• Non ci sono risultati.

Le catene migratorie e le confraternite murid

Capitolo 4: UN’ANALISI EMPIRICA SUL CO-SVILUPPO

4.1.2 Le catene migratorie e le confraternite murid

La possibilità che il migrante possa divenire agente di sviluppo per la madrepatria è influenzata direttamente dal ruolo giocato dai processi di trasformazione e strutturazione delle reti sociali nei percorsi migratori dei senegalesi in Italia. I legami etnici, comunitari o religiosi su cui tali network si fondano sono i motori stessi della solidarietà. Le risorse della socialità, come già ribadito, hanno infatti un’indubbia utilità nell’elaborazione delle tattiche migratorie e di inserimento nelle collettività d’approdo, dal momento che danno ai migranti la certezza di poter contare in emigrazione su reti di aiuto e sostegno proprie. Nel caso degli immigrati senegalesi “pare di poter osservare, innanzitutto, come le strategie di insediamento elaborate dagli immigrati nei contesti di accoglienza possano essere meglio comprese se guardate alla luce di quella che tende spesso ad emergere come una costante significativa ed una specificità della loro cultura di origine; vale a dire, la capacità di metabolizzare gli elementi di cambiamento affiancandoli con dei processi di reintegrazione e di riorganizzazione su nuove basi dell’esistente, senza che vi sia un’effettiva e completa perdita dei tratti socio-culturali originari” (Cocco, 2005, pag. 54)159. Se da un lato, i reticoli sociali in cui sono immersi i migranti senegalesi si proiettano con successo al di fuori, come indicano efficacemente, fra le altre cose, lo sviluppo delle associazioni e il coinvolgimento nelle attività della società civile di riferimento, dall’altro, essi si mostrano come comunità autosufficiente, chiusa ed interessata solo occasionalmente e strumentalmente ad un interscambio con l’esterno. Tale ambivalenza si rispecchia nella complessa dialettica tra le molteplici traiettorie d’azione transnazionale che si confrontano all’interno della comunità

158 Riccio B., Migranti per il co-sviluppo tra Italia e Senegal: il caso di Bergamo, COOPI-CeSPI,

febbraio 2006.

migrante. Come sostiene l’antropologo Bruno Riccio160, il caso dei wolof mostra chiaramente, da un lato, che la migrazione transnazionale, più che essere un sistema omogeneo, è un contenitore che racchiude al suo interno pratiche differenti e, dall’altro, che il contesto locale d’approdo ha un impatto diretto sulle finalità e l’intensità delle attività transnazionali dei singoli.

Sebbene a prima vista e nell’immaginario comune gli immigrati senegalesi possano sembrare una marea disorganizzata, in grado di rappresentare degnamente l'esercito di stranieri disperati che sbarcano in Europa, in realtà, come ha ricordato l’Economist in un reportage di qualche tempo fa sulla comunità senegalese di Roma161, essi “sono tutto meno che disorganizzati: sono membri di una comunità internazionale, religiosa ed economica, fortemente regolamentata, con il quartier generale in un’altra città santa, Touba, nel cuore del Senegal a tre ore di auto da Dakar. Come molti emigrati senegalesi, questi ambulanti romani appartengono ad un dinamico ordine Sufi chiamato la Muridiya”.

Il Muridismo, infatti, è la corrente devozionale del misticismo islamico, al quale appartiene la maggior parte dei musulmani in Senegal, la cui influenza persiste e quasi si rafforza nel percorso migratorio. Sorta a partire dagli insegnamenti del Profeta Cheikh Amadou Bamba Mbacke, vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento, la confraternita islamica murid si propone di disegnare un ritorno alle radici dell’Islam, che ha poco in comune con le rigide visioni di origine araba. Piuttosto, i suoi principi combaciano perfettamente con la dottrina della non violenza, invitando i discepoli alla guerra santa dell’anima. Il lavoro, considerato atto di fede e prescritto come obbligo morale per sopperire ai propri bisogni ed essere utile alla comunità, è sottoposto ad un’etica la cui fonte va ricercata nella tradizione musulmana. Gli insegnamenti basati sul duro lavoro, l’autosufficienza e la solidarietà tratteggiano quindi per i seguaci, che hanno lasciato il Senegal in cerca di un’occupazione, una risposta ingegnosa all’avvento dei mercati globali delle merci e del lavoro. I valori religiosi introdotti in maniera sempre più capillare dall’Islam ed in particolare dall’organizzazione nelle dahire, le associazioni religiose ed economiche murid caratteristiche del Senegal, in effetti, hanno fatto della comunità senegalese all’estero una delle realtà africane di maggior successo e

160 Riccio B., Disaggregating the transnational community Senegalese migrants on the coast of Emilia-

Romagna, Università di Bologna, 2001.

meglio integrate nei processi del commercio internazionale. Le reti commerciali influenzate dall’appartenenza al Muridismo si caratterizzano per un tipo di organizzazione che promuove la mobilità sociale. C’è chi vede nel dispiegarsi dell’iniziativa imprenditoriale a livello transnazionale un processo di ottimizzazione del capitale sociale a fini migratori (Cocco, 2005). A partire dalle più progredite forme di commercio inserite nei circuiti internazionali, passando per le microattività individuali di vendita all’ingrosso o al dettaglio, fino ad arrivare alla pratica diffusa del commercio ambulante, sono tutte attività che si fondano su una stessa affinità religiosa e beneficiano, in egual misura, del supporto delle infrastrutture reticolari e del sistema di solidarietà interno alla rete delle confraternite murid sparse per il mondo. Le indagini condotte in Italia sulla propensione a sviluppare iniziative imprenditoriali autonome da parte dei migranti senegalesi hanno dimostrato che, anche quando esse sono concentrate apparentemente solo all’interno del territorio nazionale, mantengono ugualmente forme di transnazionalismo in collegamento con la madrepatria, di tipo più propriamente immateriale e simbolico. Paradossalmente, però, uno dei principali freni allo slancio imprenditoriale è proprio di ordine sociale, dal momento che tendenzialmente il mantenimento della famiglia e il contributo economico alla cerchia allargata dei parenti e alla comunità religiosa assorbe gran parte dei risparmi e dei profitti guadagnati dagli immigrati. Per potersi sviluppare appieno, inoltre, è importante che l’imprenditoria transnazionale possa servirsi di accesso agevolato sia al credito che ad un’informazione diffusa e capillare, oltre che ad occasioni strutturate di formazione (Castagnone, 2006)162. Si sottolinea a tal proposito che un’offerta di formazione finalizzata a promuovere la creazione d’impresa da parte dei migranti per poter essere produttiva deve essere in grado di mediare tra le esigenze, da un lato, di approfondire la dimensione aziendalistica e manageriale, e dall’altro, di interagire con le singole specificità culturali, facendo leva sull’insieme di risorse umane e relazionali di cui gli immigrati sono portatori, evitando così di privilegiare l’una o l’altra parte, col rischio di perdere d’efficacia. In questo senso entra in gioco il supporto potenziale dell’apparato istituzionale tanto nella società d’accoglienza quanto in quella d’origine.

Touba, la città santa fondata dal Profeta, capitale del Muridismo, considerata dalla comunità murid senegalese come lo spazio della sacralità, si è enormemente sviluppata

162 Castagnone E., Migranti per il co-sviluppo tra Italia e Senegal. Il caso dei Senegalesi a Torino e

grazie anche agli investimenti individuali e collettivi e alla mobilitazione finanziaria dei discepoli disseminati nel mondo attraverso l’emigrazione. I migranti sono i veri e propri motori del boom edilizio che investe la città la quale, secondo Cheikh Gueye163, rappresenta un paradosso, essendo al tempo stesso luogo di fissazione e di partenza, ideale di ritorno e territorio di emigrazione della confraternita islamica.

Benché la scelta di emigrare sia eminentemente individuale o familiare, l’appartenenza alle confraternite murid riveste per i migranti senegalesi in Italia una grande importanza di ordine sociale e psicologico. Il sostegno di natura informale nei periodi di difficoltà è assicurato ai senegalesi dalla comune appartenenza ad una stessa concezione religiosa e comunitaria. L’aiuto reciproco e la solidarietà hanno accompagnato il processo di trasformazione ed adattamento delle confraternite murid nell’immigrazione, assicurando agli emigrati quel grado di sicurezza materiale, sociale e psicologica necessario per affrontare le sfide poste dalla nuova situazione (Ndyaye e Kaag, 2006)164. I senegalesi in Italia si sono mostrati abili nel riannodare con naturalezza la complessa struttura tradizionale di social network rappresentata dall’intreccio delle relazioni instaurate sia all’interno che fra le famiglie allargate, le associazioni di villaggio e le confraternite musulmane, in un andirivieni dialettico tra integrazione e conservazione dell’individualità originale. L’esito di tale processo è la costruzione di un’identità ibrida, tesa a promuovere strategie di comunicazione ed interrelazione leale tra gli aspetti legati alla tradizione e quelli connessi alla realtà d’accoglienza che condizionano la vita quotidiana degli immigrati senegalesi. Le reti sociali e le dahire assumono un ruolo rilevante nel riprodurre i flussi migratori e nell’esercitare un controllo sociale sui comportamenti dei singoli, al fine di contenerne l’autonomia individuale. Se, da un lato, però, la confraternita murid alimenta e sostiene il ciclo migratorio grazie alla diffusa presenza delle dahire all’estero, dall’altro, subisce gli effetti secolarizzanti della società occidentale, imponendo ai discepoli l’obbligo di servirsi di nuovi meccanismi d’adattamento e di mediazione. Tale situazione favorisce, infatti, un processo di progressiva individualizzazione del soggetto che si mantiene comunque in perenne

163 Gueye C., Touba, territorio sognato e di ritorno dei Mourides, contenuto in Perrone L. (a cura di), Tra

due mondi – Forme e grado di adattamento della società senegalese, fascicolo monografico di Sociologia

urbana, anno XXIII, n. 64-65, FrancoAngeli, 2001.

164 Dai capitoli intitolati rispettivamente Il posto del lavoro nell’opera di Cheikh Ahmadou Bamba e Il

ruolo della confraternita dei Muridi nella vita dei migranti senegalesi, contenuti in Casella Paltrinieri A.

tensione con l’appartenenza clanica, il che comporta implicazioni interessanti anche per l’implementazione dei percorsi di co-sviluppo (Stocchiero, 2006a).

Per comprendere su quali fondamenta poggia l’associazionismo dei migranti senegalesi è necessario porre l’accento sulla capacità d’iniziativa e di auto-organizzazione su base informale propria del complesso di relazioni e reti d’appartenenze in cui sono inseriti in patria, dal momento che gli individui nell’esperienza migratoria sembrano riprodurre proprio quello stesso sistema di garanzie costitutivo della società d’origine. Come afferma Mariantonietta Cocco, in questo senso è essenziale il riferimento alla tradizionale struttura solidaristica africana che trova i suoi presupposti nel ruolo svolto dalla famiglia allargata e da un’organizzazione sociale ed economica di tipo collettivistico (2005). Quello senegalese è quindi un caso di associazionismo esportato che poi, in Italia, si è riprodotto secondo codici sociali e culturali sia tradizionali che nuovi fino a divenire uno di quelli più sviluppati fra le comunità straniere residenti nel nostro paese. Il Dossier Statistico sull’Immigrazione della Caritas conferma che, nonostante non sia più ai primi posti in quanto a presenze, la comunità senegalese è in cima alla classifica per pratiche associative, dato che si stima che vi sia un’associazione quasi ogni settecento senegalesi. Come è stato rilevato nella fase d’indagine che ha preceduto il momento di vera e propria progettazione dell’intervento dell’ong COOPI denominato Rafforzamento del capitale sociale nell’ambito del fenomeno migratorio senegalese, a cui si è accennato precedentemente, “in una prospettiva diacronica, si può tracciare un percorso che parte dalla nascita delle prime associazioni negli anni ’80, legate alle dahire, volte soprattutto a favorire l’inserimento nel mercato del lavoro e a far fronte alle emergenze sociali e agli adempimenti richiesti dalle politiche di immigrazione, per poi passare, attraverso cicli di aggregazione e frammentazione, a una progressiva crescita e diversificazione, secondo le diverse tipologie di appartenenza” (Stocchiero, 2006a, pag. 6). Le analisi condotte dai ricercatori, concentrandosi su alcuni contesti provinciali d’approdo, quali quelli di Bergamo, Brescia, Milano e Torino, hanno constatato che la distinzione fra le diverse realtà associative si basa sul fattore aggregante che a seconda delle situazioni può essere la comune provenienza o destinazione geografica, lo stesso credo religioso, l’origine etnica, l’appartenenza di genere o la mera motivazione solidaristica. Il fatto poi che spesso e volentieri gli individui aderiscano a più di un’associazione evidenzia un altro carattere tipico

dell’associazionismo senegalese, ossia la preferenza per la diffusione di appartenenze che non siano esclusive quanto inclusive, al fine di potenziare il risultato che si persegue collettivamente, qualunque esso sia. Nonostante le peculiarità di ciascuna, generalmente le associazioni degli immigrati senegalesi si pongono come fini prioritari la coesione culturale ed etnica, la solidarietà finanziaria e, last but not least, il sostegno all’attivazione di percorsi di sviluppo nella madrepatria, dove meglio si esprime tanto il grado di transnazionalismo quanto l’intensità delle relazioni mantenute nella società d’origine dai plurali soggetti associativi.