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Svolgimento dell’atto per esteso

Nel documento N. 5 Percorsi (pagine 78-82)

Alla Corte di Appello di <...> Appello

Il sottoscritto avvocato <...> , difensore di Tizia, come da nomina già versata in atti propone

appello avverso

– l’ordinanza del Tribunale in composizione monocratica di <...> , emessa in data 20 luglio 2011, con cui non è stato ammesso l’esame dei testi richiesti dell’imputata e indicati nella lista ritualmente depositata;

– la sentenza del medesimo Tribunale, emessa in data 27 settembre 2011, con la quale l’im-putata Tizia è stata condannata alla pena di <...> per il reato di cui all’art. 600-quater, comma 1 c.p. (detenzione di materiale pornografico realizzato utilizzando minori).

Chiede che, previa declaratoria di inutilizzabilità di quanto illegittimamente sequestrato in data 20 maggio 2011, nonché previa rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in appello, l’imputata sia prosciolta perché il fatto non sussiste o, in subordine, perché l’imputata non lo ha commesso o, in estremo subordine, sia condannata al minimo della pena, con i doppi benefici di legge.

Per i seguenti motivi.

Indice - 1. Premessa - 2. Violazione dell’art. 14 della legge n. 269/1998 e conseguente

inuti-lizzabilità del materiale sequestrato - 3. Violazione degli artt. 187, 190 e 495, comma 2 c.p.p. (diritto alla prova dell’imputata). Conseguente richiesta di rinnovazione della istruttoria di-battimentale - 4. Violazione dell’art. 600-quater, comma 1 c.p.: infondatezza dell’ipotesi accu-satoria e conseguente ingiustizia della condanna di primo grado - 5. Profili sanzionatori - 6. Conclusioni.

1. Premessa.

1.1 Tizia è stata tratta a giudizio per rispondere del reato di cui all’art. 600-quater, comma 1,

c.p., per aver asseritamente detenuto sul computer della propria abitazione una cartella conte-nente 28 immagini a carattere pedopornografico.

Il reato sarebbe stato accertato nel corso di una perquisizione domiciliare dell’abitazione di Ti-zia, delegata dall’Autorità giudiziaria e svolta dalla Guardia di Finanza in data 20 maggio 2011. Nel corso del giudizio sono stati appunto acquisiti al fascicolo del dibattimento e, quindi, uti-lizzati come prova a carico il verbale di perquisizione e quello di sequestro del materiale, oltre che, ovviamente, il materiale stesso.

Durante l’esame degli operanti di Polizia giudiziaria che avevano effettuato le materiali ope-razioni di perquisizione e sequestro è peraltro emerso in modo inequivoco che l’Autorità giudiziaria aveva emesso il decreto di perquisizione domiciliare solo a seguito di segnalazione, da parte della Polizia postale, che dall’utenza domestica ADSL di Tizia risultavano tre col-legamenti, nel gennaio 2011, ad un sito web c.d. “civetta”, creato dalla Polizia stessa nello svolgimento dell’attività di contrasto di cui all’art. 14 della legge n. 269 del 1998.

In altre parole, la Polizia postale avrebbe “intercettato” tre collegamenti dall’ADSL di casa di Tizia al sito civetta ed avrebbe proceduto alla denuncia di Tizia; conseguentemente, l’Autorità giudiziaria, iscritta la notizia a suo carico, per violazione dell’art. 600-quater, comma 1 c.p., avrebbe emesso il decreto di perquisizione di cui sopra.

1.2. Sotto altro profilo, Tizia ha depositato tempestiva lista testimoniale ex art. 468 c.p.p.,

chiedendo l’esame di tre sue amiche in ordine a circostanze di fatto decisive per la sua difesa: – la sua incapacità di usare il computer, tanto da averlo comprato solo nel settembre 2010 e

da essersi iscritta ad un corso base di informatica nel novembre 2010;

– la presenza nell’abitazione di Tizia, durante circa un semestre (da ottobre 2010 a marzo 2011), di Caio, con cui Tizia in quel periodo aveva una relazione more uxorio, poi interrotta. Il Giudice di primo grado, con l’impugnata ordinanza ex art. 495 c.p.p., non ha ammesso tali prove orali, mentre − non senza una evidente contraddittorietà − ha ammesso la ricevuta d’ac-quisto del computer e la scheda d’iscrizione al corso di informatica di cui sopra.

Nel corso del proprio esame, Tizia non ha potuto che ribadire quanto le testimoni avrebbero affermato se solo fossero state chiamate a deporre.

La sentenza qui impugnata ha da ultimo ritenuto la penale responsabilità di Tizia in ordine al fatto ascrittole, sulla base dell’esito della perquisizione e ritenendo priva di credibilità e riscontro la versione fornita dall’imputata nel corso del suo esame.

Ma tale sentenza è palesemente ingiusta ed illegittima e deve essere riformata in toto per le seguenti ragioni di diritto.

2. Violazione dell’art. 14 legge n. 269/1998 e conseguente inutilizzabilità del materiale sequestrato.

Premesse le pacifiche considerazioni in fatto di cui al precedente par. 1.1, con il presente moti-vo si deduce, ai sensi dell’art. 191 c.p.p., l’inutilizzabilità del materiale sequestrato all’imputa-ta in daall’imputa-ta 20 maggio 2011 e la conseguente invalidità della sentenza impugnaall’imputa-ta, che afferma la sua penale responsabilità unicamente sulla base di quel materiale (né altro materiale sarebbe, invero, rinvenibile a suo carico).

È noto che l’art. 191 c.p.p. sanziona con l’inutilizzabilità, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, la violazione dei divieti probatori posti dalla legge.

È altrettanto noto che l’art. 14 della legge n. 269 del 1998 consente agli organi dell’investiga-zione di effettuare attività di contrasto e, segnatamente, di creare siti web “civetta” per racco-gliere elementi di prova in ordine ad una serie di reati ivi elencati e dalla giurisprudenza rite-nuti come tassativi. Tra questi figura, naturalmente, l’art. 600-ter c.p., ma non l’art. 600-quater c.p., con la conseguenza che l’attività di contrasto non è possibile per questo reato e, se fatta, genera attività probatoria inutilizzabile.

– «l’attività di contrasto contro la pedopornografia è esercitabile dagli organi di polizia giudi- ziaria, previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria, solo per acquisire elementi di prova in ordine ai delitti espressamente indicati nell’art. 14 della legge 3 agosto 1998, n. 269, norma eccezionale insuscettibile di interpretazione analogica ovvero estensiva» (fattispecie nella quale l’attività di polizia giudiziaria svolta da un agente provocatore riguardava il delitto di cessione gratuita di materiale pedopornografico, non rientrante nell’art. 14 della legge citata: Cass. pen. sez. III, 17.1.2008, n. 8380, in C.E.D., rv. 239407);

– «in tema di reati contro la libertà sessuale dei minori, l’attività di contrasto attraverso un agente provocatore non può essere espletata per accertare elementi di prova in ordine al reato di cui all’art. 600-quater c.p. (detenzione di materiale pedopornografico), sì che gli elementi di prova così acquisiti sono inutilizzabili e tale inutilizzabilità è rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche durante la fase delle indagini preliminari. Di conseguenza, l’eventuale sequestro probatorio del materiale pedopornografico è illegittimo in quanto non si può affermare la sussistenza del “fumus delicti” in base ad un risultato investigativo inutiliz-zabile» (nel caso di specie, la polizia giudiziaria di propria iniziativa, e senza la preventiva autorizzazione dell’autorità giudiziaria, aveva svolto attività di contrasto sottocopertura, stipulando un contratto di accesso ed iscrizione ad un sito pedopornografico, procurando-si in tal modo alcune immagini pedopornografiche commercializzate nella rete informati-ca: Cass. pen., sez. III, 28.1.2005, n. 13500, in C.E.D., rv. 231605);

– «sono assolutamente inutilizzabili, ai sensi dell’art. 191 c.p.p. (quindi in ogni stato e grado del procedimento, compresa la fase delle indagini preliminari), gli elementi di prova a carico dell’indagato desumibili dal materiale informatico a contenuto pedopornografico, sottoposto a sequestro a seguito dello svolgimento di investigazioni di contrasto attuate con la creazione di siti web c.d. “civetta”, laddove si sia proceduto per il reato di mera detenzione di materiale pornografico di cui all’art. 600-quater c.p., per il quale l’art. 14 legge n. 269/1998 non legit-tima la polizia giudiziaria ad assumere quello specifico ruolo di “agente provocatore”» (Cass. pen., sez. III, 25.5.2004, in Dir. Internet, 2005, fasc. 1, pag. 39).

Nella giurisprudenza di merito, si veda lucidamente la seguente massima: «in ordine alla disci-plina di cui all’art. 14 legge 269/1998 nell’ambito della lotta contro la pedofilia, è inutilizzabile il materiale pornografico proveniente da attività di contrasto qualora questa sia stata evidentemen-te orientata ad acquisire elementi relativi a reati diversi da quelli per i quali la norma consenevidentemen-te l’attività di copertura, presentandosi, in tal modo, come una investigazione ab origine illegitti-ma» (Trib. Bari, 30.11.2004, in Dir. e giustizia, 2005, fasc. 9, pag. 67).

Insomma, poiché l’attività di contrasto ex art. 14 della legge n. 269/1998 è misura investigativa eccezionale, circondata non a caso da notevoli cautele, essa non può esplicarsi al di fuori dei casi e dei modi previsti dalla legge; segnatamente, non può avere efficacia in riferimento alle figure di reato non espressamente elencate.

Ne discende che questa attività di contrasto, mentre è percorribile per l’ipotesi di reato di cui all’art. 660-ter c.p., non lo è per quella di cui all’art. 600-quater c.p.

Per correttezza, va osservato che nella più recente giurisprudenza sono ravvisabili anche opi-nioni di senso contrario, secondo cui una perquisizione, disposta ex art. 14 della legge n. 269/1998, per l’ipotizzato reato di pornografia minorile (art. 600-ter c.p.), genera un sequestro comunque utilizzabile ai fini della prova del reato di detenzione di materiale

pedopornografi-co (art. 600-quater c.p.) «in quanto, ricadendo su una pedopornografi-cosa pertinente al predetto reato, pedopornografi- costitui-sce atto dovuto» (così Cass. pen., sez. III, 24.11.2010, n. 45571, in C.E.D., rv. 248767). Si tratta, però, di statuizioni davvero mortificanti rispetto al dato letterale della norma inter-pretata, oltre che poco rispettose del diritto alla riservatezza del cittadino: pertanto si chiede di aderire al migliore e cospicuo indirizzo sopra rappresentato.

Alla luce di tale indirizzo, diviene agevole qualificare l’attività di indagine svolta nel caso di specie. Dall’istruttoria dibattimentale e, segnatamente, dall’esame degli operanti di Polizia giudiziaria, è emerso che l’attività di contrasto di cui all’art. 14 della legge n. 269/1998 è stata posta in es-sere non al fine di acquisire elementi di prova in ordine ai reati tassativamente indicati in quella norma, per i quali fossero già emersi degli indizi, bensì al più per ricercare una notizia di reato nei confronti di Tizia unicamente per il reato di detenzione di materiale ex art. 600-quater c.p. Trattasi di attività che, evidentemente, incorre nel divieto giurisprudenziale appena citato, con le inevitabili conseguenze: il materiale probatorio ottenuto con la perquisizione ed il sequestro in data 20 maggio 2011 è radicalmente inutilizzabile.

Si chiede dunque che codesta Ecc.ma Corte d’appello voglia espungere dal fascicolo per il dibattimento gli indicati verbali di perquisizione e sequestro, nonché quanto oggetto del se-questro stesso.

3. Violazione degli artt. 187, 190 e 495, comma 2 c.p.p. (diritto alla prova dell’imputata). Conseguente richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale.

Richiamate le pacifiche risultanze di fatto di cui al precedente par. 1.2, con il presente motivo si impugna l’ordinanza ex art. 495 c.p.p. emessa in data 20 luglio 2011, con cui il Giudice monocratico non ha ammesso le tre prove orali richieste dall’imputata.

Come noto, nel processo penale delineato dal vigente codice di rito il diritto alla prova spetta alle parti ed il giudice deve ammettere tutti i mezzi di prova da esse richiesti, con esclusione, in un’ottica di eccezionalità, di quelle sole prove che appaiano manifestamente superflue od irrilevanti (artt. 187 e 190 c.p.p.). Ed anzi, l’imputato ha un preciso diritto all’ammissione delle prove a discarico (art. 495, comma 2 c.p.p.).

Nulla di ciò è stato consentito dal Giudice di prime cure, il quale, con motivazione tra l’altro del tutto apodittica ed insufficiente, ha ritenuto le testimonianze richieste “manifestamente irrilevanti”.

Al contrario, la loro assunzione avrebbe consentito di dare per provato che: – al tempo dei fatti, l’imputata era priva delle conoscenze informatiche di base;

– il computer in questione è stato comprato subito prima dei fatti, precisamente nel settembre 2010;

– l’imputata ha iniziato un corso di informatica di base nel novembre 2010;

– al tempo dei fatti l’imputata conviveva con Caio, il quale aveva libero accesso alla sua abi-tazione e, quindi, anche al suo computer.

Saldandosi con le prove documentali già ammesse (ricevuta d’acquisto del computer e scheda d’iscrizione al corso d’informatica di base), un quadro probatorio siffatto avrebbe fatto per-dere all’ipotesi accusatoria ogni spessore.

Per questo, con il presente atto d’appello si avanza formale istanza di rinnovazione dell’istrut-toria dibattimentale ex art. 603 c.p.p. al fine di assumere dette prove orali.

4. Violazione dell’art. 600-quater, comma 1 c.p.: infondatezza dell’ipotesi accusatoria e conseguente illegittimità ed ingiustizia della condanna di primo grado.

4.1 Ove − come pare inevitabile − sia accolto il motivo proposto supra, sub 2, il materiale

oggetto di sequestro diviene inutilizzabile e non resta alcun altra prova a carico dell’imputata (certo non potendo surrogarsi alle prove inutilizzabili la deposizione degli operanti di polizia giudiziaria, perché ciò costituirebbe una palese violazione del divieto di utilizzazione). Venendo quindi meno la prova a carico, ogni apporto difensivo in via di controprova diventa superfluo e si impone una assoluzione de plano di Tizia, perché il fatto non sussiste.

4.2 Ove, invece, a trovare accoglimento fosse il motivo n. 3, all’esito dell’assunzione delle

prove orali richieste diventerebbe chiaro che, sia pure a voler ritenere esistente il fatto, Tizia vi sarebbe del tutto estranea, non avendo, al tempo dei fatti, le professionalità e le conoscenze tecniche per navigare sul web al fine di procurarsi del materiale illecito, creare una cartella archivio ed infine salvarvi quel materiale.

Si imporrebbe in questo caso un proscioglimento perché Tizia non ha commesso il fatto.

5. Profili sanzionatori.

Per mero scrupolo defensionale, qualora codesta Ecc.ma Corte non ritenesse fondati i so-vrastanti motivi, si chiede che, considerata l’eventuale incensuratezza e l’età dell’imputata e, soprattutto, l’assoluta episodicità e marginalità del fatto criminoso, nonché la sua lieve tenuità, le venga applicato il minimo della pena.

Con i doppi benefici.

6. Conclusioni.

Per i sovrastanti motivi il sottoscritto difensore chiede che, previa declaratoria di inutilizzabili-tà del materiale sequestrato in data 20 maggio 2011, nonché previa rinnovazione dell’istruzio-ne dibattimentale in appello, dell’istruzio-nei sensi dianzi richiesti, l’imputata sia prosciolta perché il fatto non sussiste o, in subordine, perché l’imputata non lo ha commesso o, in estremo subordine, sia condannata al minimo della pena, con i doppi benefici di legge.

Con osservanza. Firma <...>

Luogo <...>, data <...>

Nel documento N. 5 Percorsi (pagine 78-82)