Capitolo V – Disertori della Wehrmacht in Italia
1. Rapporti tra disertori della Wehrmacht e partigiani italiani
Come è stato scritto nel secondo capitolo di questa tesi, la possibilità di provocare lo sfaldamento dell'esercito tedesco e la diserzione dei suoi soldati fu un obiettivo assai apprezzato sia dai parti-giani che dai comandi alleati.
I disertori che prendevano contatto con le formazioni partigiane potevano essere aiutati a passare il fronte, per consegnarsi così agli alleati oppure integrati all'interno del gruppo. Spesso venivano inizialmente assegnati a compiti di servizio, in attesa che se ne verificasse la sincerità delle inten-zioni e la disponibilità a combattere.
Ad esempio nel certificato rilasciato al tedesco Kurt Dolling a poca distanza dalla fine della guerra si può leggere:
“Trattenuto in un primo tempo nel nostro campo di concentramento, in seguito alle sue reiterate istanze per partecipare alla lotta di liberazione, veniva assunto quale addetto ai servizi ausiliari presso un distaccamento della 144° brigata “Antonio Gramsci”. Dato l'ottimo comportamento veniva poi, in seguito ad azioni contro puntate tedesche in cui dava prova di alto spirito combattivo e di alte doti di disciplina e risolutezza, incorpo-rato quale patriota nel Distaccamento “Matteotti”388.
In altri casi si riteneva più utile che i soldati tedeschi che si erano dichiarati disposti a collaborare con la Resistenza rimanessero all'interno della Wehrmacht, per fornire da lì il loro contributo,
sopra-388 “Rimaneva in codesta formazione fino alla vittoriosa conclusione della battaglia per la liberazione delle nostre città senza venir meno alla fiducia che in lui era stata riposta”. Cvl-Comando unico provinciale, oggetto: Rapporto infor-mativo circa l'attività svolta dal Patriota Dolling Kurt, 12/6//1945, ISTORECO, Fondo Anpi provinciale, busta 18F Archivio ANPI di Reggio Emilia, fascicolo 3 Partigiani stranieri; Tedeschi.
tutto di informazioni e di materiale. È questo ad esempio il caso di di Fritz Bregig, originario della Polonia; la decisione del comando partigiano era stata quella che egli continuasse a far parte del suo reparto tedesco, fornendo allo stesso tempo informazioni ai partigiani sulle azioni e la disposizione delle truppe tedesche;
“seppe agevolare le nostre formazioni ed elementi ad esse appartenenti allorché si trovavano detenuti in mani avversarie rischiò più volte di venire scoperto in questa sua attività non scevra di pericoli. Poté finalmente all'atto della vittoriosa conclusione della nostra battaglia per la libertà, riunirsi ai Patrioti che con tanto spirito di sacrificio e con tanta audacia aveva aiutato nel periodo della lotta clandestina”389.
Simile anche il caso di Eugen Gundermann che,
“pur avendo espresso più volte il desiderio di entrare a far parte delle formazioni partigiane veniva consiglia -to di rimanere presso la Wehrmacht in cui era incorpora-to onde potesse fornire informazioni e collaborare con le nostre squadre agenti (agenti) in zona controllata dall'avversario”.
Aveva infine lasciato la formazione tedesca alla quale apparteneva nei giorni della Liberazione, aggregandosi alla 144ª brigata “Gramsci” e portando con sé un carro officina, utensili da cucina e diversi fucili390. L'arruolamento di soldati che provenivano da formazioni nemiche portava natural-mente con se anche dei rischi, come una circolare emanata nel luglio del 1944 dal comando del C.V.L. intendeva sottolineare. Questa iniziava dettando le linee di comportamento che le formazioni partigiane dovevano tenere nei confronti dei prigionieri, degli ostaggi e in occasione di rappresaglie. Qualora si fosse diffusa l'idea che i partigiani concedevano salva la vita a coloro i quali si arrende-vano, si accresceva presumibilmente -così nella circolare-la possibilità che un maggior numero di soldati decidesse di farlo.
Per questo motivo il Comando generale del Corpo Volontari della Libertà rendeva noto che
“è necessario stabilire e far conoscere ai militari nemici che i partigiani concedono salva la vita a coloro che si arrendono e che si impegnano solennemente a non tentare più oltre di recar danno alle formazioni patriotti -che e agli eserciti alleati. Questo in vista di facilitare l'azione di disgregazione delle forze armate avversarie e di rendere vani gli sforzi dei dirigenti nazifascisti di far combattere i loro uomini fino all'estremo”.
Oltre a regolamentare lo scambio dei prigionieri e il comportamento da assumere nei confronti di coloro che erano responsabili di gravi delitti, nell'ultima parte della circolare, dal titolo: “Misure
precauzionali. Disertori”, si scriveva:
“I disertori nemici, o i prigionieri che chiedono di passare nelle fila partigiane, siano esaminati attentamente, interrogati a più riprese. Siano posti in distaccamenti lontani dalle linee e si usi nei loro confronti estrema prudenza fino a tanto che non abbiano dato prova della loro sincerità e delle loro intenzioni di realmente combattere. Si usi cautela eccezionale nei confronti dei tedeschi”391.
389 Cvl-Comando unico provinciale, oggetto: Rapporto informativo circa l'attività svolta dal Patriota Bregig Fritz, 12/6//1945, ivi.
390 Cvl-Comando unico provinciale, oggetto: Rapporto informativo circa l'attività svolta dal Patriota Eugene Gunder-mann, 13/6//1945, ivi.
La “cautela eccezionale” che doveva essere tenuta nei confronti dei disertori tedeschi che si presen-tavano alle formazioni partigiane era giustificata sulla base del fatto che si verificarono casi di soldati che, facendosi credere disertori, si aggregarono alle formazioni partigiane allo scopo di studiarne la struttura, gli spostamenti e in seguito permettere l' arresto dei loro membri.
L'ufficiale del servizio informazioni del comando generale dell' LXXXVII Armeekorps tedesco nella relazione sull'attività compiuta nel novembre del 1943 segnalava che tra il giorno 18 e il giorno 20 di quello stesso mese il Sicherheitsdienst di Genova era entrato in azione insieme a due gruppi della prima compagnia del Grenadier-Regiment 755 sulle montagne a circa 10-20 km nord-ovest di Genova, sfruttando le indicazioni date da un disertore che era stato catturato e che si era trattenuto con i partigiani proprio su quelle montagne. Era stato fatto un bottino di diverse armi, munizioni, medicinali e approvvigionamenti, ed erano state distrutte alcune postazioni partigiane. Era stato anche catturato un italiano che, insieme al disertore, era stato poi portato al carcere di Marassi392.
Il mese seguente invece si era proceduto con un azione repressiva nella zona a nord di Voltaggio (Alessandria), dopo che un disertore tedesco, secondo le cui dichiarazioni era stato diverse setti-mane aggregato ai partigiani, si era consegnato alle salmerie dell'Artillerie-Regiment 334393.
La tattica di infiltrarsi nelle formazioni partigiane facendosi credere disertori era utilizzata anche dalla Sicherheitspolizei, come testimonia ad esempio il caso di Josef Peters, maresciallo maggiore delle SS e responsabile della sede distaccata di Genova per la conduzione della lotta contro le formazioni partigiane. Originario di Vienna, si fingeva disertore austriaco e partecipava poi perso-nalmente allo svolgimento delle operazioni di cattura. Il caporalmaggiore delle SS Karl Tausch invece faceva credere di essere un profugo della Repubblica ceca, riuscendo così a passare circa due mesi tra diverse formazioni partigiane e dando, con le sue informazioni, un prezioso aiuto per l'operazione di rastrellamento dal nome Wallenstein II condotta tra il 18 e il 29 luglio del 1944 nella valli del Taro e del Cero394.
Di queste circostanze era a conoscenza anche il comando ligure delle brigate Garibaldi, il quale informò le formazioni dipendenti che presso la Casa dello studente venivano addestrate a compiti di spionaggio delle SS, che sarebbero state in seguito inviate, vestite da soldati repubblicani o in abiti
391 C.V.L., Prot. n. 19, circ. n. 10 del 14 luglio 1944 oggetto: Condizione dei prigionieri, cattura di ostaggi ed azioni di rappresaglia, in Giorgio Rochat ( a cura di), Atti del Comando generale del Corpo volontari della libertà (giugno 1944-aprile 1945), Franco Angeli editore, Milano, 1972, p.79.
392 Generalkommando LXXXVII. A.K.- Abt. Ic, Tätigkeitsbericht der Abt. Ic. Für den Monat November 1943, 1/12/1943, BA-MA, RH 24-87/60.
393 Oberkommando der 14. Armee, Ic-Tagesmeldung vom 6. Dezember 1943, 06/12/1943, BA-MA, RH 20-14/83. 394 Bundesarchiv Berlin Lichterfelde (BAB), R70 Italien /20, Bds Italien, Vorschläge für die Verleihung von
civili, nelle zone controllate dai partigiani; il loro scopo era quello di essere fatte prigioniere, per passare nelle fila dei garibaldini e svolgere segretamente azioni di spionaggio395.
A circa un anno di distanza, nel febbraio 1945, ancora il comando garibaldino ligure avvisava la divisione “Mingo” e la brigata “Buranello” della presenza in zona di “finti disertori” tedeschi:
“Si aggirano nelle pendici meridionali del monte Beigua dei soldati tedeschi in abiti borghesi, uno biondo, che si qualifica per olandese, ed uno bruno, chiedenti ai contadini della zona indumenti borghesi e viveri. Di-chiarano di essere fuggiti dai reparti tedeschi perché convinti che ormai la Germania ha perduto la guerra ed essi non hanno più volontà di combattere. Può darsi che siano veramente due disertori, ma non è da escludere che siano due agenti provocatori, inviati dai loro Comandi per assumere notizie sui partigiani, sulle loro posi-zioni, per individuare coloro che con i partigiani sono in contatto e pertanto occorre mettere sull'avviso i civi-li su cui le brigate esercitano la loro influenza”396.
Il comando della divisione Garibaldi “Gin Bevilacqua” alcuni giorni prima aveva riferito che la descrizione dei due sospetti richiamava due volontari partigiani allontanatisi alcuni giorni prima dal distaccamento “Calcagno”. Di “Carlo” si diceva che fosse originario di Stettino, “Pirata” di Rotterdam, proveniente dalle postazioni di contraerea di Valloria (Savona); qualora essi si fossero presentati alle formazioni, si sarebbe dovuto procedere con il loro arresto per compiere ulteriori indagini.
Dell'utilizzo di spie tedesche presso le formazioni partigiane riferivano anche alcuni prigionieri della 362ª Infanterie-Division che interrogati dagli alleati rivelarono non solo di come i fascisti italiani venissero utilizzati per infiltrarsi nelle formazioni partigiane, fingendo di voler riscattare il loro passato per lottare a fianco della Resistenza, ma anche di come soldati tedeschi, che parlavano l'inglese, si fingessero prigionieri di guerra evasi che cercavano di ricongiungersi con gli alleati, mentre nel frattempo raccoglievano invece informazioni sulle formazioni partigiane.
Gli stessi soldati tedeschi, riportavano che quando venivano arrestati dei disertori, questi venivano consegnati ai tribunali militari germanici per il processo; se però venivano arrestati mentre svolge-vano dell'attività anti tedesca o in combattimento nelle fila dei nemici, venisvolge-vano uccisi all'istante, senza essere giudicati397.
Ancora, spie tedesche potevano essere nascoste tra i prigionieri partigiani catturati dai tedeschi. È quanto riferiscono durante un interrogatorio due caporali tedeschi che offrirono alcune preziose informazioni riguardo il comando per la “scuola di addestramento per la lotta alle bande” alle dipendenze di Volker Seifert398. Un ufficiale , in grado di parlare fluentemente l'italiano e il dialetto
395 Comando brigate d'assalto Garibaldi-Delegazione Ligure , oggetto: Invio di S.S. nelle zone partigiane, 09/01/1944, ILSREC, fondo Gimelli Giorgio, secondo versamento, busta 17 fascicolo 2.
396 Comando brigate d'assalto Garibaldi-Delegazione Ligure, oggetto: Tedeschi disertori, 28/02/1945, ivi.
397 Headquarters Fifth Army, G-2 Section Interrogation Center, Report #783 IPW, 07/10/1944, US NARA, Record Group 407, Entry 427, Box 2226.
della zona, veniva inserito nel gruppo dei partigiani arrestati per ricavarne informazioni, in partico-lare su eventuali uccisioni di soldati tedeschi di cui si fossero resi responsabili. Una volta indivi-duati venivano segnalati al comando tedesco, per poi essere uccisi, mentre gli altri spesso venivano inviati al lavoro in Germania399.
All'interno delle stesse formazioni partigiane potevano poi nascere dei conflitti causati proprio dalla presenza di disertori di origine tedesca. Ne è un esempio quanto scriveva il comando della VIª zona operativa in Liguria:
“Stamane si è presentato al comando zona un russo che, a nome di tutti i suoi compagni del distac. Prigionie-ri, protestano per la nomina a comandante di detto distacc. di un tedesco. Ed è giusto poiché è inammissibile che dei russi che hanno sempre combattuto contro il popolo germanico imperialista debbano ora, fra di noi partigiani, sottostare agli ordini di un ex nemico. Pertanto è ovvio che detta nomina sia senz'altro eliminata per non creare del malcontento più che giustificabile fra gli uomini di detto distaccamento”400.
Va inoltre ricordato che sopratutto a partire dalla primavera del 1945 l'afflusso sempre maggiore di nuove reclute nelle formazioni partigiane portò di frequente a problemi organizzativi e materiali, dovuti alla limitata disponibilità di armi, equipaggiamento, cibo. In alcuni casi si procedette ad una sorta di “chiusura degli arruolamenti”, nei confronti dei disertori italiani o della Wehrmacht, come recitava il titolo di una circolare. Andavano così predisposti degli appositi centri di raccolta, “opportunamente dislocati ed attentamente sorvegliati [...]dove possano trovare temporanea
siste-mazione tutti gli elementi che disertano dalle fila del nemico”. Questi campi di raccolta dovevano
essere “simili in piccolo a veri e propri campi di concentramento”401.
Nello stesso senso si esprimevano anche i comandi partigiani a Reggio Emilia che verso la fine di aprile stabilirono che non andavano più arruolati disertori tedeschi nelle formazioni ma che ci si doveva limitare a far loro passare il fronte: i militari che disertavano dalle fila dell'esercito tedesco o dell'esercito repubblicano fascista
“dovranno essere immediatamente inviati a questo Comando unico il quale provvederà, previo interrogatorio a far loro passare il fronte. Si raccomanda il rispetto tassativo di questo ordine e ciò per evitare la possibilità che agenti provocatori o spie del nemico possano operare nelle nostre file”402.
A metà aprile anche il comando unico zona brigate Garibaldi e Fiamme Verdi di Reggio Emilia decise che gli elementi che venivano ritenuti non pericolosi, e che si erano presentati
volontaria-399 Headquarters Fifth Army, G-2 Section Interrogation Center, Report #828, IPW, 26/10/1944, US NARA, Record Group 407, Entry 427, Box 2226.
400 Documento presso l'ISREC a firma comandante VIª zona operativa, Raccolta di documenti sull'organizzazione e azioni militari delle formazioni partigiani liguri, già fondo AM, busta 5 fascicolo 10 Comando operativo VI zona. Rapporti con le divisioni dipendenti.
401 Comando della divisione Garibaldi “Mingo”, argomento: Chiusura degli arruolamenti, 11/04/1945, ILSREC, fondo Raccolta di documenti sull'organizzazione e azioni militari delle formazioni partigiani liguri, già fondo AM, busta 16 fascicolo 2 Divisione Mingo. Comando divisione. Rapporti con le brigate dipendenti.
402 Comando Unico zona, Brigate Garibaldi e Fiamme Verdi-Reggio Emilia, oggetto: Divieto arruolamento disertori tedeschi, 20/03/1945, ISTORECO, busta 7A 145” Brigata Garibaldi, fascicolo 5 Carteggio col CU dic. 44 - giu. 45.
mente potevano essere mandati nei distaccamenti. I tedeschi che si erano presentati alle formazioni partigiane dovevano essere invece tenuti sotto controllo fino al momento del loro trasferimento in un campo di prigionia alleato. Il resto dei prigionieri tedeschi doveva essere invece unito a quegli elementi che avevano a loro carico gravi accuse e che erano accusati di attività antipatriottica ed in caso di emergenza andavano fucilati403.