• Non ci sono risultati.

L'ordinamento degli enti locali: dall'approvazione della Costituzione repubblicana alle riforme degli anni novanta.

LA RIDEFINIZIONE DELL'ENTE INTERMEDIO IN ITALIA

4.1 L'ordinamento degli enti locali: dall'approvazione della Costituzione repubblicana alle riforme degli anni novanta.

Dopo la fine dell'epoca fascista e soprattutto della Seconda Guerra Mondiale, si cercò di rimuovere dall’ordinamento le disposizioni più lesive delle autonomie contenute nel T.U. del 1934,205 inducendo un referendum istituzionale per determinare la forma di Stato al termine del conflitto.206

In antitesi all'immobilismo e centralizzazione tipici del periodo fascista, si diede avvio la terza fase dell'evoluzione degli enti locali con l’ordinamento repubblicano, che si contraddistingue per la sua strutturazione pluralistica, di cui le autonomie locali sono divenute elemento fondamentale.

La Costituzione, con uno storico cambiamento di rotta rispetto alla tradizione precedente, sancisce fra i suoi principi fondamentali sia la tutela delle formazioni sociali,207 sia il riconoscimento delle autonomie locali,208 a cui si accompagna la previsione del più ampio decentramento amministrativo per i servizi di competenza statale. Con il termine decentramento si intende una forma dei poteri pubblici in base alla quale un complesso di poteri, che spetta agli organi centrali dello Stato, viene

205 Regio decreto 3 marzo 1934, n. 383 Testo unico della legge comunale provinciale con particolare

riferimento all'elettività degli organi politici, che ripresero le vecchie denominazioni (Sindaco, presidente, giunta e consiglio).

206Il risultato della volontà popolare non fu schiacciante come si pensava, anzi, vide l'Italia spaccata

con il 54,3% favorevoli al mutamento della forma di Stato, dalla monarchia alla repubblica, e il restante 45,7% favorevoli al mantenimento della monarchia. Analizzando i datiregione per regione, si evince come l'Italia fosse praticamente divisa in due: il nord, dove la repubblica aveva vinto con il 66,2%, ed il sud, dove la monarchia aveva vinto con il 63,8%. Maggiori informazioni si possono trovare in F. Bottone, La fine della monarchia in Italia: il referendum istituzionale del 2 Giugno 1946, pp.122 e ss, 2006

207Articolo 2 della Costituzione: "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo,

sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale".

208

Articolo 5 della Costituzione: " La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del

trasferito nella sfera di competenza di altri organi periferici dello stesso apparato statale o di altre soggettività giuridiche. Si aggiungono, inoltre, delle disposizioni per adeguare i principi e i metodi della legislazione ordinaria, che mirano all'attuazione dell'autonomia e del decentramento. Il risultato di questa politica è l'introduzione di un modello di Stato pluralista, che riconosce le autonomie locali e sociali, alle quali la Costituzione della Repubblica italiana dedica l'intero Titolo V.209

La prima legge attuativa del dettato costituzionale giunse soltanto nel 1953 (legge 10 febbraio 1953, n. 62, c.d. “legge Scelba”), la quale prevedeva delle disposizioni immediatamente applicabili sul controllo degli enti locali, lasciando al contempo dei vuoti legislativi nella parte in cui prevedeva la realizzazione degli istituti regionali. Dunque, nel nuovo assetto ordinamentale introdotto dalla Costituzione repubblicana all'articolo 114 si menziona la ripartizione dello Stato in Regioni, Province e Comuni, che viene attuata solamente vent'anni dopo con il D.P.R. n. 616/1977.210

Per ciò che concerne l’autonomia degli enti locali, bisogna aspettare La Carta

Europea dell’Autonomia locale firmata a Strasburgo il 15 ottobre 1985 dagli Stati del

Consiglio europeo, in cui afferma il principio secondo cui per autonomia degli enti locali si intende il diritto e la capacità effettiva per le collettività locali di regolamentare ed amministrare nell’ambito della legge, sotto la loro responsabilità, e a favore delle popolazioni, una parte importante di affari pubblici.211

Un’effettiva attuazione del dettato costituzionale giunse con ritardo ancora maggiore rispetto a quello accusato dall’istituzione delle regioni. Infatti, solo a quattro decenni di distanza dalla Costituzione, fu emanata una legge organica di riforma degli enti locali, che andava a modificare il vecchio T.U del 1934.La legge 8 giugno 1990, n. 142, si risultò particolarmente innovativa, introducendo nel diritto degli enti locali nuovi istituti come:

209

Come noto, il Titolo V è stato quasi integralmente riscritto dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.

210Fondamentale per comprendere i lavori i lavori preparatori del d.P.R n. 616/1977 e il clima dal

quale maturò, la Relazione della Commissione per il completamento dell'ordinamento regionale e gli Atti del Convegno Il completamento dell'ordinamento regionale per il rinnovamento e la riforma

delle istituzioni, Bologna, 1977

211 M. Balducci, P. Dragone, C'è posto per l'ente locale in Europa? , p.p. 42-45, Donzelli editore,

 Il riconoscimento dell’autonomia statutaria di Comuni e Province e della relativa potestà regolamentare;

 Referendum consultivi come forme di partecipazione popolare;

 Pubblicità degli atti e il diritto di accesso agli atti amministrativi da parte dei cittadini;

 La possibilità di istituire il Difensore Civico;

 La possibilità dei Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti di prevedere una Unione di Comuni;

 Individuazione di 9 aree metropolitane;

 Lo sviluppo di forme di collaborazioni e associazioni tra Comuni attraverso Convenzioni, Consorzi, Unioni, Accordi di programma;

 L’individuazione di maggiori responsabilità per i Segretari comunali e provinciali

 La possibilità di stipulare con i dirigenti degli enti locali anche contratti di diritto privato;

 La possibilità di revoca dei singoli amministratori (Assessori) ;

Allo stesso tempo, la legge ridisegnava anche il profilo esterno degli enti locali, con consistenti innovazioni strutturali per gli enti già esistenti (comuni, province e comunità montane). Inoltre, tale legge ne introduceva di nuovi, come le città metropolitane per rappresentare ed esprimere nuove realtà, oppure nuovi enti destinati al perseguimento di forme associative finalizzate a favorire non solo l'esercizio associato di funzioni (le convenzioni e i consorzi, già esistenti però disorganicamente disciplinate) ma anche l'accorpamento di piccoli enti (le unioni di comuni, le fusioni). Tramite questa riforma,212 il legislatore italiano punta a riordinare la disciplina del potere locale, realizzando il passaggio da una legislazione uniforme e dettagliata a una legge di principi, che valorizza l’autonomia di comuni e province, ponendo le basi per la differenziazione dei relativi regimi e la delegificazione di parte dell’ordinamento locale. In aggiunta, la legge amplia i poteri delle regioni nei riguardi degli enti locali enfatizzandone il carattere politico- amministrativo dei comuni e delle province, e degli organismi, «in quanto

articolazioni essenziali della Repubblica, si pongono come espressione politico- istituzionale autonoma della collettività locale».213

La legge 142/1990 consente, perciò, di sperimentare negli enti locali nuove soluzioni sia per l’organizzazione di governo, sia per l’amministrazione. Nel merito, va aggiunto che tale legge non tocca il tema delle dimensioni del potere locale, che viene «ignorato nella sostanza e aggirato nelle punte».214Al contrario enuncia di occuparsi delle funzioni, limitandosi a stilarne un elenco, ma ad esempio in quelle dei Comuni non entra nello specifico, in quanto si pronuncia solo con una formula generica, mentre per quelle delle province rinvia ad una serie di decisioni future del Parlamento. Per alcuni aspetti, il provvedimento disattende le attese sperate, a causa dalla mancata legificazione delle norme sugli statuti, che circoscrivono in modo significativo i margini di scelta realmente a disposizione degli enti locali. Con queste premesse, dall'analisi del testo legislativo in questione emerge una prima importante caratteristica: l’instabilità delle sue disposizioni. Del resto, nel corso del decennio 1990-2000, ben diciotto leggi modificano la legge 142/1990 nel contenuto di oltre il 77% dei suoi cinquantotto articoli; cinque risultano abrogati, quattro hanno subito modifiche almeno per tre volte, e nel complesso sono stati inseriti tre nuovi articoli.215 Sulla capacità statutaria, un'importante passo in avanti per l’autonomia democratica locale è stato segnato dalla legge 25 marzo 1993, n. 81,216 che introduce nelle Province e Comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti l’elezione diretta dei Presidenti delle Province e dei Sindaci con sistema a doppio turno, e il conferimento al Sindaco e al Presidente di Provincia dei poteri di nomina e revoca degli assessori, dei dirigenti e dei rappresentanti di Provincia e Comune in enti, aziende a partecipazione pubblica o istituzioni. Invece, nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti, si è disposta l’elezione diretta dei Sindaci con il meccanismo della turnazione. Per quanto riguarda il personale dipendente, gli articoli

213

U. Pototschnig, Per una nuova legislazione, pubblicato nella rivista "Amministrare", disponibile online: https://www.rivisteweb.it/doi/10.1442/38068

214M.S. Giannini, Legge 142/1990: una mezza riforma, in Rivista. trimestrale. sc. amm., n. 2, 1992, 41

ss., qui 44.

215L.Vandelli, Ordinamento delle autonomie locali. 1990-2000, Dieci anni di riforme. Commento alla

legge 8 giugno 1990, n. 142, pag 34 Rimini, Maggioli, 2000.

216Legge 25 marzo 1993, n. 81, Elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del

consiglio comunale e del consiglio provinciale, pubblicata in GU n.72 del 27-3-1993 - Suppl. Ordinario n.32, entrata in vigore della legge il 29/3/1993.

51 e 52 di summenzionata legge,217 hanno prodotto le prime riserve di competenze a favore dei c.d. responsabili dei servizi, ossia i funzionari o impiegati (nei piccoli enti) cui fanno capo i servizi di maggior rilievo (tecnico e contabile), dando a loro, il compito di esprimere pareri tecnici sulle deliberazioni giuntali e consiliari.

Seppur innovativa, la procedura descritta dagli articoli precedenti non configura una vera separazione di funzioni fra organi politici e amministrativi, che sarà compiuta dopo appena tre anni, con il D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77,218 con la riforma della finanza locale secondo moderni criteri di efficienza, economicità e d’efficacia dell'azione amministrativa. Cosi facendo, si introduce la previsione di un piano esecutivo di gestione, della competenza giuntale, che dispone ogni anno l'attribuzione delle risorse non soltanto finanziarie ma anche strumentali e umane, ai responsabili di servizio.219 Con tale decreto si realizza il modello di separazione dei compiti fra politica e amministrazione, mediante un organo di indirizzo politico esecutivo, il quale pone gli obiettivi dell'azione amministrativa e ne assegna le risorse ai funzionari, che in un secondo momento perseguiranno i risultati attesi in completa autonomia.

A seguito del cosiddetto federalismo amministrativo, attuato dalle leggi

Bassanini, con lo scopo di integrare la legislazione dei primi anni novanta, nel nostro

ordinamento cambia definitivamente il rapporto fra centro e autonomie locali. La legge n. 59/1997 e la legge n. 127/1997, nonché i successivi decreti delegati, sono andati oltre le strette necessità di attuazione della Costituzione ed hanno riordinato l’intera struttura burocratica, investendo tutte le pubbliche amministrazioni (centrali, periferiche, locali, autarchiche, scolastiche, ecc.).

La specialità della legge Bassanini consiste, in particolare, nella quantità delle funzioni e competenze trasferite a Regioni ed enti locali.220 L’articolo 1 della L. 59/97 stabilisce, infatti, che con successivi decreti legislativi siano trasferite alle

217Legge 8 giugno 1990, n. 142, Ordinamento delle autonomie locali, pubblicata in GU n.135 del 12-

6-1990 - Suppl. Ordinario n. 42, entrata in vigore della legge: 13/6/1990.

218

Decreto Legislativo, 25 febbraio 1995, n. 77, Ordinamento finanziario e contabile degli enti locali, pubblicato nella GU n.65 del 18-3-1995 - Suppl. Ordinario n. 33, entrata in vigore del decreto legislativo il 17/05/1995.

219Dal Governo degli enti locali e gestioni commissariali, pubblicazione edita a cura della Scuola

Superiore dell'amministrazione dell'Interno, I quaderni della formazione N.3/2011.

220 Sui principi legislativi relativi alle funzioni locali contenuti nella l. n. 59/1997 all’interno di

Regioni e agli enti locali «tutte le funzioni amministrative localizzabili nei rispettivi territori».221

Nel complesso entrambe le leggi di riforma hanno collegato alle riforme strutturali quelle organizzative, incidendo sul rapporto di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, sui procedimenti amministrativi (con la semplificazione), sulla regolamentazione pubblica (con la delegificazione) e sui meccanismi di controllo.

Finalmente, con l'entrata in vigore delle leggi Bassanini si mette fine all' irrisolto problema dei rapporti fra Stato, regioni ed enti locali, gettando le basi per la creazione di un sistema organico di relazioni.

In riferimento all'autonomia degli enti locali, la vera novità in merito al trasferimento di competenze, si trova nel capovolgimento del principio tradizionale della distribuzione delle funzioni fra centro e periferia, per il quale alla seconda spettano attribuzioni minori, tassativamente indicate dalla legge (prima applicazione, e primo riconoscimento legislativo esplicito del principio di sussidiarietà.)

I continui interventi per apporre modifiche alla legge n. 142/1990 e le ragguardevoli innovazioni legislative susseguitesi nell'arco di un decennio, hanno imposto una revisione organica a livello ordinamentale degli enti locali. Per questo motivo sono giustificate le novità della Legge Bassanini bis, che prevedono un'attribuzione maggiore di poteri sulla potestà autorganizzative e di gestione del personale, oppure nei confronti del Sindaco rispetto alla Giunta, tra cui il potere discrezionale di nominare il Segretario comunale scelto in un apposito Albo nazionale, e infine la piena autonomia gestionale e di spesa dei dirigenti, per il raggiungimento degli obiettivi fissati dagli organi politici (Consiglio, Giunta, Sindaco).222

La Legge 3 agosto 1999, n. 265, intitolata Disposizioni in materia di

autonomia e ordinamento degli enti locali', getta le basi per un generale riordino

della legislazione in materia, delegando il Governo a predisporre un Testo Unico sull' ordinamento degli Enti locali, avente ad oggetto l’attività deliberativa e di amministrazione attiva, nonché la finanza e la contabilità. Sulla base dei criteri e dei

221

Per una valutazione complessiva della l. n. 59/1997 cfr. S. Cassese, Il disegno del terzo

decentramento, in questa Rivista Irpa, 1997, 417 ss.

222V. Picardi, Le autonomie locali: storia e contenuti, Scuola di formazione all'impegno sociale e

principi direttivi presenti nella legge delega, il Governo ha quindi adottato il Testo Unico degli Enti Locali (D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267) che rappresenta simbolicamente la conclusione del decennio di riforme iniziato con la legge 142/1990. La peculiarità di questo testo è data dal fatto che si impegna nel codificare tutto il percorso di riforme avvitato dal legislatore, nel tentativo di promuovere la politicità degli Enti Locali.

Il Decreto legislativo 267/2000, può essere definito come un testo unico ricognitivo, meramente compilatorio ma capace di operare una raccolta dei testi legislativi sulla materia; pertanto assume le caratteristiche di un testo unico con la funzione di fonte normativa. Nel Testo Unico sono state inserite le disposizioni legislative vigenti in materia di ordinamento dei Comuni e delle Province e le loro forme associative,223 confermandone il ruolo del Sindaco o del Presidente Provincia, quale rappresentante dell’ente. Sul versante delle competenze dirigenziali, vi sono importanti novità che riguardano l'estensione della portata degli atti di gestione e di amministrazione; nel caso della gestione amministrativa, finanziaria e tecnica, questa competenza è attribuita ad essi mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, nonché l’adozione di atti e provvedimenti amministrativi.

Da sottolineare è anche la previsione che riguarda la responsabilità amministrativa per illecito, estesa in questo caso agli eredi dei dipendenti ed amministratori degli enti locali.

Infine, nel TUEL viene introdotta la codificazione nell’ordinamento degli enti locali della società per azioni a partecipazione pubblica minoritaria come forma specifica di gestione di servizi pubblici locali. Il terzo ed ultimo passaggio dell'evoluzione degli enti locali, prima delle odierne disposizioni in materia, è dato dalla riforma costituzionale del 2001,224 che ha profondamente rinnovato le disposizioni sulle autonomie territoriali presenti nel Titolo V. Nel novellato articolo 114,225 è chiaramente affermato che la Repubblica non “ si riparte ” ma “ è costituita ” dagli enti locali, come appunto “ i Comuni, le Province, le Città metropolitane,

223 R. Carpino, Testo unico degli enti locali commentato, Maggioli editore, Santarcangelo di

Romagna,2014

224Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, Modifiche al titolo V della parte seconda della

Costituzione, pubblicata in GU n. 248 del 24 ottobre 2001

225Ora, ai sensi del nuovo articolo 114 della Costituzione, Regioni, Province e Comuni non sono più in

dalle Regioni e dallo Stato”, elencati così, in ordine inverso rispetto al testo previgente della stessa norma. Al secondo comma di suddetto articolo si ha la legittimazione costituzionale della capacità dei singoli enti di redigere, in forma scritta, propri statuti e regolamenti.226

In aggiunta, va riconosciuto lo sforzo del legislatore di introdurre il principio di sussidiarietà,227 che indica come la Nazione si costituisca dal basso, a partire proprio dagli enti territoriali più vicini ai cittadini. Per questo motivo, i distinti livelli di governo si intendono collocati su di uno stesso piano istituzionale e perciò sono dotati di una piena autonomia, che trova vincoli solamente nei principi fissati dalla Costituzione.

È opportuno aprire una piccola parentesi sulle novità della riforma appena citata, le quali si trovano maggiormente nelle diciture degli articoli 117 e 118. Come si può evincere in seguito ad una accurata lettura dell'articolo 117, le novità più importanti riguardano la potestà legislativa che appartiene allo Stato e alle Regioni, poste sullo stesso piano e in grado di legiferare per via delle proprie competenze attribuite in determinate materie. Tale competenza può essere esclusiva dello Stato,228 oppure può essere residuale delle Regioni,229 o concorrente tra Stato e

Regioni.230

226 Dal secondo comma dell'articolo 114 della Costituzione si evince che: « I Comuni, le Province, le

Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione».

227 Dal Governo degli enti locali e gestioni commissariali, pubblicazione edita a cura della Scuola

Superiore dell'amministrazione dell'Interno, I quaderni della formazione N.3/2011, pag 7.

228Articolo 117,comma.2 : lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie (elenco solo di

alcune di esse): Politica estera, immigrazione, ambiente, difesa e Forze armate, moneta e mercati finanziari, ordine pubblico e sicurezza, referendum statali, elezione del Parlamento europeo, ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali, giurisdizione e norme processuali, ordinamento civile e penale, determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, giustizia amministrativa, ecc. Alla lettera p) di tale elencazione la norma enuncia troviamo:

legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane.

229

Articolo 117, comma 4:« spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.»

230Articolo117, comma 3 : « Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti

internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale

Prima della riforma costituzionale, le regioni a Statuto ordinario potevano esercitare il potere legislativo solo nelle materie tassativamente indicate nell'articolo 117 della Costituzione ed esclusivamente nei limiti posti da una legge-cornice statale in virtù dei principi fondamentali della materia, cosiddetta a competenza

concorrente; al contrario le regioni a statuto speciale potevano già godere di poteri

esclusivi in materia legislativa.

Dopo l'approvazione della legge La Loggia,231 l'ordinamento della Repubblica si adegua alle modifiche introdotte al titolo V della Costituzione, prevedendo le norme necessarie per rendere operative le nuove funzioni delle Regioni e degli enti locali. Tale legge precisa che rimarranno in vigore le leggi dello Stato nelle materie in cui la competenza è passata alle Regioni, fino al momento in cui le stesse non legifereranno sull'argomento; lo stesso discorso vale per le materie su cui la competenza è passata dalle regioni allo Stato, per cui rimarranno in vigore le leggi regionali fino a diversa deliberazione dello Stato.

In base all'articolo 117 è chiaro che la capacità legislativa è fortemente limitata da fattori interni o esterni, che nel caso della potestà legislativa statale possono essere individuati, nella Costituzione, nel diritto Internazionale, nel diritto comunitario europeo e nelle materie in cui può legiferare. Altresì, nel caso della potestà legislativa regionale, ai limiti precedentemente enunciati si aggiungono quelli posti nelle leggi-quadro o leggi-cornice, nel caso di materie in cui la competenza è concorrente tra Stato e Regioni e quelli imposti nel territorio nell'ambito d'applicazione delle leggi regionali che hanno appunto valenza nel territorio di riferimento.

Ritornando alla questione del principio di sussidiarietà, emerge una considerazione sull'ordine di elencazione dato dall'articolo 114, che non è del tutto casuale poiché si rapporta alla costituzionalizzazione di tale principio. Si può notare come l'articolo 118 nell'odierna versione modificata dall'articolo 4 della legge di

dell'energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e