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1.3 La dimensione sociale e culturale del videogioco nel contesto dei Game studies

Capitolo 2: La rappresentazione femminile nel videogioco: Lara Croft e la saga di Tomb Raider

2.2 Poligoni pericolosi: il personaggio di Lara Croft

2.2.1 Chi è Lara Croft?

Nel canone della saga videoludica, Lara Croft è un’archeologa britannica. Giovane, bella e intelligente, ha il curioso passatempo di avventurarsi in tombe perdute alla ricerca di misteriosi e preziosi artefatti. Il personaggio è stato creato dal game designer Toby Gard, che l’ha creata ispirandosi al fumetto Tank Girl e alla cantante svedese Neneh Cherry.16 La giovane esploratrice è caratterizzata come forte e coraggiosa, e viene presentata come dotata di una fisicità al limite dell’impossibile. Si tratta di una vera propria eroina, che può per certi versi essere accomunata a Wonder Woman in quanto bella, forte e irraggiungibile.

È per questo motivo che nasce tra la critica accademica il dibattito sul personaggio di Lara Croft, avviato da Cassell e Jenkins (1998). Si tratta di un’icona femminista, capace di avvicinare le donne al videogioco e di dare loro un role model da seguire e ammirare, o di uno stereotipo sessista creato per sottostare al male gaze?

Il fattore novità, costituito da una protagonista femminile in un mondo all’epoca composto quasi esclusivamente da uomini, rappresenta senza dubbio una rottura con i canoni dell’epoca, amplificato dal fatto che questa protagonista era realistica, viva, e si muoveva in uno spazio che approssimava, con le dovute irrealistiche eccezioni, lo spazio reale:

There was something refreshing about looking at the screen and seeing myself as a woman. Even if I was performing tasks that were a bit unrealistic… I still felt like, Hey, this is a representation of me, as myself, as a woman. In a game. How long have we waited for that? (in Cassell and Jenkins 1999).

Kennedy (2002) argomenta come il successo di Tomb Raider sia stato dovuto non soltanto alla preziosità tecnologica in gioco nella presentazione estetica del titolo, o alla giocabilità per l’epoca realistica grazie allo spazio tridimensionale,

ma proprio al fatto che la protagonista fosse una donna: “Lara had something that hooked the gamers like nothing has before. At the center of Tomb Raider was a fantasy female figure. Each of her provocative curves was as much part of the game as the tombs she raided.”

Si tratta tra l’altro di un successo che, in un’epoca in cui le protagoniste femminili nei videogiochi scarseggiavano, deriva da un grosso rischio da parte del publisher Eidos, “since the dominant perception was that the overwhelmingly male gaming audience would balk at the prospect of playing a first person shooter platform (sic) with a female avatar” (Brown, 2011:108). Il successo c’è effettivamente stato, in quanto “industry concerns were quickly put to rest as the game racked up record sales figures and Lara herself became a popular culture phenomenon. Lara Croft’s ascent dovetailed nicely with the mid 1990s wave of Girl Power rhetoric, and her highly stylized and sexualized image fostered attention far beyond that of the gaming world.” (Brown, 2011:108). E, in effetti, oltre alla pubblicazione di libri e fumetti, nemmeno Hollywood è rimasta immune alla fascinazione per Lara Croft, con due film con protagonista Angelina Jolie nel ruolo dell’archeologa (Lara Croft: Tomb Raider del 2001 e il sequel Tomb Raider: La culla della vita del 2003) e un reboot del 2018, con protagonista Alicia Vikander. Il successo al botteghino di quest’ultimo17 dimostra come l’interesse per Lara Croft sia acceso al di fuori del mondo dei videogiochi ancora oggi.

Lara è quindi dipinta come capace e forte, e possiede attributi che tradizionalmente vengono collegati a personaggi maschili; i suoi comportamenti non sono insomma stereotipati, vanno contro ciò che tradizionalmente ci si aspetta da una figura femminile. Per questi aspetti Lara può essere considerata una positive figure, secondo la definizione offerta da Artel e Wengraf nel 1976 (Mikula, 2003:79).

D’altro canto si trova la percezione di Lara come figura femminile stereotipata, rappresentante di ideali femminili irraggiungibili e al contempo oggetto sessuale alla mercé dello sguardo maschile. Il creatore di Tomb Raider, Toby Gard, in un’intervista con la rivista The Face nel 1997, risolve il dubbio in questo modo:

The Face: Is Lara a feminist icon or a sexist fantasy?

Toby Gard: Neither and a bit of both. Lara was designed to be a tough, self-reliant, intelligent woman. She confounds all the sexist cliches apart from the fact that she’s got an unbelievable figure. Strong, independent women are the perfect fantasy girls— the untouchable is always the most desirable. (in Cassell e Jenkins, 1998:23)

Nelle parole del suo creatore Lara si pone quindi equidistante da questi due opposti, facendo intendere che Gard, nel realizzarla, avesse interesse ad attirare sia il pubblico maschile che quello femminile. E del resto, secondo Kennedy (2002), Lara fa parte di una serie di personaggi femminili emersi negli anni ’90 e nei primi ‘00, dalle protagoniste di Thelma e Louise (1993) a Buffy l’ammazzavampiri (2002) che sono create per essere apprezzate sia dal pubblico maschile che femminile. Si tratta di un modello di eroine, e quindi si ritorna a una visione positiva del personaggio, che va a occupare uno spazio prima dominato prevalentemente da uomini:

Thelma and Louise, and other action heroines such as Trinity in The Matrix, can also be considered as what Mary Russo describes as "stunting bodies" (1994): Female figures which, through their performance of extraordinary feats, undermine conventional understandings of the female body. Thelma and Louise, Trinity and Lara explosively take up space within a particularly masculinized landscape – the desert, dark urban landscapes, caves and tombs – and in doing so offer a powerful image of the absolute otherness of femininity within this space. (Kennedy, 2002)

Un’altra interpretazione che è possibile applicare a Lara Croft, che la dipinge in una luce più vicina alla critica che la vede come figura negativa, è la visione di Lara Croft come femme fatale che, in accordo con il saggio di Mulvey (1975) sul ruolo della donna nella narrativa cinematografica, esiste per soddisfare eroticamente lo sguardo maschile, rappresentando un feticcio. Il fatto che Lara sia una donna, secondo questa visione, non ha importanza se non a livello estetico e sessuale, e ciò è amplificato dal fatto che le caratteristiche di Lara, al di fuori di quelle estetiche, siano prettamente maschili. Si tratta di una critica vicina a quella che ne fa Greer (1999, in Mikula, 2003):

Greer has unequivocally condemned the enforcement of artificial and oppressive ideals of femininity through pop icons such as the Barbie Doll. Lara Croft, whose

‘femaleness’ is clearly shaped by a desire to embody male sexual fantasies, is the antithesis of Greer’s ‘whole woman’; Greer calls her a ‘sergeant-major with balloons stuffed up his shirt [...] She’s a distorted, sexually ambiguous, male fantasy.

A questa voce si unisce quella di Schleiner, che rimarca, “Lara Croft is seen as the monstrous off-spring of science: an idealized, eternally young female automaton, a malleable, well-trained techno-puppet created by and for the male gaze” (2001: 222).

Il marketing iniziale per Tomb Raider sembra peraltro correre in parallelo a quest’ultimo filone di critica. Nonostante, come detto, Toby Gard avesse in mente di rendere Lara un’eroina appetibile sia per il pubblico maschile che femminile, Tomb Raider fu inizialmente pubblicizzato utilizzando modelle che impersonavano Lara vestite in abiti succinti e la campagna pubblicitaria inglese vedeva dei giovani maschi abbandonare dei locali di spogliarello alla ricerca di Lara, con la tagline “Where the Boys Are” (Cassell e Jenkins, 1998:23).

La sviluppatrice Kate Roberts chiede ironicamente, in un’intervista rilasciata per Next Generation nel 1998, “Would Tomb Raider have sold as many copies if Lara had been wearing a nice warm sweater and sweatpants?” (Cassell e Jenkins, 1998:23).

A quest’ultima affermazione si potrebbe forse rispondere dicendo che Lara è libera di indossare ciò che vuole e come vuole, riportandosi ancora una volta sull’ambivalenza della percezione del personaggio. È lecito a questo punto affermare che, per quanto controverso, il personaggio di Lara Croft abbia caratteristiche indubbiamente positive o, quantomeno, in controtendenza rispetto a ciò che tradizionalmente ci si aspettava da una figura femminile.

Rimanendo su questo equilibrio, occorre toccare un punto che distingue, almeno in parte, Lara dalle altre protagoniste femminili presenti al cinema o nella letteratura, ovvero l’identificazione.