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Tempus commissi delicti Le condotte incriminabili:

Sotto la spinta emotiva ed emergenziale delle stragi di Capaci e via D’Amelio, veniva inserito in quel tessuto normativo atto a fronteggiare il fenomeno mafioso, l’art. 416 ter c.p. e contestualmente veniva modificato l’art. 416 bis comma 3 ultima parte c.p., aggiungendo la locuzione “il fine di impedire o di ostacolare il libero esercizio di voto o di procurare a sé o ad altri in occasione delle consultazioni elettorali”72.

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71 Cass. Sez. un., 12 luglio 2005, n. 33748, Mannino, in Foro it., 2006, II 86 ss.

con nota di G. FIANDACA – C. VISCONTI, Il patto di scambio politico – mafioso al vaglio delle Sezioni Unite.

72 Per una ricostruzione sull’origine della fattispecie si rinvia a G.A. DE

FRANCESCO, Commento all’art. 11 ter d.l. 8 giugno 1992, n. 306, in Leg. Pen., 1993, 122 ss; C. VISCONTI, Il reato di scambio elettorale politico – mafioso, in Ind. Pen., 1993, 273 ss; G. FIANDACA, Accordo elettorale politico – mafioso e concorso esterno in associazione mafiosa. Una espansione incontrollata del concorso criminoso, in Foro it., 1996, V, 127 ss; A. CAVALIERE, Lo scambio elettorale politico – mafioso, in AA.VV., Trattato di diritto penale, a cura di S. MOCCIA, vol. I delitti contro l’ordine pubblico, Napoli, 2006, 639 ss.

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Emergono tuttavia fin da subito incongruenze e l’inadeguatezza della nuova fattispecie delittuosa rispetto alle finalità prefissate: colpire i rapporti tra la politica e le organizzazioni malavitose, mediante estensione alla prima delle severe pene previste per le seconde, nei casi di voto di scambio73.

La lettura del testo legislativo consente di evidenziare quelle criticità frutto della travagliata gestazione, culminata con la promulgazione del compromissorio decreto legge n. 306 del 1992.

Dal tenore letterale della fattispecie emergeva il contenuto dell’illecito, costituito da un accordo sinallagmatico mediante il quale, un soggetto appartenente ad un clan prometteva voti al candidato di una competizione elettorale in cambio dell’erogazione del solo denaro. Si trascurava così quella realtà criminologica, riconducibile alla complessa fenomenologia degli appalti, delle concessioni del controllo dell’occupazione74.

La peculiarità degli accordi elettorali stipulati con le organizzazioni criminali di tipo mafioso dai candidati o da terzi intermediari è tradizionalmente costituita dal fatto che, a differenza della corruzione elettorale che si riferisce alla compravendita dei singoli voti in cambio di un modico corrispettivo in denaro o in beni di modico valore, le prestazioni sinallagmatiche hanno contenuto più oneroso, consistendo, quella del promittente nel procacciamento di un pacchetto di voti tramite la forza di intimidazione75 e, quella del promissario, nella

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73 M.T. COLLICA, Scambio elettorale politico- mafioso: deficit di coraggio o

questione irrisolvibile? in Riv. It. Dir. Proc. pen., 1997, 877 ss. P. MOROSINI, Riflessi penali e processuali del patto di scambi politico – mafioso, in Foro it., 2001, II, 80 ss;

74 M.T. COLLICA Ibidem cit., 879;

75 G.A. DE FRANCESCO, Commento agli artt. 11 bis e 11 ter d.l. 8 giugno 1992

n. 306 cit. 134; ID, Gli artt. 416, 416 bis, 416 ter, 417, 418 c.p., in P. CORSO – G. INSOLERA. L. STORTONI, Mafia e criminalità organizzata, Torino 1995, vol. I, 75 ss.

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futura ricompensa con favori di diverso genere ed ingente valore economico.

Mentre la corruttela può avvenire anche in cambio di somme di denaro esigue o di beni di scarso valore, l’acquisto di quelle di provenienza mafiosa avviene in cambio di prestazioni di rilevante consistenza economica.

Il momento consumativo era individuato nell’erogazione di denaro da parte del candidato e non nel momento antecedente la stipula dell’accordo, senza tenere in considerazione che nella maggior parte delle ipotesi il pagamento avviene a risultato conseguito, una volta che si è realizzato il comportamento previsto dalla norma.

L’inadeguatezza del testo normativo, frutto di una legislazione simbolica ed emergenziale, ha prodotto un cortocircuito nei rapporti tra potere giudiziario e legislativo, inducendo il primo a trovare adeguate risposte alla regolamentazione del fenomeno del c.d. voto di scambio.

La condotta tipica consiste nell’ottenere dai partecipi di un’associazione mafiosa la promessa di voti procurati dagli associati mediante l’utilizzo del metodo mafioso, in cambio dell’erogazione di denaro.

Un diverso orientamento ritiene che la promessa di voti debba essere ottenuta dal soggetto attivo avvalendosi della forza di intimidazione e che chi promette i voti si trovi in una condizione di assoggettamento ed omertà.

La non punibilità del promittente deriverebbe dal fatto che la sua condotta non sia altro che la conseguenza della coazione personale e ambientale.

La previsione di una coazione accompagnata da denaro è in realtà piuttosto inverosimile. Si potrebbe ipotizzare che la pena per la partecipazione all’associazione vada applicata anche a chi ottiene la promessa di voti prevista dal terzo comma del medesimo art. 416 bis,

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in cambio dell’erogazione di denaro, equiparando la condotta corruttiva elettorale dell’art. 416 ter c.p. a quella intimidatoria richiesta dall’art. 416 bis 3° comma c.p., ma nella sua formulazione la norma porterebbe ad escludere il riferimento ad associati. L’interpretazione secondo cui l’art. 416 ter c.p. sancirebbe la punibilità di chi, estraneo all’associazione, ottenga da questa in cambio di denaro la promessa di voti da estorcere con metodo mafioso, assicurerebbe un autonomo ambito di applicazione della fattispecie. Tale interpretazione corrisponderebbe al tenore letterale: l’agente deve ottenere una promessa di voti procurati con metodo mafioso da più associati, in cambio di denaro.

La norma omette di chiarire chi siano i suoi destinatari e in cosa consista la condotta punibile. Nella disposizione, in particolare, non vi è alcun riferimento alla necessaria presenza o meno di un’associazione, a favore della quale, però, sembrerebbero concorrere la collocazione, la rubrica dell’articolo ma soprattutto il richiamo alla “promessa di voti prevista dal 3° comma dell’art. 416 bis c.p.”. Le ragioni per le quali la tesi della sussistenza di un’associazione pare preferibile, è legata soprattutto all’ esigenza di evitare una sovrapposizione con le norme riguardanti la corruzione elettorale, laddove si pervenisse ad opposta conclusione76. Norme la cui

sopravvivenza è stata senz’altro confermata dopo l’entrata in vigore del decreto n. 336/92 essendo stato addirittura previsto un innalzamento della pena prevista, come nel caso dall’art. 96 del d.p.r. 361/5777.

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76 BOVIO – SINISCALCHI, Lo Stato mostra i muscoli e inasprisce le pene, in Il

Sole 24 ore – Guida normativa, 11 agosto 1992, 57;

77 G.A. DE FRANCESCO, Commento agli artt. 11 bis e 11 ter d.l. 8 giugno 1992

n. 306 cit. 134; ID, Gli artt. 416, 416 bis, 416 ter, 417, 418 c.p., in P. CORSO – G. INSOLERA. L. STORTONI, Mafia e criminalità organizzata, Torino 1995, vol. I, 75 ss.

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Aderendo all’idea che l’art. 416 ter c.p. punisca lo scambio elettorale tra soggetti operanti uti singoli, si arriverebbe alla duplicazione di fattispecie destinate a colpire il medesimo comportamento criminoso78.

Il riferimento all’utilizzo delle forme di intimidazione proprie dell’associazione mafiosa, in virtù della collocazione sistematica dell’art. 416 ter c.p.79, non appare conciliabile con il carattere

sinallagmatico dell’accordo avente ad oggetto, in cambio della promessa di voti, l’erogazione di denaro a favore dell’autore di una simile promessa. La coazione della libertà di voto viene perseguita non attraverso l’utilizzo della violenza o della minaccia ma attraverso l’elargizione di un compenso in virtù dell’impegno a dirigere il voto in una certa direzione.

Parimenti discutibile, sarebbe d’altro canto, l’idea che l’associazione mafiosa invece di fare ricorso all’intimidazione, si limitasse, ad esempio a corrompere l’elettore con la semplice elargizione di una somma di denaro.

Una volta esclusa la necessità di un qualunque sfruttamento della forza intimidatrice, la connotazione tipicamente mafiosa del vincolo associativo finirebbe per risultare del tutto priva di qualsiasi influenza sul contenuto offensivo del fatto incriminato, rendendo incomprensibile la scelta del legislatore di affiancare alla fattispecie di corruzione elettorale un’autonoma figura di reato più gravemente sanzionata.

Scopo della norma in esame è quello di “tipizzare” una particolare ipotesi di compartecipazione eventuale nel reato associativo, incentrandola sull’elargizione di un’utilità in denaro in favore ___________________

78 Sui problematici rapporti del reato di cui all’art. 96 con l’art. 416 ter C.

VISCONTI, Il reato di scambio cit. 300 ss.

79 BOVIO – SINISCALCHI, in Le misure antimafia, in Il Sole 24 ore, 7 agosto

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dell’impegno da parte dell’associazione, costituito da una promessa di voti.

La norma evocherebbe un accordo, un contratto illecito tra politico e mafioso, destinato a presentarsi nella veste di un vero e proprio baratto tra (promessa di) voti e (prestazione di) denaro80, una caratteristica che

la colloca in quella particolare categoria dei reati-contratto81.

Che si tratti di un fenomeno di questo tipo, lo confermerebbe lo stesso tenore letterale dell’articolo, quando allude alla “promessa di voti di cui al terzo comma dell’art. 416 bis c.p.”. Tale espressione deve ritenersi riferita alla promessa fatta dall’associazione mafiosa di assicurare al soggetto che esige denaro un “sostegno” adeguato al conseguimento del suo obiettivo. La finalità di influenzare il voto inserita dall’art. 416 ter c.p. viene descritta come ostacolo, impedimento, o procacciamento di voti anche a favore di soggetti totalmente estranei all’organizzazione mafiosa.

Il riferimento alla dicitura “di cui al 3 comma”, non è altro che l’indicazione sintetica di quel fenomeno più ampiamente descritto nella disposizione relativa all’associazione, dell’impegno assunto dalla stessa a procurare voti a coloro che in qualche modo hanno concorso a finanziare la cosca.

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80 G. A DE FRANCESCO, Il nuovo reato di scambio elettorale politico – mafioso

(art. 416 ter del Codice penale) nel contesto della tematica generale del concorso “eventuale” nel reato associativo: aspetti positivi ed insufficienze di un’innovativa tendenza politico – criminale , in AA.VV., Mafia e criminalità organizzata (a cura di P.CORSO, G.INSOLERA, L.STORTONI), I, Torino, 1995, 75; ad avviso di G. SPAGNOLO, L’associazione di tipo mafioso, Padova, 1997, 147, un simile accordo sarebbe estraneo ad una problematica di concorso eventuale nel reato associativo, non sussistendo alcuna attività atta a rafforzare l’organizzazione.

Dello stesso avviso C.F. GROSSO, Le contiguità alla mafia, in Riv. it. dir. proc. pen, 1993,II;

81 Cfr. . C.VISCONTI, Il reato di scambio elettorale politico – mafioso, IP, 1993,

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Per ciò che concerne “la promessa di voti”, quest’ultima potrà riguardare le scelte degli stessi membri dell’associazione anche se proprio il riferimento a quanto disposto dall’art. 416 bis dovrebbe essere inteso come promessa non “di votare” ma di “far votare” terzi ed in numero sufficiente a favorire il soggetto che eroga il denaro. L’idea che il denaro elargito sia diretto a favore dell’associazionemafiosa promittente, risulta comprovata dalla stessa pena prevista per l’autore della condotta incriminata. Pena che viene individuata per relationem, tramite il ricorso alla stessa sanzione prevista per la partecipazione ad associazioni mafiose.

Alla base di tale scelta si coglie il riconoscimento del carattere suppletivo dell’incriminazione rispetto alle ipotesi di concorso eventuale nel reato associativo. L’essenza dell’intervento esterno è quella di un aiuto rivolto al potenziamento e consolidamento dell’efficienza operativa dell’associazione.

La spinta emergenziale ha senz’altro prodotto i suoi nefasti effetti. Dal punto di vista “strutturale” infatti, gli obiettivi del legislatore sono stati completamente disattesi sotto un duplice aspetto.

Dal modello legale restano escluse tutte quelle ipotesi in cui a fronte dell’elargizione di denaro non via sia una “promessa di voti”. Addirittura potrebbero essere configurabili ipotesi in cui l’ausilio all’associazione venga prestato gratuitamente a titolo di “riconoscenza” per “l’interessamento” di uno o più membri della stessa.

Non può inoltre escludersi che l’aiuto non consista poi nell’elargizione di denaro ma nel conferimento di altri vantaggi.

L’assunzione di persone indicate dall’organizzazione presso gli enti locali ad esempio, rappresenta maggiore garanzia di sopravvivenza e di sviluppo per l’organizzazione stessa, che in questo modo ha la possibilità di accedere direttamente alle stanze del potere, di condizionare l’economia ma soprattutto di acquisire consensi.

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Gli enti locali infatti, per quanto spesso in dissesto, rappresentano il primo diretto contatto tra lo Stato ed i cittadini.

Già nella relazione sull’attività della D.I.A. relativa al semestre gennaio-giugno 1992, il Ministro dell’interno Scotti spiegava:

“caratteristica fondamentale di Cosa Nostra è la tendenza al confronto da pari a pari con lo Stato ed i suoi rappresentanti, nonché l’infiltrazione in esso, tramite relazioni occulte con esponenti dei suoi apparati e degli organismi elettivi, fino alla neutralizzazione, tramite corruzione e violenza, di chiunque si opponga al suo strapotere….la sua capacità di confronto-scontro diretto con l’autorità legale che deriva dalla sua collaudata attitudine verso la manipolazione, l’assoggettamento di uomini e istituzioni…” .

La formulazione della norma produsse ben presto censure volte ad evidenziarne le criticità legate soprattutto alla scarsa attenzione delle cosche per le offerte economiche provenienti dai politici.

Si determinò così un contrasto giurisprudenziale tra un orientamento che82 aderendo all’intransigenza del dato letterale, non ammetteva la

sussumibilità nell’ambito operativo dell’art. 416 ter c.p. di condotte caratterizzate da utilità diverse dal denaro e un altro che83, sulla base

di un’esegesi estensiva dello stesso articolo, ammetteva la possibilità che “l’oggetto materiale dell’erogazione offerta in cambio della promessa di voti potesse essere rappresentato da non solo dal denaro, ma da qualsiasi bene traducibile in un valore di scambio quantificabile in termini economici (ad es. titoli, valori mobiliari) con esclusione dalla portata precettiva della norma, di quelle “altre utilità” che solo in via mediata potessero essere oggetto di monetizzazione84.

Altro orientamento giurisprudenziale finiva per ampliare ulteriormente i confini della condotta penalmente rilevante, ritenendo ___________________

82 Cass. Sez. IV, 17 maggio 2004, in FI 2004, II, 508;

83 Cass. pen. Sez. II, 30 novembre 2011, n. 46922;

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sufficiente ai fini dell’integrazione della fattispecie penale, il mero accordo, conferendo rilevanza neutra alla elargizione di somme di denaro85.

Per ciò che attiene alla “promesse di voti”, ai fini della punibilità, la dottrina ha adottato un orientamento conforme alla giurisprudenza, ritenendo sufficiente che il politico accetti la promessa ritenendo non necessario recare la prova della coartazione della volontà degli elettori. La condotta punibile viene pertanto anticipata al momento della promessa di voti da parte del mafioso, evidenziando quel rapporto sinallagmatico sussistente non tra le prestazioni ma tra le promesse di prestazioni86. Queste considerazioni sembrano avvallare l’ipotesi di un

reato di pericolo (posto a tutela di valori costituzionali legati al circuito elettorale, condizionati, limitati, violati dall’intervento mafioso), non ritenendosi necessaria la prova che il mafioso abbia coartato la volontà degli elettori, né che i voti siano effettivamente confluiti sul candidato prescelto, essendo sufficiente, per la configurazione del reato, la stipula del patto di scambio: “l’erogazione della somma di denaro è

un elemento che sancisce l’avvenuta consumazione del reato, ovvero un dato di rilevanza solo probatoria rispetto all’avvenuta definizione del patto.

Anche l’equivoca espressione “erogazione di denaro” ha generato vari orientamenti sia in dottrina che in giurisprudenza.

Su di essa la giurisprudenza si è divisa tra un orientamento inteso in senso forte e un orientamento inteso in senso debole, richiedendo nel primo caso un effettivo versamento di denaro,

e ritenendo sufficiente la promessa di versamento, nel secondo. ___________________

85 Cass. pen., sez. I, 2 marzo 2012, n. 32820; Cass. pen., sez. V, 13 novembre

2002 n. 4293;

86 A. CISTERNA, Affermata la lettura dell’accordo elettorale come un contratto

a effetto obbligatorio, in Guida dir., 2010, II, 84 ss.; FONZIO –PULEIO, Lo scambio elettorale politico – mafioso, un debito fantasma?, in Cass. pen., 2005, 747.

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Seppur in una recente sentenza della Cassazione, si sia affermata la prevalenza del secondo orientamento87, permangono incertezze ed

oscillazioni.

L’estensione del significato da attribuire alla norma, trova il suo fondamento nei lavori parlamentari che dettero vita alla fattispecie. Secondo un prevalente orientamento dottrinale88, la sostituzione della

parola somministrazione con erogazione va letta anche in connessione con la terminologia utilizzata dal legislatore nel reato di corruzione previsto dall’art. 96 del TU 361/57, dove la condotta del corruttore è designata attraverso la triplice modalità “offrire, promettere, somministrare”, mentre l’art. 416 ter con l’utilizzo del solo termine “erogazione”, ricomprenderebbe tutte e tre le ipotesi. Se il legislatore avesse voluto riferirsi all’ effettiva dazione, lo avrebbe fatto utilizzando il termine “somministrare” quale parola in grado di esprimere tale significato.

Nel solco dell’indirizzo dottrinario anche una pronuncia giurisprudenziale nella quale la Corte riconosce che l’assenza del versamento effettivo della somma di denaro non consente di trarre conclusioni circa l’insussistenza del reato contestato89.

Anche in relazione alla condotta del politico sono sorti dubbi interpretativi. Ci si interrogava in particolare se fosse necessaria l’esecuzione della prestazione da parte del candidato eletto, ovvero se fosse sufficiente la mera promessa di ricambiare l’aiuto dell’associazione.

In tale ambito la giurisprudenza si orienta in senso opposto a quanto fatto rispetto alla condotta del mafioso: si sostiene che “ai fini della

configurabilità del reato di scambio elettorale politico – mafioso è

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87 Cass., 2 marzo 2012, n. 32820;

88 C. VISCONTI, Il reato di scambio elettorale politico – mafioso, in In. Pen.,

1993, 298;

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sufficiente un accordo elettorale tra l’uomo politico e l’associazione mafiosa, avente per oggetto la promessa di voti in cambio del versamento di denaro, mentre non è richiesta la conclusione di ulteriori patti che impegnino l’uomo politico ad operare in favore dell’associazione in caso di vittoria elettorale. Ne consegue che, nell’ipotesi in cui tali ulteriori patti vengano conclusi, occorre accertare se la condotta successivamente posta in essere dal predetto a sostegno degli interessi dell’associazione che gli ha promesso o procurato i voti assuma i caratteri della partecipazione, ovvero del concorso esterno all’associazione medesima, configurandosi, oltre il reato sopra indicato, anche quello di cui all’art. 416 bis c.p.”90

La tendenza a non dare rilievo ad eventuali comportamenti successivi del politico, quali ad esempio gli altri accordi di contenuto diverso dalla promessa di voti versus denaro e alla loro esecuzione, si spiega con l’esigenza avvertita dalla giurisprudenza di tracciare una linea di confine piuttosto netta con altre ipotesi di contiguità politico – mafiosa, in particolare con il concorso esterno o con la stessa partecipazione in associazione mafiosa.

La struttura di pericolo che connotava l’art. 416 ter c.p. nella sua originaria formulazione ancorava la punibilità del politico alla mera stipulazione dell’accordo con il mafioso, facendo refluire nel concorso esterno o nella partecipazione ogni altro comportamento differente ed ulteriore, come ad esempio l’adempimento di altri impegni diversi da quelli di ordine economico-monetario.

Parte della dottrina non escludeva che in alcuni casi si potesse ravvisare un concorso di reati tra le fattispecie di cui agli artt. 416 bis e ter c.p. nelle eventualità in cui il politico che accettasse la promessa di voti provenienti da un clan fosse stato egli stesso un partecipe dell’organizzazione91.

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