4. GRAZIA DELEDDA E ADA NEGRI
4.3. Il rapporto uomo – donna
L’indagine sociale di Grazia Deledda e Ada Negri, che le porta a rappresentare nella pagina i vari aspetti eterogenei della società, si palesa anche nella scelta di parlare molto spesso del rapporto tra uomo e donna, soprattutto in termini di rapporti d’amore o di legami matrimoniali. Le novelle di Grazia Deledda hanno indistintamente per protagonisti sia uomini che donne, mentre quelle della Negri, come noto, raccontano quasi sempre storie di donne (sono infatti solo due le novelle negriane che hanno per protagonisti degli uomini), ma la presenza maschile si fa comunque sentire e definisce anche il carattere delle donne stesse. Entrambe le autrici però, seppur in forme diverse, indagano il rapporto tra uomo e donna.
Il rapporto tra uomo e donne si esplica nelle novelle in varie forme: troviamo i rapporti tra padre e figlia o tra nonno e nipote, ma ciò che interessa soprattutto qui
190 analizzare viene raffigurato nei rapporti d’amore o in quelli matrimoniali. È interessante notare che sia nella Deledda che nella Negri amore e matrimonio non vanno di pari passo, anzi molto spesso si escludono a vicenda. Le donne e gli uomini in Chiaroscuro e Il fanciullo nascosto sono spesso legati a due persone diverse, ovvero amano una persona ma sono costretti a sposarne un’altra; questa “imposizione” avviene per i motivi più disparati, ma quasi sempre rientra nelle categorie di carattere economico o sociale, ovvero non possono sposare la persona amata perché appartiene ad una classe sociale troppo bassa o è troppo povera, mentre il desiderio del protagonista è quello di arricchirsi. Inevitabilmente questo conduce alcuni dei personaggi a tradire il proprio coniuge, come avremo modo di vedere in seguito. Questa situazione avviene anche nella Negri, anche se in misura minore rispetto alla Deledda, e soprattutto le donne negriane subiscono un’imposizione al matrimonio molto diversa: mentre i personaggi deleddiani scelgono chi sposare, e rinunciano all’amore perché ritengono che la ricchezza o la classe sociale di appartenenza siano aspetti troppo importanti per potervi rinunciare, le donne negriane molto spesso si sposano con uomini decisi dal padre, e dunque imposti. Molte donne negriane, soprattutto quelle appartenenti alla piccola-media borghesia raccontate ne Le solitarie, non solo non hanno la forza di imporre la propria idea al padre, ma soprattutto non pensano di poter decidere da sole o di poter rivendicare qualche diritto. Sotto questo punto di vista le donne della Deledda sono molto più forti caratterialmente, e riescono in alcuni casi a far valere la propria idea, decidendo chi sposare; anche in Finestre alte però la situazione femminile presentata da Ada Negri è differente, e le donne cominciano a lottare contro tutto ciò che percepiscono come un’ingiustizia. Ne consegue che le due autrici rappresentano molto spesso matrimoni infelici, perché basati su presupposti sbagliati; l’infelicità però solitamente è causata da motivazioni dissimili. Nella Deledda i motivi principali sono dati, come spiegato appena prima, dalla scelta del partner, fatta spesso per comodità e non per amore; nella Negri invece capita che le donne non provino mai un vero amore verso nessuno, nemmeno il proprio marito, e l’infelicità coniugale non sia data tanto dalla mancanza di sentimento, quanto da una relazione nella quale esse si sentono poco apprezzate, poco utili e poco considerate dal marito.
La differenza nelle relazioni è frutto anche della diversa descrizione che Grazia Deledda e Ada Negri danno degli uomini e delle donne nelle loro novelle, che appare in
191 alcuni casi quasi antitetica. Dolores Turchi sostiene che: «la donna sarda sia una brava massaia (anche perché è la dote che pretendono i giovani uomini), una grande lavoratrice alla quale è demandata la cura della casa e dei figli, verso i quali dimostra sempre un profondo attaccamento. La donna sarda inoltre non tradisce il marito, subirà i tradimenti e i maltrattamenti di lui ma non sarà mai un’adultera, anche se le giovani donne si dimostrano più “corrotte”. Essa inoltre è saldamente attaccata alle tradizioni e ne segue gli usi e i costumi, tanto che erano le donne dei ceti sociali superiori a difendere ad oltranza la casta di appartenenza, creando tra un ceto e l’altro barriere invalicabili. Nessuna ambizione turba la monotona e uguale evoluzione dei suoi pensieri: da fanciulla pensa a prendere marito, maritata pensa ai figli e al benessere della sua famiglia. I suoi svaghi sono l’andare in chiesa, le processioni, il ricambiare le visite.»303 Si rifanno a questa descrizione molte donne deleddiane: pensiamo per esempio a Zia Carula de I tre fratelli, la madre di Caterina in Quello che è stato è stato, Valentina Lecis in Lo spirito del male. In realtà caratteristiche simili si ritrovano anche nelle donne negriane, soprattutto in quelle de Le solitarie. Anche se l’interesse principale della Negri sta nel rendere evidente a tutti la difficoltà di vita delle donne e la disparita di trattamento che ricevono, e la solitudine profonda nella quale sono destinate a vivere, molte sue donne indubbiamente hanno molti punti in comune con le donne sarde. Franceschetta de L’altra vita viene data in sposa giovanissima e la sua preoccupazione non è altro che la gestione della casa; Gianna ne L’appuntamento è sposata con un uomo che la maltratta e che lei detesta, ma lei non ha la forza per separarsene, come Caterina in Storia di una taciturna, consapevole che il marito la tradisce spesso ma incapace di agire, legata com’è alla famiglia e ai figli; la protagonista de Il suo diritto è preoccupata che la bruttezza della figlia, in seguito a un incidente domestico, le impedirà di sposarsi, prospettiva per lei inaccettabile. In queste ultime protagoniste manca l’attaccamento alla tradizione, intesa come seguire gli usi e i costumi tradizionali, che invece nella Deledda sono abbastanza presenti, ma gli aspetti riguardanti il matrimonio o i figli sono pressoché identici, segno che le due società rappresentate non sono così distanti e differenti come può sembrare. Grazia Deledda e Ada Negri però non rappresentano solo questa tipologia di donne, ma anzi entrambe dedicano spazio a donne forti, che combattono per realizzarsi, che non si fanno
192 sottomettere dalla parte maschile della società, o che per lo meno ci provano. Così nella novella Il suo diritto in Finestre alte, accanto alla madre troviamo la figurazione della figlia, che vive intensamente la propria vita incurante dello sfregio che le segna il volto; Fanetta che va incontro alle difficoltà forte dell’amore che ha per il figlio appena nato; Assunta di Mater Admirabilis, che sente il peso dell’educazione del nipote ora che è rimasto orfano. Nelle opere della Deledda troviamo per esempio Zia Austina Zatrillas in
Padrona e servi, ricca proprietaria terriera che gestisce in modo autonomo le sue
ricchezze nonostante sia sposata, o Anna de La scomunica, anche lei ricca ed indipendente, o la senora Rughitta in Un po' a tutti.
La situazione di queste donne, sia di quelle sottoposte alle regole tradizionali che quelle che invece cercano di scontrarsi con le tradizioni, è accomunata dal vivere in società profondamente maschiliste e patriarcali, sia quella sarda che quella del nord Italia. Nonostante le differenze presenti tra la Sardegna e il Nord Italia, sia sociali che politico-economiche, esse sono entrambe società in cui a decidere, in tutti i campi della vita, sono gli uomini: sono questi che decidono chi devono sposare le figlie, che tipo di carriera possano intraprendere, quanta libertà possano avere anche in casa. Questa doppia visione delle due scrittrici, conservatrice da un lato e molto aperta dall’altra, riflette anche la dicotomia che regna nell’animo della Deledda e della Negri, poiché, come sottolinea Vanna Zaccaro: «Le scrittrici di fine Ottocento sono in bilico tra il desiderio di conformarsi al ruolo di moglie e madre alla volontà di prefigurarsi un ruolo alternativo».304
Altro punto di contatto tra la Deledda e la Negri, sempre in riferimento ai personaggi femminili, è dato dalla rappresentazione di donne brutte: questo è molto usato nella Negri, ma che si presenta anche nella Deledda, in particolare in Selvaggina. La bruttezza, sia che riguardi il fisico sia che invece si rivolga al viso, ha lo scopo di palesare un’ulteriore difficoltà nella vita delle donne, che se prive di ogni qualità fisica vengono trattate con meno considerazione, e quindi faticano ancora di più nel farsi riconoscere.
Completamente diversa invece è la raffigurazione degli uomini: nonostante quelle rappresentate siano società maschiliste e patriarcali, gli uomini della Deledda appaiono spesso mancanti della forza necessaria per affrontare la vita e superare i
304 Vanna Zaccaro, Guardare/guardarsi per conoscersi: Finestre alte di Ada Negri, a cura di Barbara Stagnitti, Ada Negri. Fili d’incantesimo, Il Poligrafo, Padova, 2015, p. 147.
193 problemi e le difficoltà, tanto da portare alla rovina la propria famiglia e chi sta loro attorno. Se si salvano lo fanno sempre a discapito di qualcun altro, ma capita spesso che cadano nel vizio del bere o del gioco, e ciò inevitabilmente li indebolisce ancora di più, portandoli facilmente al fallimento e indebolendoli dal resistere alle tentazioni. C’è, negli uomini della Deledda, una propensione alla rovina, che esercita in loro una forza alla quale non riescono a resistere, portandoli ad abbandonarsi alla disfatta. Nella Negri invece questo non capita mai, la parte maschile è sempre ritratta come forte, non dubita mai delle proprie capacità ma anzi impone il proprio punto di vista con forza; questo rende più difficile l’operato delle donne, che si trovano a dover contrastare persone che non dubitano mai della validità delle proprie azioni, e per questo spesso solitamente falliscono nel loro tentativo di ribellione.