelle non formalmente insegnate a scuola (d’origine, familiare, ambiente, locale,etc.);
c. l’Intercomprensione tra lingue affini: che sfrutta l’appartenenza di più lingue a una stessa famiglia linguistica e che ne favorisce la comprensione;
d. la Didattica integrata delle lingue: (forse quella più diffusa) che utilizza di norma la lingua di scolarizzazione come pivot per l’apprendimento delle altre lingue straniere nel curricolo.
Il CARAP rappresenta una valida risorsa pratica, alcuni dei suoi approcci anche se non sempre citati esplicitamente, figurano nei principi teorici della Guida (e.g. l’Éveil aux langues § 2.3.1) e vedremo come indirettamente siano presenti nella didattica attuata in Italia.
Tutt’oggi sono presenti resistenze relative a un insegnamento/apprendimento comunicante delle lingue straniere:
“queste resistenze si riferiscono ad una rappresentazione monolingue dell’apprendimento della lingua su cui si fondano il timore dell’errore e delle interferenze, della mescolanza delle lingue, della loro alternanza e, paradossalmente, alcuni modelli di educazione bilingue”92
Basti citare i noti “falsi amici” arroccati nella didattica delle lingue, come emblema dello spettro dell’interferenza.
La Guida, per quanto concerne il confronto tra lingue, incentiva per il livello ISCED1: la comparazione tra LS e la lingua di scolarizzazione, tra le strutture linguistiche e sociolinguistiche che si manifestano prevalentemente sul versante dell’oralità, dato che l’approccio per LS più consigliabile è quello comunicativo. Si presenta inoltre già l’occasione dell’uso di brevi testi in LS di argomenti già trattati.
Per l’ISCED2 entra preponderante la riflessione contrastiva, utilizzando input validi in tutte le lingue apprese, la riformulazione intra e inter linguistica. Ovviamente l’esposizione di somiglianze e di differenze ricopre un ruolo privilegiato che può essere incentivato anche col confronto di altre lingue non oggetto di studio come quelle di origine degli studenti allofoni. Il terreno più fertile della contrastività è da sempre rappresentato dal lessico, dalla
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morfosintassi e dalla grammatica, anche se può essere trattata anche la dimensione sociolinguistica e pragmatica.
Inoltre possono essere presentati strumenti e approcci trasversali ad esempio come l’analisi dei diversi generi discorsivi, la critica letteraria, riutilizzabili anche per le lingue straniere.
c.i generi testuali
I generi testuali incarnano, probabilmente al meglio, la trasversalità tra discipline, intesi come le diverse rappresentazioni che assume la comunicazione in un determinato contesto/evento, sono presenti in tutte le discipline come realizzazioni quotidiane della comunicazione. La possibilità di confrontarli e i loro elementi comuni possono, ancora più che le lingue, creare punti di contatto utilizzabili per una programmazione didattica trasversale. Attraverso l’analisi dei testi è possibile implementare il repertorio conosciuto sottolineando le regolarità e le caratteristiche di alcuni generi, come ad esempio certe categorie verbali utilizzati in articoli giornalistici. Per quanto concerne le discipline, ad esempio l’analisi e la consapevolezza dei generi utilizzati per l’insegnamento quale la storia permette di creare programmi basati su obiettivi partendo dai generi per individuare le “funzioni linguistico-cognitive”93
messe in gioco dall’insegnamento della storia.
Uno dei mezzi più conosciuti come sostegno alla trasversalità tra discipline linguistiche e non linguistiche, è rappresentato dalla metodologia CLIL (Content and Language Integreated Learning)/ EMILE ( Einsegnement de
Matières par Integration d’une Langue Etrangère), ossia
l’insegnamento/apprendimento di una disciplina non linguistica (DNL) in una lingua diversa da quella di scolarizzazione o non materna, definita lingua straniera veicolare, erede dell’Immersione linguistica. Questa metodologia comporta una formazione adeguata parte per gli insegnanti, anche se sono
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presenti pratiche (specialmente a livello ISCED2) che favoriscono un dialogo tra le diverse aree disciplinari, come la presentazioni di brevi testi in LS di argomenti già trattati, anche a livello ISCED1.
La metodologia CLIL, fornisce, come sottolinea Paolo Balboni94, quella caratteristica di autenticità dell’utilizzo della lingua per imparare, e non presentata in contesti falso-pragmatici. Concorrono oltretutto motivazioni e bisogni diversi come l’apprendimento della disciplina non linguistica in una situazione dove l’oggetto è il contenuto, ma il riflettore è anche puntato sulla tipologia di linguaggio particolare usato, che non si riduce allo studio di una micro lingua, spesso avulsa dalle informazioni trasmesse.
Lo scenario di un curricolo che al meglio richiama la metodologia CLIL è ovviamente quello bilingue, dato che sono presenti due lingue di scolarizzazione in cui vengono insegnate tutte le discipline del curricolo, dove sono presentate due lingue paritetiche di scolarizzazione che possono protrarsi dall’ISCED0 sino ai livelli più alti, calibrati in base agli obiettivi i bisogni e gli stili cognitivi di apprendimento di ogni fascia di età.