I racconti di Grazia Deledda hanno personaggi caratterizzati spesso in modo preciso, nell’aspetto fisico, nell’abbigliamento, nelle abitudini; questa tendenza ad individualizzare a tutto tondo i personaggi si evidenzia anche nel trattamento che ricevono animali o personaggi inanimati.29 Nelle raccolte di Grazia Deledda sono molto presenti gli animali, e diverse novelle sono proprio intitolate ad alcuni animali; essi possono essere i veri protagonisti del racconto, oppure fungere da pretesto per qualcos’altro. Fa parte della prima categoria Il cinghialetto presente in Chiaroscuro: il cinghialetto è un animale molto vivace, che un giorno si allontana dalla mamma e dai fratellini e viene preso da un bambino che si prende cura di lui. La famiglia del bambino però è molto povera, e la mamma convince il bambino a regalare il cinghiale al figlio del giudice, nella speranza di avere un aiuto per il marito che si trova in carcere; il figlio del giudice, molto viziato, tratta male l’animale, e arriva a sparargli, uccidendolo. Il cinghiale viene rappresentato con tratti umani: è avventuroso e curioso, si affeziona a Pascaleddu, il bambino che per primo si prende cura di lui, come se fossero due amici,
28 Grazia Deledda, Un grido nella notte in Chiaroscuro, p. 31.
29 Monique Streiff Moretti, Novelle, racconti e testi brevi nella letteratura del Novecento, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1997, p.8.
26 mentre trova pace nella casa del giudice solo quando può stare da solo a correre nel prato; inoltre la narratrice si sofferma spesso a descrivere i suoi occhi, castani dalle palpebre rossicce, che guardano con fare curioso il mondo esterno. Grazie a questi tratti umanizzanti, l’animale instaura con le persone, e soprattutto con i bambini, delle relazioni sociali intense, e la sua presenza serve a sottolineare i caratteri dei due bambini con cui avrà a che fare. Pascaleddu è un bambino buono, che si affeziona realmente al cinghialetto e che soffre molto quando è costretto ad abbandonarlo; il figlio del giudice invece è un bambino viziato e capriccioso, che non ha rispetto di nessuno, tanto meno del povero animale, che arriva ad uccidere per puro piacimento e senza provare un minimo di pietà. Ma il cinghiale è anche un tentativo di “corruzione” da parte di Maria Cambedda, la madre di Pascaleddu, verso il giudice, che può decidere di scarcerare suo marito, aiutando quindi la famiglia della donna che sta morendo di fame; ed infatti l’uomo viene assolto dalle accuse di furto, nonostante «tutti sapessero che Franziscu Cambedda era colpevole»30. L’uomo infatti era sì colpevole ma aveva rubato del cibo per poter sfamare i propri figli: la Sardegna dell’epoca della Deledda è sconvolta da una profonda crisi economico-sociale, che colpisce soprattutto chi non possiede grandi appezzamenti terrieri; l’attenzione della scrittrice è dunque richiamata dalla condizione di miseria, di dolore e di rassegnazione della povera gente,31 che è costretta a commettere atti illegali solo per poter sopravvivere. È la necessità che spinge Franziscu Cambedda a rubare. L’unico personaggio veramente negativo, e se vogliamo cattivo, della novella è il figlio del giudice, che è mosso solo dalla noia e dalla convinzione di avere la libertà e il potere di poter fare tutto ciò che vuole.
Il paesaggio ha anche qui una rilevanza notevole, e cambia in base ai cambiamenti di vita del cinghialetto: all’inizio ci si ritrova in un bosco, dominato dal verde degli alberi, il bianco delle cime innevate delle montagne vicine, il rosso del muschio che ricopre tutte le rocce; e sono questo luogo e i suoi colori che spingono fin da subito l’animale ad essere ardito, voglioso di conoscere il mondo. Questi stessi colori saranno anche l’ultima cosa che l’animale vedrà prima di morire: il verde degli alberi, il bianco della casa del giudice, e il rosso del proprio sangue. Nel mezzo, l’ambientazione cambia: il cinghiale passa le giornate nel cortile della casa di Pascaleddu, o all’interno del forno
30 Grazia Deledda, Il cinghialetto in Chiaroscuro, p. 35.
27 della cucina quando deve nascondersi, o nel grande e bel giardino e nella spaziosa cucina della casa del giudice, dove trascorrerà l’ultimo periodo.
Altre tre novelle nelle due raccolte prese in esame sono intitolate ad animali, ma in questo caso essi non sono i personaggi principali; le novelle sono La volpe e La
cerbiatta in Chiaroscuro, e La martora ne Il fanciullo nascosto. Nella novella La volpe
l’animale non è nemmeno presente, poiché il termine ha un valore simbolico. Questa è la storia di un medico di un paesino che viene chiamato ad assistere il vecchio ziu Tomas dalla nipote di lui, Zana; nonostante le apparenze, ziu Tomas e la nipote sono ricchissimi, e il medico presto si innamora della ragazza, che è molto bella e desiderata da tutti. Va quindi a trovarla tutte le sere, i due parlano di medicina e la ragazza gli domanda spesso un veleno per uccidere la volpe. Nel frattempo la vicina di Zana e ziu Tomas, zia Lenarda, convince il dottore ad aiutarla a richiamare a casa il giovane marito Jacu, che è in servizio militare, e il dottore riesce a fargli avere una licenza. Il ragazzo torna in tempo per la grande festa della tosatura, durante la quale il medico sente Zana e Jacu parlare di nascosto, e capisce che i due sono amanti e che vogliono uccidere zia Lenarda, ovvero la volpe.
In questa novella appare per la prima volta, rispetto alle altre che abbiamo analizzato, il tema dell’amore, declinato in due modi diversi, ovvero quello tra il dottore e Zana e quello tra Zana e Jacu. Nel primo caso si tratta di un amore non corrisposto: il medico, dopo anni di solitudine, aveva cominciato a sentirsi «preso da pazze ribellioni»32, e cercava affannosamente l’amore, senza però mai trovarlo. Si innamora quindi di Zana, giovane ragazza molto bella e molto ricca, che in realtà non lo degna di grandi attenzioni, ma anzi cerca spesso di sfuggirgli. Dall’altro lato invece troviamo un amore corrisposto tra Zana e Jacu, complicato però dal fatto che l’uomo è sposato. La Deledda racconta spesso storie d’amore, anche se solitamente l’amore è inteso come peccato, di natura morale (come in questo caso), religiosa, o sociale; di peccato bisogna parlare in una storia perché renda possibile un percorso di espiazione e redenzione. La narrazione solitamente parte da una situazione immersa nella quiete della normalità, che è apparente, dietro alla quale si nascondono un groviglio di problemi.33 In questo caso la storia d’amore non è il centro della novella, piuttosto è la causa che muove i fili della narrazione, ovvero l’interesse di Zana per l’uccisione della volpe: è l’omicidio, non già
32 Grazia Deledda, La volpe in Chiaroscuro, p. 122.
28 avvenuto ma che si sta organizzando, ciò che interessa a Zana e a Jacu. Il delitto nella Deledda è sempre passionale, è una violenza primitiva che si scatena, e ciò molte volte accade quando le donne soggiacciono alle proprie passioni che portano alla perdizione. Le donne di Grazia Deledda infatti sono sempre viste nel loro ambiente sociale, soggette alle leggi familiari, ma l’amore costituisce l’unica ricchezza alla quale non rinunciano mai e che seguono con istinto femminile.34 Anche se il delitto è ciò che motiva Zana, la novella si interrompe prima che questo sia perpetrato, anzi il medico viene a sapere del piano dei due amanti, quindi non siamo nemmeno sicuri che questo avrà luogo. Non sono dunque presenti tutti gli aspetti di colpa e di espiazione che colpiscono gli altri personaggi deleddiani colpevoli di delitti o di altre gravi colpe. Il resto della storia fa da sfondo all’obiettivo dei due amanti. In particolare, la scoperta del piano da parte del dottore avviene durante la festa della tosatura, celebrata come un grade avvenimento del paesino dove vivono i personaggi, di gran lunga superiore alle altre feste. Le feste sono uno dei particolari di vita sarda più sfruttati da Grazia Deledda, che richiamano le abitudini e il folklore isolano; esse sono solitamente di carattere religioso, volte alla celebrazione di alcuni santi, oppure come in questo caso sono legate alla componente contadina della società. In ogni caso sono celebrazioni importanti attorno alle quali si riunisce tutta la società paesana, per il forte legame che i sardi hanno con la tradizione. Interessante è il riferimento alla ricchezza dei personaggi, che non viene ostentata ma anzi quasi nascosta: il dottore infatti spiega come i ricchi non prestassero molta attenzione alle proprie vesti o alle apparenze, per disprezzo di queste o forse per semplice comodità, mentre i più puliti sono sempre i poveri. La ricchezza di ziu Tomas è data come sempre dai possedimenti terrieri, ma in parte anche da attività poco lecite svolte quando era più giovane, di banditismo, pratica non sconosciuta ai personaggi deleddiani e mai troppo criticata.
La volpe e Il cinghialetto possono essere definiti racconti inquietanti, perché
prospettano azioni di ferimento o di soppressione di esseri viventi, animali o umani.35
L’ultima novella ad avere come personaggio un animale è La martora in Il
fanciullo nascosto. A differenza del primo racconto, questo non ha come vero
protagonista l’animale del titolo, il quale quindi non è reso con tratti umanizzanti. Il vero protagonista è Minnai, bambino orfano e molto attivo, che vive con nonno e zia,
34 Licia Roncarati, p. 44 e p. 93.
29 che ha deciso che non vuole trascorrere la giornata a scuola ma vivere un’avventura. Scappa dunque di casa con un rocchetto che aveva preso per catturare gli animali, ma un falco glielo getta nell’orto di donna Antonina, la vicina di casa che ha fatto un voto e non esce di casa da trent’anni. Minnai riesce ad entrare in casa sua e scopre che donna Antonina ha una martora che le fa compagnia; il ragazzino è totalmente preso da questo animale e riesce a rubarlo alla donna appena lei si addormenta.
Sono citati diversi animali in questa novella: il gatto che è a casa di Minnai, il falco che gli ruba il rocchetto, i numerosi animali che possiede il nonno di Minnai o quelli che lui si diletta a cacciare. La martora ha invece un ruolo diverso, perché essa è l’unica compagnia rimasta a donna Antonina, e diventa ben presto un desiderio profondo del bambino, attratto dalla relazione di affetto che l’animale ha con la donna, e dall’idea di impossessarsi di qualcosa che non gli appartiene. Minnai infatti non è interessato alla martora per catturarla, come ha fatto altre volte con animali simili, ma vuole tenerla come animale da compagnia; anche lui, orfano, vuole avere qualcuno (o, più correttamente, qualcosa) che gli voglia bene. In questo modo arriva però a togliere l’unica fonte di gioia a donna Antonina, che vive rinchiusa sola in casa da moltissimi anni senza nessuna compagnia, se non quella della martora. Le condizioni di Minnai e di donna Antonina presentano dei punti di condivisione, soprattutto nella loro dimensione carceraria, dato che entrambi sono chiusi in casa propria. Minnai però è prigioniero contro la sua volontà: è un bambino attivo che non vuole studiare, ma anzi vorrebbe passare le giornate alla vigna o nella tanca vicina, ed infatti cerca di scappare di casa, anche a costo di ferirsi e di camminare sul tetto, perché «è meglio guardare in su, lassù c’è l’aria, il cielo, la vita!».36 Donna Antonina invece è reclusa in casa per volontà propria ormai da tantissimi anni, e non interagisce con nessuno, se non con la nipote che le porta il pranzo, a causa della fine del suo matrimonio: «una persona una volta mi disse: “Tu sei come morta per me”. Allora, che fare? Essere come morta davvero»37. I personaggi deleddiani sono sempre colti in crisi, crisi che è una prova, una manifestazione del destino sempre presente e a volte duro e ingiusto; per questo spesso i personaggi si rassegnano al destino, si ripiegano in sé stessi per un bisogno innato di introspezione, e lo fanno solo per chiedersi il perché del loro affanno, senza mai trovare
36 Grazia Deledda, La martora in Il fanciullo nascosto, p. 61.
30 una risposta.38 Donna Antonina conosce bene il motivo del proprio affanno, ma decide di non superare il dolore quanto piuttosto di viverlo: si adegua alla situazione impostale dal marito, e si abbandona al suo dolore, senza trovare la forza per superarlo; per fare questo decide di rinchiudersi in casa e dimenticarsi del mondo esterno. Ma il mondo esterno torna a volte a disturbarla, prima con la martora e poi con Minnai, al quale l’anziana donna fa molte domande.
La donna trasalì: gli occhi le si velarono di lacrime. La voce del ragazzino le sembrava la voce stessa del suo passato. Ah, dunque, nel mondo si ricordavano di lei? E dov’era il mondo? Le parve di ricordarsi: fu assalita come da una follia di resurrezione.39
Questa parole ci fanno comprendere come la scelta di donna Antonina non sia stata facile, e probabilmente rimpianta molte volte, ma lei non ha mai rinnegato la sua decisione di vivere una vita dimenticata da tutti.
L’ambientazione della novella non può che essere casalinga, suddivisa nelle due abitazioni di Minnai e di donna Antonina. Minnai si sveglia nel letto che condivide con la zia, con il quadro di San Giovanni appeso sopra, un abbaino che illumina la stanza, una cassa che contiene i suoi vestiti, la cucina con il focolare, e al di fuori il giardino con il muro divisorio per delimitare casa sua da quella di donna Antonina. La casa della donna è ancora più spoglia ed essenziale: le pareti nude, un letto coperto da una stoffa ruvida, uno sgabello, una semplicità casalinga che rispecchia l’animo monastico della donna. Importante è anche l’uso cromatico nella descrizione degli ambienti e dei paesaggi, soprattutto nella contrapposizione tra gli interni scuri e freddi della casa di Minnai rispetto al mondo esterno chiaro ed invitante: la cassa dei vestiti è nera, la stanza è bassa, il fuoco è spento, perfino il latte è «freddo e pallido nella scodella triste»; la casa sembra «la casa dei morti», dove «tutto è chiuso, tutto è buio»40. All’esterno dell’abitazione invece c’è la vita, la luce del sole che cerca di entrare dalle fessure della porta e delle finestre crea una contrapposizione tra il buio dell’interno e la luminosità dell’esterno. Anche il gatto sembra invitare Minnai a farsi coraggio e a tentare di uscire; così il bambino si ritrova a camminare sul tetto della casa, in equilibrio per non cadere, attento a dove mette i piedi ma anche libero di proseguire. La diversa resa degli
38 Licia Roncarati, pp. 15-16.
39 Grazia Deledda, La martora in Il fanciullo nascosto, p. 63.
31 ambienti interni ed esterni sottolinea il carattere del protagonista, che non gradisce una vita rinchiusa ma vuole essere libero, e per questo non vuole seguire il consiglio del nonno che lo vorrebbe prete. Ada Ruschioni parla di “poetica della luce”, ovvero la realtà intima dei personaggi si chiarifica in una corrispondenza psicologico-solare che la Deledda crea fra le sue creature e i momenti del giorno in cui colloca e fa svolgere le loro vicende.41