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Le disposizioni del principio contabile dell’Organismo Italiano  di Contabilità

Nel documento Il bilancio degli enti del Terzo settore (pagine 170-175)

Parte III  - Principi Contabili

RENDICONTO GESTIONALE Costi e proventi figurativi*

9.3.  Le disposizioni del principio contabile dell’Organismo Italiano  di Contabilità

Partendo anche da tali esperienze è possibile rileggere le attuali previsioni contenute nel decreto ministeriale. Prima di illustrare alcuni elementi chiave legati alla contabiliz-zazione dell’attività volontaristica, tuttavia, occorre da chiedersi perché un Ets debba, visto che non è obbligatorio, valorizzare (prima) e presentare (dopo) l’apporto dei volon-tari al funzionamento della struttura.

Abbiamo già avuto modo di rilevare nel capitolo precedente che i componenti figurativi tendono a “integrare” le movimentazioni finanziarie riportate in contabilità. Una movi-mentazione che comporta una rilevazione contabile non compare tra i componenti figu-rativi. I costi complessivi già indicati (si veda anche paragrafo 1.4.) evidenziano cosa sia riportabile quale costo figurativo. Si deve osservare che le molte operazioni (non tutte) che generano un costo figurativo individuano contestualmente una erogazione liberale ricevuta, comportando anche l’iscrizione di un provento figurativo. Traducendo in ter-mini contabili quanto espresso potremmo avere le componenti riportate nella seguente tabella.

Tabella - Costi e proventi figurativi

Costi figurativi  Proventi figurativi 

costi figurativi relativi ai volontari non

occa-sionali (art. 17, co. 1 del Cts) proventi figurativi relativi ai volontari non oc-casionali per il loro fair value

erogazioni gratuite di beni e servizi per il loro valore normale (per es., la concessione in comodato gratuito di un locale dato ad altro ente; servizi professionali e non professionali donati dall’ente o per i quali l’ente avrebbe dovuto sostenere un costo)

ricevimento gratuito di beni e servizi per il loro fair value (per es., servizi professionali e non professionali donati all’ente)

differenza tra valore normale di beni o servizi acquistati ai fini dello svolgimento dell’attività statutaria e il costo effettivo di acquisto

differenza tra fair value di beni o servizi acquistati ai fini dello svolgimento dell’attività statutaria e il loro costo effettivo

169Il bilancio degli enti del Terzo settore9. Componenti figurativi e attività volontaristica

Ci sono diversi profili che possono indurre gli enti a optare per la rilevazione.

La prima motivazione consiste nel fatto che il più volte citato schema di decreto delle attività diverse richiede di effettuare il calcolo per dimostrare la “secondarietà” delle attività diverse.

Ai nostri fini, quindi, basti ricordare che l’art. 5 del Cts dispone che un Ets svolge in via esclusiva o prevalente le attività di interesse generale richiamate nell’articolo stesso.

Tuttavia, il legislatore prevede che gli enti possano svolgere attività diverse, qualora queste risultino strumentali e secondarie in base alle indicazioni definite da un succes-sivo ulteriore decreto ministeriale (si veda tabella seguente).

Tabella – I parametri per il superamento del test delle attività diverse

Decreto  19  maggio  2021,  n.  107  all’art.  6)  recante  “Regolamento  ai  sensi  dell’art.  6  del  decreto  legislativo n. 117 del 2017 (Codice del Terzo settore)”

Art. 3 - Natura secondaria delle attività diverse

1. Le attività diverse di cui all’art. 6 del d.lgs. 3 luglio 2017, n. 117 si considerano secondarie rispetto alle attività di interesse generale qualora, in ciascun esercizio, ricorra una delle seguenti condizioni:

a. i relativi ricavi non siano superiori al 30% delle entrate complessive dell’ente del Terzo settore;

b. i relativi ricavi non siano superiori al 66% dei costi complessivi dell’ente del Terzo settore.

2. Nel documentare, ai sensi dell’art. 13, co. 6, del d.lgs. 3 luglio 2017, n. 117, il carattere secondario delle attività di cui all’art. 6 del medesimo decreto, l’organo di amministrazione dell’ente del Terzo settore evidenzia il criterio a tal fine utilizzato tra quelli di cui al co. 1.

3. Ai fini del computo della percentuale di cui al co. 1, lettera b), rientrano tra i costi complessivi dell’ente del Terzo settore anche:

a. i costi figurativi relativi all’impiego di volontari iscritti nel registro di cui all’art. 17, co. 1, del d.lgs. 3 luglio 2017, n. 117, calcolati attraverso l’applicazione, alle ore di attività di volontariato effettivamente prestate, della retribuzione oraria lorda prevista per la corrispondente qualifica dai contratti collettivi, di cui all’art. 51 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81;

b. le erogazioni gratuite di denaro e le cessioni o erogazioni gratuite di beni o servizi, per il loro valore normale;

c. la differenza tra il valore normale dei beni o servizi acquistati ai fini dello svolgimento dell’attività statutaria e il loro costo effettivo di acquisto.

4. Ai fini del computo delle percentuali di cui al co. 1 non sono considerati, né al numeratore né al denominatore del rapporto, i proventi e gli oneri generati dal distacco del personale degli enti del Terzo settore presso enti terzi.

170Il bilancio degli enti del Terzo settore9. Componenti figurativi e attività volontaristica

Il decreto sulla modulistica (riprendendo, di fatto, proprio lo schema del Regolamento dell’art. 6) risulta coerente con la definizione (e la determinazione) dei costi complessivi.

Nel caso in cui, quindi, l’ente opti per adottare il secondo criterio sopra individuato, sarà necessario dimostrare i risultati derivanti dalla misurazione dei “costi complessivi” per dimostrare la secondarietà delle attività diverse.

In questa prospettiva, per chiarire meglio il comportamento contabile è bene partire dal

“fondo” del decreto (ossia dal Glossario), in cui si legge che “i costi e i proventi figurativi sono quei componenti economici di competenza dell’esercizio che non rilevano ai fini della tenuta della contabilità, pur originando egualmente dalla gestione dell’ente”.

Un esempio di costo e onere figurativo è dato, appunto, dall’opera prestata dai volontari, la cui attività non entra in contabilità proprio perché non comporta (meglio, non può comportare) movimentazioni finanziarie. Questa è, allo stesso tempo, costo e provento:

è costo figurativo in quanto l’ente non “paga” il servizio comunque prestato, è provento figurativo, perché contestualmente il volontario dona la sua attività.

I due componenti - economici in quanto contribuiscono, eccome, alla gestione dell’orga-nizzazione - dovrebbero essere, nella prospettiva di chi legge, bilancianti. Se un volonta-rio effettua servizi per 100, l’ente rileva, con le modalità indicate, in calce al rendiconto gestionale (non al suo interno) un costo di 100 e (probabilmente) un provento di 100.

È anche vero che il Minlavoro ha fornito una indicazione primaria della modalità da adottare per valorizzare il costo figurativo dell’attività lavoristica, non esprimendosi sul-la misurazione del corresul-lato provento figurativo. Il fair value dei costi figurativi dell’at-tività volontaristica è misurabile considerando le ore di atdell’at-tività effettivamente svolte moltiplicato per la retribuzione oraria lorda prevista dei contratti collettivi.

Occorre, quindi, ancher riflettere se il fair value in entrata (costo figurativo) possa o meno coincidere con il fair value in uscita (provento figurativo). L’OIC 35 lascia aperta, tuttavia, la possibilità di misurare il fair value del costo del servizio tramite le indicazioni mini-steriali e il fair value del provento figurativo, secondo il valore attribuito dal mercato (laddove questo esista) alla prestazione. Si pensi, per esempio, all’assistenza fornita da un’associazione di psicologici che misura il costo dell’attività degli psicologi secondo le tabelle dei pertinenti contratti collettivi e il provento figurativo sulla base dell’ipotetico costo standard per gli utenti finali. In tali circostanze, la “differenziazione” tra costo figu-rativo e provento figufigu-rativo risulta giustificabile. Spetta all’ente verificare se tale distina-zione assume un significato concreto nella rappresentadistina-zione fornita.

Ad ogni modo, il decreto prevede che l’onere figurativo del costo dei volontari sia con-siderato per il computo del costo complessivo. Un aiuto per tutte le organizzazioni di volontariato, per esempio, che tramite l’ampliamento del denominatore del calcolo del parametro, si potranno permettere di svolgere qualche attività di autofinanziamento in

171Il bilancio degli enti del Terzo settore9. Componenti figurativi e attività volontaristica

più (si veda anche par. 1.4). I ricavi derivanti dalle attività diverse saranno, poi, conside-rati ai fini fiscali come entrate commerciali.

Approfondimento – Prime considerazioni sull’apporto dei volontari in bilancio

Tutti i costi e i proventi figurativi sono bilancianti? Probabilmente no. Le liberalità di servizi risultano bilancianti, totalmente o parzialmente. Un architetto predispone a titolo gratuito un progetto di ristrutturazione di un immobile funzionale allo svolgimento di un’attività di interesse generale, quando normalmente tale prestazione “vale” nel mercato 10.000 euro. Nello schema avremo Costi e proventi figurativi

Costi figurativi  Es.t Es.t-1 Proventi figurativi  Es.t Es.t-1

1) da attività di interesse generale 10.000 1) da attività di interesse generale 10.000

2) da attività diverse 2) da attività diverse

Totale Totale

Nel caso in cui l’architetto presenti una notula di 2.000 euro in luogo dei 10.000 euro che avrebbe richiesto a un cliente for-profit, i 2.000 euro transitano in contabilità e il gap di 8.000 euro non rilevato è imputato quale costo e provento figurativo.

Prendiamo, però, il caso di un comodato d’uso gratuito. Questo produrrebbe in condizioni normali costi monetari e, quindi, non producendoli è un costo figurativo; non è, tuttavia, anche un provento figurativo perché della sua attività fruisce l’ente in sé e non è possibile correlare in termini specifici alcun provento figurativo.

Ovviamente, occorrerà - considerata anche la delicatezza del tema - un sistema di definizione più preciso della misurazione dei servizi e delle modalità di documentazione degli stessi ai fini dell’informativa finanziaria dell’ente (su cui anche i principi contabili potranno puntualizzare gli aspetti tecnici di riferimento) e dei pertinenti controlli da parte di organo di controllo e revisori.

È bene ricordare che la rappresentazione in bilancio è facoltativa, anche se - una volta che l’ente opta per la sua rappresentazione in bilancio - occorre rispettare tutte le pre-visioni in materia. Peraltro, se l’ente utilizza il parametro del costo complessivo per do-cumentare la secondarietà delle attività diverse non può esimersi dalla sua esposizione in bilancio.

Come già accennato i componenti economici figurativi, non rilevano ai fini della produ-zione dei prospetti quantitativi di sintesi: stato patrimoniale e rendiconto gestionale.

Essi sono posti, infatti, in calce al rendiconto gestionale e provengono da un calcolo che rigidamente potremmo definire come extra-contabile. Anche se, infatti, la gran parte delle organizzazioni si attrezzerà per rilevare (come è giusto che sia) periodicamente per mezzo di software i suddetti componenti economici, tuttavia, non possiamo includere tali poste in contabilità, perché non vi sono correlati flussi monetari.

172Il bilancio degli enti del Terzo settore9. Componenti figurativi e attività volontaristica

Il co. 1, n. 22 della relazione di missione specifica che, laddove inseriti i valori in calce al rendiconto gestionale, la relazione di missione deve presentare le informazioni con-cernenti i componenti dei costi figurativi rientranti tra i costi complessivi già esaminati.

La misurazione, funzionale alla “documentazione” del carattere di secondarietà delle attività diverse, dovrà essere accompagnata da una (si ritiene “sintetica”) descrizione dei criteri di valutazione. Anche a questo fine, viene in soccorso il d.m. 5 marzo 2020 (coordinato con la bozza di schema di regolamento delle attività diverse) per il quale i costi relativi all’impiego dei volontari non occasionali sono determinati sulla base della retribuzione oraria lorda prevista per la corrispondente qualifica dai contratti collettivi di cui all’art. 51 del d.lgs. n. 81 del 15 giugno 2015 (si veda anche par. 4.3.).

Si deve, in ultimo, ribadire che anche gli Ets di piccole dimensioni di cui all’art. 13, co. 2 del Cts (quelli in sostanza che hanno proventi o entrate inferiori a 220.000,00 euro) pos-sono indicare tali importi in calce al rendiconto per cassa. In ogni caso, anche loro, infat-ti, devono giustificare (sempre in calce al rendiconto) la secondarietà dell’attività svolta.

173Il bilancio degli enti del Terzo settore10. Il passaggio al nuovo regime

Nel documento Il bilancio degli enti del Terzo settore (pagine 170-175)