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3. FINESTRE ALTE

3.5. Le novelle autobiografiche

Le ultime tre novelle analizzate in questo capitolo sono anche le ultime tre della raccolta, non a caso poste una di seguito all’altra, perché sono accomunate da un aspetto importante: sono tutte e tre novelle autobiografiche. Le prime due sono facilmente collegabili alla diretta esperienza dell’autrice perché sono narrate in prima persona, come uno schiudersi della memoria su piccoli ricordi personali; la terza invece è narrata in terza persona ma ha come protagonista Mikika, la gatta di Ada Negri. Le novelle in questione sono Messa natalizia, La poltrona e Mikika sui tetti.

Messa natalizia è forse la più interessante delle tre: la protagonista ricorda di quando da

bambina si svegliava alle cinque la mattina di Natale per andare alla prima Messa della giornata con la madre, nella Chiesa di Santa Maria del Carmine a Lodi, e non notava il freddo, la povertà, la miseria. Il finale della novella è invece malinconico e riferito alla contemporaneità dell’autrice, che ha mantenuto per tutta la sua vita questa tradizione natalizia, con la differenza che ora è sola. Ne La poltrona invece Ada Negri ricorda la malattia che la colpì quando aveva sedici anni, una febbre tifoidea molto forte dalla quale però riesce a guarire. Una sua vecchia insegnante, venuta a conoscenza della sua malattia, le manda una vecchia poltrona in prestito, ma la Negri non riesce mai a sentirla pienamente sua o parte della casa, e questo avvenimento le fa comprendere il fatto che nella vita nulla veramente ci appartiene.

30 Vanna Zuccaro, “Finestre alte” di Ada Negri, a cura di Agostini, Chemello, Crotti, Ricaldone, Ricorda, p. 371.

171 Le due novelle sono molto diverse ma sono entrambe frutto dei ricordi della Negri; la prima richiama in particolare una tradizione iniziata quando l’autrice era molto piccola, e portata avanti poi per tutta la sua vita, mentre la seconda si focalizza su un evento particolare dal quale lei saprà trarre un importante insegnamento. In entrambe appare fondamentale la presenza della madre: in Messa natalizia è proprio la madre a svegliarla la mattina presto il giorno di Natale e a condurla in Chiesa, ripetendo il rito tutti gli anni, e creando quindi nella figlia un ricordo indissolubile con la figura di lei; nella seconda novella invece la madre la aiuta a guarire, dedicandosi totalmente alla figlia e rinunciando anche al lavoro per starle accanto, tanto che il suo ritorno in fabbrica viene percepito da Ada come un abbandono. Il ricordo della messa di Natale è legato anche ai racconti della stessa autrice in Stella mattutina, la sua autobiografia, in particolare per il riferimento alla portineria nella quale Ada bambina viveva con la madre e con la nonna, e del letto che le tre donne dividevano per dormire. I due racconti sono frutto di due considerazioni diverse di Ada Negri. In Messa natalizia il ricordo positivo con cui inizia la novella viene ribaltato nel finale, che invece è molto malinconico, proprio perché la contrapposizione tra l’età giovanile e quella adulta va a discapito di quest’ultima: ad Ada bambina non pesava nulla della sua vita, né la situazione familiare, né la povertà alla quale era sottoposta, e sapeva cogliere il lato positivo di tutto ciò che le capitava, tanto che la messa di Natale e la Chiesa addobbata rappresentavano per lei un’attrazione senza fine. In età adulta invece, nonostante una vita piena ed appagante, la intristisce tutto ciò che non ha più, primo fra tutto la madre, che la Negri ricorda sempre con grandissimo affetto. È proprio la condizione di solitudine che si ricorda al termine della novella, per questo la bellezza della Chiesa e della funzione religiosa non avranno per la Negri la stessa attrazione che avevano un tempo. Di questa novella però non dobbiamo dimenticare l’aspetto religioso: è proprio da qui che nasce il suo rapporto con il divino, che è una ricerca inesausta ma anche appagante, di pace e di assoluto, «non perché allora amassi ferventemente Iddio. […] Ma i miei sensi già vigili e inquieti si placavano in quell’armonia calda e ricca, […] fra quelle bellezze potevo evadere dalla povertà di casa mia, dalla meschinità rigida e nuda delle aule scolastiche, dalla chiassosa volgarità della strada».31 Il rapporto con Dio rappresenterà, da questo momento in poi, un porto sicuro nel quale ritrovare la pace e la serenità, anche nei momenti difficili.

172 Un ricordo della Negri giovane si ritrova anche ne La poltrona, anche se qui Ada non è più una bambina ma una ragazza di sedici anni. Ciò che colpisce di questo ricordo è il rapporto che si instaura tra Ada Negri e la poltrona, e ciò che questo oggetto rappresenta. Essa infatti era il dono di una sua vecchia insegnante, frutto di un atto di gentilezza, per aiutarla a superare la malattia. Ada era una ragazza povera, che non aveva mai posseduto una poltrona in vita sua, avendo casa sua e della madre solo tre sedie; ella dunque dovrebbe essere felice del dono ricevuto, e invece percepisce la poltrona sempre come un qualcosa di esterno alla sua casa e quindi alla sua vita, di estraneo. Nonostante questo Ada non riesce a non rimanere affascinata dalla poltrona, dalla sua comodità, dalla sua efficienza a dispetto delle sue sedie, e si verifica un rapporto dicotomico con questo oggetto che ha un valore più generale, si può riferire a tutti gli oggetti e le persone che sono entrate nella vita dell’autrice, destinate a rimanervi per un periodo limitato, sia esso più o meno lungo. Da una parte Ada Negri accetta la comodità della poltrona, accetta dunque la novità nella sua vita, dall’altra invece la respinge e non riesce ad attaccarsi, cosciente del fatto che non le appartiene e che è destinata ad andarsene un giorno o l’altro. Ada Negri infatti ricorda di non aver sofferto quando la poltrona se n’è ritornata alla legittima proprietaria, ma dopo tanti anni ancora ricorda perfettamente come questa fosse fatta. Ciò le insegna che: «Tu non possederai nulla. A nulla potrai attaccarti qui in terra. Nella tua vita tutto sarà passeggero».32 È un destino il suo, che Ada Negri accetta senza preoccupazioni, tanto da non legarsi a nulla di materiale in tutta la sua vita, e probabilmente essendo consapevole che anche le persone fanno parte della nostra vita solo per periodi limitate, destinati, come tutto, ad andarsene.

L’ultima novella è Mikika sui tetti, anch’essa autobiografica ma contemporanea: Mikika è una gatta che trascorre le sue giornate sui tetti dei condomini di Milano insieme agli altri gatti. La padrona di Mikika è la madre di Rosaspina, la quale passa tutto il suo tempo a scrivere nel suo scrittoio, mentre Rosaspina o coltiva le rose o suona al pianoforte, leggiadra nella sua giovinezza.

Questa è la prima novella di Ada Negri che abbia come protagonista un animale: la gatta Mikika passa le giornate a gironzolare tra i tetti delle case di Milano, e insieme a lei troviamo molti altri gatti, descritti nelle loro diversità sia fisiche che

173 comportamentali, quasi umanizzati; la stessa Mikika prova simpatia per alcuni e antipatia per altri, ed instaura con questi diversi rapporti. Mikika è però un pretesto per l’autrice per parlare delle due donne che sono presenti in questa novella, ovvero la padrona della gatta, che non ha nome ma viene solo descritta come una donna anziana, e sua figlia, della quale non conosciamo il nome di battesimo ma solo il soprannome che le viene dato dalla madre, ovvero Rosaspina, datole per la sua passione per i fiori e per le rose in particolare. Non è quindi esplicito il riferimento all’autrice, ma anche un lettore disattento può facilmente comprendere come la donna matura altro non sia che Ada Negri stessa, e Rosaspina la sua amata figlia Bianca. La padrona di Mikika è una scrittrice, tanto da trascorrere tutte le giornate al suo scrittoio, perché «ha l’anima traboccante di cose da dire, che un tempo le dolsero, che ora son giunte ad un punto di radiosa maturità»33; questa serenità, anche a dispetto delle problematiche e delle sofferenze che hanno caratterizzato la vita della Negri, è presenta anche nel finale de La

poltrona e di Messa natalizia. Nel pensiero dell’autrice ritorna una sorta di accettazione,

che contraddistingue in parte tutte le persone in età matura, verso la propria vita e ciò che ne ha fatto parte, e che permette di guardare con positività ciò che è stato e ciò che ancora può arrivare. D’altro lato invece si presenta la giovane Rosaspina, appassionata di fiori e di musica, che allieta la casa con la sua attenzione per le piccole cose, con la sua grazia. Le due donne presentano caratteri diversi perché stanno attraversando fasi molto diverse della vita, e Rosaspina ha ancora davanti a sé molti anni che la attendono. Interessante è anche la descrizione degli alberi che Mikika può vedere dall’appartamento dove vive, che si ritrovano in vari giardini di altre abitazioni. La descrizione dei giardini ha sempre avuto importanza in Ada Negri perché le riportava alla memoria il giardino del palazzo nel quale aveva trascorso gran parte della sua infanzia, in un richiamo al luogo nativo «in cui la Negri muove i primi passi della vita e del sapere», come sottolinea Ada Ruschioni.34

La novella termina con l’arrivo della luna, che illumina la terrazza dell’appartamento di Mikika e delle due donne, e la padrona ne è particolarmente affascinata, soprattutto nel vedere la sua ombra che le appare così giovane, il cui segreto, come sostiene Mikika, è che l’ombra non è quella del suo corpo, «ma del suo spirito».35

33 Ada Negri, Mikika sui tetti, p. 320.

34 Ada Ruschioni, Dalla Deledda a Pavese, Vita e pensiero, Milano, 1977, p. 50.

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