Il carattere delle novelle Una serva e Anima bianca è ancora una volta differente rispetto ai temi che sono stati trattati nelle novelle precedenti: qui abbiamo sempre come protagoniste delle donne che non hanno mai conosciuto l’amore, ma che a differenza di Raimonda e Maria Chiara non lo ricercano poiché non ne percepiscono l’assenza come una mancanza, appagate come sono della loro vita tranquilla e monotona e della loro semplicità.
Anin, protagonista di Una serva, è una ragazza che «nacque brutta e crebbe brutta»,34
rimane orfana molto giovane, e decide di andare a servizio per sopravvivere. Trascorre tutta la propria vita a servizio di una coppia di ricchi e poi della loro figlia Liana una volta sposatasi; Anin non ha mai conosciuto l’amore, né altro desiderio se non quello di servire le altre persone, e vive felice e contenta, fino a che improvvisamente muore.
33 Anna Nozzoli, pp. 33-35.
128 Come si può facilmente comprendere, la situazione di Anin è molto differente rispetto a quella di Raimonda e Maria Chiara, poiché ella non è assolutamente interessata all’amore e per questo non ne sente mai la mancanza: «A sposarsi non aveva mai pensato. […] Apparteneva al numero di quelle donne che attraversano la vita in margine, ignare d’avere un sesso, non avvertendone i languori e le inquietudini, non emanando il fluido che in molte brutte è assai più acre che nelle belle. La sua instancabile attività le bastava. Ella era stata creata per essere serva»,35 scrive di lei la Negri. È nell’essere serva che in lei risiede la felicità; tutto ciò che le interessa è di poter essere d’aiuto alle coppie di padroni sotto cui lavora per tutta la sua esistenza, soprattutto dell’amata Liana, da lei cresciuta con particolare affetto. Anin dunque accetta la sua obbedienza perché per lei appartiene alla sua condizione di donna. Nonostante questa felicità, non sfugge al lettore la fatica che è richiesta alla povera Anin dai suoi padroni, che sicuramente provano per lei dell’affetto ma che le riservano poche attenzioni e molti lavori domestici da compiere nell’arco dell’intera giornata, senza un minuto di pausa, senza un momento da dedicare a sé stessa. Torna quindi con il personaggio di Anin una critica alla società di appartenenza della scrittrice e della figura dei padroni in particolare, siano essi proprietari di fabbrica o padroni di casa come in questo caso, che sono troppo concentrati sulle proprie esigenze per concedere un attimo di tregua ai propri dipendenti.
Nella novella viene poi brevemente trattato il tema della maternità, altro grande tema della narrativa negriana, nella descrizione dello sconforto di Liana quando perde il proprio bambino. Da questa perdita la giovane donna, già debole di salute, non si riprenderà mai più; la visione invece che in altre novelle, come avremo modo di vedere, dà la Negri della maternità non è di positivo appagamento come accade in molta letteratura, quanto piuttosto di una condizione faticosa e usurante per la donna, che si svuota per dedicarsi totalmente ad un’altra persona.
Anima bianca è invece la storia di Rosanna, maestra di matematica in una prima
elementare di un piccolo paesino; non è una donna particolarmente intelligente ma è molto brava con i bambini, che infatti l’adorano, e svolge con grande passione il proprio lavoro. Mariano Conti, il fratello maggiore del suo alunno preferito, è ossessionato da
129 Rosanna e arriva a violentarla; la povera donna non si riprenderà mai dall’accaduto, sentendosi indegna di insegnare, finché brevemente muore.
Anin e Rosanna presentano diversi punti in comune: entrambe sono definite dalla loro bruttezza; entrambe hanno i capelli rossi (aspetto che ritorna altre volte nelle protagoniste negriane); entrambe non hanno mai conosciuto l’amore e non sono nemmeno attirate da questo, soddisfatte come sono della propria vita. Come per Anin, anche per Rosanna il lavoro di maestra è una vocazione alla quale lei dedica anima e corpo anche oltre l’orario di lavoro, perché ciò che le interessa veramente è esserci per i suoi piccoli allievi ed aiutarli, mossa in questo da un reale affetto nei loro confronti. Rosanna dimostra una dedizione al lavoro che è sconosciuta alle sue colleghe, le quali hanno intrapreso questa occupazione motivate solo dallo stipendio. La sua vita termina però quando arriva a conoscere la violenza del giovane Mariano Conti, che per vendicarsi della povera maestrina che non aveva risposto alle sue proposte decide di violentarla. La violenza subita cambierà per sempre la vita di Rosanna che non si riprenderà mai più dallo choc, sentendosi anche indegna di insegnare ai suoi alunni e temendo che questi possano conoscere la verità e deriderla. In questa novella Ada Negri ripresenta una delle forme di soprusi utilizzata dagli uomini nei confronti delle donne, e come Franceschetta e Cristiana, anche Rosanna non riesce a sopravvivere a questo evento, per cui prima impazzisce e velocemente muore. La modernità di Ada Negri sta ancora una volta nel presentare un tema scomodo e poco trattato in letteratura come quello degli stupri, che cambiano per sempre la vita delle vittime. Un altro aspetto triste di questa novella è che, nonostante l’affetto da sempre rivolto dalla maestra per i propri alunni, quasi sempre ricambiato, e l’aiuto che la giovane donna portava a varie persone del paese, Rosanna dopo la morte viene presto dimenticata poiché le persone tornano alla propria vita di tutti i giorni e sono troppo impegnati nelle loro occupazioni. Anima
bianca è una storia particolarmente triste, come lo sono molte di quelle raccontate dalla
Negri. Secondo Salvatore Comes c’è nelle opere della Negri un gusto per il dolore, cerca di farne uno stimolo continuo poiché senza di esso non riesce a cantare o a raccontare, come un nodo da sciogliere solo nel pianto; nella struttura di ogni libro rimane questo sogno oscuro.36 L’unica storia che si salva da queste descrizioni di donne
130 infelici è quella di Una serva, perché Anin è contenta di fare da serva e di poter essere un aiuto per gli altri.
Anima bianca tratta anche un altro tema nuovo, ovvero quello del lavoro di
maestra. L’immagine della scuola e del lavoro di maestra è quasi sempre dolente: lo studio appare faticoso ed è difficile riuscire a superare il concorso e quindi entrare in qualche scuola; quasi sempre poi si finisce per diventare una maestra rurale.37 La fatica colpisce anche queste altre donne piccolo-borghesi, e nella rappresentazione di Rosanna ciò che colpisce è la sua poca attitudine allo studio e alla conoscenza: la sua volontà era quella di tornare nel suo paesino ad insegnare, più per un reale interesse a passare del tempo con gli alunni nel tentativo di aiutarli che in quello di trasmettere loro delle conoscenze precise di una qualche materia. Come specificato anche prima, la reale dedizione di Rosanna si scontra con la poca volontà di molte altre sue colleghe. La scelta di rappresentare una maestra di campagna non è casuale, ma si rifà all’esperienza autobiografica dell’autrice, che nei primissimi anni della sua carriera aveva insegnato per un breve periodo in una scuola di Motta Visconti, piccolo paese della campagna lombarda. La stessa Negri ricorda i giovani alunni che si presentavano in classe dopo aver lavorato nei campi, ancora con le scarpe sporche di fango, o la difficoltà nel convincerli a presentarsi a scuola in primavera, quando il lavoro contadino diventava più impegnativo e richiedeva dunque anche l’aiuto dei bambini. Le difficoltà di studio riscontrate da Rossana sono le stesse che aveva conosciuto Ada Negri, non perché le mancassero le capacità, ma perché la sua reale vocazione era quella artistica di letterata, ed aveva intrapreso gli studi di maestra solo per una precisa volontà di non seguire le orme della madre come operaia in fabbrica, avendo conosciuto la sua fatica; sapeva dunque che per migliorare le sue aspettative di vita le sarebbe stato necessario un titolo di studio. Nella figura della Rosanna maestra è facile quindi riconoscere qualche particolare autobiografico di Ada Negri.