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La Società Veneta Ferrovie

2.1 Come nasce la SVF

Presentare in poche pagine la storia della Società Veneta Ferrovie non è semplice: l’argomento infatti è vasto, ma le poche notizie presentate sulle pubblicazioni editoriali sono solo la punta di un enorme iceberg. La sua storia inoltre è complicata da avvenimenti che spesso si sono susseguiti così veloci da rendere difficile seguirne tutti gli sviluppi: lo stillicidio dell’assorbimento di linee da parte dello Stato, le cessioni ad altre società, la sostituzione di molti servizi su rotaia con altri su gomma, le requisizioni militari, le distruzioni causate dalle guerre mondiali, le successive riaperture delle linee ed altro ancora rendono complicata la ricostruzione lineare della storia della Veneta125, che in questo studio unisce la storia scritta alla storia orale,

raccontata dalle genti che la Veneta l’hanno vissuta.

La “Società Veneta per Imprese e Costruzioni Pubbliche” venne fondata a Padova l’11 gennaio 1872 da un gruppo di danarosi cittadini che avevano l’intento di creare una compagnia che realizzasse opere pubbliche. Socio principale della Società fu il conte Ingegnere Vincenzo Stefano Breda126,

uomo di grande dinamismo e dalla cospicua fortuna, la quale gli permise di

125 Cfr. BORTOLIN, La Veneta, in “Voies ferrees” edizione italiana, nr. 13, USPI, Moncalieri, gennaio-febbraio 1984, pp. 8-10.

126 Vincenzo Stefano Breda nacque a Limena (Padova) nel 1825, dopo essersi laureato in Ingegneria a Padova, aver partecipato attivamente alle Guerre di Indipendenza, ed essere stato promulgatore dell’Unità di Italia diventando Senatore del Regno, che gli valse la medaglia commemorativa delle campagne delle Guerre di Indipendenza, nel 1872 fondò la Società Veneta per Imprese e Costruzioni Pubbliche, diventandone socio di maggioranza. Non solo, nel 1884 diede vita al primo nucleo di quelle che oggi son conosciute come Acciaierie e Fonderie di Terni, e grazie alla sua laurea fu occupato nella progettazione e realizzazione di numerose opere di ingegneria pubblica. Uomo importante nell’ambito della storia economico-sociale del nord Italia contemporaneo, la città di Padova lo ricorda con l’intitolazione di una piazza nel centro cittadino. Cfr. AA.VV., Dizionario enciclopedico universale, Sansoni, Firenze, 1966, pp. 231-232.

coprire parte del capitale sociale iniziale dell’impresa (10 milioni di Lire, dei quali solo 3,2 versati127) e quindi di assumerne la presidenza.

La neo costituita società fu approvata con Regio Decreto il 25 gennaio dello stesso anno e l’iniziale settore di attività fu quello dell’ingegneria civile e dopo soli due anni la Società Veneta si era conquistata, su ambito nazionale, un nome nel settore. Nel 1874 risultava impegnata nella costruzione degli argini del Po, nella costruzione di un ponte sul Piave, in scavi lagunari in Provincia di Venezia e nella costruzione del palazzo del Ministero delle Finanze a Roma. In generale, però, la Società Veneta si occupava di acquisire gli appalti, ma raramente operava direttamente nei lavori di costruzione, poiché il più delle volte subappaltava ad imprese minori. Già nel 1874, a causa dell’originaria debolezza finanziaria della Società, si ebbero le prime traversie, dalle quali l’azienda cercò di uscire investendo in costruzioni ferroviarie, attività divenuta in seguito la punta di diamante della Società Veneta.

Dal 1879 la Veneta si occupò anche di lavori portuali, iniziò con l’ampliamento dei porti di Napoli e Castellammare di Stabia e proseguì con l’apertura di cantieri nei porti di Brindisi, Ortona, Licata, Barletta e Palermo. Dal 1881 gli interessi della Veneta si estesero anche al settore metallurgico, mediante l’acquisizione di circa la metà del pacchetto azionario delle Officine Altiforni di Terni (oggi Acciaierie di Terni).

Il rilancio dell’azienda avvenne nel 1884 quando entrarono nell’impresa nuovi azionisti, i quali portarono il capitale iniziale a 20 milioni di Lire. La maggiore offerta lavorativa si spostò pressoché completamente nel settore ferroviario: i 400 km di linee ferroviarie italiane nel 1884 divennero 620 km nel 1888; ma fu solo dal 1897, con il presidente Mattia De Benedetti128, che

l’attività dell’azienda si incanalò decisamente nel settore ferroviario, tanto

127 Cfr. CORNOLÓ, La Società Veneta Ferrovie, Duegi Editrice, Ponte San Nicolò, 2005, p. 6.

128 Nel 1893 il conte Breda si dimise da presidente della Società Veneta e gli succedette Giuseppe Marchion, al quale succedette nel 1894 Arturo Jéhan de Johannis. Nel 1897 entrò in carica Mattia De Benedetti, carica che durò fino al 1899 quando il conte Breda volle riassumere la presidenza che tenne sino alla morte, avvenuta nel 1903, data nella quale assunse la presidenza Giuseppe De Zara. Cfr. CORNOLÓ, La Società Veneta Ferrovie, op. cit., p. 8.

che nel 1898 la ragione sociale originaria venne modificata in “Società Veneta per la costruzione ed esercizio di Ferrovie Secondarie Italiane”. La rete ferroviaria della Società Veneta, direttamente o indirettamente gestita, si estendeva nel 1899 per 574 km in tutta Italia.

Dal 1904 al 1907 vi fu una grande espansione dell’attività della Veneta nel settore ferroviario, mediante la costruzione di linee da essa stessa gestite, e di altre subconcesse ad altre amministrazioni o gestite dalle Ferrovie dello Stato. Nello stesso 1907 la Veneta vinse l’appalto per l’ampliamento del porto di Cadice in Spagna, sarà l’ultima grande opera di ingegneria civile.

La Prima Guerra Mondiale coinvolse direttamente la Società Veneta Ferrovie, in quanto le sue linee euganee e della Venezia Giulia si trovavano in zona di operazioni belliche, spesso di prima linea. L’avanzata delle truppe italiane oltre l’Isonzo, a seguito delle battaglie iniziate il 24 maggio 1915, portò come conseguenza, per le truppe occupanti, l’assunzione di servizi pubblici nei territori che venivano conquistati129: quasi la metà della rete della Società

Veneta passò temporaneamente sotto l’amministrazione austroungarica. Dopo l’armistizio lo Stato Italiano, unito dal 1861, continuò a riscattare le sue linee, in particolare quelle considerate di grande comunicazione o di importanza strategica.

L’incredibile aumento dei prezzi del materiale e del costo del personale posero l’azienda in difficoltà che si inquadravano nella più ampia crisi internazionale, politica ed economica, che andava ormai delineandosi. La grande crisi del 1929 affievolì anche il settore ferroviario, che contemporaneamente iniziò a risentire della concorrenza del trasporto stradale e dopo il 1934, anno dell’apertura del tronco Rocchette-Arsiero, l’Ufficio Costruzioni Linee Ferroviarie della Società Veneta venne definitivamente chiuso.

129 Una volta consolidato il possesso dei territori oltre Isonzo, il Genio Ferrovieri completò a tempo di primato la costruzione della Palmanova-Cervignano; l’apertura di tale linea avvenne nel 1917, e dopo un primo periodo di organizzazione del servizio da parte delle autorità militari, la gestione della linea venne affidata alla Società Veneta Ferrovie. Cfr. CORNOLÓ, La Società Veneta

Fu la Seconda Guerra Mondiale a dare il colpo di grazia all’attività ferroviaria: alcune linee vennero usate dalle truppe tedesche per raggiungere i centri minori e farne delle piazzeforti nelle campagne italiane, ad altre linee toccò sorte peggiore perché subirono numerosi bombardamenti aerei, specie in prossimità di ponti ferroviari; alcune linee furono ricostruite, di altre rimangono ancora oggi le vestigia, a testimonianza di come l’ultimo conflitto mondiale abbia profondamente influito sulla trasformazione dei trasporti terrestri contemporanei. Iniziò negli Anni ’50 la graduale sostituzione dei servizi su rotaia con quelli automobilistici. L’ammodernamento della rete ferroviaria dopo le distruzioni belliche venne limitato, nell’ambito della Legge n. 1221 del 1952130, a poche linee, concentrate nel Friuli, nel Veneto, in Emilia

130 Legge n. 1221, 2 agosto 1952, “Provvedimenti per l’esercizio e per il potenziamento di ferrovie e di altre linee di trasporto in regime di concessione”

La Camera dei Deputati e il Senato della Reppublica hanno approvato; il Presidente della Repubblica ha promulgato la seguente Legge:

Art. 1 – Il Ministero dei Trasporti, sentita la Commissione interministeriale e tenuto conto delle funzioni economico-sociali delle singole linee determina:

· quali ferrovie, tranvie e filovie extraurbane, funivie e funicolari in regime di concessione, essendo già esercitate con mezzi sufficientemente moderni tali da soddisfare le esigenze di pubblico interesse, debbano essere risanate mediante l’adeguamento delle sovvenzioni di esercizio;

· quali ferrovie, tranvie e filovie extraurbane, funivie e funicolari in regime di concessione, debbano essere risanate entro un congruo termine di tempo (non superiore ai tre anni) mediante l’ammodernamento, trasformazione o sostituzione degli impianti e del materiale rotabile o del sistema di trasporto;

· per quali linee o tronchi di linee ferroviarie o tranviarie possa farsi luogo alla sostituzione dei servizi su rotaia, alle stesse condizioni tariffarie, con servizi stradali paralleli. […] Art. 3 – Per il potenziamento tecnico ed economico delle ferrovie, tramvie e filovie extraurbane, funivie e funicolari in regime di concessione, mediante l’ammodernamento, trasformazione o sostituzione degli impianti o del materiale rotabile, nonché per la trasformazione di ferrovie in tranvie, di tranvie in ferrovie e di ferrovie o tranvie in filovie, può essere accordato un contributo dello Stato in annualità posticipate, per un numero non superiore a sei. […] Per le ferrovie, le tranvie e filovie extraurbane dell’Italia meridionale e insulare il contributo di cui al primo comma del presente articolo può essere elevato fino a un massimo, corrispondente, in valore attuale, ai tre quarti della spesa riconosciuta ammissibile per gli impianti fissi e per il materiale rotabile e d’esercizio. Allo scadere del periodo per il quale viene accordato il contributo, il materiale rotabile e di esercizio passa in proprietà dello Stato per una aliquota corrispondente al rapporto fra il valore capitale del contributo accordato e la spesa riconosciuta ammissibile per il suo acquisto. Il materiale rotabile e d’esercizio, per le quote in proprietà dello Stato, rimane in uso gratuito al concessionario per tutta la durata della concessione, con obbligo del concessionario medesimo di mantenimento in efficienza e di ripristino in caso di distruzione, non dovuta a eventi bellici. […]. Cfr.

http://eunomos.di.unito.it/index.php?action=loadLaw&urn=urn:nir:stato:legge:1952;1221, 17/01/2012

e alla consociata Società Ferroviaria delle Dolomiti131, mentre per tutte le

altre linee si procedette gradualmente alla sostituzione dei servizi ferroviari con servizi bus. L’introduzione del mezzo automobilistico porterà la Società Veneta a capovolgere la struttura societaria: nel 1955 l’attività del settore automobilistico supererà quella del settore ferroviario. L’espansione del settore automobilistico portò a un nuovo mutamento della ragione sociale dell’azienda che divenne “Società Veneta Autoferrovie” (SVA), destinata a rilevare dalla vecchia Società Veneta tutta l’attività del settore trasporti, con momentanea esclusione della linea Parma-Suzzara, rimasta di competenza della “Società Veneta per costruzione ed esercizio di Ferrovie Secondarie Italiane”.

Fig. 18. Insegne della “Società Veneta” e della “Ferrovia Adria-Mestre” (gestione governativa), esposte su treppiedi nell’atrio superiore dell’Ecomuseo di Mira durante la mostra “Memorie di passaggi”. (Foto: Noale)

Il resto è storia contemporanea, che innesca anche meccanismi politici e non più solo interessi privati societari. I 166 km sulla quale la società ancora oggi esercita sono tutti regionalizzati. Dal 1977 la ragione sociale dell’azienda

131 Attorno agli Anni ’20, nel settore dei trasporti pubblici stradali, la Società Veneta creò delle società affiliate, quali la SFD – Società ferroviaria delle Dolomiti – e la Società Automobilistica Dolomiti. Cfr. CORNOLÓ, La Società Veneta Ferrovie, op. cit., p. 9.

tornò ad essere “Società Veneta per Imprese e Costruzioni pubbliche”, come si può vedere alla fine degli Anni ’70 nella dicitura era già scomparso ogni riferimento alle strade ferrate, preludio all’incombente uscita di scena della Società Veneta dai trasporti su rotaia. Ad accentuare questa tendenza, dal gennaio del 1981 è avvenuta la suddivisione dei vari esercizi della Società Veneta Autoferrovie e la loro costituzione in singole società autonome con propria ragione sociale. Lo stesso avvenne sul fronte del trasporto su gomma. Il 6 febbraio 1986 il Ministero dei Trasporti ha decretato la gestione commissariale di tutti questi singoli esercizi, per i quali venne comunque nominato un unico commissario, Alessandro Dente, e un’unica sede, a Padova presso gli ex uffici della Società Veneta. Da questo momento cessò irrevocabilmente l’esistenza della Società Veneta Autoferrovie.