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1.8 Project Financing e servizi pubblici locali

2.1.1 Le caratteristiche dell’industria dei servizi idrici

Il ciclo dell'acqua comprende sia l'approvvigionamento e il prelievo (captazione) sia la distribuzione di questo bene ad usi civili ed industriali, sia la raccolta delle acque reflue e la loro depurazione (Cima e Malaman, 1998). L'industria dei servizi idrici è costituita dall'insieme dei soggetti che gestiscono tale processo, che – sia dal lato della domanda che dell’offerta - per le caratteristiche economiche del settore, giustifica l’ampio intervento delle autorità pubbliche, o direttamente o attraverso la regolamentazione economica e ambientale, o in entrambi i modi.

L’offerta

L’offerta dell’acqua potabile si attua attraverso un processo complesso, che include l’estrazione e il trattamento, la trasmissione e la distribuzione e, infine, la commercializzazione dell’output. I costi connessi all’estrazione e al trattamento possono variare in misura consistente in relazione alle diverse fonti di provenienza dell’acqua, ovvero fonti superficiali, quali fiumi e bacini (naturali e artificiali) oppure fonti sotterranee (falde e pozzi). Se talvolta le fonti sotterranee richiedono minori costi di trattazione di quelle fluviali, a causa dell’inquinamento di queste ultime, i costi di estrazione possono essere più alti per le fonti sotterranee, a causa dei maggiori costi di pompaggio.

Attraverso network di trasmissione e distribuzione l’acqua, una volta estratta e trattata, viene convogliata ai consumatori finali che spesso si trovano lontani dalle fonti estrattive. Lunghe tubature sono utilizzate per convogliare l’acqua dalla fonte estrattiva alla fase di trattamento,

dalla fase di trattamento ai serbatoi di raccolta e da un serbatoio ad un altro. Nella fase distributiva il trasporto dell'acqua agli utenti finali avviene attraverso una rete capillare di tubature di dimensioni più ridotte e i costi possono essere condizionati anche da fattori topografici e geografici.

Successivamente si ha la fase di scarico con l'utilizzo della rete fognaria, e il trasporto delle acque reflue agli impianti di depurazione che svolgono l'ultima fase del ciclo. La depurazione comprende infatti l'attività di trattamento delle acque reflue precedente allo scarico delle medesime nei mari e nei fiumi (Antonioli e Fazioli, 2002).

Il settore fognario costituisce di per sé un’attività distinta rispetto all’offerta dell’acqua, sebbene ci possano essere ragioni che giustificano una gestione congiunta dei servizi idrico e fognario, per le economie di scopo tra di essi. In questo caso potrebbero ottenersi dei risparmi attraverso la condivisione di inputs, chimici, energetici o anche di lavoro specialistico. Inoltre, la gestione congiunta può anche produrre l’internalizzazione di esternalità generate durante il ciclo dell’acqua (i residui fognari immessi in un fiume possono, per esempio, essere utilizzati come una fonte di acqua potabile da un’impresa idrica).

La domanda

L’industria idrica presenta anche importanti caratteristiche dal lato della domanda. Soprattutto per quanto riguarda il consumo familiare la domanda è fortemente inelastica rispetto al prezzo. Questo, come insegna la monopoly pricing theory, comporta una notevole perdita di benessere per i consumatori, perché il monopolista non è vincolato da consumatori che possono rivolgersi a prodotti differenti o a ridurre sostanzialmente il consumo idrico.

L’industria idrica è considerata, inoltre, un monopolio naturale se, per ragioni tecnologiche, è efficiente in termini di costi avere un’unica impresa che serve l’intero mercato. Tali caratteristiche di monopolio naturale derivano, infatti, principalmente dagli elevati costi delle tubature e delle reti fognarie, che rappresentano una frazione consistente dei costi totali dell’industria.

Le caratteristiche monopolistiche dell’industria idrica e la sua natura non contendibile sono state le principali motivazioni per la proprietà pubblica e per la stringente regolamentazione dei prezzi. La presenza di un monopolio naturale è spesso associata all’esistenza di crescenti economie di scala, a cui si riconduce anche il discorso dell’ottima struttura orizzontale e verticale dell’industria idrica. Svariate analisi e studi econometrici sono stati svolti in proposito, ma in questa sede interessa rilevare che i risultati ottenuti dipendono frequentemente dal campione utilizzato per condurre tali approfondimenti e non è possibile, pertanto, affermare univocamente l’esistenza di economie di scala crescenti nell’industria idrica (Amato e Conti 2005). E’ possibile, tuttavia, individuare l’incidenza delle economie di scala nella fase di produzione, ma la loro contrapposizione alla fase distributiva: per una rete di estensione data, un incremento nel volume

di acqua prodotta permette una significativa riduzione dei costi medi. Tuttavia, se l’area servita dalla water utility si accresce, alcune voci di spesa probabilmente possono aumentare ad un tasso più alto della media.

Alcuni studi hanno acclarato, pertanto, che l’efficiente scala dei costi per una water utility si identifica al livello di una provincia, o, al livello di un numero di utenti intorno al milione. Questo avvertimento è coerente con il processo di razionalizzazione e concentrazione in corso in diversi Paesi europei, considerate le dimensioni delle loro water utilities.

Possiamo formalizzare brevemente la definizione di monopolio naturale, ricorrendo al concetto della subadditività della funzione di costo (Baumol, Panzar e Willing, 1982).

Nel caso, teorico, di un’azienda monoprodotto e di un vettore di produzione q= (q1, ……qn) si ha: n

Σ

C(qk)

C(q) i=1

per ogni k tale che: K

Σ

qk = q K=1

Una funzione di costo è, quindi, subadditiva quando è conveniente produrre tutto l’output in un’unica impresa, piuttosto che in differenti unità. Tuttavia, crescenti rendimenti di scala sono una condizione sufficiente, ma non necessaria per la subadditività della funzione di costo.

Baumol e altri (1982) descrivono un’industria con alti costi fissi e costi marginali crescenti, con una funzione di costo dalla tradizionale forma convessa e subadditiva in una frazione della parte crescente della funzione stessa.

Nel caso di un’impresa multiprodotto, invece, i rendimenti crescenti di scala non sono una condizione né necessaria, né sufficiente per la subadditività della funzione di costo. Possiamo anche formalizzare l’economia di scala attraverso la quantità:

n

φ

q= C(q)/

Σ

(бC/бqi)qi i=1

Che rappresenta l’inverso dell’elasticità dei costi totali, con riferimento al cambiamento proporzionale nel livello degli outputs, lasciando fissa la proporzione della quantità prodotta.

Questa espressione ci consente di introdurre anche il concetto di economie di scopo, in quanto, in un’industria multiprodotto un’impresa può aumentare la sua dimensione e incidere sulla propria struttura dei costi, o incrementando il volume dei prodotti proporzionalmente, oppure modificando il mix degli output. In quest’ultimo caso rileverà l’esistenza di economie di scopo (o di diversificazione). L’esemplificazione formale della presenza di economie di scopo, nel caso di due soli prodotti, è data da: C(q1, 0)+C(0, q2)>C(q1, q2).

Queste brevi osservazioni esprimono alcuni orientamenti di interesse, sia per quanto concerne l’ampio dibattito relativo all’ottima struttura dell’industria idrica (offerta di servizio idrico e fognario), sia per quanto riguarda la conveniente combinazione di economie di scala ed economie di scopo, a perseguimento dell’efficienza produttiva.

Le indicazioni sopra riportate avvalorano le posizioni della maggior parte degli economisti, che considerano l’industria idrica un monopolio naturale. Per le finalità di questo studio, sono, infatti importanti alcune caratteristiche economiche dell’industria, che incidono inevitabilmente sulle scelte finanziarie a sostegno degli investimenti.

La rete delle tubature e delle strutture fognarie comportano costi molto elevati, che rappresentano la maggiore frazione dei costi totali. Questo, naturalmente, non rende conveniente la duplicazione di tali infrastrutture e non promuove, quindi, la concorrenza tra le imprese dal lato del prodotto79. Un altro punto di rilievo è dato dal fatto che il valore del servizio erogato (idrico e fognario) è estremamente basso rispetto al costo delle infrastrutture.

MacMaster e Sawkins (1993) hanno, in aggiunta, sottolineato l’importanza delle economie di scala nella costruzione e nella gestione delle infrastrutture, più che nel trattamento e nella distribuzione

79 Sul punto si è soffermato ampiamente Arnaudo, osservando che tra i servizi a rete e di utilità pubblica l’approvvigionamento di acqua si distingue dai servizi dei settori dell’elettricità, del gas e di telecomunicazione, essendo quello che si presta di meno all’introduzione della concorrenza nel mercato. I motivi, secondo l’autore, sono quattro:

1) Gli alti costi di capitale non rendono possibile duplicazioni (o moltiplicazioni) fisiche della rete, ciò che sarebbe propedeutico ad una concorrenza facility based;

2) Sono poche le interconnessioni tra i diversi bacini idrografici, pertanto è poco praticabile la gestione della domanda attraverso fonti di offerta differenziate;

3) L’alto costo di trasporto della risorsa idrica rispetto al suo prezzo di vendita ai consumatori non permette di estendere la competizione tra providers o tra impianti di depurazione distanti dal luogo di erogazione del servizio finale;

4) La scelta di avere un unico provider si riconduce anche alla necessità di controllare il rischio di qualità e i danni alla salute pubblica, in cui si potrebbe incorrere a causa dell’inevitabile mescolanza della risorse idriche nelle tubature, che renderebbe difficile la distinzione tra acque di qualità diversa, fornite da soggetti diversi.

Cfr. Arnaudo L., Gestione giuridica delle acque e concorrenza nei servizi idrici, Mercato Concorrenza Regole n. 3, 2003.

dell’acqua, in quanto il risparmio di alcuni costi derivante da una maggiore scala, può tradursi nell’accesso più conveniente alla finanza di debito.

Ci sono, tuttavia, alcune forme di concorrenza introducibili in questo mercato, proposte dalla teoria economica e da svariate esperienze internazionali.

Un esempio è dato dall’introduzione della concorrenza diretta nel mercato del prodotto, realizzabile, nel caso in cui esista una rete a livello nazionale o almeno regionale, attraverso cui gli opreratori, possano offrire la propria acqua, in modo concorrenziale, come già avviene nel mercato dell’elettricità. Tuttavia questa forma di concorrenza dal lato dell’offerta potrebbe risultare poco conveniente per l’elevato costo di pompare l’acqua su lunghe distanze (Cowan, 1997) e anche per il fatto che il maggiore valore aggiunto derivante dalla fase di distribuzione, quasi certamente sarebbe soggetto a una regolamentazione. Infatti, non è dalla distribuzione del servizio che deriva il maggior valore aggiunto nell’industria idrica, ma dalla infrastruttura, in quanto il servizio, a differenza che – per esempio – nel settore elettrico, è più difficilmente soggetto alla liberalizzazione.

Una altra caratteristica distintiva dell’industria idrica è data dall’impossibilità di convertire l’utilizzo della rete ad altri scopi rendendo vantaggioso anche l’ingresso di nuovi soggetti: le infrastrutture sono ampiamente ammortizzate e sono quindi consistenti i costi di ammortamento (sunk costs). In generale, non si considera negativa l’introduzione della concorrenza nell’offerta dei servizi, ma alcune condizioni devono essere soddisfatte, affinchè si producano risultati efficienti (Amato e Conti 2005). Ci si riferisce, ad esempio, al rispetto della concorrenza nelle fase di scelta dei gestori idrici, talvolta minacciata dalla presenza di grosse multinazionali, o alla presenza di elevati costi di transazione, che le autorità pubbliche possono controllare attraverso il rafforzamento e il monitoraggio dei contratti stipulati per la gestione dei servizi.

Secondo Ouyahia (2006)80, nel settore idrico europeo esistono tre principali modelli concorrenziali:

1) Il modello inglese di totale privatizzazione, in cui sia la proprietà che il management sono privati;

La peculiarità di questa forma concorrenziale consiste nel trasferimento integrale di monopoli naturalmente gestiti dal soggetto pubblico ad una impresa privata, sulla base della vendita a

80 Ouyahia, M. A. (2006). "Public-Private Partnerships for Funding Municipal Drinking Water Infrastructure:

investitori privati di tutte le attività tangibili81 (quali tubature, impianti per il trattamento delle acque reflue e sistemi di captazione).

In Inghilterra e Galles, i principali fautori di questo modello, è stata adottata dal regolatore (OFWAT) una concorrenza indiretta, attraverso la yardstick competition (o concorrenza comparativa).

OFWAT raccoglie periodicamente degli indicatori di performance dalle imprese che operano nell’industria idrica e li rende publici. Si innesca, quindi, una concorrenza comparativa con la finalità di introdurre la tipica “pressione” sugli operatori, di un comune mercato concorrenziale (Euromarket, 2003).

2) Il modello francese di management delegato, in cui la proprietà è in mani pubbliche e il management si basa su un mix di sistemi pubblici e privati;

Questa forma di concorrenza “per il mercato” si attua quando operatori pubblici o privati concorrono all’assegnazione di un contratto (di concessione o leasing) attraverso una gara pubblica. L’offerta concorrenziale di servizi idrici da parte di soggetti privati si è diffusa oltre che in Francia in altri Paesi europei ed è stata caldeggiata anche da agenzie di credito internazionali, quale la Banca mondiale, per l’organizzazione dei sistemi idrici dei paesi in via di sviluppo.

Da questo approccio possono derivare molte forme di partnerships, la cui realizzazione dovrà essere subordinata ad alcune analisi imprescindibili, nel contesto di riferimento: l’analisi dello stato dell’infrastruttura; l’analisi del quadro normativo; l’analisi del sostegno o della contrarietà locale allo sviluppo della partnership e l’analisi della fattibilità finanziaria dell’operazione (Ouyahia, 2006).

3) Il modello tedesco, in cui le autorità pubbliche regolano le imprese parzialmente privatizzate attraverso la creazione di board di supervisione e la nomina di supervisori all’interno di esse (Wackerbauer 2006).

Il modello risulta ben rappresentato dal caso della città di Berlino, in cui l’impresa municipale è parzialmente partecipata da aziende private: nel 1998 Berliner Wasserbetriebe fu

81 In questo contesto, un altro modo di introdurre la concorrenza nel settore idrico, dal lato del prodotto, è stato attraverso il cosiddetto common carriage, ovvero l'utilizzo della rete come un mezzo da condividere tra i diversi operatori, resa accessibile ai concorrenti dal monopolista, sulla base di un principio di non discriminazione. Il caso più noto è dato dall'esperienza di Inghilterra e Galles, dove, facendo seguito al Water

Act del 2004 , il governo britannico ha stimolato la concorrenza sul mercato del prodotto nel settore idrico. E'

stata esercitata una "pressione" concorrenziale sia nella fase del trattamento e della produzione che in quella della commercializzazione, anche se sono emerse delle problematiche, anche sanitarie, per il mix di acque provenienti da diversi produttori, o per il cream-skimming behaviour dei nuovi entranti (Amato e Conti, 2005, op. cit.).

parzialmente privatizzata, con il 50.1% delle azioni di controllo acquisite dallo Stato Federale di Berlino e il 49.9% di azioni acquisite da imprese private. La finalità della holding è quella di controllare e realizzare ulteriori sviluppi del business concorrenziale e di controllare i lavori infrastrutturali di Berlin Water Works.

Se si amplia l’osservazione allo scenario complessivo dei servizi pubblici, si rilevano alcuni fattori di cambiamento che hanno condizionato il processo di liberalizzazione degli ultimi anni:

- lo sviluppo tecnologico (soprattutto nelle telecomunicazioni e nell’elettricità);

- la diversificazione dei bisogni e della domanda, derivanti dalle nuove richieste dell’utenza riguardo ai servizi, alla qualità e alla soddisfazione dei diversi bisogni e desideri;

- le carenze talvolta associate alla gestione pubblica e al malfunzionamento di precedenti assetti organizzativi e regolamentari;

- l’influenza crescente di teorie neoliberiste e il richiamo ai valori concorrenziali da parte delle istituzioni comunitarie, a supporto dello sviluppo del mercato interno.

Il prospetto che segue, proposto da Euromarket, rappresenta schematicamente l’andamento delle liberalizzazioni nei diversi settori.

Figura 6: Andamento delle liberalizzazioni nei servizi pubblici

Nota: Il vettore indica che i settori alla base sono meno liberalizzati di quelli in alto

Fonte: Euromarket, 2003

E’ evidente come nel settore idrico, a differenza di altri – elettricità, telecomunicazioni, servizi postali e trasporti – non sia stata svolta la politica europea di liberalizzazione dei servizi di rete, sebbene, come questo studio prova a rappresentare concentrandosi sugli aspetti finanziari del fenomeno, sia possibile analizzare una pluralità di esperienze riconducibili alle forti tensioni evolutive in essere.

2.1.2 La relativa efficienza dell’assetto proprietario nell’industria idrica:

approvviggionamento pubblico versus approvvigionamento privato dei servizi idrici

Un aspetto del dibattito particolarmente controverso è quello della relativa maggiore efficienza dell’assetto proprietario privato, rispetto a quello pubblico, delle water utilities o viceversa.

Si può infatti affermare che negli ultimi anni le politiche e le decisioni programmatiche in questo ambito siano spesso state condizionate dal presupposto, tutt’altro che comprovato, della maggiore efficienza del settore privato, in termini di migliori performance e di superiori capacità gestionali dell’impresa privata, oltre che dal beneficio intrinseco derivante dalla concorrenza nel mercato, che prescindono dai condizionamenti politici stringenti che vincolano l’impresa pubblica e il suo processo decisionale. Parte del dibattito riguardante la politica infrastrutturale e l’erogazione dei servizi idrici, è dominato, pertanto, dalla convinzione che il coinvolgimento di soggetti privati sia un obiettivo in sé ed un risultato desiderabile (Hall e Lobina, 2005).

L’evidenza empirica e i dibattiti teorici hanno supportato questa affermazione in alcuni casi (per esempio, Shleifer, 1998; Shirley e Whalsh, 200082; Megginson e Netter, 2001), ma la più recente letteratura non rileva chiaramente se i benefici usualmente ricondotti alla proprietà privata si rivelino bene anche in situazioni, tipiche delle public utilities, in cui l’impresa, sia pubblica che privata, non deve fronteggiare alcuna concorrenza nel mercato del prodotto e in cui alcuni elementi, quali le distorsioni regolamentari, possono condizionare il comportamento degli operatori privati e pubblici (Amato e Conti, 2005).

Questo induce ad una più attenta ponderazione dei casi specifici, del contesto di riferimento, degli aspetti finanziari ed economici, piuttosto che enfatizzare l’aspetto del modello organizzativo prevalente, pubblico o privato che sia.

82 Shirley Mary and Walsh Patrick. 2000. “Public vs. Private Ownership: The Current State of the Debate.”

World Bank Policy Research Working Paper 2420. Washington, D.C.: World Bank

http://econ.worldbank.org/files/1175wps2420.pdf. In questo paper della Banca Mondiale di 24 studi comparativi in infrastrutture, la metà hanno rivelato una maggiore efficienza di soggetti privati, 7 casi non hanno consentito di dichiarare una maggiore efficienza, nè in capo al soggetto pubblico né in capo al soggetto privato, e solo 5 casi hanno rappresentato un settore pubblico più efficiente. Tuttavia, dei 24 casi, soltanto 2 riguardavano studi condotti nell’industria idrica, eseguiti negli anni ’70: uno di questi, con un campione di riferimento di due imprese, ha concluso che la gestione privata fosse più efficiente; l’altro, con un campione di riferimento di 214 unità, ha decretato la migliore performance del settore pubblico.

Poiché non esiste uno studio che riporti l’evidenza empirica internazionale sulla relativa efficienza degli operatori pubblici e privati e sugli effetti della privatizzazione nell’industria idrica, Amato e Conti hanno proposto una analisi e un commento dei principali papers che abbiano affrontato tale problematica negli ultimi 25 anni, dividendoli in due gruppi principali: il primo, basato sugli studi aventi ad oggetto campioni rappresentativi statunitensi – in considerazione dell’assetto proprietario misto dell’industria idrica americana – il secondo ha raggruppato i rimanenti papers. In aggiunta, nell’ambito di ciascun gruppo, si sono differenziati gli studi condotti in base alle differenti metodologie statistiche adottate (econometriche o tecniche di programmazione lineare) e all’ordine cronologico degli approfondimenti.

Questo approfondimento si è concentrato, quindi, su evidenze teoriche ed empiriche. Tra gli argomenti teorici a sostegno della maggiore efficienza dell’impresa privata troviamo:

- la teoria dei diritti di proprietà e la teoria della scelta pubblica. Si suppone, generalmente, che gli azionisti di un’impresa privata abbiano grandi incentivi a perseguire l’obiettivo della minimizzazione dei costi e di introdurre tecniche più produttive, allo scopo di internalizzare i guadagni in termini di efficienza ottenuti, attraverso la vendita delle loro azioni sul mercato dei capitali. Al contrario, l’assenza di diritti di proprietà in capo ai cittadini-contribuenti, che sono anche i proprietari dell’impresa pubblica, determinerebbe scarsi incentivi a migliorarne la produttività e l’efficienza, che può potenzialmente incrementare le vendite e/o ridurre i costi. La teoria della scelta pubblica, in aggiunta, sottolinea lo scarso interesse dei manager pubblici a investire in progetti di lungo periodo, a causa del ridotto orizzonte temporale offertogli da incarichi subordinati alle dinamiche politiche e all’avvicendarsi dei governi. Tra le altre considerazioni, si ricorda, inoltre, la tendenza delle imprese pubbliche ad aumentare il personale impiegato (Stigler, 1971), per ricompensare l’elettorato del sostegno accordato ai politici.

Tuttavia, è possibile riportare anche alcune argomentazioni teoriche a sostegno della maggiore efficienza dell’impresa pubblica. Tra le più note, si annovera

- il condizionamento negativo della regolamentazione sulle private utilities, che può determinare l’effetto Averch – Johnson (Averch e Johnson, 1962)83.

In sintesi, si assume che il regolatore fissi un tasso di rendimento massimo consentito all’impresa, mentre a quest’ultima, che opera in rendimenti di scala crescenti, rimangono le decisioni circa l’impiego dei fattori e il prezzo del servizio offerto. Il vincolo imposto all’impresa, quindi, cerca di fissare un limite massimo dei suoi profitti stabilendo il massimo tasso di rendimento del capitale ma lasciando l’impresa libera di scegliere la quantità di