2.2 La relazione principale agente tra autorità di vigilanza e banca
2.2.1 Le diverse politiche di ricapitalizzazione
Le banche che al temine del primo periodo presentano valori negativi di patrimonio netto hanno diritto a ricevere dall’autorità di vigilanza aiuti sotto forma di ricapitalizzazione. È però necessario selezionare la migliore forma di intervento in modo da massimizzare l’efficienza sociale ed evitare forme di azzardo morale.
In presenza di simmetria informativa le autorità riescono a implementare politiche di bail out ottimali: esse andranno a finanziare solamente le banche che si trovano negli stati del mondo peggiori permettendo loro di recuperare il valore dei prestiti non performing. Inoltre i manager non diligenti verranno licenziati permettendo la soddisfazione di tutte le condizioni di efficienza sociale viste precedentemente.
Con asimmetria informativa invece le autorità non sono in grado di riconoscere qual è la situazione economico-finanziaria veritiera delle banche in esame e si dovranno affidare a quanto dichiarato dalle stesse. Queste ultime potrebbero sfruttare il vantaggio informativo in loro possesso per ottenere fondi anche se non ne hanno necessità. Inoltre l’autorità di regolamentazione, non riuscendo a riconoscere le diverse situazioni, rischia di rifiutare l’aiuto a banche realmente in pericolo di fallimento non rispettando così il suo obiettivo ultimo. Possiamo quindi stabilire che l’utilità sociale attesa dipende dall’andamento degli istituti bancari, i quali a loro volta sono correlati ai risultati delle imprese finanziate. Con questa relazione impresa-banca-depositanti andiamo a definire la funzione obiettivo dell’autorità di regolamentazione come segue:
(2. 13) 𝑈𝑅 = 𝜌(𝑒)𝜋 + ∑4𝑖=1𝑝𝑖𝛺𝑖 −𝐸𝜆 − 𝑐(𝑒)
dove:
ρ = valore dei prestiti esigibili
π = cash flow atteso dalle aziende nel primo periodo
Ωi = valore atteso di continuazione dell’attività di impresa nell’i-esimo stato del mondo pi = probabilità si continuazione dell’attività d’impresa nell’i-esimo stato del mondo Eλ = perdita attesa di efficienza economica
c(e) = costo sostenuto dall’autorità di regolamentazione in caso di moral hazard da parte del manager
Il simbolo 𝜌 rappresenta il valore atteso dei prestiti esigibili nei vari scenari ed è definito da ∑4𝑖=1𝐸(𝑝𝑖𝜇𝑖). Il prodotto tra quest’ultima variabile e il cash flow atteso nel primo periodo
55 dalle aziende, 𝜋, rappresenta la capacità delle imprese di restituire il credito contratto con la banca, valore espresso dal primo addendo della funzione obiettivo (formula 2.13).
Al secondo termine è presente la variabile Ω𝑖 così definita:
(2. 14) 𝛺𝑖 = 𝑝𝑖(1 − 𝑏)𝑣 + (1 − 𝑝𝑖){𝑚𝑖𝑛[(1 − 𝑏), (1 − 𝑏∗)] 𝑣 + 𝑏∗𝐿}
Essa rappresenta il valore atteso di continuazione delle aziende in ogni possibile stato del mondo: la probabilità pi è riferita al valore di continuazione di quelle imprese che grazie a
cash flows alti non saranno sottoposte a processi di liquidazione e per le quali sarà corrisposto un valore pari a v; con probabilità opposta sono indicate le aziende con ritorni finanziari insoddisfacenti e per le quali sarà dichiarato lo stato di default. Il valore di continuazione di queste ultime assumerà l’importo minimo tra quello indicato dalla probabilità b definita in precedenza e la percentuale b* rappresentante i prestiti deteriorati che il bank manager
deciderà di liquidare. A queste si sommano i prestiti liquidati dalla banca rappresentati da b*L.
Ritornando alla funzione obiettivo essa termina con la sottrazione della perdita attesa di efficienza economica, 𝐸𝜆 (formula 2.12), e il costo sostenuto dalla banca in caso di scorretto comportamento dei manager, 𝑐(𝑒).
Possiamo quindi sintetizzare la funzione obiettivo dell’autorità di regolamentazione affermando che essa è definita da, rispettivamente i termini dell’equazione: la probabilità di fallimento della banca dipendente dalla solvenza dei suoi debitori; il valore di continuazione delle imprese, il quale determina la scelta di liquidazione dei prestiti concessi dalla banca e successivamente la necessità di quest’ultima di aiuti economici da parte dell’autorità di regolamentazione; la perdita secca dovuta alla mancanza di ottimo paretiano e il costo dovuto per le scelte opportunistiche del manager.
Definita la funzione obiettivo del regolatore andiamo a osservare alcune delle possibili politiche messe in atto e se fra esse ne è presente una capace di superare le problematicità legate all’asimmetria informativa:
Politica severa di ricapitalizzazione
Questa politica si caratterizza per il licenziamento del manager della banca che registra un patrimonio netto negativo. Ciò dovrebbe servire come deterrente a comportamenti scorretti da parte degli amministratori dell’istituto bancario, il quale rischierebbe anche in stati del mondo positivi di trovarsi in situazioni di difficoltà se fosse adottato un operato non diligente da parte dei manager.
56 una quota di prestiti performing maggiore rispetto a quelli inesigibili e non avrà incentivo né a manipolare i bilanci, né a svalutare il proprio portafoglio investimenti. Negli scenari peggiori, il tre e il quattro, l’istituto bancario invece risulterà insolvente, essendo la maggioranza dei prestiti in portafoglio inesigibili. Così dicendo si avrà che:
(2. 15) 𝑈𝑅 = 𝜌(𝑒)𝜋 + ∑2𝑖=1𝑝𝑖(𝑒)𝛺𝑖 +∑4𝑖=3𝑝𝑖(𝑒)𝛺𝑖 − 𝑐(𝑒).
Nella precedente funzione si noti come la probabilità di successo pi e il valore atteso dei
prestiti esigibili 𝜌 dipenda dall’impegno e dimostrato dal manager: un suo corretto operato consentirebbe di diversificare al meglio il portafoglio investimenti della banca e ridurrebbe la probabilità di default anche nei peggiori scenari possibili. La funzione obiettivo del regolatore (formula 2.13) si arricchisce, in presenza di una politica di ricapitalizzazione severa (formula 2.15), di due sommatorie distinte a causa della presenza di azzardo morale: negli stati del mondo più avversi, rappresentati dalla sommatoria ∑4 𝑝𝑖(𝑒)Ω𝑖
𝑖=3 , la presenza nel portafoglio investimenti del maggior numero di prestiti non
performing espone la banca al rischio di fallimento. Il manager, per paura di essere licenziato a causa del valore negativo che assumerà il patrimonio netto, simulerà uno scenario migliore andando a liquidare la quota prestiti che si registrerebbe nel secondo stato del mondo. In questo modo si avrà una quota di liquidazione minore di quella socialmente efficiente: il manager sfrutta l’asimmetria informativa mentendo sulla salute della propria banca per evitare di essere licenziato. Si assisterà quindi ad una perdita di utilità sociale data da quel numero di imprese che continuano ad essere operative nonostante abbiano un valore di continuazione nullo. Data la presenza di azzardo morale nessun manager sarà licenziato in una simile politica grazie alla falsificazione del patrimonio netto della propria banca, prevalendo così la presenza di benefici privati. Politica lieve di ricapitalizzazione
Questa modalità di ricapitalizzazione prevede che non vi sia la possibilità di licenziare i manager anche se il patrimonio netto delle banche da essi amministrati risulti essere negativo qualunque sia lo stato del mondo realizzato. Anche in questa opzione si assiste alla presenza di moral hazard: non rischiando di perdere il loro posto di lavoro i manager saranno incentivati a sovrastimare le difficoltà della propria banca per poter usufruire di maggiori aiuti da parte delle autorità. Ciò potrà essere ottenuto anche attraverso l’assunzione di crediti verso le imprese eccessivamente alti. L’amministratore quindi dichiarerà sempre di trovarsi nel peggiore stato del mondo possibile, anche se non
57 corrisponde alla realtà, aumentando in tal modo la propria utilità. Inoltre si riscontrano benefici privati dei manager nell’imporre una precisa disciplina finanziaria alle imprese oggetto di prestito: più i loro progetti risulteranno redditizi, più la banca si troverà in condizioni floride e maggiore sarà l’avanzo dei capitali straordinari ottenuti dalle autorità di regolamentazione. La funzione di utilità sociale assumerà la seguente forma:
(2. 16) 𝑈𝑅 = 𝜌(𝑒)𝜋 + ∑4𝑖=1𝑝𝑖𝛺𝑖 − 𝜆[𝑝1(𝑒)(𝑊1− 𝑊4) + 𝑝2(𝑒)(𝑊2− 𝑊4) +
𝑝3(𝑒)(𝑊3− 𝑊4)] − 𝑐(𝑒).
Anche con questa politica si assiste ad una diminuzione di utilità sociale totale rispetto alla formula 2.13. Si andranno infatti a introdurre i costi sociali dovuti all’eccessiva ricapitalizzazione, rappresentati dal terzo addendo73. Sono presenti inoltre incentivi
inadeguati ai manager per l’assunzione di comportamenti corretti, rinunciando ai vantaggi ottenuti grazie alle asimmetrie informative.
Politica di ricapitalizzazione intermedia
In questo caso il licenziamento del manager dipende dall’ammontare necessario per la ricapitalizzazione della banca in difficoltà. Così facendo l’amministratore risulterà responsabile solo per l’avverarsi del peggiore stato del mondo, mentre negli altri scenari la minore capitalizzazione versata non renderà necessario l’allontanamento del manager. Anche in questa politica vi è però la possibilità di moral hazard. Le banche che si trovano nei primi due stati del mondo saranno incentivate a dichiarare di trovarsi nello scenario tre: in questo modo otterranno una maggiore ricapitalizzazione rispetto a quella che gli spetterebbe dichiarando il vero senza che il loro manager corra il rischio di essere licenziato. Allo stesso tempo gli istituti bancari che si trovano nello stato peggiore mentiranno a proposito delle loro condizioni di patrimonio netto sovrastimando il proprio portafoglio prestiti, in modo da non permettere il licenziamento del proprio manager. Solo le banche che si trovano nello stato del mondo tre non intraprenderanno comportamenti scorretti annunciando la loro reale condizione. Quest’ultima infatti permetterà loro di ottenere aiuti monetari senza l’allontanamento dell’amministratore.
Questa politica è caratterizzata dalla combinazione degli effetti negativi legati alla perdita di utilità sociale registrati nelle prime due modalità di intervento: si ha infatti sia l’eccessivo versamento di capitale registrato nella politica lieve, sia la sotto liquidazione delle imprese insolventi presente nella politica severa. Inoltre gli incentivi ex-ante dei
58 manager sono peggiori rispetto agli altri due casi, essendo maggiore il numero di scenari in cui gli amministratori hanno convenienza a sfruttare l’informazione nascosta.
Ricapitalizzazione subordinata alla liquidazione delle imprese finanziate
Questa possibile politica di aiuti da parte dell’autorità di regolamentazione e controllo può seguire due diverse linee guida. La prima prevede la costruzione di una relazione lineare attraverso il pagamento da parte dell’autorità di regolamentazione di un importo fisso per ogni credito non performing messo in liquidazione dal manager della banca. Tuttavia non si eliminano i problemi legati al moral hazard, essendo le banche ancora incentivate a dichiarare una percentuale maggiore di prestiti inesigibili nel loro portafoglio: maggiore è il numero di crediti insoluti e più alti saranno gli aiuti monetari ricevuti. Si assiste quindi ad un’eccessiva capitalizzazione.
L’alternativa è rappresentata da una relazione non lineare: l’autorità provvede al pagamento di un importo fisso tL per i prestiti liquidati al di sopra di una soglia
prestabilita; al di sotto di tale livello gli aiuti concessi assumeranno un valore tH maggiore
del precedente. È possibile individuare una soglia tale da consentire l’efficiente liquidazione delle aziende in default e quindi raggiungere la massimizzazione dell’utilità sociale. Al fine di ciò basterà impedire l’eccessiva liquidazione dei prestiti da parte del manager della banca imponendo il valore tH minore dell’importo minimo recuperabile dai
prestiti non esigibili, perché altrimenti gli amministratori sarebbero incentivati a comportamenti scorretti. In più il valore tL dovrà essere tale da scoraggiare le banche che
si trovano nei primi due stati del mondo, quelli migliori, a partecipare alla ricapitalizzazione e a tal fine dovrà assumere valore nullo.
Questa politica permette di superare le inefficienze delle modalità di intervento viste in precedenza, tuttavia vi sono casi in cui anche questa forma di aiuto non riesce a superare la presenza di informazione nascosta. Ad esempio nel caso di una marcata eterogeneità dei prestiti non performing con differenti valori di liquidazione per ogni prestito.
L’autorità di regolamentazione si trova di fronte a un duplice dilemma: innanzitutto dovrà decidere se procedere o meno alla ricapitalizzazione e poi individuare quale politica applicare per massimizzare l’utilità sociale. L’obiettivo primario del regolatore è quello di evitare corse agli sportelli, in modo da non esporre il sistema finanziario a possibili shock. Egli interverrà nel salvataggio di una banca qualora si presenti una reale minaccia di prelievo massivo da parte dei risparmiatori, in seguito alla diffusione di notizie circa le difficoltà di alcuni istituti
59 bancari. Allo stesso tempo egli deve fare attenzione al presentarsi del problema del moral hazard: banche non in dissesto potrebbe mentire sulla loro salute per ottenere risorse di capitale in surplus. Estendendo l’analisi precedente su tre periodi, si nota che la decisione di intervento da parte dell’autorità diventa fondamentale nell’individuazione della presenza di asimmetria informativa. Infatti dal suo comportamento emerge la percezione che ha del costo di bail out. Se le banche riconoscono un atteggiamento restio all’immissione di ricapitalizzazione da parte delle autorità saranno frenate all’applicazione di comportamenti scorretti: se l’autorità ha un alto costo di intervento difficilmente concederà aiuti monetari in tutti i casi di difficoltà dichiarati e alcune banche potrebbero restare razionate dalla distribuzione di liquidità straordinaria. Viceversa un’autorità che concede aiuto a tutti gli istituti che ne fanno domanda si costruirà una reputazione di bassa percezione dei costi di ricapitalizzazione, spingendo maggiormente le banche a sfruttare il vantaggio informativo in loro possesso.