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LAVORO PRIVATO

(Articoli 19, 20, 21, 22, 23, 39, 40 e 41)

Articolo 19 (Abolizione dei limiti al cumulo tra pensione e redditi di lavoro)251

COMMENTO

L’articolo 19 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133, dispone che con effetto dal 1° gennaio 2009 le pensioni di anzianità a carico dell’assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive ed esclusive della medesima sono totalmente cumulabili con i redditi da lavoro autonomo e dipendente.

Dal 1° gennaio 2009 sono totalmente cumulabili con i redditi da lavoro autonomo e dipendente le pensioni dirette conseguite nel regime contributivo in via anticipata rispetto ai 65 anni per gli uomini e ai 60 anni per le donne a carico dell’assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive ed esclusive della medesima nonché della gestione separata di cui alla legge 8 agosto 1995, n. 335, a condizione che il soggetto abbia maturato i requisiti di cui all’articolo 1, commi 6 e 7 della legge 23 agosto 2004, n. 243 e successive modificazioni e integrazioni fermo restando il regime delle decorrenze dei trattamenti disciplinato dall’articolo 1, comma 6, della predetta legge n. 243 del 2004.

Con circolare 9 dicembre 2008, n. 108, l’Inps ha fornito chiarimenti sulla disciplina del cumulo tra pensione e redditi di lavoro.

In primo luogo è stato precisato che con riferimento alle pensioni di anzianità con decorrenza anteriore al 1 gennaio 2009, sono interamente cumulabili con i redditi di lavoro dipendente e autonomo le rate spettanti dal 1 gennaio 2009.

In secondo luogo è stato specificato che le disposizioni in esame non si applicano nei confronti dei lavoratori che trasformano il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale252.

Restano, pertanto, confermate per tali situazioni le disposizioni speciali dell’articolo 1, commi 185, 186 e 187, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

Le disposizioni in esame non si applicano, parimenti, ai trattamenti provvisori liquidati ai lavoratori socialmente utili. Resta inteso che tali disposizioni si applicano invece ai titolari dei trattamenti definitivi di anzianità.

Del pari sono esclusi dall’ambito di applicazione delle disposizioni in esame i titolari di assegni straordinari per il sostegno del reddito. Detti assegni sono assoggettati a specifica disciplina.253

251 Il commento degli articoli dal 19 al 23 è a cura di Maria Teresa Altorio.

252 Sul punto si confrontino le circolari INPS n. 30 del 13 febbraio 1997 e n. 236 del 21 novembre 1997.

Nulla è, infine, innovato per quanto riguarda il requisito della cessazione del rapporto di lavoro dipendente, richiesto in via generale per il diritto alla pensione di anzianità dall’articolo 10, comma 6, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, nel testo sostituito dall’articolo 11, comma 9, della legge 24 dicembre 1993, n. 537.

L’articolo 19, prevede, inoltre, che dal 1° gennaio 2009 relativamente alle pensioni liquidate interamente con il sistema contributivo:

a) sono interamente cumulabili con i redditi da lavoro autonomo e dipendente le pensioni di vecchiaia anticipate liquidate con anzianità contributiva pari o superiore a 40 anni;

b) sono interamente cumulabili con i redditi da lavoro autonomo e dipendente le pensioni di vecchiaia liquidate a soggetti con età pari o superiore a 65 anni per gli uomini e 60 anni per le donne.

Giova ricordare che ai sensi dell’articolo 1, comma 19, della legge 8 agosto 1995, n. 335 “per i lavoratori i cui trattamenti pensionistici sono liquidati esclusivamente secondo il sistema contributivo, le pensioni di vecchiaia, di vecchiaia anticipata, di anzianità sono sostituite da un’unica prestazione denominata pensione di vecchiaia”.

Vale la pena evidenziare come l’articolo 19 faccia salve le disposizioni contenute nell’articolo 4 del DPR 5 giugno 1965, n. 758. Si tratta di norme sul cumulo di pensioni e stipendi a carico dello Stato e di enti pubblici, in applicazione della legge n. 1268 del 5 dicembre 1964.

Articolo 20 (Disposizione in materia contributiva)

COMMENTO

L’articolo 20 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 - convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133 – innova la disciplina in materia contributiva254.

Alcune disposizione in esso contenute appaiono particolarmente interessanti.

Il primo comma dell’articolo 20 fornisce un’interpretazione dell’articolo 6, comma 2, della legge n. 138/1943, in tal senso: i datori di lavoro che corrispondono l’indennità di malattia al posto dell’INPS non sono tenuti a versare la contribuzione relativa all’Istituto, pur se ciò è avvenuto in base a precise disposizioni scaturenti dal contratto collettivo. Con tale comma, a partire dal 25 giugno 2008, si è fornita l’interpretazione autentica all’articolo 6, comma 2, della legge n. 138/1943. Restano, in ogni caso, acquisite alla gestione INPS le contribuzioni versate antecedenti il 1° gennaio 2009.

Il secondo comma dell’articolo 20 prevede che a decorrere dal 1° gennaio 2009 le imprese dello Stato, degli Enti Pubblici e degli Enti Locali privatizzate e a capitale misto sono tenute a versare, secondo la normativa vigente, la contribuzione per maternità e malattia.

Così come viene anche specificato con circolare INPS 30 dicembre 2008, n. 114, i soggetti interessati sono le imprese partecipate, in tutto o in parte, dallo Stato e dagli Enti Pubblici nonché le imprese degli Enti Locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 e successive modificazioni e integrazioni, che sono state interessate da processi di privatizzazione avviati nel corso degli anni ’90 ed ancora in via di completamento e che hanno continuato ad essere assoggettate ad un regime previdenziale di tipo pubblicistico, nonché a regimi speciali riconosciuti alle medesime in forza di specifiche disposizioni normative. Analogamente, in quanto già assoggettate a regimi speciali, si devono ritenere incluse le imprese costituite a seguito di trasformazioni di enti ed istituti di diritto pubblico.

Le imprese come sopra individuate, pertanto, sono tenute al versamento delle predette contribuzioni secondo il settore di appartenenza, anche nel caso in cui, specifiche previsioni contrattuali, impongano alle stesse di corrispondere al lavoratore la retribuzione globale.

L’intervento normativo di cui al comma 2 dell’articolo 20, ha la finalità di uniformare la disciplina relativa ai predetti obblighi con quella prevista per la generalità dei datori di lavoro privati.

254 L’Inps, con circolare 30 dicembre 2008, n, 114, ha fornito le prime indicazioni in ordine agli obblighi

contributivi derivanti dalla disposizione in trattazione, ed ha provveduto a disciplinare gli effetti della norma sotto il profilo delle prestazioni suddette che, con effetto dal 1°gennaio 2009, verranno erogate a favore dei lavoratori dipendenti dalle imprese destinatarie della norma medesima. Per quanto non espressamente previsto dalla circolare, continuano a trovare applicazione le istruzioni vigenti per la generalità dei lavoratori dipendenti del settore privato.

Con effetto dal 1° gennaio 2009 l’Istituto erogherà le prestazioni economiche di maternità (congedo di maternità/paternità, congedo parentale e riposi giornalieri “per allattamento” di cui al D.lgs. 151/2001) e le indennità per permessi di cui all’articolo 33 della legge 104/92 a tutti i lavoratori dipendenti, ivi compresi il personale con qualifica dirigenziale, delle imprese di cui al precedente punto 2. Dalla stessa data verrà altresì corrisposta l’indennità giornaliera di malattia ai lavoratori dipendenti con qualifica di operaio e apprendista, nonché per le qualifiche impiegatizie, nei casi previsti per il settore di appartenenza delle imprese medesime255.

L’articolo 20, ai commi 7, 8, e 9, prevede la riunificazione d’ufficio delle controversie in materia di assistenza e previdenza. Essa (ri)comprende anche le domande che concernono la frazione di un credito relativo allo stesso rapporto, incluse le somme dovute a titolo di interesso od onorari. Mancando la riunificazione, il giudice può dichiarare l’improcedibilità per le istanze successive alla prima.

L’articolo 20, al comma 10 dispone che a partire dal prossimo 1° gennaio l’assegno sociale è corrisposto agli aventi diritto a condizione che abbiano soggiornato legalmente in Italia da almeno 10 anni256.

Ai sensi dell’articolo 20, comma 11, sempre a partire dal 1° gennaio 2009, l’attività svolta dai membri dei comitati provinciali INPS diviene a titolo completamente gratuito, essendo intervenuta una esplicita modifica in tal senso all’articolo 43 del DPR n. 639/1970.

255 L’Inps, con circolare 30 dicembre 2008, n. 114, ha precisato che, a seguito della novità normativa

citata, e nelle more di adeguamento dei contratti collettivi, i trattamenti previsti dai contratti stessi si intendono come meramente integrativi delle indennità (di maternità/paternità e malattia) a carico dell’Istituto, nel senso che, ad esempio, ove il trattamento contrattualmente previsto sia di importo superiore rispetto all’indennità a carico dell’Inps, lo stesso resta a carico del datore di lavoro limitatamente alla quota differenziale. Qualora, invece, il trattamento economico contrattuale sia di importo pari o inferiore rispetto al trattamento previdenziale spettante per legge, il contratto resta quiescente e si applica esclusivamente la disciplina di legge.

Conseguentemente, le aziende saranno ammesse al conguaglio, secondo la prassi in uso, del trattamento economico anticipato - nei limiti ovviamente dell’importo dell’indennità dovuta per legge a carico dell’Inps - con i contributi dovuti all’Istituto per i lavoratori dipendenti.

256 Si vuole qui ricordare che l’assegno sociale, peraltro non reversibile, è stato corrisposto, a partire dal

1996, in presenza di determinati requisiti:

a) residenza effettiva nel nostro Paese;

b) maturazione dei 65 anni sia per le donne che per gli uomini;

c) carenza di redditi personali e coniugali o possesso di redditi inferiori al minimo legale.

L’equiparazione agli italiani, ai fini del godimento dell’assegno sociale riguarda, tra gli altri, i sanmarinesi residenti in Italia, i cittadini della CEE che risiedono in Italia anche se non hanno lavorato nel nostro Paese (legge n. 40/1998), i rifugiati politici cui sia stato attribuito il riconoscimento, gli extracomunitari, in possesso di carta di soggiorno.

Articolo 21 (Modifiche alla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato)

COMMENTO

Il decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008 n. 133, interviene - al Capo IV “liberalizzazioni e deregolazione”, del Titolo II “Sviluppo economico, semplificazione e competitività” - sulla disciplina di alcune tipologie contrattuali di lavoro flessibile quali il contratto a tempo determinato, il contratto di apprendistato, il contratto di lavoro occasionale di tipo accessorio.

La finalità del legislatore si riscontra nella volontà di liberalizzare e deregolare le tipologie contrattuali di lavoro flessibile.

L’articolo 21, comma 1, del decreto legge, infatti, modifica l’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, e dopo le parole “tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo” introduce la frase “anche con riferimento all’ordinaria attività del datore di lavoro”.

Tale modifica interviene su uno dei punti più controversi della disciplina del contratto a tempo determinato.

Infatti, vigente la legge 18 aprile 1962, n. 362, il contratto a tempo determinato poteva eccezionalmente essere stipulato solo in ipotesi tassativamente previste dalla legge. A seguito dell’emanazione del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 è venuta meno l’elencazione tassativa della causali e si è ammessa l’apposizione del termine al contratto di lavoro a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo.

A fronte di tale modifica legislativa si è aperto un lungo ed acceso dibattito sulla natura temporanea ed eccezionale delle ragioni che legittimano l’apposizione del termine al contratto di lavoro.

Alcuni Autori, ai fini della legittimità dell’apposizione del termine al contrato di lavoro, hanno osservato che è sufficiente l’esistenza di una ragione oggettiva, e quindi non arbitraria, a prescindere dalla natura temporanea od orinaria della ragione medesima, pertanto diviene possibile apporre un termine al contratto ancorché venga stipulato per far fronte all’ordinaria attività del datore di lavoro257. Altri Autori, al contrario, fornendo una tesi più restrittiva, hanno continuato a sostenere la tesi della necessarietà della natura temporanea della ragione obiettiva che giustifica l’apposizione del termine, in tal modo sostenendo che il contratto a

257 A. MARESCA, Apposizione del termine, successione di contratti a tempo determinato e nuovi limiti

legali: primi problemi applicativi dell’articolo 5, commi 4 bis e ter, D.lgs. n. 368/01, in Riv. it. dir. lav.,

2008, I, 298; secondo l’Autore il contratto a tempo indeterminato non è la regola, ma la tipologia contrattuale adottata di regola; in senso conforme S. CIUCCIOVINO, Il contratto a tempo determinato:

tempo determinato debba essere stipulato solo per far fronte ad esigenze datoriali eccezionali258.

La modifica apportata dal decreto legge fa venir meno ogni possibilità di sostenere la tesi della necessaria temporaneità delle ragioni che giustificano l’apposizione del termine, infatti, esse, secondo la nuova disposizione possono essere riferibili anche all’ordinaria attività del datore di lavoro.

Il parametro di legittimità del contratto non risiede più nel carattere temporaneo e/o eccezionale delle ragioni, ma semplicemente nella effettiva esistenza delle ragioni medesime.

La legge 6 agosto 2008, n. 133, nel convertire in legge il decreto 25 giugno 2008, n. 112, ha inserito, dopo l’articolo 4 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, l’articolo 4-bis, “disposizione transitoria concernente l’indennizzo per la violazione delle norme in materia di apposizione e di proroga del termine”.

Il legislatore ha stabilito che, con riferimento ai soli giudizi in corso alla data di entrata in vigore della disposizione, e fatte salve le sentenze passate in giudicato, in caso di violazione delle disposizioni di cui agli articoli 1, 2 e 4, il datore di lavoro e' tenuto unicamente a indennizzare il prestatore di lavoro con un'indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di sei mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell'articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni.

La disciplina originaria contenuta nel decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 non conteneva una norma specifica che regolamentasse le conseguenze giuridiche in caso di illegittima apposizione del termine o in caso di violazione della norma sulla proroga, in tutti i modi in tali ipotesi la giurisprudenza ha fatto discendere la trasformazione del rapporto a termine in un rapporto a tempo indeterminato259. Con l’introduzione dell’articolo 4-bis, il legislatore ha transitoriamente voluto escludere la conseguenza della trasformazione del rapporto a tempo indeterminato prevedendo un indennizzo a favore del lavoratore.

Assai variegata potrebbe essere la gamma delle possibili illegittimità costituzionali contro le quali la norma rischia di infrangersi. Ai profili concernenti la violazione dell’articolo 3 Cost. – appare, infatti, ingiustificata la distinzione tra i lavoratori che

258 In tal senso si veda V. SPEZIALE, Il contratto a termine. Interessi e tecniche nella disciplina del lavoro

flessibile, Milano, 2003, 399; ID., La riforma del contratto a termine dopo la l. 247/07, in Riv. it. dir. lav., 2008, I, 189.

259 Cfr. Corte Cass. sezione lavoro; sentenza, 21-05-2008, n. 12985. In tema di contratto di lavoro a

tempo determinato nel regime successivo all'entrata in vigore del D.lgs. n. 368 del 2001, la S.C. ha statuito che in caso di insussistenza delle ragioni giustificative previste dall'articolo 1 del citato decreto legislativo, pur anteriormente all'entrata in vigore della legge n. 247 del 2007, e pur in assenza di una norma che sanzioni, espressamente, la mancanza delle dette ragioni, all’illegittimità del termine, e alla nullità della relativa clausola, consegue l’invalidità parziale del contratto e l'instaurarsi di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato alla stregua dei principi generali in materia di nullità parziale e di eterointegrazione del contratto e dell’interpretazione del citato articolo 1 in conformità del quadro delineato dalla direttiva comunitaria e dal sistema generale dei profili sanzionatori nel rapporto di lavoro subordinato, tracciato da Corte cost. n. 210 del 1992.

alla data di entrata in vigore della norme siano titolari di una sentenza passata in giudicato e lavoratori che alla medesima data siano titolari di situazioni identiche, non siano muniti di sentenza passata in giudicato, o ancor di più non abbiano ancora intrapreso i giudizi - possono essere aggiunti i profili codificati nell’articolo 111 Cost, o quelli riguardanti la violazione delle garanzie di difesa contenuti nella’articolo 24 Cost.

Un terzo intervento in materia di contratto a termine operato dal decreto legge riguarda la durata del contratto a tempo determinato.

All’articolo 5, comma 4–bis, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, come modificato dall’articolo 1, comma 40, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, dopo le parole “ferma restando la disciplina della successione di contratti di cui ai commi precedenti” sono inserite le seguenti: “fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.

La legge n. 247/2007 ha introdotto un limite di durata complessiva, comprensivo di proroghe e rinnovi posti in essere nel rispetto degli intervalli di legge e indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l’altro, di trentasei mesi. Inoltre, ha previsto una possibilità di deroga a tale limite di durata per una sola volta purché il contratto venga stipulato dai medesimi soggetti, per mansioni equivalenti presso la Direzione Provinciale del Lavoro competente per territorio e con l’assistenza di un rappresentante sindacale; la violazione dei predetti limiti viene sanzionata con la conversione del contratto a tempo indeterminato.

Questa disciplina viene parzialmente modificata dal decreto legge. La novella introdotta consente alla contrattazione collettiva di derogare al tetto massimo dei trentasei mesi.

Tale deroga ha una portata molto ampia, poiché la legge consente a tutti i livelli di contrattazione collettiva, nazionale, territoriale e aziendale di adottare “diverse disposizioni”. I contratti collettivi, potranno in tal modo prevedere tetti di durata massima del contratto a tempo determinato diversi dai trentasei mesi, e per assurdo non prevederne alcuno260.

La quarta ed ultima modifica del contratto a termine operata dal decreto legge riguarda il c.d. diritto di precedenza in favore del lavoratore che sia stato utilizzato con uno o più contratti a termine per un periodo superiore a sei mesi, rispetto alle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi e con riferimento alle medesime mansioni già espletate.

Tale diritto di precedenza può essere esercitato a condizione che il lavoratore manifesti la propria volontà al datore di lavoro entro sei o tre mesi dalla cessazione

260 In tal senso G. FALASCA, Le novità sul lavoro contenute nella manovra economica, in Guida al

del rapporto di lavoro, il diritto si estingue entro un anno dalla cessazione del rapporto medesimo.

Il decreto legge apporta delle modifiche analoghe a quella appena citate in tema di durata complessiva del rapporto di lavoro a termine.

Prevede, infatti che tale disciplina si applica “fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine”.

Pertanto, anche in tal caso, la contrattazione collettiva di qualsiasi livello potrà disciplinare ex novo il diritto di precedenza, fino a - per assurdo – escluderlo.

Articolo 22 (Modifiche alla disciplina dei contratti occasionali di tipo accessorio)

COMMENTO

L’articolo 22 del decreto legge modifica la disciplina del contrato occasionale di tipo accessorio regolato dall’articolo 70 ss. del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.

Viene in primo luogo modificato l’ambito soggettivo della norma.

Infatti, da un lato, nella riscrittura dell’articolo 70, primo comma, del D.lgs. n. 276/2003 viene eliminato il riferimento alla platea di soggetti con i quali può essere stipulato un contratto occasionale di tipo accessorio che era rappresentata dai “soggetti a rischio di esclusione sociale o comunque non ancora entrati nel mercato del lavoro, ovvero in procinto di uscirne, dall’altro l’articolo 22, quarto comma, del decreto legge abroga l’articolo 71, D.lgs. n. 276/2003 il quale individuava alcune tipologie di soggetti che potevano stipulare un contratto di lavoro di tal tipo: disoccupati da oltre un anno; casalinghe, studenti e pensionati; disabili e soggetti in comunità di recupero; lavoratori extracomunitari, regolarmente soggiornanti in Italia, nei sei mesi successivi alla perdita del lavoro.

Pertanto, secondo quanto risulta dalla nuova previsione della disciplina del contratto occasionale di tipo accessorio, chiunque può rendere una prestazione di questo tipo. Affinché si tratti, però, di lavoro accessorio, è necessario che il lavoratore venga utilizzato per lo svolgimento di determinate prestazioni, elencate dall’articolo 70, D.lgs. n. 276/2003 così come novellato dall’articolo 22, D.L. n. 112/2008.

Secondo la nuova versione, il lavoro accessorio può essere utilizzato per attività rese nei seguenti ambiti di attività:

a) di lavori domestici;

b) di lavori di giardinaggio, pulizia e manutenzione di edifici, strade, parchi e monumenti;

c) dell'insegnamento privato supplementare;

d) di manifestazioni sportive, culturali o caritatevoli o di lavori di emergenza o di solidarietà;

e) dei periodi di vacanza da parte di giovani con meno di 25 anni di età, regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l'università o un istituto scolastico di ogni ordine e grado;

f) di attività agricole di carattere stagionale effettuate da pensionati e da giovani di cui alla lettera e), ovvero delle attività agricole svolte a favore dei soggetti di cui all'articolo 34, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;

g) dell'impresa familiare di cui all'articolo 230-bis del codice civile, limitatamente al commercio, al turismo e ai servizi;

h) della consegna porta a porta e della vendita ambulante di stampa quotidiana e periodica.

Questa nuova disciplina presenta delle novità. Tra gli ambiti di attività entro i quali è possibile stipulare un contratto di lavoro accessorio vengono eliminate le

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