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Les collectivities territoriales in Francia: articolazione e caratteri.

I DIPARTIMENTI FRANCESI: NUOVO MODELLO DI DECENTRAMENTO

2.1 Les collectivities territoriales in Francia: articolazione e caratteri.

La Francia è ritenuta da sempre un paese fortemente centralizzato, segnato dai caratteri di unità e di indivisibilità talmente forti da essere costituzionalizzati. L’unitarietà della Repubblica va di pari passo con l'unicità del potere centrale: infatti, seguendo il principio di sovranità, la dottrina francese sostiene fermamente che nessuna collettività territoriale potesse avere un potere normativo proprio ma soltanto un potere delegato, previsto dalla Costituzione e disciplinato dalla legge.83

Le principali disposizioni sulle collettività territoriali sono contenute nella Costituzione francese nel titolo XI, intitolato Des colletticvités territoriales. Esse sono enunciate dall'art. 72, il quale prevede: «les collectivités territoriales de la République sont les communes, les départemenst, les régions, les collectivités à statut particulier e les collectivité d’outre-mer régies par l’art. 74. Toute autre collectivité territoriale est crée par la loi». Successivamente al terzo comma l’art. 72, afferma che «ces collectivités s’administrent librement par des conseil élus».

In Francia il percorso di decentramento ebbe inizio con la legge del 2 marzo 1982 Loi Deferre sui diritti e le libertà dei comuni, dei dipartimenti e delle regioni, alla quale seguirono due leggi (l. 83-8 del 7 gennaio 1983-/ l.83-634 del 13 luglio 1983) che introdussero dei correttivi alla posizione predominante dello Stato attraverso una ripartizione delle competenze, come quelle amministrative, tra comuni, dipartimenti, regioni e Stato, ai quali si aggiunse l'affidamento di nuovi

83G. Pavani e L. Pegoraro, Municipi d'Occidente, dal capitolo Gli enti territoriali francesi:

dall'accentramento napoleonico alle recenti riforme costituzionali di G. Pavani, rif pag 11-14 ,

mezzi finanziari, l'abolizione del controllo di merito da parte del prefetto, tramite l’affido del potere d’esecuzione delle decisioni delle assemblee dipartimentali e regionali ai Presidenti dei Consiglio.

Questo processo di decentralizzazione è stato completato dalla riforma costituzionale del 2003, con la modifica delle disposizioni costituzionali in materia di amministrazione regionale e locale conferendo alle regioni un ruolo importante.84

Con la nuova riforma costituzionale si distinguono i dipartimenti e le regioni d'oltremare (art.73), i territori e collettività d'oltremare (art. 74), e la Nuova Caledonia.85 Mentre con la Legge 2007-224 del 21.02.2007 vengono costituite le comunità d’oltremare di Saint-Pierre et Miquelon, Saint Martin e Saint Bartlélemy, attualizzando anche lo statuto delle Terre antartiche ed Australi, superando in questo modo la continua diatriba giurisprudenziale sulla distinzione tra collettività locali e collettività territoriali.

Continuando l'analisi degli enti locali francesi, meritano specifica menzione le regioni che, oggetto di continue riforme, hanno stravolto la geografia interna.

In Francia, l'iter di istituzione delle regioni è stato segnato da varie tappe; la prima con la legge del 5 luglio 1972 creò le regioni sotto forma di etablissements

publics territoriaux, che successivamente vennero trasformate in collettività

territoriale con la legge del 2 marzo 1982.

Prima delle riforme degli anni Duemila,86 la Francia si costituisce in 24 regioni, di cui quattro regioni d’outre-mer ROM), ovvero la Guadalupa, la Guyana francese, la Martinica e La Riunione), e infine anche l’isola della Corsica.

84Già nel 1979 l’idea di introdurre la regione nel novero delle collettività locali “costituzionali”era

oggetto di una proposta di legge di revisione costituzionale volta alla modifica dell’art. 72 Cost. (n. 1478 del 1.12.1979 – c.d. proposition Mitterand).

85Nella sua versione originaria l’art. 72 recitava: «les collectivités territoriales de la République sont

les communes, les département, les territoires d’outre-mer. Toute autre collectivité territoriale est crée par la loi». E’il caso di Parigi dopo la legge del 10.07.1964; di Mayotte e delle regioni create dalla Legge n. 82-213 del 2 febbraio 1982. L’arcipelago di Saint-Pierre-et-Miquelon è diventata collettività territoriale a statuto speciale con la legge n. 85-595 dell’11 giugno 1985.

Le regioni sono articolate in dipartimenti e possono variare da uno a otto, fino ad arrivare al numero complessivo di cento. L'ipertrofia degli enti locali, infine, è evidente con i comuni, i quali arrivano ad essere 36.782.

Le collettività territoriali francesi si distinguono da quelle di altri Stati Europei come Germania, Spagna, Italia, in quanto il potere normativo che possono esercitare non è mai autonomo. Esse, infatti, hanno a disposizione una competenza generale di principio, la quale è legittimata in Costituzione all’art. 72 comma 2, che enuncia: «le collettività territoriali hanno vocazione ad adottare decisioni per l’insieme delle competenze che possono meglio essere esercitate al loro livello», sebbene tale competenza possa essere limitata dalla legge ordinaria. Il potere di cui godono gli enti locali è quello regolamentare, subordinato alla legge e ai regolamenti nazionali. Nell'evoluzione storica degli istituti di decentramento, bisogna ricordare a livello giuridico l'importanza della nozione di affai-res locales, ossia il riconoscimento di una sfera di affari locali che si contrapponevano a quelli nazionali. È possibile rinvenire tracce della nozione già nel vecchio Codice Municipale, che all'articolo 40, senza definire un ambito di competenze affermava: «Il consiglio comunale regola con le sue deliberazioni gli affari del comune». Con questo criterio non si è riusciti a garantire un'effettiva autonomia alle collettività locali, poiché il continuo mescolarsi degli interessi locali e nazionali, soprattutto in campo socio- economico, richiedeva un criterio di ripartizione delle competenze tale da definire l'ambito degli enti locali.

Nel periodo antecedente alla riforma dei primi anni ottanta, la ripartizione delle competenze si realizzava tramite leggi specifiche il cui elemento comune era costituito nella distinzione tra potere di indirizzo e potere di gestione a livello locale.

Con l’introduzione il criterio del "blocco delle competenze" tra Stato e collettività territoriali, la Legge n. 8 del 1983 punta a circoscrivere per ciascuna collettività uno spazio proprio di compiti da gestire in via esclusiva. Tuttavia, ai sensi dell' art. 1 di suddetta legge: «I comuni, i dipartimenti e le regioni regolano con le loro deliberazioni gli affari di loro competenza». Concorrono con lo Stato all’amministrazione e all’assetto del territorio, allo sviluppo economico, sociale

sanitario, culturale e scientifico come alla protezione dell’ambiente ed al miglioramento della qualità della vita.

Vista la particolare natura di queste competenze, restano in auge le materie concorrenti, che sono le principali cause di mal funzionamenti dell'apparato amministrativo, in quanto il criterio di attribuzione non è stato rispettato dagli enti meno virtuosi. Si possono trovare degli esempi nel settore dell'istruzione, in cui il comune risulta essere competente per le scuole primarie, il dipartimento per i

collèges (primo ciclo di istruzione secondaria), la regione per i licei e lo Stato per

l’insegnamento superiore. Altre disfunzioni coinvolgono settori come lo sviluppo economico, sebbene in questo caso il ruolo predominate sia quello della regione. Nello sviluppo del territorio, nel quale non è avvenuta nessuna divisione di competenze, lo Stato ha mantenuto il suo ruolo cardine nell'elaborare sia le regole nazionali che i piani regionali.

Contestualmente, ogni trasferimento di competenze genera un flusso di risorse che possono essere monetarie o servizi periferici oppure beni mobili e immobili da parte dello Stato all'ente più vicino al cittadino, tali per compiere il normale esercizio delle competenze. Ulteriori novità sono rintracciate nella creazione di nuove funzioni nell'ambito della pianificazione territoriale e nel settore economico. Le regioni, così, hanno il compito di svolgere le funzioni relative alla promozione dello sviluppo economico, alla formazione professionale, alla politica edile che concerne la pianificazione, l'assetto territoriale e i contributi per l'edilizia, la promozione scolastica, il settore ambientale extraurbano, la promozione culturale e infine la gestione della politica occupazionale.87

Per quanto riguarda il settore della salute pubblica, la riforma non ha trasferito nessuna competenza alle regioni, lasciando immutato il sistema vigente, che dava ai comuni la competenza sull'igiene e sulla salubrità; ai dipartimenti, invece, spettava il controllo di delicati ambiti come la maternità, l'infanzia, le vaccinazioni, la lotta contro le disparità sociali e l'aiuto sociale. Solo con la riforma del 2002 verrà istituito il Consiglio regionale della sanità.

87Organo fondamentale per l’attività regionale è il Consiglio economico e sociale regionale (CESR)

composto da un numero di membri stabiliti con decreto 2001-731 del 12.07.01, che ha funzioni consultive.

Nel settore dei trasporti, infine, la regione è titolare della realizzazione e gestione delle infrastrutture, della regolazione del trasporto, dello sviluppo del sistema riguardante le informazioni sul trasporto pubblico e sull'organizzazione dello stesso.

2.1.2 Forme di collaborazione tra enti e autonomia finanziaria.

La legge sul riparto di competenze non pone limiti alle varie forme di collaborazione tra enti locali. Nell'articolo 6 al comma 1 si menziona che: «Le collettività territoriali possono associarsi per l’esercizio delle loro competenze, creando organismi pubblici di cooperazione nelle forme e condizioni previste dalla legislazione in vigore»; con tale funzione questi enti sono abilitati a stipulare convenzioni con lo scopo di facilitare la circolazione dei servizi e delle risorse e per attuare le competenze delegate.

Perciò, viene concesso ad una o più collettività territoriali di istituire enti al fine di svolgere alcune funzioni basilari, come quelle dei servizi pubblici.

Le forme più utilizzate variano a seconda del livello di rappresentanza in questione. A livello comunale troviamo il Sindacato di Comuni, il Distretto, la Comunità di città, la Comunità urbana e il Consorzio di Comuni. Proprio il Consorzio di Comuni è un ente pubblico costituito a livello comunale, con decreto prefettizio al fine di realizzare opere pubbliche e di fornire servizi d'interesse comunale.

Mentre il Distretto e la Comunità di Comuni sono enti pubblici intercomunali, che si occupano di curare gli interessi prefissati nell'atto costitutivo e di sviluppare progetti comuni; al contrario, il titolare delle competenze di pianificazione, realizzazione di zone industriali e trasporti pubblici, è la Comunità Urbana; dove possono aderire esclusivamente comuni che abbiamo una popolazione superiore ai 2000 abitanti.

A livello interdipartimentale le forme di cooperazione si realizzano nelle Intese e nelle Istituzioni; i quali sono organismi a cui competono l'organizzazione tra

aree dipartimentali non necessariamente limitrofe tra loro. In concreto, con il termine Istituzioni si indica quegli enti cooperativi interregionali, istituiti dai Consigli Regionali interessati, il cui scopo è proprio quello di raggiungere gli obiettivi prefissati e una volta raggiunti, queste cessano di esistere.

Invece, a livello interregionale abbiamo l'Istituzione di utilità comune, dell'intesa o accordi inter-regionali. È opportuno sottolineare che esistono forme di cooperazioni tra collettività facenti parte di un diverso livello amministrativo (cooperazione verticale), oppure attraverso la creazione di un Sindacato misto (Consorzio misto), o con procedure di concentrazione e raccordo, che si concretizzano in appositi contratti di piano (contrats de plan), conclusi effettivamente tra Stato e regione su progetti regionali nell'ambito della programmazione nazionale. In particolare, si costituiscono i Consorzi misti allorquando vi siano accordi tra gli enti interessati e previa autorizzazione del rappresentante Statale, solo nel caso in cui si intende realizzare opere e servizi. La legge n. 95-115 del 4 febbraio 1995 introduce anche i Contratti tra Stato e Pays in materia di pianificazione e sviluppo del territorio, al fine di incoraggiare lo sviluppo locale e l'organizzazione di nuovi servizi pubblici.

Le relazioni tra Stato e collettività territoriali si arricchiscono di una particolare forma di cooperazione, quella dei cosiddetti «contratti di piano» o «pianificazione contrattuale».

I contrats de plan sono uno strumento di supporto per facilitare le relazioni tra lo Stato e le collettività locali, nell'ambito della definizione di politiche di pianificazione regionale che si realizzano nel dettare le linee di sviluppo economico, sociale e culturale tracciate nel Piano della Nazione.

La regione è l'ente che gode di particolari privilegi nella contrattualizzazione, sebbene ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 653 del 29 luglio 1982 sia riconosciuta allo Stato la possibilità di concludere contratti di piano anche con altre collettività territoriali, o con imprese pubbliche e private ed, eventualmente, con altre persone giuridiche. La natura giuridica di tali contratti è quella dei contratti amministrativi, ma con una restrizione per quanto riguarda gli effetti.

Il Consiglio di Stato ha stabilito che la mancata realizzazione delle azioni o operazioni previste nel contratto di piano non comporta alcuna conseguenza diretta per le amministrazioni inadempienti.

Questa tipologia di contratti, il cui intento è quello di favorire la partecipazione degli enti locali alla realizzazione dei programmi pluriennali, si dimostrano un efficace strumento per la politica di sviluppo territoriale, nella misura in cui le parti siano disposte a darvi esecuzione. D'altro canto, l’esistenza stessa dell’interesse pubblico locale, seppur subordinato all’interesse pubblico nazionale, tende a giustificare lo sviluppo di relazioni tra lo Stato e le collettività locali. Di conseguenza, il potenziamento dell’autonomia locale da parte dello Stato risponde alla logica della decentralizzazione e della deconcentrazione,88 alle quali fa da contraltare il rispetto dell’interesse nazionale da parte delle collettività territoriali, in un rinnovato spirito di «ecumenismo repubblicano» .

In ossequio alle disposizioni del Code général des collectivités territoriales, è riconosciuta alle collettività territoriali la facoltà associarsi per l’esercizio delle loro competenze, creando organismi pubblici di cooperazione nelle forme previste dalla legislazione in vigore» o di «concludere tra loro convenzioni in base alle quali si impegnano a mettere a disposizione reciprocamente i servizi ed i mezzi necessari per l’esercizio delle competenze».89

Ricapitolando, vengono a delinearsi due forme di collaborazione: la prima, su spinta volontaria, è regolata da semplici convenzioni. La seconda, definita istituzionale, è subordinata a organismi le cui decisioni sono il risultato di un accordo tra i diversi livelli interessati. Quest'ultima si può distinguere in collaborazione cosiddetta orizzontale, tra enti di pari livello, e quella tra enti di livello diverso, o

verticale.90

Per quanto riguarda le finanze pubbliche, la Francia mantiene il suo assetto centralizzato. Gli enti locali sono titolari di circa il 20% del totale della spesa pubblica, e partecipano con il loro 11% alle entrate fiscali. La Costituzione, all'articolo 34, stabilisce il principio della sufficienza finanziaria degli enti

88Il fenomeno della deconcentrazione viene inteso come una delega di poteri dalle autorità centrali

statali ad autorità territoriali gerarchicamente subordinate.

89Nozione tratta dal Code général des collectivités territoriales all'articolo L 5111-1.

90Y. Mény, Ammistrazione statale e poteri locali in Francia, in "Rivista trimestrale di diritto

territoriali, derogando al legislatore nazionale la fissazione dei criteri fiscali riguardanti le collettività territoriali. Nello specifico, questo principio si attua con la Legge n. 39 del 1988 sulla finanza locale, la quale ha introdotto una distinzione sulle risorse economiche assegnate ai comuni e ai dipartimenti, tra le entrate tributarie, non tributarie e le partecipazioni a tributi statali. Inoltre, spetta sempre al legislatore la facoltà di sopprimere una risorsa fiscale, ma seguendo le disposizioni del Conseil

Costitutionnel deve garantire il potere finanziario delle collettività senza modificare

eccessivamente l'equilibrio del budget di spesa delle collettività.

Con il nuovo articolo 72 della Costituzione si fissano quattro principi, secondo i quali:

a) le collettività «possono ricevere tutti o parte dei proventi derivanti da imposizioni fiscali di qualsiasi natura. Possono, con legge, essere autorizzate a fissarne la base imponibile e le aliquote entro i limiti stabiliti dalla legge stessa»;

b) «Il gettito fiscale e le altre risorse proprie delle collettività territoriali rappresentano, per ogni categoria di collettività, una parte determinante dell’insieme delle loro risorse. La legge organica fissa le condizioni alle quali tale norma trova attuazione»;

c) «I trasferimenti di competenze tra Stato e collettività territoriali sono accompagnati dall’attribuzione di risorse equivalenti a quelle che erano stabilite per il loro esercizio. La creazione o estensione di competenze la cui conseguenza sia quella di aumentare le spese delle collettività territoriali è accompagnata dalle risorse stabilite dalla legge»;

d) «La legge prevede meccanismi di perequazione destinati a favorire l’eguaglianza tra le collettività territoriali».

Dunque, per dar seguito alla riforma, la legge organica n.758 del 29 luglio 2004, fornisce una definizione dettagliata di autonomia finanziaria, fissando da un versante le risorse proprie, «costituite dai proventi derivanti da imposte di qualsiasi natura di cui la legge autorizza a fissare l’imponibile, l’aliquota e la tariffa o di cui stabilisce, per ciascuna collettività la determinazione dell’imponibile o di una quota locale dell’imponibile, dei canoni per i servizi resi, dei prodotti del demanio, degli

oneri di urbanizzazione, dei prodotti finanziari, delle donazioni e dei legati».91; e dall'altro introduce un denominatore in base al quale procedere al calcolo delle risorse proprie, che sono definite dal rapporto tra l'ammontare di queste ultime e il totale delle risorse ad esse riconosciute, conformi al finanziamento di competenze trasferite a titolo sperimentale o delegate, e dei trasferimenti finanziari tra enti della medesima categoria individuata dalla legge organica.92

91Ripreso dalla Legge Organica N. 758 del 29 luglio 2004 all'articolo 1114-2 CGCT. 92Continua dalla summenzionata Legge Organica all'articolo 1114-3 CGCT.

2.1.3 Ruolo del Senato come camera di rappresentanza.

In Francia l'autonomia locale è garantita dall'art. 24, comma 3, della Costituzione, il quale da al Senato il peculiare ruolo di essere rappresentante delle collettività locali. Considerando che non vi sia un perfetto equilibrio né tra le varie categorie di collettività territoriali né in confronto alla popolazione, la rappresentatività del Senato risulta essere alterata.93 Questa asimmetria è causata dalla non proporzionalità delle diverse categorie di collettività territoriali all'elezione dei senatori, la quale si evince dai dati della composizione dei collegi elettorali senatoriali che premiano i comuni col 95.5% del complessivo corpo elettorale.94 Seguono in proporzione i Dipartimenti e le Regioni alla composizione del Senato.

In relazione al ruolo di rappresentanza delle autonomie locali affidato al Senato, con la riforma costituzionale che ha investito anche l'articolo 39, sono emersi pareri contrari al riconoscimento della priorità nell'esame dei progetti di legge relativi alle collettività territoriali al Senato. Difatti, all'ultimo comma si annovera che i progetti di legge, nei quali il loro oggetto principale è l'organizzazione delle collettività locali sono presentati in prima istanza al Senato, fermo restando il diritto di emendamento spettante ai membri del Parlamento e del Governo, espresso dal primo comma dell'articolo 44 della Costituzione.

Con questa riforma, il legislatore francese ha rafforzato il ruolo del Senato come garante dell'autonomia locale,95 senza potenziarne i poteri rispetto all'Assemblea nazionale. Spetterà al Conseil Constituionnel, il ruolo di determinare quale sia un progetto di legge per l'organizzazione delle collettività territoriali, finendo per alimentare l'elevato numero di conflitti dinanzi al giudice costituzionale.

93F. Robbe, Le Sénat à l’heure des demi-réformes, in «Revue française de droit constitutionnel», 2003,

56, pp. 725 ss.

94Sul ruolo preponderante dei Comuni nell’esercizio della funzione elettorale si veda O. Duhamel e Y.

Mény, Dictionnaire constitutionnel, Paris, 1992, p. 967

95

2.2

Le riforme di decentramento e di deconcentramento e la