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Le tappe della mostra: Cavarzere, Camponogara e Mira

80 anni di viaggi sulla Mestre-Adria

4.3 Le tappe della mostra: Cavarzere, Camponogara e Mira

L’allestimento di Cavarzere è stato il più difficile dal punto di vista pratico, non avendo, per motivi di tempo e di lontananza, ispezionato precedentemente il foyer del teatro comunale “Tullio Serafin”, ho avuto modo di vedere lo spazio la mattina stessa dell’allestimento, che è stata anche la prima volta in cui ho avuto di fronte tutto il materiale da esporre e quindi mi sono potuta rendere conto di quanto lavoro era necessario, inoltre parte dell’allestimento era già costituito, in quanto i diorami ferroviari e le bacheche erano già stati posati dai soci del Gruppo Fermodellisico Mestrino e non potevano essere ulteriormente spostati.

Il teatro comunale di Cavarzere si trova sulla via principale, a ridosso della piazza. Si tratta di un grande edificio ricostruito dopo la Seconda Guerra Mondiale e dedicato a Tullio Serafin, cavarzerano, direttore d’orchestra nonché scopritore della cantante greca Maria Callas. Il suo aspetto esterno è semplice e lineare tanto da non far avanzare alcun sospetto della bellezza al suo interno. Vi si accede da una piccola porta finestrata e ci si trova subito nel foyer, ampio ed elevato, la cui altezza è interrotta solamente dalla scala d’accesso al piano superiore. Domina il soffitto un importante lampadario in vetro, fatto eseguire dai mastri di Murano mentre il pavimento è in parquet chiaro. Di giorno lo spazio è illuminato da una serie di lunette finestrate poste sopra l’architrave della porta, tuttavia è comunque necessaria l’illuminazione artificiale proveniente da lampadari più piccoli, posti alle pareti, di minor importanza rispetto al lampadario centrale, ma della stessa fattura. Le pareti sono chiare, dipinte a cera. Si tratta di un ambiente che permette una buona illuminazione. Salita la scala si accede a un foyer più piccolo alla cui sinistra vi è l’ingresso per le gallerie della sala teatrale.

Avendo trovato i diorami già posati e le bacheche già impostate, ho pensato che il lavoro più importante consistesse nell’inserire gli oggetti nelle teche: si è deciso di dedicare due di esse rispettivamente alla “Biglietteria” e alla “Gestione viaggiatori e bagagli”, dividendo i biglietti storici raccolti secondo varie sezioni: biglietti a foglietto, tessere e tagliandi di abbonamento, biglietti a cartoncino, scontrini per la spedizione bagagli, l’orario storico in vigore dal 1955, un prezzario storico, il casellario per i biglietti a foglietto e per i biglietti a cartoncino, alcuni timbri storici, un sacchetto per la spedizione di denaro con la relativa ceralacca.

La terza bacheca aveva come titolo “Il capostazione” e al suo interno sono stati posti quattro dei più importanti strumenti del capostazione ovvero il berretto, la paletta, le tenaglie e due orari grafici di epoche diverse, nonché il protocollo per la corrispondenza telefonica con relativi timbri per l’apposizione del <Giunto e proseguite>. Inoltre, dal momento che vi avanzava dello spazio, sono stati aggiunti manuali tecnici per il capostazione e una lunga didascalia esplicativa su cos’è e come funziona l’orario grafico. Per i titoli delle bacheche e le didascalie285 si è scelto di utilizzare caratteri

neri su fondo bianco, di dimensioni diverse a seconda della lunghezza del titolo o della didascalia; ognuna di esse è stata posta alla più breve distanza possibile dall’oggetto, oppure sullo stesso qualora fosse una didascalia prettamente essenziale, cioè contenente solo il nome. Ogni qualvolta si è ritenuto necessario accompagnare l’oggetto a una spiegazione del suo uso, i dati sono stati inseriti nella didascalia stessa e questa è stata messa accanto all’oggetto. Ascoltando i commenti dei visitatori ci siamo resi conto che molte

285 Le didascalie – i cosiddetti cartellini – definiscono e classificano gli oggetti ad uso degli studiosi e diventano l’unico mezzo di informazione del visitatore. Solitamente essi sono ridotti a una forma essenziale e sono posti alla più breve distanza possibile dall’oggetto esposto. Le didascalie riportano prima di tutto i dati non acquisibili autonomamente dal pubblico, quindi autore, tempo e luogo. Per una più interessante presentazione dell’oggetto talvolta è opportuno inserire sintetiche spiegazioni che suggeriscano la storia dell’oggetto stesso, il suo contesto d’origine o di impiego. Il criterio da seguire per sviluppare una corretta didascalia consiste nel rispettare un certo equilibrio tra la chiarezza del riferimento e la riduzione del disagio per il visitatore e la distanza di lettura delle didascalie, nella situazione ideale, corrisponde a quella che intercorre tra il visitatore e l’oggetto esposto. Cfr. TOMEA GAVAZZOLI, Manuale di museologia, op. cit., pp. 114- 116.

didascalie non erano necessarie in quanto la mostra è stata visitata soprattutto da esperti del settore o treno-amatori.

La teca successiva era dedicata al capotreno ed era titolata “La borsa del capotreno”, il cui borsello è stato messo al centro dello spazio, attorno al quale avevamo posto tutti gli strumenti che servono al capotreno per adempiere completamente al suo servizio: vi erano quindi l’orario di servizio del 1956 sulla Mestre-Adria, il fischietto, la chiave tripla da carrozza, le bandiere di segnalamento verdi e rossa, due lanterne di segnalamento a due luci (rossa e verde), un manuale per il riconoscimento dei segnali non automatici, alcune spille da divisa della Società Veneta Ferrovie, il berretto da capotreno, le pinze da controlleria, una cedola oraria, il blocco per le multe, un regolamento segnali e altri manuali utili in caso di emergenza sul treno. La quinta bacheca era interamente dedicata ai “Regolamenti” per la gestione della ferrovia, della stazione, del treno o del tram, nonché un libro sulle varie tipologie di contratto e altre cedole.

Per rendere più veloce il lavoro di allestimento nelle tappe successive della mostra, gli espositori di Cavarzere sono stati fotografati in modo da riprodurli fedelmente durante le tappe successive.

Terminato l’allestimento delle bacheche, al piano superiore la sala maggiore è stata dedicata a una mostra fotografica (inserita all’interno del percorso della rassegna ferroviaria) dal titolo Zente della Veneta286. A questo scopo erano

286 Sulla storia della Società Veneta si è scritto molto e molte sono state le pubblicazioni bibliografiche i cui dettagliati studi raccolgono dati e nozioni sul materiale rotabile, sull’esercizio, sulle vicissitudini di oltre un secolo di vita. Ma quello che la Veneta ha scritto nella storia è stata soprattutto la vita delle genti che l’hanno vissuta e che per svariati motivi l’hanno scandita nelle sue ampie sfaccettature. Si va dalla storia del suo fondatore, Vinvenzo Stefano Breda, uno dei maggiori imprenditori italiani del secondo Ottocento nonché protagonista indiscusso della prima fase di industrializzazione di Padova, fino ai racconti di vita vissuta da centinaia di assuntori, casellanti, capitreno, macchinisti, capistazione, cantonieri, telegrafisti, viaggiatori, … che sono stati raccolti meticolosamente da Fausto Zanazzi, classe 1927, 48 anni di servizio nella Veneta trascorsi in 14 stazioni da Brescello a Boretto, da Pontelongo a Cividale come telegrafista e bigliettaio e poi a Piovene Rochette come capostazione, e ancora a Piove di Sacco, Cavarzere per finire alla sede della Veneta di Padova come ispettore. Una vita sui binari, potremmo dire, come la vita delle 32 persone raffigurate dalle foto della mostra nella mostra Zente della Veneta, che sono piene di ricordi vissuti lungo i binari. Cfr. AA.VV., Storie di uomini della Società Veneta. La vita della

pervenute alla sede di Sistemi Territoriali circa 80 fotografie in bianco e nero, tra le quali Aurelio Beggio aveva scelto le 50 più significative, di cui ha fatto un ingrandimento digitale e la stampa. Ogni foto è stata inserita al centro di una cornice 30x40 cm nera, con passpartout beige. Per una questione di spazio ho dovuto scegliere solo le 32 foto riguardanti la linea Mestre-Adria, le quali sono state appese su 6 pannelli bifacciali autoportanti in velluto grigio. Nello stesso modo sono stati appesi i pannelli esplicativi287 esposti

lungo il corridoio che porta al foyer superiore e sulla parete frontale dello stesso. Solo i primi tre pannelli esplicativi si trovavano in punti diversi dall’esposizione lineare in quanto fungevano da introduzione ai pannelli più tecnici.

Per esperienza personale sapevo che l’eccesso di segnaletica all’interno di musei e mostre, specie se queste sono allestite in spazi piccoli, può creare più confusione che ordine “inceppando” i visitatori su punti-chiave. Per questa ragione non sono stati posti cartelli con frecce lasciando al visitatore la scelta del percorso che preferiva288.

L’effetto finale dell’allestimento è risultato essere abbastanza omogeneo: il visitatore una volta entrato nel foyer inferiore si trovava davanti al piccolo

diverso dal mondo attuale, in “Tutto treno. Lo spettacolo dei treni”, nr. 193, Duegi Editrice, Ponte

San Nicolò, gennaio 2000, pp. 14-17.

287 I pannelli narrativi e di interpretazione sono diventati, negli allestimenti contemporanei, uno strumento permanente il cui scopo è la divulgazione didattica al pubblico in quanto traduce in un linguaggio comprensibile a tutti le informazioni storico-scientifiche. Il professionista che redige i testi dei pannelli divulgativi deve mettersi nei panni del pubblico a cui sono rivolti, che non consiste in un solo target, ma a fasce di fruitori del tutto diverse tra loro. La quantità di pannelli da inserire in una mostra temporanea detta in parte la loro lunghezza e la loro articolazione in più livelli di lettura, che sono suggeriti da un corpo tipografico più grande, leggibile a distanza, per le informazioni generali, e di uno più piccolo, comprensibile soltanto più da vicino, per gli approfondimenti rivolti agli spettatori più interessati. Cfr. TOMEA GAVAZZOLI, Manuale di

museologia, op. cit., pp. 116-118.

288 Il problema della segnaletica all’interno di un museo o di una mostra è molto discusso poiché taluni pensano che l’eccesso di segnaletica potrebbe creare confusione, altri invece considerano il percorso obbligato l’elemento essenziale del rapporto tra il pubblico e l’allestimento stesso. A questo proposito i pannelli orientativi dovrebbero solo esplicitare le tappe dell’itinerario lasciando al visitatore l’automaticità della scelta del proprio cammino durante la visita. È invece molto importante titolare la sala o la vetrina in modo da costituire un nucleo espositivo a sé stante che a sua volta indica il passaggio dal nucleo precedente e al nucleo successivo. Cfr. TOMEA GAVAZZOLI, Manuale di museologia, op. cit., pp. 119-120.

diorama di Camponogara-Campagna Lupia289, dietro al quale avevo posto il

pannello dal titolo “Gli ottant’anni della Ferrovia Mestre-Piove” e un quadro con una serie di stemmi della Società Veneta. Il visitatore poteva poi proseguire alla sua sinistra e vedere le bacheche e gli altri diorami: la Stazione di Chioggia290, la Stazione di Mira Buse291 e la Stazione di Piove di

289 Posta sulla Piove di Sacco-Mestre in località Prozzolo, questa piccola stazione consiste in un semplice raddoppio di binari e da un tronchino che un tempo doveva servire un magazzino merci ora non più esistente. L'architettura del fabbricato viaggiatori è del tutto simile a quella delle stazioni di Oriago e di Mira Buse situate sulla stessa linea. La realizzazione del diorama in scala H0 (1:87) è stata piuttosto veloce considerata la semplicità dell'impianto al vero e le modeste dimensioni dell'unico pannello, 150x50 cm, ove sono inseriti tutti gli elementi presenti ai giorni nostri. Tranne i binari che provengono dal commercio, tutto il resto è stato auto costruito: il fabbricato viaggiatori in cartoncino con il tipico tetto realizzato utilizzando cartoncino ondulato millerighe (e abbandonando quindi la vecchia tecnica degli “spaghetti nr. 3”). La fila di alberi che costeggia la ferrovia è ottenuta con lana verde sistemata su veri rametti di erica; sulle chiome così ottenute è stata poi cosparsa e incollata erba modellistica di varie tonalità dello stesso colore. Anche se la lunghezza del plastico è modesta, è stato previsto il funzionamento di un rotabile da punto a punto sia in automatico che in manuale. Autore: Fabio Cerato.

290 E' la stazione terminale della linea originante da Rovigo. Attualmente questa linea è gestita da Sistemi Territoriali sia per il traffico viaggiatori che per quello merci, perciò qui ora sono familiari le presenze di rotabili di questa società anziché di quelli delle Ferrovie dello Stato come avveniva nel passato. La realizzazione parziale dell'impianto in scala H0 ha comportato lo studio accurato delle geometrie dei binari e delle posizioni delle sovrastrutture quali edifici e altri componenti verticali. Per facilitarne la collocazione a riposo e l'eventuale trasporto, il plastico è suddiviso in tre pannelli: due misurano 150x50 cm e su di essi sono collocati i binari e i fabbricati, il terzo misura 100x50 cm e riproduce il canale lagunare, completo di natanti e tipici allevamenti ittici e una piccolissima parte della Chioggia insulare. Montata quindi l'opera raggiunge la ragguardevole lunghezza di 4 m. Gli edifici sono realizzati in cartoncino da 2 mm di spessore e da altri materiali quali plastica e cartoncino più sottile, entrambi usati per gli innumerevoli particolari da riprodurre. Tutti i binari sono collegati elettricamente e quindi uno o più treni possono percorrere il diorama in tutta la sua lunghezza, da punto a punto, e in modalità sia manuale che automatica. Autore: Fabio Cerato. Cfr. CERATO, Binari e barche a Chioggia, in “Tutto treno. Lo spettacolo dei treni”, nr. 255, Duegi Editrice, Ponte San Nicolò, settembre 2011, pp. 58-65.

291 E' il più datato tra i plastici a tema “Società Veneta”. La sua realizzazione risale infatti al 1991, anno in cui si celebrò il 50° Anniversario dell'apertura della linea Piove di Sacco-Mestre. Consiste in un unico piano di compensato lungo 250 cm e largo 45 cm sostenuto e rinforzato ai lati da listelli di legno. Raffigura in scala H0 la stazione di Mira Buse così com'era a quell'epoca, completa quindi di binario di corsa e di raddoppio, dei binari dello scalo merci e di asta di manovra per il raccordo con lo stabilimento della Mira Lanza. Gli edifici presenti sul diorama rispecchiano quelli esistenti al vero e sono stati costruiti in compensato, plastica e cartoncino. Una curiosità: il tipico tetto ondulato è stato riprodotto mediante l'uso di... spaghetti nr. 3 incollati a misura su una base di cartoncino. La vegetazione è ricavata da spezzoni di saggina imbevuti di colla vinilica e immersi poi in erba modellistica costituita da fibre vegetali e artificiali. Il plastico è dinamico: il modello di una tipica automotrice lo percorre automaticamente da un'estremità all'altra con soste temporizzate sia ai due capi sia in stazione dove si instrada sempre in corretto tracciato. Autore: Fabio Cerato. Cfr. CERATO, La stazione di Mira Buse, in “Tutto treno. Lo spettacolo dei treni”, nr. 40, Duegi Editrice, Ponte San Nicolò, febbraio 1992, pp. 44-47.

Sacco292. L’ospite poteva poi procedere salendo le scale, soffermandosi sui

pianerottoli per i pannelli dal titolo “Una rete di strade ferrate per il Veneto sud-orientale” e “La linea Mestre-Piove”, sorretto da treppiedi in legno. Sui pianerottoli erano poi posti rispettivamente una pinza per la saldatura a piombo e un pezzo di rotaia del 1931, manufatti che, essendo di grandi dimensioni, non potevano trovare posto all’interno delle bacheche. La visita proseguiva poi al piano superiore dove il visitatore incontrava il corridoio lungo il quale erano esposti i pannelli rispettivamente in quest’ordine: “Dati della linea”, “L’inaugurazione”, “Le corse della Vaca Mora”, “Guerra e ricostruzione”, “Scorpori, cessioni, innovazioni”, “La storia recente”. Dal corridoio si accedeva direttamente al foyer superiore con la mostra Zente della Veneta e i due pannelli dedicati alle foto del Fondo Giacomelli. Sulla parete di fondo, in uno spazio lasciato appositamente più ampio, vi erano i 7 pannelli dedicati alla “Evoluzione del materiale rotabile”.

Quanto l’allestimento di Cavarzere è apparso omogeneo, tanto l’allestimento di Camponogara si è mostrato disorganico e incoerente a causa della sede in cui la municipalità ha scelto di allestire la mostra, ovvero gli atri inferiore e superiore, le scale e la Sala Consiliare (gradinata) del Comune. La sede municipale, per la sua struttura architettonica, non si presta ad essere luogo per una mostra: si tratta di un grande edificio degli Anni Sessanta interamente in cemento armato, sia all’interno che all’esterno, con basse e

292 Al vero, è la stazione più importante dell'intera linea Adria-Mestre. Qui si attestava un tempo anche la linea elettrificata Padova-Piove di Sacco, soppressa ormai da molti anni. E' sede di officine e depositi. Il plastico rappresenta la stazione nell'epoca antecedente il 1997 cioè con tutti i vecchi edifici, in seguito demoliti e sostituiti da più moderni impianti. Considerata la notevole dimensione al reale di tutta la struttura, il plastico è stato diviso in quattro pannelli di 124x62,5 cm ciascuno, tale da misurare, una volta assemblato, la discreta lunghezza complessiva di quasi 5 m. La scelta della componibilità è dettata da ragioni di spazio in quanto i pannelli smontati trovano facile collocazione uno sull'altro in posizione verticale appoggiati a una parete. Per lo stesso motivo anche tutte le sovrastrutture, quali fabbricati ed elementi verticali, sono posticce e vengono montate sul plastico in breve tempo. Gli edifici sono tutti auto costruiti; le loro dimensioni, ridotte poi in scala H0, sono state dedotte da misurazioni in loco e da proporzioni matematiche. Il funzionamento automatico a spola di un treno in linea e quello manuale dello scalo danno vita al plastico. Autore: Fabio Cerato. Cfr. CERATO, Veneta anni ’90 a Piove di Sacco, in “Tutto treno. Lo spettacolo dei treni”, nr. 223, Duegi Editrice, Ponte San Nicolò, ottobre 2008, pp. 50-56.

cupe stanze al piano inferiore e ampi spazi ai piani superiori, i quali vedono però pochissime aperture se non i pochi oblò a soffitto che illuminano gli spazi dall’alto.

Proprio per la disponibilità di una luce zenitale – la quale è stata avvallata da una lampada alogena a 500 watt puntata direttamente sui diorami293

quest’ultimi e le bacheche sono stati sistemati nell’atrio superiore, che è l’ambiente antecedente la stanza del sindaco e la Sala Consiliare. Si tratta di uno spazio rettangolare al cui centro sono stati sistemati in continuità lineare i quattro diorami, mentre le bacheche sono state addossate ai muri. Per questo allestimento è stato necessario richiedere all’Ecomuseo di Mira il prestito di una sesta bacheca, in quanto, nel frattempo, nell’Archivio dell’Ufficio Tecnico del Comune di Camponogara è stato trovato un piccolo faldone, risalente al 1931, all’interno del quale vi sono due documenti che per la loro importanza ho ritenuto utile inserire nell’allestimento. Si tratta infatti della lettera dei podestà della zona interessata dalla ferrovia Mestre-Piove e indirizzata al Presidente della Provincia di Venezia Antonio Garioni e della mappa corografica dell’intera linea Mestre-Adria, che per la sua lunghezza ha occupato quasi tutta la sesta bacheca.

Questa volta il Comune aveva messo a disposizione 12 grate in ferro nero bifrontali e autoportanti, che sono servite per appendere i pannelli espositivi,

293 La luce è l’ingrediente-chiave della buona riuscita di un allestimento in quanto essa permette non solo di vedere gli oggetti esposti, ma anche di dare forma, volume e movimento allo spazio. In campo museale la luce naturale viene generalmente preferita perché riproduce i naturali effetti luminosi in cui l’oggetto è stato creato e inoltre la sua variabilità muta l’aspetto materico degli oggetti stessi (questo vale soprattutto per la scultura). A questo si aggiunge la capacità della luce naturale di agire sulla psicologia dei visitatori modificando la loro percezione dell’oggetto. Uno dei più antichi sistemi di illuminazione naturale è il lucernaio, di cui esistono tre tipi: quello centrale illumina il pavimento che a sua volta riflette sulle pareti, il lucernaio a sheds incanala direttamente l’illuminazione sulla superficie dei muri, i lucernai a sheds ricurvi offrono una luce diffusa omogeneamente su pavimento e pareti.

È invece problematico l’impiego della luce artificiale in quanto il suo flusso luminoso è statico e la staticità è pericolosa per gli occhi perché abbaglia, è per questo che l’intensità e la resa cromatica del fascio luminoso devono essere controllate adeguatamente. I fattori fondamentali nella percezione visiva (fisica e fisiologica) che legano il visitatore all’opera sono: la modalità di assorbimento e riflettenza delle superfici dell’oggetto, la sensibilità dell’oggetto, la sensibilità dell’occhio allo spettro visibile e la percezione dei colori. L’affiancamento della luce naturale da parte di sorgenti artificiali si verifica sempre più frequentemente in campo museale per esigenze