• Non ci sono risultati.

Le scelte di fine vita: decidere “per” l’incapace o “con” l’incapace?

Strumenti del diritto per la tutela degli incapaci negli scenari di fine vita

2. Le scelte di fine vita: decidere “per” l’incapace o “con” l’incapace?

Il problema principale da affrontare, prima di un’analisi dettagliata dei più recenti orientamenti della giurisprudenza sul punto, riguarda la possibilità di autorizzare un soggetto terzo a prestare, per conto dell’interessato divenuto incapace, il consenso o il rifiuto ad un determinato trattamento sanitario. La questione si inquadra nel più ampio tema degli atti c.d. personalissimi che, secondo una nota definizione, dal momento che implicano “una determinazione ed una scelta insurrogabile, o sono posti in essere dal

titolare della situazione giuridica e perciò da chi sarà soggetto del relativo rapporto, o non possono venire compiuti”467. È evidente che, nell’idea stessa di atto personalissimo,

si innesta una contrasto all’apparenza insanabile: il soggetto che manca della capacità di agire non può compiere un tale atto in prima persona e, allo stesso tempo, non può delegarne l’esercizio ad altri, poiché ci si trova nel “delicato terreno ove non è

consentito alcun indebito sconfinamento”468.

Non è questa la sede per analizzare le diverse ipotesi nelle quali si riscontra l’inammissibilità del coinvolgimento di un rappresentante nella sfera esistenziale del rappresentato. Si può sottolineare, però, una generale tendenza giurisprudenziale, non esente da critiche, ad ampliare i casi in cui si è autorizzato l’amministratore di sostegno ad affiancarsi al beneficiario proprio con riguardo ad atti tradizionalmente definiti come personalissimi, quali il matrimonio469 o la redazione del testamento470.

466 M.AZZALINI,Tutela dell’identità del paziente incapace e rifiuto di cure: appunti sul caso Englaro,

cit., p. 335.

467 La definizione è di A. FALZEA, Capacità (teoria generale), cit., p. 28.

468 Cfr. E. BETTI FERRAMOSCHE, La nuova disciplina della capacità di agire. Il problema degli “atti

personalissimi”, in Riv. crit. dir. priv., 2007, p. 121 ss

469 Si può ricordare la pronuncia del Trib. Varese, 24 ottobre 2009, in Fam. e dir., 2010, p. 287: con

riferimento ad una persona portatrice della sindrome di Down, si è ritenuto che l’amministrazione di sostegno è la misura idonea per colmare gli ostacoli che la diversità pone al pieno esercizio dei diritti che l’ordinamento le riconosce: pertanto, si è attribuito a questa persona il diritto di sposarsi civilmente, «accompagnata» dal suo amministratore di sostegno.

103 Per quanto riguarda il tema che qui maggiormente interessa, si è osservato da più parti che le esigenze di tutela dei diritti dei pazienti non in grado di esprimersi devono comunque passare per il tramite di un soggetto terzo che autorizzi il medico all’intervento terapeutico, altrimenti si innescherebbe una “sorta di corto circuito

giuridico”471: senza il ricorso al rappresentante legale – tutore o amministratore di sostegno – l’incapace rimarrebbe fatalmente privo di protezione e della possibilità di salvaguardare la propria salute. Del resto, raramente si è dubitato, in dottrina472 e in giurisprudenza473, del ruolo dei legali rappresentanti – salvo qualche caso isolato nelle prime applicazioni pratiche dell’amministrazione di sostegno474 – quando si tratta di acconsentire alle terapie proposte dal personale sanitario. Rimane aperto, piuttosto, il problema del fondamento e dei limiti dei poteri in capo al rappresentante, soprattutto laddove questi voglia spingersi a richiedere l’interruzione o la non somministrazione di trattamenti di sostegno vitale475.

Per una maggiore chiarezza concettuale, sono opportune due considerazioni fondamentali. In primo luogo, è cruciale mantenere limpido il distinguo tra la sfera degli atti e la sfera dei diritti. Come osserva un’attenta dottrina, la mancanza di una “sufficiente meditazione sulle differenze tra «atti» e «diritti» personalissimi”476 ha comportato che, in pronunce giurisprudenziali di merito e di legittimità477, sia stato

470 Cfr. G. tut. Varese, decr. 12 marzo 2012, in Nuova giur. civ. comm., 2012, I, 779, con nota di S.

LANDINI, Autonomia testamentaria dei soggetti beneficiari di amministrazione di sostegno e formalismo

degli atti di ultima volontà, p. 782. Della pronuncia si parlerà infra, v. Appendice.

471 Si veda G.FERRANDO,voce Testamento Biologico, in Enc. dir., Giuffrè, 2014, p. 1012.

472 Così si esprime E. PALMERINI, Cura degli incapaci e tutela dell’identità nelle decisioni mediche, cit.,

p. 371: “non si è mai esitato, nel determinare il contenuto della potestà dei genitori, della tutela o dei compiti dell’amministratore di sostegno, a comprendervi il potere di disporre in ordine ai trattamenti sanitari in accordo con i medici”. “Il vero nucleo problematico”, osserva l’A. con riferimento al caso Englaro che può essere, però esteso a considerazioni più generali, consiste nella “ammissibilità della sostituzione nelle decisioni rivolte non già a consentire, ma a rifiutare le cure, per la gravità delle conseguenze che ne discendono”.

473 La Cassazione si è espressa in favore dell’intervento del tutore ai fini della prestazione del consenso

informato a partire dalla sentenza n. 5652 del 18 dicembre 1989, in Nuova giur. civ. comm., con nota di C.M. MAZZONI.

474 Cfr. nota 167.

475 Osserva G.GENNARI,La protezione dell’autonomia del disabile psichico nel compimento di atti di

natura personale, cit., p. 752, con riguardo al ruolo del tutore nel caso Englaro: “le corti sono alla ricerca

di un soggetto al quale affidare la potestà vocale di esprimere assenso ad un atto che, in altra sede, si è già deciso necessario e dovuto per l’incapace. E per questa funzione il tutore è eccellente candidato [..]. Tanto è vero che quando questo tutore modello alza il capo e avanza la pretesa di essere reale sostituto e interprete della volontà dell’incapace, il balzo indietro della giurisprudenza è netto e repentino”.

476 M. PICCINNI,Relazione terapeutica e consenso al trattamento medico dell'adulto "incapace": dalla

sostituzione al sostegno, cit., p. 379.

477 Così, ad esempio, Trib. Lecco, 2 febbraio 2006, in Nuova g. civ. comm., 2006, I, p. 470, con nota di A.

SANTOSUOSSO – G.C. TURRI, La trincea dell’inammissibilità, dopo tredici anni di stato vegetativo permanente di Eluana Englaro. Allo stesso modo, anche Cass. civ. 20 aprile 2005, n. 8291. in Fam. e dir., 2005, p. 481, con nota di G. CASSANO, Scelte tragiche e tecnicismi giuridici: ancora in tema di

104 possibile dichiarare inammissibili le richieste del tutore non per motivi sostanziali – quale quello della non corrispondenza tra la scelta indicata e l’interesse dell’incapace – bensì in considerazione dell’impossibilità di riscontrare “un generale potere di

rappresentanza con riferimento ai cosiddetti atti personalissimi”478. In questa prospettiva, è venuto meno il necessario rispetto della distinzione che intercorre tra atti personalissimi, per i quali l’ordinamento esclude la rappresentanza perlopiù per ragioni di tutela della libera manifestazione della volontà – si pensi, su tutti, al testamento – e gli atti di esercizio dei diritti di natura personale479. La natura personale di un diritto, del resto, non esclude che del diritto si possa disporre attraverso un atto che non ha valenza personalissima, poiché può – e talvolta deve – essere posto in essere anche da un soggetto terzo, sia pure a determinate condizioni.

Nel caso del consenso informato all’atto medico non solo non vi sono norme specifiche che vietino l’intervento del rappresentante, ma anzi, è possibile rintracciare un riferimento puntuale, nella legislazione speciale480 e nelle fonti sovranazionali, alla necessità che un terzo sia chiamato a realizzare il “diretto beneficio”481 del paziente incapace. Il riferimento ai legali rappresentanti come soggetti legittimati a prendere decisioni sanitarie nell’interesse dell’incapace si configura, quindi, come l’unica modalità con la quale ripristinare una “simmetria nella relazione terapeutica”482, fisiologicamente basata sull’interazione tra medico e paziente. Quando l’interessato è impossibilitato ad intervenire direttamente, sarà il tutore o l’amministratore di sostegno a configurarsi come il “contraddittore del personale sanitario”483.

eutanasia, afferma che “non è possibile riconoscere “un generale potere di rappresentanza in capo al

tutore con riferimento ai cc.dd. atti personalissimi”.

478 Così Cass. 20 aprile 2005, n. 8291, cit. Si veda, sul punto, il commento critico di G. FERRANDO, Stato

vegetativo permanente e trattamenti medici, un problema irrisolto, in Familia, 2005, p. 1173.

479 Cfr. M. PICCINNI, Relazione terapeutica e consenso al trattamento medico dell'adulto "incapace":

dalla sostituzione al sostegno, cit., p. 379 che richiama sul punto P. STANZIONE, Capacità e minore età, cit. Secondo questo autore, esistono situazioni che “si possono definire esistenziali, dal momento che qui titolarità e realizzazione coincidono con l’esistenza stessa del valore” della personalità di cui il soggetto è portatore (p. 131). Il punto critico dello studio degli atti personalissimi riguarda il fatto che “più che porre in risalto la loro aderenza alla personalità del soggetto, si è voluto dare esclusivo rilievo all’aspetto strutturale, fermando l’attenzione sul fatto dell’esclusione della rappresentanza” (p. 232). L’A. propone, quindi, di rivalutare quella tradizione di pensiero che accanto alle situazioni definite “atti o negozi personalissimi”, valorizza la categoria diversa e più ampia dei “diritti personalissimi” (p. 251 s.), vale a dire tutti quei diritti che ineriscono alla sfera esistenziale.

480 Si pensi al già citato d.lgs. 24 giugno 2003, n. 211 che, all’art. 5, stabilisce che il consenso che

riguarda un paziente incapace deve essere prestato dal rappresentante legale e deve “rappresentare la presunta volontà del soggetto”.

481 Così si esprime la Convenzione di Oviedo all’art. 6, significativamente rubricato “Protezione delle

persone che non hanno la capacità di dare consenso”.

482 Così E.PALMERINI, Cura degli incapaci e tutela dell’identità nelle decisioni mediche, cit., p. 371. 483 Ibidem

105 L’altra importante distinzione della quale tener conto in questa sede, evidenziata da parte della dottrina, è quella tra poteri di rappresentanza – legati alla funzione sostitutiva che ha “il suo naturale terreno di elezione nel campo dei rapporti patrimoniali

disponibili”484 – e poteri di cura della persona485, affidati, secondo precisi indici normativi già indicati in precedenza, sia al tutore che all’amministratore di sostegno486. Secondo questa ricostruzione, peraltro fatta propria dalla Cassazione nel caso Englaro, è il potere di cura che legittima il rappresentante legale ad assumere decisioni di carattere medico, in modo che l’incapace possa “vedere preservata e garantita la sua sfera

giuridica verso chi (i medici) esercita un potere materiale sul suo corpo”487.

Si tratta di compito “delicatissimo”, che l’ordinamento conferisce a coloro che hanno una speciale relazione con l’incapace e che “deve essere sottoposto a controllo ed a

verifiche circa le modalità di esercizio”488.

Come si vedrà meglio in seguito, la Cassazione nel caso Englaro ha dato una risposta al problema dei limiti da porre ai poteri di cura del tutore della quale possono sottolinearsi sin d’ora “l’equilibrio e l’originalità della motivazione”489: in particolare, la Suprema Corte ha costruito un ruolo per certi versi inedito del rappresentante legale, nei termini non di sostituto del paziente incapace, bensì di interprete dell’identità che questi non è più in grado di esprimere in via diretta. Non si tratta, come è successo in passato, di nominare un rappresentante legale perché questi acconsenta – talvolta anche contro il volere dell’interessato490 – ai trattamenti terapeutici proposti dal personale sanitario. Del resto si è già visto, con riferimento alla progressiva evoluzione delle modalità di protezione dell’incapace, come nell’ordinamento si sia fatta strada l’idea che proteggere significa sostenere le residue capacità dell’interessato di determinarsi, anche e soprattutto nella sua sfera personale. Se si considerano, accanto alla sentenza della

484 Cfr. G.FERRANDO,voce Testamento Biologico, cit., p. 1008.

485 Sulla rilevanza del potere di cura del tutore accanto al ruolo di rappresentante legale si veda già

BRUSCUGLIA, Commento alla legge 13 maggio 1978, n. 180, cit.

486 Sulla distinzione tra potere di cura e potere di rappresentare si vedano G. FERRANDO, Stato vegetativo

permanente e trattamenti medici: un problema irrisolto, in Familia, 2004, II, p. 1180 ss.; A.

SANTOSUOSSO – G.C. TURRI, La trincea dell’inammissibilità, dopo tredici anni di stato vegetativo

permanente di Eluana Englaro, p. 482 ss.; R. CAMPIONE, Stato vegetativo permanente e diritto

all’identità personale, cit., p. 140.

487 Così A. SANTOSUOSSO G.C.TURRI, op. ult. cit., p. 482 488 Ibidem

489 Così E.PALMERINI, Cura degli incapaci e tutela dell’identità nelle decisioni mediche, cit., p. 375. 490 Cfr. Trib. Modena (decr.), 28 giugno 2004, cit.; Trib. Roma (decr.), 19 marzo 2004, cit., su un caso di

amputazione dovuta ad arto in cancrena. Assai critico rispetto alla possibilità di utilizzare l’amministrazione di sostegno per superare il rifiuto espresso da un soggetto nei confronti di un intervento ritenuto necessario da parte del personale sanitario, senza valutare l’effettiva consapevolezza dell’interessato, cfr. G.GENNARI, La protezione dell’autonomia del disabile psichico nel compimento di

106 Cassazione del 2007, le numerose pronunce in tema di amministrazione di sostegno e direttive anticipate di trattamento delle quali si dirà in seguito, si può affermare che nel nostro ordinamento è emersa la possibilità che i pazienti che non hanno più la capacità di esprimersi contribuiscano comunque alle decisioni di fine vita, proprio con il tramite del tutore e dell’amministratore di sostegno.

Non trova, invece, spazio, allo stato attuale, un modello di “rappresentanza volontaria per la salute” – quale quello vigente nel sistema statunitense che si esaminerà nel prosieguo – nonostante alcuni interpreti abbiano cercato di valorizzare il riferimento ad istituti giuridici tipizzati, quali il mandato491 o la procura492, per attribuire al disponente la possibilità di scegliere in via anticipata un soggetto terzo che potrà intervenire nelle decisioni terapeutiche nel caso in cui si verifichi una condizione di incapacità. Invero, il fatto che, secondo le condizioni che si vedranno, la Cassazione abbia ammesso che un rappresentante legale possa decidere “con” l’incapace, potrebbe costituire il punto di partenza, anche nel nostro ordinamento, per lo sviluppo di strumenti che si fondano sulla rappresentanza – non legale, bensì – volontaria. La tendenza verso la “privatizzazione” dei sistemi di tutela dell’incapace, peraltro, è una realtà anche in altri paesi europei. Si pensi, nella tradizione di common law, al lasting power of attorney disciplinato dal Mental Capacity Act, al quale si è fatto più volte riferimento. Attraverso tale strumento, il donor – un soggetto maggiorenne e capace di agire – attribuisce al

donee il potere di prendere decisioni anche in materia di wealth and welfare, compresa

la possibilità di prestare o rifiutare il consenso all’esecuzione o alla continuazione di trattamenti vitali (life-sustaining treatment). Tra i paesi di civil law, invece, si può ricordare che il legislatore francese ha introdotto, con una riforma del Code Civil entrata in vigore nel 2009, una particolare forma di mandato denominata mandat de protection

future, all’interno del quale trovano spazio per il mandante gli stessi compiti che il Code de la santé publique affida alla personne de confiance che, come si vedrà meglio nel

prosieguo, è il soggetto al quale il paziente si rivolge perché lo assista nel percorso di

491 In questo senso si veda S.VOCATURO, La volontà del soggetto nell’ambito dell’Advance health care

planning: brevi riflessioni in tema di testamento biologico, cit., p. 920.

492 Così F.G. PIZZETTI, Alle frontiere della vita: il testamento biologico tra valori costituzionali e

promozione della persona, cit., p. 316. L’A. riporta, tra l’altro, alcuni diversi tipi di procura ai quali

l’interessato può ricorrere, quali la procura alternativa (nel caso in cui il disponente indichi in successione due o più fiduciari, stabilendo un ordine di chiamata) o quella congiuntiva (se il disponente specifica che i diversi fiduciari devono operare insieme). Nel senso del conferimento di un potere di rappresentanza al fiduciario attraverso una procura, si veda anche P.RESCIGNO, La scelta del testamento biologico, cit., p.

22. Entrambi gli autori sottolineano che si tratta di una procura dalle caratteristiche peculiari rispetto alla procura ordinaria, dal momento che essa è destinata a produrre i suoi effetti allorquando il rappresentato si trovi in condizioni di incapacità.

107 malattia e si faccia interprete, quando si rende necessario, delle direttive anticipate di trattamento.