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La strumentalità del potere disciplinare

3. Il potere disciplinare del datore di lavoro e le sanzioni applicabil

3.1 La strumentalità del potere disciplinare

Il potere disciplinare193 di cui all'art. 4, 1°comma, si giustifica in quanto ascritto ad un nesso strumentale che la legge avrebbe istituito tra l'interesse organizzativo (parziale o complessivo) datoriale e l'interesse degli utenti del servizio (nonostante la non coincidenza e la non sovrapposizione di tali interessi). La legge n. 146 avrebbe quindi creato questo rapporto di strumentalità tra interesse organizzativo del datore di lavoro e interessi degli utenti: se essa assume inequivocabilmente la posizione del datore di lavoro come strumento per garantire l'effettività dei diritti dei cittadini anche in caso di sciopero, correlativamente assume strumentalmente anche il suo interesse organizzativo per conseguire tale obiettivo. «La funzionalità dell'organizzazione aziendale, sia pur entro la soglia minima, che risulterebbe pregiudicata dall'effettuazione di uno sciopero illegittimo, non rileva dunque in sé e per sé, ma assume carattere strumentale, in quanto attraverso di essa possono soddisfarsi interessi generali radicati nella collettività degli utenti. Questi ultimi (…) vengono tutelati attraverso la garanzia del corretto funzionamento, sia pur nei minimi, dell'organizzazione aziendale194«. Pertanto se il potere disciplinare si connota, peraltro solo indirettamente, «come mezzo al fine per assicurare proprio la tutela dei diritti della persona costituzionalmente garantiti«, non dovrebbe esservi spazio per attribuire al suo esercizio «per violazioni della legge n. 146/'90 il colore della doverosità«, anche perchè il suo mancato esercizio verrebbe

193 P. Pascucci, “Tecniche regolative dello sciopero nei servizi essenziali”, p239

194 Romei R., “Art. 4”, in Rusciano-Santoro Passarelli, a cura di, “Lo sciopero nei servizi essenziali. Commentario alla legge 12 giugno 1990, n. 146, 11991, p. 49

sfornito di qualsiasi sanzione, come si inferisce dall'art. 4, 4° co., l. n. 146/'90195. Come sostiene anche la giurisprudenza, gli obblighi posti dalla legge n. 146 presentano una caratterizzazione teleologica affatto differente rispetto, ad esempio, a quelli relativi all'esercizio dello sciopero nel settore delle imprese con impianti a ciclo continuo196. Mentre in questo ambito l'imprenditore ha un interesse diretto ed immediato al rispetto delle regole sul conflitto, nei servizi essenziali l'interesse del datore al rispetto delle prestazioni indispensabili è, invece, di tipo mediato o riflesso rispetto a quello degli utenti. Ciò non porta a negare la rilevanza dell'interesse datoriale, giacchè il datore è pur sempre contrattualmente responsabile della corretta erogazione del servizio nei confronti degli utenti, ma, semplicemente, ad affermare che il suo interesse (al rispetto degli accordi) può essere solo lo strumento per il soddisfacimento di quello degli utenti medesimi; con la conseguenza che il datore non può chiedere ai lavoratori più di quanto non sia funzionalmente necessario a tale scopo, disponendo solo entro questo limite del potere di cui all'art. 4, 1° co., giacchè soltanto entro tale limite il suo interesse alla conservazione dell'organizzazione aziendale è ritenuto meritevole di tutela da parte dell'ordinamento.

Nel caso del conflitto terziario non è la produttività dell'impresa in quanto tale a rilevare come bene protetto, quanto quella quota di interesse organizzativo imprenditoriale che sia strumentale alla realizzazione del perseguimento degli scopi della legge. Il che, in certi termini, può rappresentare un'area talora più limitata, ma talaltra più vasta di quella coincidente con quella della produttività aziendale. Non dovendosi, conseguentemente, trascurare che, nei servizi essenziali, anche un danno arrecato dall'astensione collettiva alla produzione potrebbe ricacciare quell'astensione

195 Romei R., “Di che cosa parliamo quando parliamo di sciopero”, in LD, 1999, p234

196 P.G. Alleva, “L'esercizio del diritto di sciopero nelle aziende con impianti a ciclo continuo”, in RGL, '76, I, p. 371

nell'area dell'illegittimità e, quindi, dell'inadempimento. Tenuto conto delle differenze tra un ente erogatore di servizi pubblici ed un'impresa estranea all'applicazione della legge n. 146, spesso accade che, dietro la violazione della stessa legge, vi sia un danno alla produzione aziendale e non già alla produttività. Non è forse attraverso le quote di “prodotto” erogate dall'ente che si soddisfano gli utenti? E non è forse attraverso le quote indispensabili di “prodotto” che gli stessi possono vedere tutelati i propri diritti costituzionalmente protetti in caso di sciopero? La stragrande maggioranza delle prestazioni indispensabili hanno a che fare con la tutela della produzione dell'ente e non certo con quella della sua produttività. Ad esempio, in un reparto chirurgico di un ospedale possa esercitarsi il diritto di sciopero, non è sufficiente che al termine dello sciopero del reparto possa riprendere appieno la propria ordinaria funzionalità, ma è necessario che determinate quote di “prodotto” o di “produzione” vengano comunque erogate. Quote di produzione che l'ente “deve” esigere ex lege, perchè, altrimenti, i diritti costituzionalmente protetti degli utenti verrebbero ad essere irrimediabilmente compromessi. Quote di produzione che, ovviamente, al di fuori della cornice della legge n. 146, non potrebbero assolutamente essere richieste a fronte di un'astensione collettiva dal lavoro.

Le violazioni di cui alla legge n. 146 costituiscono inadempimento, con ciò che ne consegue in ordine alla loro repressione disciplinare sul piano del rapporto di lavoro, proprio in quanto la legge stessa consente di inquadrarle in tali termini. E' la legge a determinare – sia direttamente, sia tramite le sue fonti mediate - che cosa, nei servizi essenziali, debba intendersi per esercizio del diritto di sciopero, allo scopo di garantire, in un'ottica di contemperamento, tale diritto insieme ad altri valori parimenti di rango costituzionale. Solo ed esclusivamente in quest'ottica, la legge determina il contenuto e,

quindi, l'esercizio del diritto di sciopero nell'ambito considerato. E, solo ed esclusivamente in quest'ottica, essa stessa identifica specularmente soggetti a sanzioni disciplinari: infatti, l'organizzazione dell'ente erogatore interessa alla legge non in sé e per sé, ma in quanto strumento di garanzia dei beni che essa intende proteggere, ancorchè nell'ottica di contemperamento.

Se la legge n. 146 assume strumentalmente il potere disciplinare, deve ritenersi che essa assuma altrettanto strumentalmente anche l'inadempimento concretizzato dalle violazioni dei suoi precetti. Violazioni che, infatti realizzano un inadempimento nei confronti del creditore della prestazione solo in via strumentale, in quanto, in tal modo, finiscono per pregiudicare i diritti dei terzi. Quindi, dal punto di vista strutturale, le violazioni della legge n. 146 integrano gli estremi dell'inadempimento, reprimibile come tale con il tipico rimedio delle sanzioni disciplinari, ma secondo un regime speciale (quello appunto dell'art. 4, 1°co)197 postulato, per l'effettività della legge, dalla particolarità teleologica del predetto inadempimento: ed è proprio la specialità del regime ad evidenziare la diversità di quello in parola rispetto ai tradizionali inadempimenti che esauriscono interamente i propri effetti esclusivamente nella sfera dell'imprenditore. Tale regime si esplicita, da un lato, nella preclusione del licenziamento e, dall'altro, nella doverosità del potere disciplinare. Vi è poi un'ulteriore particolarità, consistente nell'impossibilità per il datore di lavoro di trarre profitto dalle sanzioni pecuniarie, il cui importo va devoluto all'Istituto nazionale della previdenza sociale, gestione dell'assicurazione obbligatoria per la disoccupazione involontaria (art. 4, 1°e 2°co.).

197 Pilati A., “Il potere disciplinare nella legge sullo sciopero nei servizi essenziali” in ADL, '98, p.815