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del 30 ottobre 2002 “Carnevale”.

4.4 La sentenza “Dell’Utri”

Con la sentenza n. 15727 del 2012 si rivitalizza sostanzialmente quanto affermato con il modello Mannino.

La Corte di Cassazione ha ribadito che, per integrare un patto politico – mafioso penalmente rilevante a titolo di concorso esterno, non è sufficiente accertare la mera disponibilità del politico a soddisfare le richieste dell’associazione, essendo indispensabile la prova di uno specifico contributo apportato dal concorrente alla conservazione o al rafforzamento dell’intera associazione di stampo mafioso, supportata dalla duplice volontà di partecipare agli scopi del sodalizio e di assicurare la conservazione o il rafforzamento251.

L’opera conformatrice della giurisprudenza di legittimità ha modellato il concorso esterno in maniera diversa rispetto alla formale applicazione della norma generale in materia di concorso eventuale di persone nel reato con riguardo all’art. 416 bis c.p.252.

Una lettura del concorso esterno in chiave di conformità con il dettato costituzionale dell’illecito penale, con riferimento ai principi di offensività e di extrema ratio fissanti i limiti alla discrezionalità del legislatore, consente di rigettare l’ipotesi che il concorso esterno sia rappresentato da ogni forma di contributo agevolativo fornito dall’estraneo alle singole condotte incriminate dal delitto di associazione di tipo mafioso, ossia “ai fatti previsti dalla legge come reato sub specie di partecipazione, promozione e organizzazione. Si è ritenuto invero che così facendo sarebbe apparsa del tutto irragionevole l’equiparazione sanzionatoria del concorso esterno alle ___________________

251 Cass. Sez. V 9 marzo 2012, n. 15727;

252 La natura giurisprudenziale del concorso esterno è stata recentemente

riconosciuta dalla Corte di Strasburgo, CEDU, sent. Contrada Italia, del 15 aprile 2015, ricorso n. 6665/13. Per una approfondita trattazione si fa rinvio al paragrafo successivo del presente lavoro.

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condotte di partecipazione associativa, non essendo presente nella condotta dell’estraneo uno dei due requisiti richiesti secondo il cosiddetto modello misto causale organizzatorio per la sussistenza del delitto di partecipazione, ossia l’affectio societatis 253.

Sotto il profilo oggettivo dunque la Corte conferma, ai fini della configurazione del reato, la necessità che la condotta del concorrente abbia determinato la “conservazione o il rafforzamento

dell’associazione”, a nulla rilevando peraltro la circostanza che

l’associazione avrebbe potuto raggiungere quel risultato anche senza l’apporto fornito dall’agente254.

Sotto il profilo soggettivo la Corte invece, procede ad una ricostruzione in linea con le indicazioni della sentenza Mannino, configurando il dolo diretto e richiedendo “la coscienza e la volontà

che l’agente deve avere, di dare il proprio contributo al conseguimento degli scopi dell’associazione, tramite il rapporto con

___________________

253 I modelli di partecipazione penalmente rilevante sono di tre tipi: il modello

casuale, il modello organizzatorio e il modello misto. Il primo ritiene sufficiente, al fine della configurazione della condotta di partecipazione, la prestazione di qualsiasi contributo causale minimo (sebbene non insignificante) alla vita dell’associazione, comprendendo qualsiasi forma di agevolazione anche esterna. Oltre a vanificare qualsiasi previsione inerente il concorso esterno, reprime l’enunciato normativo “far parte” contenuto nell’art. 416 bis c.p., quale chiara espressione di una relazione qualificata e stabile. Il modello adottato nella sentenza Graci del 1994 invece, ritiene integrata la partecipazione quando si prova lo stabile inserimento dell’agente nella struttura del sodalizio: l’acquisizione dello status di affiliato. Il principale difetto di tale costruzione risiede nell’eccessiva dilatazione dell’area del penalmente rilevante, sanzionando a prescindere dalla realizzazione di condotte causalmente rilevanti per il rafforzamento dell’associazione. Il modello misto, contenuto nella sentenza Mannino, definisce partecipe colui che risultando stabilmente inserito nella struttura organizzativa dell’associazione mafiosa, “è” ma anche “fa parte” della (meglio ancora, prende parte alla) stessa, sebbene non in senso statico ma dinamico, con riferimento all’effettivo ruolo e ai compiti cui si è vincolati, affinché l’associazione raggiunga i suoi scopi;

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il soggetto qualificato”.

I giudici di legittimità osservano come sia necessario che “il dolo

investa sia il fatto tipico oggetto della previsione incriminatrice, sia il contributo causale recato dalla condotta dell’agente alla conservazione o al rafforzamento dell’associazione, agendo il soggetto, nella consapevolezza e volontà di recare un contributo alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso del sodalizio”255.

Per la Corte sarebbe inoltre sufficiente e decisivo dimostrare ciò che le Sezioni Unite hanno definito “il doppio coefficiente psicologico”, ossia quello che deve investire, affinché possa dichiararsi sussistente il reato, il comportamento dell’agente e la sua natura di contributo causale al rafforzamento dell’associazione256.

Come rilevato da parte della dottrina, assumere la conservazione e/o il rafforzamento del sodalizio come eventi da imputare causalmente al concorrente esterno, significa porsi al di fuori del combinato disposto degli artt. 110 e 416 bis c.p., posto che quegli elementi costituiscono il risultato di un’attività ermeneutica a carattere creativo257.

Tale orientamento selezionerebbe quali meritevoli di pena, soltanto le forme più gravi di sostegno al crimine organizzato, riabilitando anche l’equiparazione sanzionatoria tra contributo concorsuale e condotte di intraneità associativa.

“La declinazione in chiave casuale – condizionale del contributo ha incrementato il disvalore di evento”258 accertabile con giudizio

controfattuale ex post ha incrementato il disvalore dell’evento e ha consentito di precisare i confini con le figure limitrofe del favoreggiamento e dell’assistenza”.

___________________

255 Cass. Sez V 9 marzo 2012, cit., 124;

256 Cass. Sez V 9 marzo 2012, cit., 123;

257 V. MAIELLO, Il concorso esterno, cit., 41 ss.;

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Alla luce di tali osservazioni si dovrebbe desumere che non è sufficiente, per incriminare un patto elettorale, accertare, con un giudizio prognostico di mera pericolosità, la idoneità ex ante della condotta dell’etraneus alla conservazione o al rafforzamento del sodalizio criminoso, dal momento che tale soluzione rischierebbe di estendere eccessivamente la soglia del penalmente rilevante, considerando penalmente perseguibile anche la mera “disponibilità” promessa da un candidato durante una competizione politica. Così facendo si renderebbe punibile anche il tentativo di concorso di persone nel reato, in contrasto con la previsione contenuta nell’art. 115 c.p.259.

Persistono i margini di incertezza che gravitano da sempre attorno a questa figura, fonte di dispute tecnico – giuridiche di portata radicale, combattute senza esclusione di colpi tra credenti e demolitori260 che

evidenziano oltre al forte scetticismo verso la fattispecie del concorso esterno anche una situazione di sofferenza applicativa del dispositivo. Sullo sfondo della diatriba, la difficoltà di trovare una descrizione condivisa di “apporto esterno”.

Ciò evidenzia come, nonostante gli innumerevoli processi di mafia, non sia agevole trovare una formula che possa sgombrare il campo da quegli eccessi che valorizzano in chiave criminale forme di “disponibilità” o “vicinanza” del colletto bianco ai clan.

La stessa introduzione nel 1992 del delitto di patto di scambio politico mafioso, figura claudicante e completamente avulsa dalla realtà criminale, evidenzia come l’opera di tipizzazione sotto un profilo politico – criminale sia tutt’altro che agevole.

Il nodo centrale è rappresentato dalla necessità di trovare una definizione condivisa di concorso esterno nonché un criterio distintivo ___________________

259 G. AMARELLI, La contiguità, cit. 241;

260 G. FIANDACA, Il concorso esterno tra guerre di religione e laicità giuridica,

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rispetto alla condotta partecipativa da un lato e da quelle condotte esterne, frutto del malcostume politico o professionale ma penalmente irrilevanti dall’altro.

Secondo parte della dottrina, lo sdoganamento del concorso esterno è stato conseguenza di un più ampio processo di ristrutturazione ermeneutica delle condotte associative, cha ha traghettato queste ultime nell’universo semantico del concetto di “organizzazione” equiparando il concorso esterno alle strutture di significato caratteristiche delle relazioni causali261.

Secondo tale orientamento, la partecipazione e il concorso esterno si distinguono come entità semantiche più che come grandezze quantitative, privilegiando in questo modo l’analisi di rapporti di vicinanza e/o disponibilità riconducibili all’area dei traffici personali di influenza piuttosto che alla produzione da parte dell’extraneus, di effettivi vantaggi a favore del sodalizio.

Più volte le Sezioni Unite della Cassazione sono intervenute, cercando di “disinfettare il bisturi”262 del magistrato, sebbene il lavoro svolto

non abbia contribuito a dipanare le ombre che incombono sulla definizione della fattispecie.

L’orientamento delle Sezioni Unite impone limiti ad un uso sconsiderato del concorso esterno, postulando una valutazione da compiersi ex post fondata su massime d’esperienza e sulla conservazione o rafforzamento, quali risultati prodotti all’associazione dal sostegno esterno.

Ci troviamo di fronte ad un evento inteso non in senso naturalistico ma giuridico, con tutte le difficoltà inerenti alla dimostrazione della sua sussistenza. Affrontare il problema del concorso esterno in ___________________

261 V. MAIELLO, Luci ed ombre nella cultura giudiziaria del concorso esterno,

in Diritto penale contemporaneo, 2012, 266.

262 P. MOROSINI, Il concorso esterno oltre le aule di giustizia, in Diritto penale

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associazione mafiosa in termini di evento giuridico, significa analizzare tutta una serie di variabili, quali il contesto storico – temporale, le condizioni in cui l’associazione versa, nonché le priorità da soddisfare ed eventuali difficoltà da superare, che contribuiscono ad incrementare il già elevato grado di incertezza.

Chiamata a ricostruire la fattispecie, la Cassazione non si discosta dalle definizioni che sembrano ormai consolidate in sede di legittimità263.

Qualche elemento di novità pare scorgersi sul piano soggettivo. È bene ricordare che la giurisprudenza di legittimità è costante nel richiedere che il concorrente esterno agisca con la consapevolezza e volontà di contribuire al rafforzamento ovvero alla conservazione dell’organizzazione mafiosa, ma anche che il suo apporto contribuisca alla realizzazione del programma criminoso. Con riferimento al caso specifico264 quest’ultima espressione si traduceva nella richiesta in

capo all’extraneus di una “vera e propria condivisione, anche a livello emotivo, delle finalità perseguite dal sodalizio criminale”.

La Cassazione pretende, pur in assenza dell’affectio societatis, cioè della volontà di far parte dell’associazione, “la necessaria

consapevolezza dei metodi e dei fini della stessa (a prescindere dalla condivisione, avversione, disinteresse o indifferenza per siffatti metodi e fini, che lo muovono nel loro interno) e dell’efficacia causale dell’attività di sostegno, vantaggiosa per la conservazione o il rafforzamento dell’associazione”265.

Nessun riferimento è riservato dalla Suprema Corte alla volontà di contribuire alla realizzazione del programma criminoso perseguito dall’associazione criminale, preferendo porre l’accento sulla necessità che il concorrente sia consapevole degli scopi e dei metodi ___________________

263 Cass. Sez. I, 9 maggio 2014, n. 28225;

264 Cass. Sez. V, 9 marzo 2012, n. 15727;

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dell’organizzazione e si renda compiutamente conto dell’efficacia causale del suo contributo.

La Corte pare muoversi in una direzione diversa da quella seguita nell’ultimo decennio, nell’ottica di progressivo allontanamento da quelle ricostruzioni ermeneutiche che hanno consentito di attribuire all’extraneus un atteggiamento psicologico sovrapponibile al dolo specifico richiesto in capo al partecipante.

L’Organo Supremo non si è infatti limitato a ritenere irrilevante l’atteggiamento del concorrente esterno nei confronti dei metodi e dei fini perseguiti dal sodalizio criminale, non richiedendo alcuna condivisione “interna” del programma criminoso, ma non ha neppure escluso la configurabilità del dolo in presenza di una vera e propria avversione del concorrente esterno, nei confronti degli obiettivi dell’associazione mafiosa266.