Capitolo 1: MIGRAZIONI E SVILUPPO
1.4 I FONDAMENTI TEORICI DEL CO-SVILUPPO
1.4.2 Il transnazionalismo nello sviluppo
quanto dalla solidarietà fondata su un sentimento d’incertezza generalizzata57.
“I migranti transnazionali forgiano senso di identità e appartenenze comunitarie non più a partire da una perdita, e neppure da una replica del passato, bensì come qualcosa che è allo stesso tempo nuovo e familiare, un bricolage composto di elementi tratti sia dal paese d’origine sia da quello d’insediamento” (Ambrosini, 2006, pag. 9)58.
Si è concluso fin qui che l’agire in una dimensione transnazionale è una delle capacità potenzialmente attivabili dell’attore migrante, metterla al servizio dello sviluppo della terra d’origine implica, come vedremo nel prossimo paragrafo, una combinazione favorevole tra opportunità politiche e strategie personali. Lo spazio sociale transnazionale in cui gli immigrati si inseriscono modella infatti le relazioni che si mantengono con la madrepatria, dalle iniziative economiche, alle attività politiche ed ai progetti socio-culturali, coesistendo con forme più tradizionali di adattamento culturale, politico ed economico.
1.4.2 Il transnazionalismo nello sviluppo
Come si è avuto già modo di sottolineare, molteplici ed imprevedibili sono i possibili esiti della relazione fra migrazione e sviluppo a seconda delle dinamiche sociali in atto e dei contesti di riferimento, essendo tale connessione localmente e storicamente situata. L’uso strumentale delle politiche preposte, ufficialmente ed ufficiosamente, alla gestione dei flussi migratori, da parte tanto dei paesi d’origine quanto di quelli di destinazione, è in grado di per sé di alterare e corrompere il naturale andamento del rapporto. Inoltre è bene mettere in evidenza come l’impatto delle migrazioni sullo sviluppo sia differente a seconda degli effetti di retroazione che le reti di relazioni sociali create dai migranti all’estero producono sui contesti d’origine. Come afferma Ambrosini, infatti, “rimesse, migrazioni temporanee e pendolari, ritorni periodici o definitivi incidono in vario modo sulle società di provenienza, influenzando – sia pure in modo controverso – i processi di sviluppo locale, i mutamenti culturali, le stesse aspettative e i comportamenti dei non migranti” (2006, pag. 3). Andrea Stocchiero,
57
Portes A., Globalization from below. The Rise of Transnational Communities,
ESRC Transnational Communities Project, Working Paper WPTC-98-01, 1998.
58 Ambrosini M., Delle reti e oltre: processi migratori, legami sociali e istituzioni, Working Papers del
vicedirettore del CeSPI, il Centro Studi di Politica Internazionale che a Roma lavora diffusamente su programmi di ricerca tematici, riprendendo tale presupposto è riuscito ad identificare quattro possibili esiti schematici della relazione tra migrazioni e sviluppo. Essi mostrano ampia capacità interpretativa, pur non essendo in grado ovviamente di esaurire le combinazioni di interrelazioni tra i due fenomeni, che nella realtà dei fatti sono assolutamente non unidirezionali e progressive e da contestualizzare in ambienti ben definiti e disomogenei tra loro, a seconda delle variabili che intervengono. Due sono i circoli viziosi individuati. Vi è il caso in cui scarsi livelli di sviluppo si accompagnano ad una crescita dei flussi migratori che influenza negativamente il contesto d’origine, rafforzando forme di dipendenza e promuovendo una cultura all’emigrazione che depaupera la nazione. Il secondo è il caso in cui l’indigenza è così diffusa che la propensione ad emigrare che ne consegue è talmente debole che impedisce qualunque impatto positivo delle rimesse, situazione questa emblematicamente chiamata “trappola della povertà”. I circoli virtuosi, invece, sono esemplificati, da un lato, dal caso in cui lo stesso incremento dello sviluppo genera un aumento dei flussi migratori i cui ritorni, in termini di rimesse finanziarie, sociali ed umane, hanno un effetto positivo sullo sviluppo stesso. Altra variante è quella in cui livelli considerevoli di sviluppo in patria si combinano con flussi migratori scarsi e selezionati di persone altamente qualificate, capaci di favorire un rientro, diretto od indiretto, di capitale umano59.
È quindi proprio la natura interattiva e fluida dei processi migratori, che le dinamiche del transnazionalismo rafforzano, a poter divenire fattore di sviluppo per le terre d’origine qualora essa venga rafforzata e sostenuta da orientamenti lungimiranti. Il migrante inserito in un network non è più un individuo isolato che fluttua in un vuoto sociale ma un soggetto attivo in rete, che, se adeguatamente supportato, è in grado di sviluppare capacità d’iniziativa da mettere al servizio della comunità d’appartenenza che si colloca in una dimensione bi o multilocale. Infatti “se i legami sociali transnazionali sono istituzionalizzati, ovvero se essi sono sostenuti da istituzioni politiche, religiose o sociali, ai migranti è offerta la possibilità di essere costantemente
59 Stocchiero A., Migrazioni e sviluppo: un tema emergente, complesso e politicamente complesso?, a
attivi e, di conseguenza, vi è maggior propensione a che le pratiche transnazionali si realizzino”60.
Riconoscere un ruolo chiave alla dimensione transnazionale delle esperienze migranti e cogliere il nesso esplicito tra migrazioni e cooperazione sono operazioni indispensabili per condurre alla definizione di un nuovo paradigma culturale e politico che trova i sui fondamenti teorici nel concetto di co-sviluppo “che designa uno sviluppo parallelo e sinergico del paese di origine e di quello di destinazione, in cui il migrante funge da scintilla iniziale e da fattore trainante”, secondo la definizione che di esso fornisce Pastore61. Affinché si possano trovare applicazioni pratiche alle basi teoriche, occorre affrontare la questione se i principi su cui si fonda il co-sviluppo siano stati recepiti dal sistema politico di riferimento. Secondo l’analisi di Chaloff, il co-sviluppo può divenire un approccio su cui lavorare attivamente solo se le istituzioni preposte proseguono nel processo di assimilazione del link tra sviluppo e migrazioni, già avviato. L’idea che supportare il movimento dei singoli individui possa rafforzare l’impatto delle politiche sulle nazioni natie e quella secondo cui alti livelli di sviluppo riducono la pressione migratoria sono solo alcune tra le indicazioni politiche che iniziano ad emergere come possibili orientamenti praticabili. In realtà ancora molto resta da fare se si pensa a quanto raramente le politiche migratorie dei paesi occidentali tengano in considerazione i piani e i progetti di quanti ne dovrebbero essere i beneficiari ma, forse più propriamente, ne sono solo i capri espiatori. Spesso infatti una concessione restrittiva della cittadinanza ed impedimenti burocratici forzano una presenza costante dei migranti nei contesti d’accoglienza, impedendone la circolarità dei movimenti. Una maggiore consapevolezza del carattere transnazionale delle migrazioni esige un ripensamento delle normative preposte sia a livello locale che nazionale alla gestione ed al controllo del fenomeno, in cui possa trovare spazio e concretezza una visione politica nuova, in grado di cogliere il nesso tra migrazioni e cooperazione. Per concludere, ho scelto le parole di Chaloff che meglio spiegano quali siano i vantaggi che si offrono a politici lungimiranti, capaci di guardare oltre gli interessi contingenti: “It can be difficult to start to think outside of national boundaries, since most policy is made for people who stay put or who migrate once, and definitively. The transnational context
60 Coltro Noboa C., Trasmigranti in una società multiculturale: il caso canadese, tesi di laurea, Facoltà di
Scienze Politiche, Università di Bologna.
represented by today’s migrants – part of the process of globalization of businesses, institutions, culture and civil society – is another opportunity for development. This is what is meant when free movement of people is promoted as just as free movement of capital” 62.