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La riscoperta del valore della territorialità nei consumi ali mentar

i ProFili di resPonsabilità sociale da Parte del consumatore

2.2 La riscoperta del valore della territorialità nei consumi ali mentar

Negli ultimi anni si sta registrando un crescente interesse al valore del ter- ritorio nelle scelte di acquisto degli italiani. Dalla ricerca della tipicità dei prodotti, all’attenzione crescente per “gli alimenti di casa propria”, provenienti da luoghi sempre più vicini al consumatore, fino a essere coincidenti con la propria abitazio- ne (gli orti in casa), allo sviluppo straordinario di nuove forme di commercializza- zione (dal km 0 ai farmers’ market).

Un ritrovato rapporto con la terra contraddistingue ormai le scelte di un nu- mero crescente di italiani. È come se il mangiare stesse tornando a essere, per molti versi, un atto agricolo in senso proprio, dietro il quale si cela la riscoperta di un mondo rurale, a lungo dimenticato e abbandonato a se stesso, fino a ieri sino-

nimo di arretratezza, oggi sempre più metafora di qualità; non solo del vivere e del mangiare bene, ma anche di tutto un sistema di valori e relazioni, di cui il legame con il territorio rappresenta l’elemento distintivo e fondante. La qualità del territo- rio diventa, pertanto, un valore da incorporare nei prodotti e nei servizi.

Per avere un’idea, basti solo considerare che, secondo l’indagine Censis/Coldi- retti (2010), i tre quarti degli italiani (74,5%) al momento di acquistare un prodotto ali- mentare, si fanno condizionare dal fatto che questo sia prodotto nella propria zona (al Sud e nelle Isole la percentuale sale addirittura al 78,8%) e, in seconda battuta, dal fatto che sia stato coltivato in luoghi e secondo procedure rispettose dell’ambiente.

Ancora, il 40,1% afferma di acquistare spesso frutta e verdura direttamente dal produttore, anche attraverso i mercati dove spesso sono presenti produttori diretti, men- tre sono un quarto (il 29%) gli italiani che dichiarano di acquistare regolarmente prodotti di origine protetta, mettendo così in primo piano quella ricerca di qualità che trova la sua ragione d’essere nei colori, nei sapori e negli odori della terra in cui è stato prodotto.

Il 54% dei rispondenti preferisce, ove possibile, acquistare prodotti alimentari lo- cali e artigianali, a cui si aggiunge un 12% orientato all’acquisto di prodotti “di marca” italiani; in altri termini, il “made in Italy” non è un fenomeno che si rispecchia solo nel settore tessile, ma anche nelle abitudini degli italiani a tavola.

Insomma, sono molti gli italiani che, spinti da motivazioni diverse e con compor- tamenti altrettanto articolati, sembrano esprimere, con le loro scelte, un apprezzamen- to crescente rispetto al valore territorio, premiando quei prodotti e quelle modalità di acquisto in grado di garantire un rapporto ancora più diretto. Le motivazioni di questo rinnovato rapporto con la terra sono tuttavia più complesse di quanto potrebbe apparire e destinate sicuramente a rivoluzionare le abitudini alimentari e di acquisto degli italiani, molto più di quanto alcune esperienze un po’ alla moda lascerebbero intendere (si pensi all’enfasi sulle esperienze dei GAS o dei farmers’ market).

A ben vedere, dietro quest’attenzione crescente che gli italiani mostrano per la terra, si nascondo diverse motivazioni, ovvero:

• la crescente ricerca di “qualità alimentare”, che oggi è sempre più sinonimo di genuinità e freschezza degli alimenti, aspetti che la prossimità al territo- rio di coltivazione e produzione possono ben garantire. Se solo fino a pochi anni fa la tendenza era di avere frutta e verdura in ogni luogo e stagione oggi, l’attenzione alla provenienza degli alimenti, dalla carne, al pesce, alla frutta sta spingendo sempre più in direzione di una riscoperta del rispetto dei cicli della natura, della stagionalità e, conseguentemente, anche dei luoghi in cui le produzioni sono effettuate;

ca la capacità di racchiudere in un bene alimentare la storia e le peculiarità di un territorio, la sua cultura e le sue tradizioni;

• la “connotazione relazionale” che assume in molti casi l’atto d’acquisto: la scelta di cosa mangiare sta diventando sempre più per il consumatore un atto che va oltre quello del mero acquisto. Dalle strade del vino, dell’olio, ai far- mers’ market, intorno al consumo alimentare si stanno sviluppando percorsi ed esperienze sempre più strutturati, che testimoniano la voglia di entrare in relazione con il mondo contadino, di accrescere le proprie conoscenze, di fare un’esperienza radicalmente diversa dalla quotidianità lavorativa;

• la valorizzazione della ruralità in generale, di un mondo contadino dimenti- cato, che sta tuttavia tornando in auge, perché portatore di valori – l’atten- zione alla natura e all’ambiente, il valore del passato, della memoria, della tradizione, la solidità delle relazioni microcomunitarie – oggi dispersi, ma oggetto di nuove attenzioni da parte di una società che forse, dopo tanti anni, sente la voglia di guardarsi dentro e, in particolare, nel suo passato;

• ultimo, ma non meno importante, la ricerca di soluzioni che consentano al consumatore di contenere i costi, tramite l’acquisto diretto nelle fattorie, an- che in gruppi organizzati, o nei mercati dove sono presenti gli agricoltori. Ovviamente, rispetto a tali cambiamenti intervenuti sul fronte della doman- da, non va sottovalutato come tutto il mondo dell’agricoltura italiana sia interessato ormai da qualche anno da un forte processo di ristrutturazione interna, che ha portato non solo a un decisivo ammodernamento delle modalità di organizzazione e gestione della produzione, ma soprattutto di innovazione nella distribuzione. La crescita dei punti vendita gestiti direttamente dai contadini, la pronta risposta che le imprese hanno fornito allo svilupparsi di modalità nuove di approvvigionamento, direttamente nei luoghi di produzione, mira a soddisfare la ricerca di prezzi più bassi da parte dei consumatori; tale esigenza, resa del resto necessaria dalla forte dinamica inflattiva registratasi negli ultimi anni nei mercati alimentari, ha realizza- to importanti side benefits, inducendo produttori e consumatori a farsi parte attiva per intervenire sui costi di filiera che, in qualche caso, moltiplica fino a sette volte per il consumatore quanto è stato pagato alla fonte.

Volendo passare in rassegna le diverse iniziative di filiera corta oggi presenti sul territorio italiano22, l’elenco appare ampio, andando dalle realtà dei farmers’

market (circa 600 in tutta Italia tra mercati settimanali, bisettimanali e periodici), o della vendita diretta (dalle 60 alle 100 mila imprese esclusi gli agriturismo), alla

produzione partecipata, sempre più in espansione, caratterizzata dalla figura ibrida del partner/cliente. Altre forme di filiera corta includono la vendita on-line (soprat- tutto attraverso i GAS), l’autoraccolta e la vendita diretta, che sta attraversando una fase di rapida crescita e consolidamento, dal momento che vi ricorre ormai il 41% degli italiani (con punte del 49% nel Sud e Isole) per l’acquisto di frutta fresca e verdura.

In generale, le varie opzioni di filiera corta sono in grado di ricondurre a un rapporto diretto, stretto e duraturo nel tempo, tra produttore e consumatore che, nonostante la presenza dei mercati rionali, si è andato perdendo con il passare dei decenni. Oltre a questo, si generano benefici di tipo economico e ambientale: i primi sono a vantaggio del produttore agricolo, il quale potrà avvalersi di una mag- giore quota del valore aggiunto visto che non ci sono ulteriori passaggi intermedi prima che il prodotto arrivi al consumatore; i secondi sono a vantaggio dell’intera comunità, considerando le mancate emissioni di CO2 prodotte durante le fasi di trasporto tra uno stadio e l’altro della filiera.

In questo senso, è interessante capire in maniera più specifica quali siano i fattori che spingono il consumatore ad acquistare prodotti locali. Treagar e Ness (2005) si sono posti la stessa domanda nel contesto inglese, scoprendo che l’in- teresse nell’acquisto di prodotti locali è da ricondurre a fattori di tipo attitudinale, contestuale e demografico. Per quanto riguarda il primo tipo, è necessario chiarire tre punti fondamentali:

1. l’interesse per la filiera alimentare da parte del consumatore non è dovuto tanto ai potenziali rischi per la salute che si sono verificati negli ultimi anni quanto, piuttosto, ai problemi di competitività e maggiore vulnerabilità a cui sono esposti i piccoli produttori e rivenditori locali;

2. il mondo rurale gode di una generale simpatia da parte dei consumatori an- che grazie all’enfasi posta dai media sulle varie iniziative di vendita diretta; 3. al momento della scelta del prodotto si pone maggiore attenzione alle que-

stioni etiche e ambientali, pur considerando egualmente importante la con- venienza (prezzo), la qualità e l’aspetto del prodotto stesso.

Insomma, tramite strumenti e modalità di incontro tra domanda e offerta, quali quelle cresciute all’insegna del modello di filiera corta, «si riscopre il rappor- to con il territorio, la relazione reale, non mediata, con chi alleva gli animali, coltiva la terra, ne raccoglie i frutti. Quando poi l’azienda agricola è specializzata nella produzione biologica, l’approvvigionamento diviene sovente occasione per com- prendere i metodi di produzione alimentare, la relazione esistente tra produzione agricola e la salvaguardia delle risorse naturali, per valorizzarne la tradizione e

le specificità delle produzioni tipiche, per riscoprire la relazione tra stagionalità e alimenti, per evidenziare il lavoro dell’agricoltore nel rispetto dell’ambiente, per favorire la biodiversità. Si realizza così, in trasparenza a queste apparenti modalità arcaiche quella sinergia tra produttore e consumatore, tra utente e produttore, che rappresenta forse la più avanzata delle teorizzazioni di un marketing post crescita (Fabris, 2010)».

A conclusione dell’analisi, appare utile citare l’indagine di Eurobaromentro 2008 sui prodotti biologici23, dalla quale emergono quattro comportamenti tipo che

orientano la scelta dei consumatori verso questi prodotti: convinti (26%), respon- sabili (27%), occasionali (30%) e indifferenti (17%) (Fig. 2.1). Tali profili, infatti, sem- brano adattarsi anche per quanto riportato relativamente ai prodotti tipici legati al territorio.

Figura 2.1 – Il consumo biologico

Fonte: Eurobarometro 2008 - Indagine Ethos

23 Come evidenziato nel paragrafo 1.3.3, i consumi di prodotti biologici risultano in continua crescita, in controtendenza rispetto a quanto avviene, in questi anni di crisi, per gli altri prodotti agroalimentari e per altri settori dell’economia.

In conclusione, quello che diventa importante è la valorizzazione del sistema territoriale come sommatoria dei valori portati da tutti gli attori della filiera a bene- ficio sia del consumatore sia di tutti gli stakeholder che operano in quel territorio. Le produzioni legate al territorio diventano, dunque, uno strumento per la diffu- sione di modelli alternativi di consumo legati non soltanto alla qualità e sicurezza alimentare, ma anche alla tipicità e al territorio, alla stagionalità dei prodotti, al rapporto diretto con i produttori, in un ottica di affermazione di valori etici e sociali. Molte identità territoriali, infatti, sono un’entità complessa da custodire non solo preservando le tradizioni e tutelando le produzioni agroalimentari, ma presidiando e salvaguardando il territorio in cui essi nascono.