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La trasformazione dei paesaggi industriali: esemp

PARTE TERZA

CAPITOLO 5: ITINERARI E PROGETTO

5.6 La trasformazione dei paesaggi industriali: esemp

Le trasformazioni in atto sul territorio determinano nuove configura- zioni spaziali, risultato della dismissione delle aree industriali e delle infrastrutture in disuso, del fenomeno dell’abbandono o dello spopo- lamento, del fallimento degli strumenti di progetto e del cambiamento del sistema energetico a partire dalla struttura di base.

In questo modo sul territorio si vanno a disporre grandi spazi vuoti in attesa di nuovi significati.

“Al cittadino gli spazi vuoti appaiono come un luogo estraneo. Tuttavia sono luoghi in cui l’uomo può abbandonarsi al desiderio di scoprire, di sottrarsi alla vita di tutti i giorni. Il vuoto è ambivalente. E’ spazio della memoria e allo stesso tempo luogo del futuro. Il vuoto è instabile e ale- atorio, una condizione del non più e del non ancora. E’ il rovescio della durevolezza e dell’isolamento dello spazio costruito. Nella sua compiu- tezza è aperto, uno spazio possibile senza struttura, forma e direzione. Dove è il nulla, tutto è immaginabile”18.

I luoghi industriali dismessi sono tutti considerati spazi dell’energia

18 Oswalt P., (2006), Berlino_città sen-

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che, nei processi di trasformazione o sono diventati luoghi della cultu- ra, oppure nuovi luoghi dell’energia. La “facilità” di trasformazione di un luogo industriale è data dal fatto che i manufatti si adattano bene alle trasformazioni strutturali ed impiantistiche, ma la complessità è data dall’obsolescenza e dalla difficile categorizzazione tipologica delle diverse strutture che lo compongono. Il tipo in questo caso deve coin- cidere con il codice genetico del processo evolutivo e vitale che integra i sistemi costruttivi alla forma esistente19.

A tal proposito si è ritenuto necessario studiare alcuni casi esemplari per l’approfondimento di scenari che da industriali dimessi divengono qualcosa di nuovo per la città, con nuove grandi potenzilità dal punto di vista culturale ed energetico.

Questo aspetto costituisce un importante tassello degli interessi futuri della ricerca, in quanto i luoghi della dismissione potrebbero costituire i nodi energetici della città contemporanea.

Dall’energia … alla cultura.

Si citano tre esempi di trasformazione di aree industriali dismesse, dove il recupero è stato caratterizzato dal passaggio dalla produzione di elettricità o di energia, alla realizzazione di luoghi dell’arte e museali, per comprendere come il progetto possa modificare la natura di un luo- go industriale, innescando processi che, pur richiamando la memoria, costituiscono i nuovi modi di vivere il paesaggio, e le nuove icone per il paesaggio.

Un primo esempio, alla scala paesaggistica, è il Parco di Duisburg Nord, in Germania, progettato da P. Latz & Partners nel 1999, che è sta- to caratterizzato da una strategia progettuale ben definita. L’intento progettuale, vista la forte frammentazione e discontinuità spaziale che caratterizzava il sito, non è stato quello di tentare una fusione degli ele- menti esistenti combinandoli in un unico assetto paesaggistico omoge- neo e uniforme, quanto ricercare nuove interpretazioni delle esistenti strutture, mutando la loro funzione ed il contesto. Questa strategia si è sviluppata attraverso la sovrapposizione e la coesistenza di una serie di livelli, caratterizzati da differenti conformazioni spaziali e funzionali. Le tracce del complesso industriale non sono state nascoste, ma sono state esaltate, e raccontano di come l’artificio può essere trasformato in natura attraverso nuovi significati. Gli imponenti impianti industriali, da oggetti isolati ed impersonali, svelano anche una natura giocosa ed

19 Muzzillo F.; Zagarese B., (1991),

“Caratteri tipologici e forme abitative”, in Recupero delle preesistenze e forme dell’abitare, volume II, Napoli, p.84

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accattivante, prestandosi ad ospitare moderni eventi e rituali sociali. Questi molteplici ambiti, caratterizzati da parametri così diversi tra loro, sono ricongiunti e allacciati da luoghi interstiziali maggiormente indefiniti, come gli spazi ricchi di vegetazione compresi fra i binari ed il canale, i percorsi che collegano il parco alla città e l’area incolta lasciata in spontanea trasformazione, o utilizzata per gli orti urbani e le attività sportive. Il successo del progetto risponde all’urgenza di occuparsi di aree industriali fortemente degradate, e arricchisce il significato di spa- zio pubblico, sostenendo le potenzialità del riciclaggio in maniera esem- plare. Inoltre, affronta contemporaneamente alcuni problemi significa- tivi: fa convergere il lavoro di trattamento dei suoli contaminati con un attivo contatto della popolazione con la natura; promuove una nuova attitudine verso la tecnologia, proponendo la sua forte compatibilità con il paesaggio; mette realisticamente a confronto i limiti del budget a disposizione con le ipotesi di cambiamento e di evoluzione ecologica; introduce attività sociali alternative, combinandole con altri eventi cul- turali, raggiungendo così l’integrazione di differenti gruppi sociali. La carta vincente del successo si fonda sull’approccio semplice e prag- matico, ovvero trasformare e smantellare il meno possibile e mantene- re e valorizzare il più possibile. Le qualità formali di Duisburg-Nord, se inizialmente possono disorientare e disattendere il comune senso este- tico, inducendo i visitatori a considerare questo luogo qualcosa di diver- so da un parco pubblico, in realtà rivela un’incredibile aderenza ai temi “tradizionali” dell’arte del giardino come l’identificazione dello “spirito del luogo”, la valorizzazione della sua specificità, e la ricerca della giu- sta combinazione “sintattica” di elementi naturali ed artificiali20.

20 Marchigiani E., (2005), Paesaggi ur-

bani e post-urbani, Meltemi Babele, Roma, pp. 190-205

Fig.34 Pianta di Latz & Partner del Par- co di Duisburg Nord

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Fig.35 Sfondo industriale del Parco di Duisburg Nord

Fig.36 Immagine che mostra l’anima energetica del Parco di Duisburg Nord

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La Tate Modern di Londra in Gran Bretagna, è un secondo esempio di recupero, alla scala però della città, grazie al progetto degli architetti J. Herzog & P. De Meuron.

L’apertura risale al 2000, dopo la dismissione della struttura, funzio- nante dal 1955 come centrale elettrica Bankside.

La strategia architettonica ha previsto che l’edificio non venisse consi- derato un capannone ermetico. La ciminiera è stata trasformata in una torre per l’osservazione della città; dalla sua altezza di 93 m, intavola un “dialogo” con la cattedrale di St. Paul sull’altra riva del Tamigi. L’ edi- ficio della caldaia è stato svuotato e rioccupato da una struttura in ac- ciaio posta sopra una platea in cemento armato e suddivisa in sei piani. Ciascun piano espositivo si affaccia sul vuoto della sala delle turbine. Le sale espositive sono distribuite su sei piani di diverse altezze e super- fici, così da permettere la massima flessibilità espositiva. La maggior parte di esse riceve luce dalla modifica delle asole verticali e dalla trave luminosa. L’edificio della caldaia è la parte che ha perso maggiormente la sua natura industriale.

L’ edificio delle turbine è composto da una sala, che è stata lasciata come era in origine, l’unica differenza è che la attraversano solo due passerelle in direzione nord-sud e est-ovest, che connettono questo grosso spazio con l’esterno. La piattaforma è lo strumento che ha per- messo di rendere evidente l’annesso spazio della sala delle turbine e di connettere l’ala nord dell’edificio con quella sud. Consente anche il prolungamento della riva del Tamigi all’interno dell’edificio.

La rampa rappresenta uno degli elementi significativi per il recupe- ro dell’edificio industriale in disuso; la discesa della rampa comincia dall’esterno dell’edificio e, penetrando nel terreno, permette ai visitato- ri di individuare l’accesso ovest del museo. La trave di luce è l’elemento che evidenzia il cambiamento interno, dall’esterno, in quanto è un’in- tera nuova parte totalmente vetrata, che sovrasta il soffitto dell’edificio industriale e illumina le sale espositive, ma principalmente manda il segnale della trasformazione dell’edificio all’esterno della città.

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Il Caixa Forum di Madrid in Spagna è un esempio di recupero alla scala dell’edificio; il progetto è stato promosso dagli architetti J. Herzog & P. De Meuron, e l’edificio è stato inaugurato nel 2008. Costituisce un cen- tro di aggregazione che va ben oltre la sua semplice funzione pratica, in quanto costituisce un punto di riferimento per il quartiere e per il turismo internazionale.

Consci del fatto che un edificio pubblico deve, innanzitutto, costituire uno spazio pubblico, gli architetti hanno arretrato il nuovo volume dal fronte che dà sul Paseo del Prado, occupando solo il sedime della vec- chia centrale elettrica del Mediodìa del 1899.

In più alcune soluzioni progettuali originali, come la conversione della testata cieca di uno degli edifici che danno sul piazzale, in un giardino verticale alto 24 m, di matrice espressionista, e il fatto che il volume espositivo sembri galleggiare sollevato da terra, hanno contribuito al grande successo dell’opera.

Alla vecchia centrale è stato tagliato il vecchio basamento in pietra ed

Fig.37 Riqualificazione della Tate Mo- dern e rapporto con la città di Londra Fig.38 Interni della Tate Modern, anche in presenza di installazioni tempora- nee

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il suo volume è stato interamente svuotato e privato delle coperture. Sull’involucro in laterizio, rimasto quasi sospeso, sono state chiuse tut- te le aperture originarie e aperte altre nuove. La rimozione del basa- mento in pietra ha liberato quasi completamente lo spazio sottostante all’edificio, determinando un’estensione coperta della piazza principale. La particolarità sta anche nell’interpretazione dell’ultimo piano, che si appoggia integralmente sulle pareti originarie dell’involucro in mattoni, mentre la sua ossatura metallica è ricoperta da pannelli di acciaio Cor- ten, che riprendono le sagome delle case vicine.

Fig.39 Immagine del Caixa forum a Madrid e della facciata verde di Patrick Blanc

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Fig.40 Il contrasto tra “vecchio” e nuo- vo nel Caixa Forum di Madrid

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21 Battistella A., (2010), Trasformare

il paesaggio, Energia Eolica e nuova estetica del territorio, Edizioni Ambien- te, Milano, pp. 163-189

Dall’energia … all’energia.

Si descrivono qui due casi dove il recupero è stato caratterizzato dal passaggio da luoghi della produzione di energia (tramite i combustibili fossili), a nuovi paesaggi che utilizzano le FER come elementi della co- lonna vertebrale del territorio.

Il primo esempio molto importante è la ricerca triennale, condotta dal 2003 al 2006, per la ristrutturazione dell’area di Rekula, che ha avu- to come obiettivo quello di definire le linee guida per rispondere alle richieste dei paesaggi industriali dismessi. L’area è quella di Welzow, un’area mineraria di estrazione ancora in attività per trent’anni, ripen- sata in termini di contrazione, seguendo i processi già in atto. L’idea di partenza è quella di assecondare la vocazione dell’area, che con- siste anche nella trasformazione di energia, non solo nell’estrazione di risorse, che si traduce in sperimentazione ed utilizzo delle energie rinnovabili. La squadra dell’IBA si è interessata all’individuazione della nuova regione dell’energia innovativa, attraverso la convivenza di più tipi di energia: il sole, il vento, l’acqua, la biomassa e la geotermia. L’obiettivo è quello di dare vita ad un luogo in grado di produrre qua- lità e sostenibilità, e di vendere energia per la comunità, partendo dal presupposto che la tecnologia ha raggiunto una maturità tale da poter contribuire alla formazione dei paesaggi dell’energia, riempiendo i vuo- ti lasciati dall’industria.

Tramite l’utilizzo delle tecnologie energetiche è possibile creare nell’area delle vere e proprie isole produttive, che messe in relazione diretta con le attività già presenti, possono innescare i processi di trasfor- mazione ad alto contenuto tecnologico. Per la creazione dei “giardi- ni dell’energia” sono state previste alcune strategie di intervento: il ripristino delle aree compromesse tramite un’opera di bonifica, che comporta la cancellazione dei segni esistenti delle miniere, a favore di un paesaggio apparentemente naturale, per ristabilire un equilibrio ambientale tramite l’utilizzo di nuovi simboli, che possano diventare identitari; il coinvolgimento degli abitanti, tramite una trasformazione delle aree in zone per la proposizione di performance teatrali, in modo che gli abitanti possano dare nuovi significati ai luoghi in continuità con le preesistenze industriali; il mantenimento dei biotopi esistenti; e, lo sviluppo del turismo legato alla fitta rete di laghi e fiumi che si andrà configurando nel masterplan21.

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Il secondo caso è un esempio di come una natura morta possa tornare alla vita convertendo la vera e propria spazzatura in paesaggio, utiliz- zando pochi, ma utili, mezzi. Si tratta della trasformazione della più grossa discarica di Barcellona, in campi agricoli.

Gli architetti Battle e Roig, hanno elaborato un progetto ormai diventa- to concreto, nel quale hanno previsto la costruzione di undici terrazze, nello “stile agricolo”, in cui sono state piantate specie native, che richie- dono poca acqua per il sostentamento, compatibili con l’integrazione del paesaggio. È stato inoltre predisposto l’accesso a una rete di irriga- zione per facilitare il processo di ripristino.

I lavori di ristrutturazione però non sono stati un rapido make-up. E’ stato messo a punto un sistema di drenaggio sotterraneo per separare i liquidi contaminati e rendere l’acqua riusabile per irrigare il parco. Inoltre la discarica così recuperata è in grado di fornire bio-gas per la produzione di energia elettrica.

Alcuni rifiuti sono stati lasciati in superficie e messi in grosse gabbie d’acciaio per ricordare ai visitatori com’era prima il vecchio paesaggio. Durante i 10 anni della durata della concessione, saranno prodotti 550 milioni di metri cubi di metano da biogas, per più di 1.100 miliardi di kWh, energia sufficiente a soddisfare la domanda di dodicimila abitanti ed evitando l’immissione in atmosfera tra le 50.000 e 110.000 tonnel- late di CO2 dalle centrali elettriche a combustibili fossili.

Fig.41 Immagine sall’alto della disca- rica di Barcellona trasformata in campi agricoli

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Fig.42 Immagine della configurazione spaziale dei campi agricoli nel progetto di Battle e Roig

Fig.43 Foto aerea della riqualificazione della discarica di Barcellona

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