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Il ruolo della cooperazione decentrata

Capitolo 2: LE RETI MIGRANT

3.4 L’ITALIA E IL CO-SVILUPPO

3.4.3 Il ruolo della cooperazione decentrata

Come spesso accade, la vicinanza alle tematiche ha indotto gli enti locali italiani ad occuparsi del nesso migrazioni e sviluppo in maniera più intensa di quanto non sia avvenuto al livello centrale. Questo non perché le amministrazioni decentrate si arroghino il diritto di sostituirsi al governo nazionale nella facoltà di deliberare in merito alle relazioni internazionali ma semplicemente perché, avendo come riferimento immediato il territorio locale, si trovano ad essere i soggetti direttamente investiti dalla necessità di gestire i bisogni, i diritti, i doveri e le aspirazioni dei migranti. Come conferma Ferruccio Pastore146, l’importanza della dimensione locale nei processi migratori contemporanei induce le istituzioni locali e regionali ad assumere un ruolo di primo piano nella conduzione della governance migratoria, andando a sopperire anche alle mancanze ed inefficienze delle istituzioni centrali, particolarmente manifeste sul terreno dell’accoglienza e dell’integrazione.

Accade allora talvolta che il sentire di amministratori più ricettivi rispetto ai temi della cooperazione internazionale si incontri con la volontà di alcuni attori della società civile, certe volte gli stessi migranti, di implementare strategie di sviluppo nei paesi d’origine dei flussi migratori. Sono nate così le ancora troppo rare iniziative italiane di co-sviluppo inserite all’interno dei percorsi di cooperazione decentrata.

Le pratiche realizzate negli anni dalle autonomie locali in collaborazione con ong, associazioni migranti, enti di volontariato o altri protagonisti del terzo settore possono essere raggruppate in tipologie tematiche, in riferimento all’argomento su cui hanno teso a focalizzarsi. Si distingue tra progetti nel campo della formazione e del reclutamento di manodopera, attività finalizzate alla diffusione di occupazione e alla

146 Pastore F., Il ruolo degli enti sub-nazionali tra integrazione e co-sviluppo, Conferenza su Partenariato

riduzione della pressione migratoria, sperimentazioni atte a sostenere i rientri in patria di gruppi di immigrati volontari o di categorie particolarmente vulnerabili, fra cui donne e minori vittime della tratta e detenuti, progetti di sviluppo comunitario, interventi di canalizzazione e valorizzazione delle rimesse e promozione di investimenti produttivi indirizzati al rientro imprenditoriale. Ciò che accomuna tali iniziative è il fatto di fornire risposte concrete ed efficaci a precise domande provenienti dal territorio di competenza ed offrire, al tempo stesso, significative opportunità di inserimento agli stranieri, qualificandoli come lavoratori dinamici sia per il mercato italiano sia per quello del paese d’origine ed accompagnandoli nella reintegrazione nel contesto locale di partenza. “Queste esperienze hanno mostrato però rilevanti limiti di carattere strutturale: le azioni sono isolate, soffrono di un’eccessiva settorializzazione, mancano di continuità e di sostenibilità, il coordinamento non esiste o è inadeguato sia a livello locale, che soprattutto con i livelli superiori e con i paesi d’origine; la capacità delle istituzioni e del personale sono carenti; il dialogo con i migranti e le loro associazioni non è strutturato e manca di metodologie, il raccordo tra progetti e piani di sviluppo locale “qui e là” è carente” (Stocchiero, 2007b). Un’eccessiva frammentazione in specifici compartimenti progettuali, infatti, rischia di ridurre le potenzialità strategiche, senza dar vita ad effetti moltiplicatori capaci di riprodurre ed ampliare il target dei destinatari. Dall’analisi delle esperienze condotte, si evince che un altro limite scontato dai progetti di co-sviluppo implementati a livello territoriale è la scarsità di risorse, di tipo umano ma soprattutto finanziario, che induce a lavorare su piccola scala e in maniera discontinua. In realtà, oltre ai limiti specifici dei diversi progetti dovuti per lo più ad elementi contingenti, l’ostacolo preminente ad un’azione coordinata di co-sviluppo è da ricercare nell’assenza di politiche e normative coerenti a livello nazionale che impone agli enti locali interessati di muoversi in questo campo solo attraverso esperienze pilota ed interventi isolati, con tutti i rischi di dispersione e scarsa efficacia che ciò comporta (Conato, 2004)147.

Occorrerebbe allora promuovere un approccio integrato, ancora poco praticato, che sappia coordinare le molteplici dimensioni del legame tra migrazione e cooperazione, anche al livello amministrativo, in modo da rendere il migrante reale interprete dei bisogni tanto del Nord quanto del Sud, partendo innanzitutto dal rafforzamento della

147 Conato D., Cooperazione decentrata e migrazioni internazionali. Primi orientamenti operativi per i

capacità rappresentativa delle ancora scarse e fragili associazioni d’immigrati presenti sul territorio italiano (Mezzetti, Rotta, Stocchiero, 2003)148. A fronte di una società che si confronta quotidianamente con il fenomeno dell'immigrazione, infatti, i rapporti di partenariato stabiliti finora tra comuni, province e regioni, da un lato, e luoghi d’origine dei flussi migratori, dall'altro, vedono i migranti tra i soggetti coinvolti ancora troppo marginalmente. Osservando le esperienze della cooperazione decentrata italiana, che definisce la propria specificità nella capacità di mettere in relazione tra loro territori con le proprie peculiarità e risorse, si nota la circoscritta presenza delle comunità di immigrati, in particolare nelle fasi di ideazione e sviluppo delle iniziative intorno a cui i partenariati territoriali si articolano. In effetti, le comunità e le associazioni di immigrati attraversano ancora una fase di strutturazione delle proprie richieste e dei propri interessi e di conseguenza, non avendo ancora raggiunto un significativo grado di affermazione nella sfera pubblica italiana, non hanno delineato un proprio spazio definito nella promozione della cooperazione decentrata. Spesso le comunità immigrate vengono coinvolte, in modo marginale, ad un livello più che altro divulgativo, col compito di assistere e commentare le iniziative legate alla cooperazione decentrata realizzate dagli enti locali italiani nei loro paesi di origine. Tuttavia, in maniera sempre più diffusa le associazioni di immigrati iniziano a riconoscere a se stesse un ruolo attivo e propositivo rispetto alle linee o alle modalità di intervento.

Quanto appena riferito, è dimostrato in maniera lampante dall’esperienza innovativa del Tavolo Migranti e Cooperazione interno alla struttura della cooperazione decentrata friulana. Privilegiando un metodo di democrazia partecipativa in cui la società civile, attraverso le associazioni e gli enti locali, esprime in modo partecipato e condiviso delle scelte comuni, il Friuli Venezia Giulia si è dotato nel 2000 della legge regionale n. 19 che all’articolo 10 istituisce i Tavoli di Coprogettazione che riuniscono i soggetti interessati, al fine di coordinare gli interventi di cooperazione allo sviluppo sia da un punto di vista della programmazione per area geografica o tematica sia da quello del reperimento delle risorse finanziarie. La Regione, dunque, oltre alle azioni sostenute tramite bando, ha scelto di dare il proprio contributo alla definizione delle azioni promosse direttamente dai Tavoli, operativi dal 2005, allo scopo di fare realmente

148 Mezzetti P., Rotta A., Stocchiero A., Il ruolo delle Regioni nelle politiche di cosviluppo nel

“sistema” e dare agli attori della cooperazione decentrata friulana la possibilità di incidere ad un livello più ampio rispetto alle problematiche su cui si va a lavorare. Rispetto al tema del co-sviluppo, in particolare, il Tavolo Migranti e Cooperazione rappresenta in Italia un caso più unico che raro, in cui il focus è proprio la partecipazione stessa delle associazioni migranti e non, come spesso accade, un fattore collaterale, auspicato ma non stimolato. Facendo tesoro dell’esperienza maturata nei progetti di cooperazione da parte delle associazioni di immigrati della Regione, il Tavolo si propone in via sperimentale di “identificare nuovi percorsi comuni di azione, atti a valorizzare il ruolo transculturale e transnazionale degli immigrati, sperimentare nuove modalità operative nel campo della cooperazione tra la Regione FVG ed i paesi di provenienza degli immigrati che vivono sul territorio regionale, promuovere partenariati istituzionali con le regioni di provenienza degli immigrati, anche con il coinvolgimento di associazioni e soggetti del FVG che già operano negli stessi territori di provenienza degli immigrati”, come si legge nella descrizione dell’iniziativa reperibile sul sito internet FVG Solidale149. Ciascuno in base alle proprie competenze e secondo le proprie finalità, i soggetti che costituiscono il Tavolo hanno avviato una proficua collaborazione nelle varie fasi della progettazione, dall’ideazione, alla gestione, alla materiale realizzazione, fino alla valutazione finale, che ha condotto nel tempo alla strutturazione di interessanti interventi di co-sviluppo, con un’attenzione particolare dedicata al fatto che le iniziative promosse abbiano un carattere di riproducibilità che consenta di trasferire l’esperienza acquisita in altri contesti d’origine dei flussi migratori. Decisamente innovativo e con rari parallelismi a quanto succede nel resto d’Italia, in questo percorso di valorizzazione delle capacità dei migranti, a mio avviso, risulta essere il tentativo di precisare una metodologia per la gestione interculturale dei progetti implementati. Su richiesta delle realtà associative che partecipano al Tavolo, infatti, la formazione e l’assistenza tecnica come forma di accompagnamento continuativo sono considerate un’azione progettuale prioritaria. Così annualmente viene proposto un corso di formazione per il rafforzamento delle competenze per il co- sviluppo condotto da enti regionali di formazione al fine di favorire la progressiva autonomia e la qualità degli interventi. Grazie a questo metodo di lavoro, il tessuto associativo migrante locale migliora e certifica le proprie competenze, ma soprattutto

esce dall’invisibilità e si fa posto nel panorama della società civile, favorendo la reciproca conoscenza e la sensibilizzazione sul tema delle migrazioni.

Da segnalare è anche il caso del Comune di Milano che nel 2007 ha sancito l’assegnazione, tramite bando, di contributi finanziari al sostegno esclusivo di progetti sul tema del co-sviluppo presentati da specifiche categorie di soggetti con residenza nella Provincia di Milano, quali: associazioni di migranti, singoli migranti in partenariato con enti no profit dei paesi d’origine, associazioni no profit italiane operanti nel campo della cooperazione e della solidarietà internazionale, con particolare riguardo ai temi di migrazione e sviluppo e del processo di integrazione locale dei migranti. I progetti finanziabili, di durata annuale, devono riguardare la valorizzazione del capitale umano e sociale dei migranti, in grado di produrre ricadute significative e verificabili sia nei paesi di origine che nei territori di residenza, in accordo con i temi dello sviluppo sociale, economico e culturale delle comunità di riferimento, la promozione di iniziative produttive o generatrici di reddito tra il territorio milanese ed i luoghi di provenienza, la canalizzazione delle rimesse individuali e collettive per lo sviluppo locale, il rafforzamento delle capacità delle associazioni dei migranti in attività di cooperazione internazionale e di educazione allo sviluppo, che promuovano il processo di integrazione nella società d’accoglienza. Fra i contenuti minimi della valutazione d’idoneità delle proposte presentate indispensabili per poter avere accesso al finanziamento, rientra anche l’obbligo di realizzare le attività progettuali in collaborazione con soggetti locali istituzionali o del terzo settore, con documentazione del loro effettivo coinvolgimento nella progettazione e nella messa in opera degli interventi, che necessariamente dovranno coordinarsi con i piani di sviluppo locale elaborati dai governi nazionali. Si incoraggia così la presa di coscienza dei migranti e dei loro referenti sulle politiche di promozione del territorio stabilite nei singoli contesti d’origine, alimentando forme di comprensione, collaborazione e condivisione tra cittadini espatriati e governanti locali sulle priorità su cui focalizzarsi e sulle specificità da salvaguardare, al fine da sancire uno scambio fruttuoso e di mutuo vantaggio tra Nord e Sud.

L’attenzione dedicata ai casi di successo, non deve però far dimenticare che, nonostante le pur significative esperienze descritte, ancora resta da realizzare appieno percorsi che valorizzino i migranti, la loro conoscenza della madrepatria e i legami che mantengono

a distanza con essa, in una prospettiva transnazionale e secondo un reale modello partecipativo, che si possano replicare ed estendere in spazi e tempi molteplici.