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Le commissioni di riconoscimento delle qualifiche partigiane

Capitolo VI – Il dopoguerra

3. Le commissioni di riconoscimento delle qualifiche partigiane

Le commissioni regionali di riconoscimento delle qualifiche partigiane vennero istituite con il Decreto legislativo luogotenenziale n.518 del 21 agosto 1945 ( pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 109 in data 11/09/1945 ed entrato in vigore il giorno successivo) dal titolo “Disposizioni

concer-nenti il riconoscimento delle qualifiche dei partigiani e l'esame delle proposte di ricompensa”. La 597 Deutsches Hauptquartier-Rechtsabteilung (III), Dr.Scherer (Oberstabsrichter), Betr: Matrosen-Gefr. Hinrich Könen geb. 15.6.22 in Möhlenwarf, Kreis Leer, Matrosen-Hauptgefr. Heinz Freitag geb. 14.4.22 in Pretzien a/Elbe, Matrosen-Hauptgefr. Wilhelm Hermann geb. 17.7.20 in Herne i/Westf, ivi.

598 Rechtsabteilung-Oberstabsrichter Dr. Döge, Betr:Ogfr. Willi Ranz, geb. 23.5.09 und Uffz. v. Debschiitz, Dietr., geb.16.1.01, 12/7/1945, BA-MA, ZA 7/5.

599 Rechtsabteilung-Oberstabsrichter Dr. Döge, Betr: San. Feldw. Frank Schelletter geb. 28.11.1915 in Essen, ivi. 600 Deutsches Hauptquartier-Rechtsabteilung III-Oberstabsrichter Dr. Scherer, Betr: Matrosen-Gefr. Hinrich Könen

geb, 14.6.22 in Möhlenwarf, Kreis Leer-Matrosen-Hauptgefr. Heinz Freitag geb. 14.4.22 in Pretzien a/Elbe -Matrosen-Hauptgefr. Wilhelm Herrmann geb. 17.7.20 in Herne i/Westf., BA-MA, Z 7/5.

601 Rechtsabteilung, Oberstabsrichter Dr. Döge, Betr: Ogfr. Gallion und Unterarzt Werner Stehl geb. 18.5.20,i/Pommern i/Westf., 17/7/45, ivi. Alcuni documenti contenenti provvedimenti di “amnistia” emessi in agosto del 1945 dal generale di corpo d'armata Polack, in quel momento comandante supremo delle truppe tedesche dei campi di prigionia presso Rimini, a favore di soldati tedeschi condannati per vari reati durante la guerra sono conservati a Friburgo nel fondo RW 60/3368.

loro creazione può essere considerata come il punto di arrivo di un percorso che era iniziato già nel novembre del 1944, con la nascita della Commissione nazionale per i patrioti dell'Italia liberata (DLL n. 319 del 9 novembre 1944) allo scopo di accertare l'attività partigiana e valutare il rilascio di certificati e la promozione di forme di assistenza e di impiego per i combattenti. Il 5 aprile del 1945 (DLL n.158) questi organi vennero soppressi e contemporaneamente si prospettò la creazione di una commissione, con sede a Roma, per il riconoscimento delle qualifiche spettanti ai patrioti nonché per l'esame delle proposte di ricompense. Il 21 agosto vennero infine create le commissioni locali. Erano in totale 11, con sede a Napoli, Roma, L'Aquila, Perugia, Ancona, Firenze, Bologna, Genova, Padova, Milano e Torino. Avevano giurisprudenza sulle rispettive regioni, eccezion fatta per la commissione con sede a Padova, che operava non solo per il Veneto ma anche per il Trentino Alto-Adige e il Friuli-Venezia Giulia e per quella di Milano che aveva giurisdizione anche sulla provincia di Novara.

Gli articoli 7, 8 e 9 del DLL definivano i criteri per la concessione, rispettivamente, della qualifica di partigiano combattente, di caduto per la lotta di Liberazione e di mutilato o invalido per la lotta di liberazione. L'articolo 10 conferiva infine la qualifica di patriota, che era riservata a coloro i quali, non rientrando nelle categorie dei precedenti articoli, avessero comunque collaborato alla lotta di Liberazione, “sia militando nelle formazioni partigiane per un periodo minore di quello previsto,

sia prestando costante e notevole aiuto alle formazioni partigiane”602.

L'articolo 2 prendeva in considerazione l'eventualità che cittadini italiani avessero fatto parte di movimenti partigiani di altri Stati, e istituiva per questo scopo un'apposita commissione con sede a Roma. Non si faceva però nel decreto legislativo menzione al caso contrario, ovvero quello in cui partigiani di Stati esteri avessero combattuto in Italia. Non si affermava del resto neppure che il possedere la cittadinanza italiana fosse un criterio necessario per il rilascio di uno dei titoli previsti. Oltre a questi aspetti, è anche importante ricordare come le commissioni iniziarono a lavorare sola-mente a diversi mesi di distanza dalla fine della guerra. Nel frattempo molti ex combattenti stranieri erano tornati nei rispettivi paesi d'origine, altri si trovavano rinchiusi nei campi di prigionia sparsi sul territorio italiano603. Si vanificò in tal modo la possibilità che tali commissioni diventassero uno strumento importante nella conservazione e nella trasmissione delle esperienze di quanti, stranieri, combatterono in Italia.

È significativo in tal senso riportare il caso di un disertore tedesco perché emblematico delle diffi-coltà che vennero incontrate nel dopoguerra per il riconoscimento del contributo dato dai partigiani tedeschi in Italia.

602 Decreto legislativo luogotenenziale n.518, Disposizioni concernenti il riconoscimento delle qualifiche dei parti-giani e l'esame delle proposte di ricompensa, 21/08/1945. Il testo completo è consultabile all'indirizzo www.gazzet-taufficiale.it .

In una relazione604 scritta nell'ottobre del 1946 si legge che Günter Frielingsdorff605, nato a Pader-born l'11 agosto 1924, aveva disertato dall'esercito tedesco l'8 settembre e aveva fatto parte di diverse formazioni partigiane prima di unirsi al distaccamento di Monte Bottigli606, che operava nel settore di Monte Bottigli, Montiano, Magliano, Scansiano, Montorgiali, Istia d'Ombrone, Grosseto, Fontebranda e Talamone.

Il 22 marzo 1944 era sfuggito a un rastrellamento che aveva coinvolto la formazione a Maiano Lavacchio, in provincia di Grosseto607. Nel dopoguerra era rimasto a vivere presso una famiglia di Cinigiano, ma di lui si erano perse le tracce nel febbraio del 1949. Era stato riconosciuto con la qualifica di “patriota”, riconoscimento nei confronti del quale Frielingsdorff aveva presentato ricorso, che non era però stato accettato in quanto la commissione regionale toscana non aveva rite-nuto che ci fossero i requisiti necessari per un suo riconoscimento col grado di “partigiano combat-tente”608.

Dieci anni più tardi, nel 1959, con un secondo grado di giudizio gli venne invece riconosciuta la qualifica di “partigiano combattente”, decisione che però era subordinata al parere del prefetto di

603 Limitati a pochi esempi sono gli studi che si sono occupati della presenza dei prigionieri tedeschi in Italia nel periodo del dopoguerra. Oltre ai già citati libri, per il campo di prigionia di Bellaria di Patrizia Dogliani e Ales -sandro Agnoletti anche Pietro Ciabattini, Coltano 1945. Un campo di concentramento dimenticato, Mursia. Milano 1995. Presso l'Archivio centrale dello Stato di Roma (Fondo A5G, II guerra mondiale, Prigionieri di guerra), sono conservati numerosi documenti che potrebbero essere utilizzati per uno studio su questi aspetti. Numerose ad esempio le segnalazioni dei prefetti riguardo episodi che vedevano come protagonisti proprio prigionieri tedeschi (tra di loro anche ex disertori). Il prefetto di Pisa segnalava nell'agosto del 1946 un episodio avvenuto tra tre prigio-nieri tedeschi, in “libera uscita” e alcuni cittadini nella frazione di Asciano del comune di San Giuliano Terme. Commentando la notizia il prefetto scriveva: “I motivi di tale incidente si debbono ricercare al profondo odio che la popolazione della frazione di Asciano ha verso i tedeschi, che a suo tempo, non poche vittime fecero in quella frazione”. Prefettura di Pisa, oggetto: Incidenti fra prigionieri tedeschi e civili, 09/08/1946, ACS fondo A5G, II guerra mondiale, Prigionieri di guerra, busta 1 fascicolo Prigionieri di guerra tedeschi-Varie. Ancora nel 1947 le autorità alleate e quelle italiane discutevano sulla gestione del rimpatrio dei prigionieri tedeschi ancora in Italia, tra i quali figuravano anche ex disertori. In alcuni casi si assistette anche all'evasione di questi soldati dai campi di prigionia.

604 Raggruppamento Patrioti “Monte Amiata” settore C-Raggruppamento di Monte Bottigli, 18/10/1946, ACS, fondo Ricompart, Raggruppamento Monte Amiata, raccoglitore 239-240.

605 Emblematico è anche il fatto che il suo nome si trovi scritto, in documenti diversi, in ben 5 differenti versioni. Quella corretta appare essere Günter Frielingsdorff, testimoniata anche dalla sua firma su uno di questi documenti. Il suo nome sulla scheda a cura di Marco Grilli presente sul sito dell'atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia (http://www.straginazifasciste.it/?page_id=38&id_strage=3116) in relazione all'episodio avvenuto il 22 marzo 1944 a Maiano Lavacchio, con l'uccisione di 11 persone, compare invece scritto come Günther Frichugsdorff. Ancora più evidente appare però l'inesattezza riportata nella pubblicazione di Corrado Barontini e Fausto Bucci, A Monte Bottigli contro la guerra. Dieci ragazzi, un decoratore mazziniano, un disertore viennese. Fra oralità e storia, La ginestra, Follonica, 2003, che come si evince anche già dal titolo descrive Günter come viennese; a p. 44 di lui si legge: “Austriaco, nato- sembra- verso il 1920 a Vienna”.

606 Aggregato alla formazione c'era anche un altro soldato di origine austriaca, Frurin Chlofch, nome di battaglia “Ezio”che proveniva dalle bande partigiane di Montauto e aveva partecipato alle azioni di Presell, Monteorgiali e Montiano, riconosciuto come appartenente al distaccamento di Monte Bottigli Brigata Grosseto- Distaccamento di Monte Bottigli, certificato di patriota di Frurin Chlofch (Ezio), ACS, fondo Ricompart, Raggruppamento Monte Amiata, raccoglitore 239-240. Il suo nome viene riportato anche come Frurin Chopck.

607 Per i dettagli su questo episodio si veda la scheda dell'Atlante delle stragi nazi- fasciste citata alla nota precedente. 608 Commissione regionale Toscana riconoscimento qualifiche ed esame proposte ricompense ai Partigiani, verbale n°

Grosseto, al quale si chiedeva di fornire “un rapporto che fornisca un quadro completo, sotto tutti

gli aspetti, della personalità del decorando”609; questo doveva anche esprimersi nei confronti dell'articolo 11 del D.L.L. n.°518, che recitava:“ Le qualifiche non sono concesse a chi, pur avendo

i requisiti di partigiano o di patriota, ne è divenuto indegno per la sua condotta morale”610.

Circa due mesi dopo il prefetto rispondeva che Frielingsdorff, durante la sua permanenza a Cini-giano

“Si comportò sempre correttamente, senza mai interessarsi di politica[…]meritò buona stima e reputazione, non dette mai luogo a rilievi di sorta, visse quasi sempre appartato senza stringere rapporti di amicizia con persone del luogo, per cui si ritiene che l'eventuale qualifica di partigiano non avrebbe in pubblico alcuna eco”611.

E questa circostanza, dato il tono e il contenuto della risposta del prefetto, si può ritenere che rappresentasse un vantaggio.

Rocambolesca è anche la vicenda del sergente dell'esercito tedesco Helmut Mienkus. Il 21 marzo 1944 era partito da Frosinone per una licenza. Tornato in Italia verso fine aprile, si era fermato tre mesi a casa della sua fidanzata. Il 25 luglio era stato catturato dai tedeschi, dopo esser stato denun-ciato da una donna ed era quindi stato condotto a Modena. Il 2 agosto era stato condannato a morte e quindi rinchiuso in una prigione di Verona. Il 17 settembre aveva ricevuto la grazia ed era stato condotto a Torino, dove aveva sede il comando del suo battaglione. Mienkus era però riuscito a fuggire nuovamente quando col suo reparto si trovava a Rimini, e si era spostato verso l'interno del paese, passando per Ravenna, Imola, Bologna, Sassuolo, Scandiano e Puianello. Durante un rastrel-lamento era stato di nuovo catturato e trasferito al comando tedesco di Vezzano sul Crostolo, da dove però era evaso, per consegnarsi infine a due partigiani612. Mienkus non venne a fine guerra riconosciuto dalla commissione regionale per le qualifiche partigiane. Sulla sua scheda anagrafica, che riporta la sua carriera militare e le azioni alle quali prese parte insieme ai partigiani, alla voce “giudizio della commissione regionale” si legge : “Non riconosciuto”, e più sotto, alla voce note, si legge: “è un tedesco”613.

609 Presidenza del Consiglio dei Ministri-capo di gabinetto, nota 6112/Fi, oggetto: Gunter Frielingsdorff, cl.1924, resi-dente a Cinigiano, 20/08/1959, ivi.

610 Decreto legislativo luogotenenziale n.°518 del 21 aprile 1945, Disposizioni concernenti il riconoscimento delle qualifiche dei partigiani e l'esame delle proposte di ricompensa.

611 Prefettura di Grosseto, Risposta a nota n. 6112/Fi, oggetto: Riconoscimento qualifica partigiana- rapporto informa-tivo, 20/08/1959 in ACS, fondo Ricompart, Raggruppamento Monte Amiata, raccoglitore 239-240.

612 Documento sul sergente tedesco Helmut Mienkus, 05/11/1944, ISTORECO, fondo Archivi della Resistenza, busta 15D Giustizia partigiana, fascicolo 1 Prigionieri di guerra e disertori (italiani e tedeschi).

613 Scheda anagrafica di Mienkus Helmuth, 12/12/1945, ISTORECO, Fondo Anpi provinciale, busta 18F Archivio ANPI di Reggio Emilia, fascicolo 3 Partigiani stranieri; Tedeschi. Sono qui presenti anche altre schede di riconosci mento relative a partigiani di origine tedesca, che però non riportano il giudizio finale della commissione; neces -sarie sarebbero dunque ulteriori ricerche sui loro nominativi nel fondo Ricompart dell'archivio centrale di Stato a Roma. Matthias Röhrs presenta altri esempi di tale tipo, sottolineando anche giustamente le differenze a livello regionale dei giudizi delle commissioni, per cui casi simili di partigiani tedeschi in Piemonte ottennero invece il riconoscimento, Matthias Röhrs, I Tedeschi, cit., pp. 98-103.

La stessa motivazione compare anche per quanto riguarda il conferimento della qualifica di parti-giani a tre soldati sovietici. Anche in questo caso la commissione regionale per il riconoscimento delle qualifiche partigiane, sezione Nord-Emilia, restituiva alla sezione Anpi di Reggio Emilia le schede relative ai tre partigiani, con la motivazione che i loro casi non potevano essere presi in considerazione, “essendo essi di nazionalità non italiana”614.

Il ritardo con il quale le commissioni iniziarono a lavorare e il mancato riconoscimento di alcune categorie di persone ebbe anche un'altra conseguenza, ovvero la “scomparsa” in alcuni casi della segnalazione di tali persone dalle relazioni sull'attività svolta durante la guerra dalle formazioni partigiane. È quanto si legge, ad esempio, nella relazione del gruppo brigate “Vittorio Veneto” (divi-sione Garibaldi d'assalto “Nino Nannetti”). Nel riportare lo specchio numerico dei partigiani ricono-sciuti dalla commissione triveneta di Padova, contenente il numero dei partigiani e quello dei patrioti delle diverse brigate si aggiungeva in nota:

“Nell'inquadramento del gruppo Brigate “Vittorio Veneto” sono stati esclusi i combattenti di formazioni stra-niere che hanno operato nelle stesse formazioni sino alla Liberazione. Nella brigata “Ciro Menotti”, ad esem-pio, avevano militato un centinaio di russi, che però non erano stati riconosciuti dalla Commissione triveneta di Padova perché “ufficiali delle Nazioni interessate, in seguito ad ordini ricevuti dai loro Governi, hanno provveduto ad inquadrarli nei loro reparti o farli rimpatriare”615.

Nella relazione della brigata “Nino Bixio” (div. “Nannetti”) si legge invece:

“Naturalmente in questo elenco non sono compresi i 60 cittadini russi, i quali rientrarono in patria-dopo la smobilitazione- senza aver ottenuto il riconoscimento delle qualifiche della Commissione di Padova”616.

Ancora in una relazione relativa al contributo dei partigiani sovietici nella provincia di Reggio Emilia si può leggere che nel maggio del 1945 i sovietici militanti nelle formazioni reggiane

“lasciarono quasi tutti la nostra provincia, diretti a Roma, a disposizione della Commissione sovietica per il rimpatrio. Come è noto i lavori delle commissioni regionali di riconoscimento delle qualifiche partigiane eb-bero inizio molto più tardi”617.

Anche in un'altra relazione dal titolo I russi nella Resistenza reggiana si legge di come i russi che scelsero di restare in Italia

“per un certo tempo non poterono essere inclusi negli elenchi per il riconoscimento ufficiale della loro

quali-614 Commissione regionale riconoscimento qualifica partigiani, sezione Nord-Emilia, oggetto: Restituzione schede partigiani di nazionalità straniera, 12/7/1946, ISTORECO, Fondo Anpi provinciale, busta 18F Archivio ANPI di Reggio Emilia, fascicolo 10 I russi nella guerra di Liberazione.

615 Divisione Garibaldi d'assalto “Nino Nannetti”-Gruppo brigate “Vittorio Veneto”- Specchio numerico dei partigiani riconosciuti dalla commissione triveneta di Padova, ISTRESCO, fondo Resistenza a Treviso, busta 15.

616 Divisione “Nino Nannetti”- Brigata “Nino Bixio”, Relazione sull'attività della brigata Nino Bixio dalla costituzione dei primi reparti alla Liberazione, CASREC, prima sezione, busta 45 zona Piave, fascicolo divisione “Nannetti”. Nella relazione si legge che la componente russa era presente nelle fila della Brigata almeno dal settembre '44, quando la brigata arrivò a contare sull'apporto di circa 400 uomini.

617 Dati storici sulla partecipazione dei russi alla Resistenza in territorio di Reggio Emilia, ISTORECO, Fondo Anpi provinciale, busta 18F Archivio ANPI di Reggio Emilia, fascicolo 5 “Cane azzurro” carteggio vario e attività opera-tiva.

fica di partigiani, giacché le apposite Commissioni governative non prendevano in considerazione le posizio-ni dei partigiaposizio-ni straposizio-nieri. Queste circostanze hanno impedito la ricostruzione, per mezzo di testimoposizio-nianze, di tutta la loro attività operativa e dei precisi elenchi degli effettivi, da cui si sarebbero potuti trarre i dati bio-grafici completi dei russi morti o feriti, che invece mancano in gran parte”618.

Da quanto visto in questo capitolo, ulteriori ricerche all'interno del fondo Ricompart potrebbero aiutarci ad approfondire il tema trattato in questa tesi. È lecito pensare che emergerebbero nuovi dati, in grado di aggiungere informazioni (e nominativi) circa la presenza dei disertori stranieri nelle formazioni partigiane italiane. Ciò permetterebbe inoltre di valutare in maniera più approfondita il lavoro delle commissioni e la prassi da loro seguita in occasione del riconoscimento, o meno, del contributo fornito dai partigiani stranieri alla Resistenza in Italia.

Conclusioni

Partendo dalle stime discusse nel III capitolo della tesi, si possono a questo punto sviluppare alcune considerazioni finali.

I documenti ancora disponibili negli archivi hanno permesso un'analisi sistematica solamente per la 10ª armata tedesca. Anche in questo caso però le informazioni non coprono tutto l'arco di tempo in cui l'armata fu presente in Italia, ed è presumibile che i dati riportati rappresentino per difetto, più che per eccesso la reale consistenza numerica ( a causa ad esempio di fattori come la mancanza, il ritardo o ancora la perdita delle segnalazioni).

Si può comunque ritenere che il fenomeno abbia avuto una dimensione limitata, se rapportato al milione di soldati circa dell'esercito tedesco che furono presenti tra il 1943 e il 1945 in Italia619. Qui i soldati della Wehrmacht si trovavano in un paese straniero, circostanza questa che di per sé poteva rappresentare un deterrente per i disertori, per un'insieme di motivi che andavano dalle diffi-coltà linguistiche alle conoscenze geografiche insufficienti, alla presenza di formazioni partigiane e alleate.

Appare cosi corretto affermare che gli episodi di diserzione dei soldati non furono in grado di costi-tuire un rilevante pericolo per la tenuta delle forze militari della Germania in Italia; ciò sembra confermare il giudizio espresso da Carlo Gentile, secondo il quale:

“Fino al crollo del Terzo Reich le truppe tedesche presenti in Italia non andarono soggette a tendenze disgre -gative degne di nota, per cui nel marzo del 1945 le autorità della Wehrmacht poterono rinunciare per buone ragioni a instaurare un sistema di repressione interna simile a quello messo in atto nel territorio del Reich per punire i disertori e i disfattisti [...]In Italia, fino all'ultimo, il numero delle diserzioni rimase contenuto”620.

Diversi furono comunque i provvedimenti assunti per contrastare gli episodi di diserzione; esempli-ficative sono in tal senso le azioni dei reparti di polizia militare e degli altri reparti di disciplina dell'esercito tedesco.

Già nell'autunno del 1943 in un interrogatorio alleato si fece menzione della presenza nella zona di Napoli di un Jägerbattaillon il cui compito principale era il mantenimento dell'ordine tra i soldati tedeschi. Alcuni militari trovati in abiti civili, erano stati uccisi dal battaglione, mentre si riferiva che altri soldati scaricavano nell'aria le loro munizioni, così da poter finger di aver esaurito i proiet-tili e di aver combattuto fino all'ultimo nel caso di un loro arresto621.

619 Carlo Gentile, I tedeschi e la guerra ai civili in Italia, in Gianluca Fulvetti, Paolo Pezzino (a cura di), Zone di guerra, cit., p. 131.

620 Carlo Gentile, I crimini di guerra, cit., pp. 391-392.

621 Headquarters Fifth Army, Psychological Warfare Branch I.N.C., Subject: Weekly Reports on P/W's, 14/10/1943, US NARA, Record Group 407, Entry 427, Box 2216.

Come ricorda lo stesso Gentile inoltre nei primi mesi estivi del 1944 venne inviato in Italia un reggimento di Feldjäger, adibito alla repressione della diserzione622.

Nella primavera del 1945 si procedette a organizzare delle linee di controllo, che dovevano servire per evitare che i soldati si intrattenessero nelle retrovie o commettessero atti di indisciplina623.

Ancora ad inizio aprile il comandante supremo del gruppo d'armate C ( Oberbefehlshaber Südwest), in una sua comunicazione dai toni chiaramente propagandistici e destinata a essere diffusa tra i soldati, affermava come coloro i quali erano passati nelle fila dell'esercito anglo americano veni-vano considerati come “ehrlose Verräter”, traditori senza onore. La circolare riportava infatti quanto avevano riferito alcuni soldati al loro ritorno in Germania, ovvero che non appena avevano termi-nato di fornire informazioni di carattere militare erano stati trattati non più come normali prigionieri di guerra, ma senza alcun rispetto ed onore, con livelli minimi di assistenza e non adeguati alle norme internazionali sul trattamento dei prigionieri di guerra, proprio perché disertori624.

Osservando le cifre di quanti tra i fuggitivi vennero ricatturati appare però come tali tentativi furono