Si segnalano due sentenze relative ai due punti maggiormente controversi, e cioè, sul versante sostanziale, ai rapporti tra l’art. 600-ter c.p. e l’art. 600-quater c.p., nonché, sul versante pro-cessuale, alla attività di contrasto svolta ex art. 14 della legge n. 269 del 1998.
Corte di Cassazione, Sez. III pen., 6 dicembre 2010, n. 43246
Reati contro la persona - Delitti contro la libertà individuale - In genere - Detenzione di materiale pedoporno-grafico - Pericolo concreto di diffusione - Necessità ai fini della sua configurabilità - Esclusione - Consapevole detenzione - Sufficienza.
Il reato di detenzione di materiale pedopornografico non richiede, ai fini della sua configurabilità, un concreto pericolo di diffusione del predetto materiale, essendo sufficiente la mera consapevole detenzione del medesimo.
Pornografia - Pornografia minorile - Detenzione di materiale pornografico - Consapevolezza della detenzione - Fattispecie. (C.p., articolo 600-quater)
Il reato di detenzione di materiale pornografico previsto dall’articolo 600-quater del C.p. è norma di chiu-sura e residuale, che, per non lasciare impunite alcune condotte di sfruttamento dei minori a fini di pra-tiche sessuali illegali, copre, come emerge dall’inciso «fuori delle ipotesi previste dall’articolo 600-ter del C.p.», tutte quelle condotte consistenti nel procurarsi o detenere materiale pornografico utilizzando mino-ri. (Nella specie, la Corte ha ritenuto correttamente dimostrata la piena consapevolezza della detenzione in capo all’agente in ragione del fatto che era risultato accertato che questi aveva finanche offerto tale materiale in cambio di altro mediante messaggio lasciato nella bacheca di un sito di scambio di materiale pedopornografico).
Corte di Cassazione, Sez. III pen., 3 ottobre 2011, n. 35696
Reati contro la persona - Cessione e detenzione di materiale pedopornografico - Concorso - Esclusione. Va affermata la piena applicabilità delle pene previste dal comma 4 dell’art. 600-ter del c.p. alla condivi-sione di files tramite chat, anche se limitata a due persone. Lo scambio di foto o altro materiale che abbia a oggetto dei minori ricade, infatti, nel raggio d’azione della norma che punisce la divulgazione, sebbene in maniera “più leggera”, rispetto alla diffusione di programmi di files sharing: un crimine, sanzionato dal comma 3 dell’art. 600-ter, che scatta quando il programma consente a chiunque si colleghi di condividere cartelle, archivi e documenti contenti le foto incriminate.
Per il testo integrale delle sentenze consulta: Lex24 (www.lex24.ilsole24ore.com)
Quanto all’attività di contrasto svolta ex art. 14 della legge n. 269 del 1998, si segnala, invece:
Corte di Cassazione, Sez. III pen., 25 febbraio 2008, n. 8380
Prove - Mezzi di ricerca della prova - Sequestri - In genere - Attività di contrasto svolta da agente provocatore ai sensi dell’art. 14 della l. n. 269 del 1998 - Prove acquisite per reati diversi da quelli previsti dal comma terzo - Utilizzabilità - Esclusione - Ragioni.
L’attività di contrasto contro la pedopornografia è esercitabile dagli organi di polizia giudiziaria, previa au-torizzazione dell’autorità giudiziaria, solo per acquisire elementi di prova in ordine ai delitti espressamente indicati nell’art. 14 della L. 3 agosto 1999, n. 269, norma eccezionale insuscettibile di interpretazione analogica ovvero estensiva. (Fattispecie nella quale l’attività di polizia giudiziaria svolta da un agente pro-vocatore riguardava il delitto di cessione gratuita di materiale pedopornografico, non rientrante nell’art. 14 della Legge citata).
Traccia per la redazione del parere
Mevio viene incaricato dalla società AZ, da cui è stato da poco assunto, di seguire un importan-te progetto di ristrutturazione edilizia di un immobile sito nel Comune di X.
Nell’esecuzione di tale incarico viene in contatto con Sempronio, dipendente comunale e membro della Commissione edilizia, competente al rilascio di un parere decisivo per l’appro-vazione del progetto.
Su pressione di quest’ultimo, si decide a consegnargli dei soldi per assicurare il buon esito dell’esame del progetto in Commissione, cosa che in effetti avviene.
Qualche tempo dopo Mevio apprende, da fonti confidenziali, che Sempronio sarebbe indagato proprio per “aver preso”, in più occasioni, dei soldi nell’esercizio della sua funzione di membro della succitata Commissione edilizia.
Mevio si reca preoccupato da un legale per sapere se vi è modo di verificare se anch’egli risulta in qualche modo coinvolto nelle indagini e, in generale, per conoscere le possibili conseguenze penali della sua condotta.
Si assumano le vesti del legale di Mevio e si rediga motivato parere in ordine alle sue richieste, alle fattispecie penali configurabili a suo carico ed alle possibili conseguenze per lui e per la società di cui è dipendente.
Schema per lo svolgimento
Analisi della questione
La redazione di un qualsiasi parere esige una preventiva e preliminare attività di analisi, da parte del candidato, volta alla individuazione dei punti problematici e delle argomentazioni da sviluppare, a partire dalle sollecitazioni, in diritto ed in fatto, offerte dalla traccia.
La traccia qui presentata porta a impegnarsi, tra le altre cose, sul classico tema della distin-zione, all’interno della categoria dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica ammi-nistrazione, tra il delitto di concussione (art. 317 c.p.) e quello di corruzione (artt. 318 ss. c.p.). Ma non è tutto. Mevio chiede di sapere se vi è qualche strumento per verificare un suo coinvolgimento nelle indagini (delle quali ha peraltro e comunque appreso solo in via del tutto confidenziale). Lo strumento esiste e, naturalmente richiama l’accesso al Registro delle notizie di reato ex art. 335, commi 3 e 3-bis c.p.p.
Da ultimo, un espresso suggerimento viene fornito dalla stessa traccia nella parte in cui invita a riflettere su possibili conseguenze non solo per Mevio ma anche per la società da cui (di Stefano Marcolini)
dipende. Va infatti ricordato che l’art. 25 del D.Lgs. n. 231 del 2001 istituisce la responsabilità amministrativa degli enti proprio per i reati di corruzione e concussione.
Si ricordi il carattere pro veritate del parere nonché il “divieto” di elaborare una difesa sulla base di circostanze fantasiose od inventate: ogni argomento difensivo deve passare dalla valorizzazione di dati forniti, noti ed esistenti.
Norme e fattispecie di reato da considerare nella redazione del parere
Il punto di partenza per lo svolgimento di ogni parere è costituito dalla ricognizione delle norme rilevanti nel caso sottoposto ad esame.
Art. 317 c.p. Concussione.
Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro od altra utilità, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni.
(Domanda: inserire note con richiami e storico delle modifiche? Se si, occorrerebbe che tutti noi autori ricavassimo la normativa che citiamo da un codice comune, per garantire omogeneità, N.d.A.)
Art. 317-bis c.p. Pene accessorie.
La condanna per i reati di cui agli articoli 314 e 317 importa l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Nondimeno, se per circostanze attenuanti viene inflitta la reclusione per un tempo inferiore a tre anni, la condanna importa l’interdizione temporanea.
Art. 318 c.p. Corruzione per un atto d’ufficio.
Il pubblico ufficiale, che, per compiere un atto del suo ufficio, riceve, per sé o per un terzo, in denaro od altra utilità, una retribuzione che non gli è dovuta, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Se il pubblico ufficiale riceve la retribuzione per un atto d’ufficio da lui già compiuto, la pena è della reclusione fino ad un anno.
Art. 319 c.p. Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio.
Il pubblico ufficiale, che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da due a cinque anni.
Art. 319-bis c.p. Circostanze aggravanti.
La pena è aumentata se il fatto di cui all’articolo 319 ha per oggetto il conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni o la stipulazione di contratti nei quali sia interessata l’amministrazione alla quale il pubblico ufficiale appartiene nonché il pagamento o il rimborso di tributi.
Art. 320 c.p. Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio.
Le disposizioni dell’articolo 319 si applicano anche all’incaricato di un pubblico servizio; quelle di cui all’articolo 318 si applicano anche alla persona incaricata di un pubblico servizio, qualora rivesta la qualità di pubblico impiegato.
In ogni caso, le pene sono ridotte in misura non superiore ad un terzo.
Art. 321 c.p. Pene per il corruttore.
Le pene stabilite nel comma 1 dell’articolo 318, nell’articolo 319, nell’articolo 319-bis, nell’articolo 319-ter e nell’articolo 320 in relazione alle suddette ipotesi degli articoli 318 e 319, si applicano anche a chi dà o promette al pubblico ufficiale o all’incaricato di un pubblico servizio il denaro od altra utilità.
Art. 322-ter c.p. Confisca.
Nel caso di condanna, o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti previsti dagli articoli da 314 a 320, anche se commessi dai soggetti indicati nell’articolo 322-bis, primo comma, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costitu-iscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo. Nel caso di condanna, o di applicazione della pena a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per il delitto previsto dall’articolo 321, anche se commesso ai sensi dell’articolo 322-bis, secondo comma, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la dispo-nibilità, per un valore corrispondente a quello di detto profitto e, comunque, non inferiore a quello del denaro o delle altre utilità date o promesse al pubblico ufficiale o all’incaricato di pubblico servizio o agli altri soggetti indicati nell’articolo 322-bis, secondo comma.
Nei casi di cui ai commi primo e secondo, il giudice, con la sentenza di condanna, determina le somme di denaro o individua i beni assoggettati a confisca in quanto costituenti il profitto o il prezzo del reato ovvero in quanto di valore corrispondente al profitto o al prezzo del reato.
Art. 335-bis c.p. Disposizioni patrimoniali.
Salvo quanto previsto dall’articolo 322-ter, nel caso di condanna per delitti previsti dal presente capo è comunque ordinata la confisca anche nelle ipotesi previste dall’articolo 240, primo comma.
Art. 335 c.p.p. Registro delle notizie di reato.
(omissis)
3. Ad esclusione dei casi in cui si procede per uno dei delitti di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a), le iscrizioni previste dai commi 1 e 2 sono comunicate alla persona alla quale il reato è attribuito, alla persona offesa e ai rispettivi difensori, ove ne facciano richiesta.
3-bis. Se sussistono specifiche esigenze attinenti all’attività di indagine, il pubblico ministero, nel decidere sulla richiesta, può disporre con decreto motivato, il segreto sulle iscrizioni per un periodo non superiore a tre mesi e non rinnovabile.
Art. 110-bis disp. att. c.p.p. Richiesta di comunicazione delle iscrizioni.
1. Quando vi è richiesta di comunicazione delle iscrizioni contenute nel registro delle notizie di reato a norma dell’articolo 335, comma 3, del codice, la segreteria della procura della Repubblica, se la risposta è positiva e non sussistono gli impedimenti a rispondere di cui all’articolo 335, commi 3 e 3-bis, del codice, fornisce le informazioni richieste precedute dalla formula: «Risultano le seguenti iscrizioni suscettibili di comunicazione». In caso contrario, risponde con la formula: «Non risultano iscrizioni suscettibili di comunicazione».
Art. 27 d.P.R. 14 novembre 2002. n. 313 (T.U. Casellario giudiziale). Certificato del casellario dei carichi pendenti richiesto dall’interessato.
1. L’interessato ha il diritto di ottenere il certificato senza motivare la richiesta.
2. Nel certificato sono riportate le iscrizioni esistenti nel casellario dei carichi pendenti ad eccezione di quelle relative:
a) alle condanne delle quali è stato ordinato che non si faccia menzione nel certificato a norma dell’articolo 175 del codice penale, purché il beneficio non sia stato revocato;
b) alle condanne per contravvenzioni punibili con la sola ammenda;
c) alle condanne per i reati per i quali si è verificata la causa speciale di estinzione prevista dall’articolo 556 del codice penale;
d) ai provvedimenti previsti dall’articolo 445 del codice di procedura penale e ai decreti penali; e) ai provvedimenti giudiziari emessi dal giudice di pace;
f) ai provvedimenti giudiziari relativi ai reati di competenza del giudice di pace emessi da un giudice diverso, limitatamente alle iscrizioni concernenti questi reati.
Art. 33 D.P.R. 14 novembre 2002. n. 313 (T.U. Casellario giudiziale). Visura delle iscrizioni da parte della persona o dell’ente interessato.
1. La persona o l’ente interessato può conoscere senza motivare la richiesta, ma senza efficacia certificativa, tutte le iscrizioni ad esso riferite, comprese quelle di cui non è fatta menzione nei certificati di cui agli articoli 24, 25, 26, 27 e 31.
2. Con decreto dirigenziale del Ministero della giustizia sono stabilite le modalità tecnico operative per consentire tale conoscibilità, sentita la Presidenza del Consiglio dei Ministri − Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie, per le modalità telematiche, e sentito il Garante per la protezione dei dati personali.
3. Sono competenti a consentire la visura tutti gli uffici territoriali e tutti gli uffici locali. 4. Gli altri uffici abilitati sono individuati con le modalità di cui all’articolo 35, comma 2.
Art. 19 D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231 (Responsabilità amministrativa delle persone giuridiche). Confisca.
1. Nei confronti dell’ente è sempre disposta, con la sentenza di condanna, la confisca del prezzo o del profitto del reato, salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato. Sono fatti salvi i diritti acquisiti dai terzi in buona fede.
2. Quando non è possibile eseguire la confisca a norma del comma 1, la stessa può avere ad oggetto somme di denaro, beni o altre utilità di valore equivalente al prezzo o al profitto del reato.
Art. 25 D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231 (Responsabilità amministrativa delle persone giuridiche). Concussione e corruzione.
1. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 318, 321 e 322, commi 1 e 3, del codice penale, si applica la sanzione pecuniaria fino a duecento quote.
2. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 319, 319-ter, comma 1, 321, 322, commi 2 e 4, del codice penale, si applica all’ente la sanzione pecuniaria da duecento a seicento quote.
3. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 317, 319, aggravato ai sensi dell’articolo 319-bis quando dal fatto l’ente ha conseguito un profitto di rilevante entità, 319-ter, comma 2, e 321 del codice penale, si applica all’ente la sanzione pecuniaria da trecento a ottocento quote.
4. Le sanzioni pecuniarie previste per i delitti di cui ai commi da 1 a 3, si applicano all’ente anche quando tali delitti sono stati commessi dalle persone indicate negli articoli 320 e 322-bis.
5. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nei commi 2 e 3, si applicano le sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore ad un anno.
Organizzazione dell’esposizione. Individuazione delle questioni da approfondire
Occorre prestare attenzione alle domande rivolte dal cliente. Esse, nell’ordine ricavabile dalla traccia, sono sostanzialmente tre:
a) se vi sia uno strumento per sapere se è sottoposto ad indagini oppure no; b) quali conseguenze penali possano derivare dalla sua condotta;
c) quali conseguenze possano derivare dalla sua condotta per la società AZ, da cui egli dipende.
L’ordine nell’esaminarle può ed anzi deve essere modificato per rispondere ad esigenze logi-che: appare di gran lunga migliore rispondere, in primis, al quesito sub lett. b), relativo alla possibile individuazione di violazioni della legge penale nei fatti esposti. Una volta fornita risposta a tale domanda, relativa alle astratte possibilità di incriminazione a carico di Mevio, si può suggerire lo strumento processuale da impiegare per sapere se in concreto sussistono delle iscrizioni a suo carico, vale a dire dei procedimenti penali in corso (art. 335, comma
3, c.p.p.); da ultimo, si potrà e dovrà illustrare l’aspetto delle conseguenze cui la società AZ può andare incontro, conseguenze che dipendono tutte, appunto, dalla configurabilità a monte di un reato (e non di un reato qualsiasi, bensì dei delitti di concussione o corruzione).
Gli elementi “di fatto” suggeriti dalla traccia
La traccia appare ricca di elementi fattuali, ciascuno dei quali deve essere naturalmente soppesato nella sua importanza nell’economia del parere complessivo.
In tale panorama, un elemento assai importante appare nebuloso: quello dei rapporti intercorsi tra Mevio e il dipendente comunale Sempronio. Le “pressioni” da quest’ultimo esercitate sul primo sono da ritenersi sufficienti a “promuovere” il reato da corruzione in concussione oppure no?
Salvi i ragionamenti giuridici che si potranno fare, in assenza di elementi fattuali più precisi sarebbe un errore imboccare con decisione una direzione piuttosto che un’altra. Sarà pertanto preferibile rendere il cliente edotto di ambedue le possibilità e delle conseguenze che derivano da ciascuna di esse, affermando che sarà lo sviluppo delle indagini od il giudizio − se indagini o giudizio dovessero esserci − a portare i chiarimenti necessari a capire quale ipotesi prevarrà sull’altra.
Individuazione delle fattispecie di rilievo
Sul piano delle conseguenze personali, come già detto, occorre innanzitutto inquadrare giuridicamente la dazione di danaro da Mevio a Sempronio sulla base del costante insegnamento giurisprudenziale, secondo cui la distinzione tra concussione e corruzione dipende dal modo con il quale si determina la volontà del privato, ossia liberamente (corruzione) o per effetto del c.d. metus publicae potestatis dipendente dalla volontà prevaricatrice del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio (concussione).
Opzioni difensive a disposizione
L’accertamento processuale circa la pendenza o meno di procedimenti a carico di Mevio è demandato al funzionamento dell’istituto dell’accesso al registro generale ex art. 335, commi 3 e 3-bis c.p.p. Vi è da segnalare in capo alla pubblica accusa la possibilità, normativamente prevista, di segretare le relative informazioni per un periodo non superiore ai tre mesi. Da qui l’opportunità di suggerire al cliente, nel caso in cui il primo interpello segnalasse che non vi sono iscrizioni a carico, un secondo interpello a distanza di ulteriori tre mesi.
Infine, muovendo dal piano delle conseguenze personali a quelle patrimoniali, occorre segnalare che l’art. 322-ter c.p. dispone sempre e comunque la confisca, anche per equivalente, del profitto o del prezzo del reato.
Sempre sul piano delle conseguenze patrimoniali, benché mutando il patrimonio di riferimento, l’ultimo punto su cui appuntare le riflessioni è costituito dai possibili effetti negativi sulla sfera giuridica dell’ente (la società AZ). Questa, infatti, per effetto dell’accertamento della responsabilità penale di Mevio e/o Sempronio potrebbe rischiare il pagamento di una sanzione pecuniaria (art. 25, commi da 1 a 4, D.Lgs. n. 231 del 2001), l’applicazione di sanzioni interdittive (art. 25, comma 5, D.Lgs. n. 231 del 2001) ed infine la confisca, anche per equivalente, del prezzo o del profitto del reato (art. 19 D.Lgs. n. 231 del 2001).
Eventuali fonti di dottrina e giurisprudenza per la soluzione del quesito
contenuto nel parere
Giurisprudenza
Sulla distinzione tra le fattispecie di concussione e corruzione, la giurisprudenza è ovviamente assai vasta. Si vedano, solo tra le più recenti:
Cass. pen., sez. VI, 5.10.2010, n. 38650, in C.E.D.
Ai fini della individuazione degli elementi differenziali tra i reati di corruzione e di concussione, occorre avere riguardo al rapporto tra le volontà dei soggetti, che nella corruzione è paritario ed implica la libera convergenza delle medesime verso la realizzazione di un comune obiettivo illecito, mentre nella concussione è caratterizzato dalla presenza di una volontà costrittiva o induttiva del pubblico ufficiale, condizionante la libera formazione di quella del privato, il quale si determina alla dazione, ovvero alla promessa, soggiacendo all’ingiusta pretesa del primo solo per evitare un pregiudizio maggiore (nel caso di specie è stato ravvisato il reato di concussione nella condotta di un funzionario dell’ufficio delle imposte dirette, che aveva indotto la vittima a consegnargli dei gioielli con la promessa della favorevole conclusione di una verifica fiscale in corso);
Cass. pen., sez. VI, 15.4.2010, n. 25969, in Guida dir, 2010, f. 40, 89
È ravvisabile la concussione, e non la corruzione, in presenza dell’abuso della qualità e dei poteri da parte dell’agente e di una condotta di prevaricazione posti in essere in una posizione di preminenza rispetto alla vittima del reato, assoggettata in posizione di timore − e non certo paritetica − e, quindi, indotta non solo a dover pagare una somma dovuta, ma anche minacciata di dover sopportare danni ancora maggiori ove non