ANALISI METRICA ED INTERPRETAZIONE DEI VERSI LIBERI CORAZZINIAN
4. Lettura complessiva dati metric
L‘osservazione dell‘appendice quattro consente di individuare un‘eventuale linea evolutiva della metrica libera corazziniana, la quale non è riducibile ad un‘unica linea di tendenza sia perché il verso libero presenta differenti tipologie sia perché il fenomeno versoliberista è complesso.
4.1 Schemi sillabici
Osserviamo gli schemi sillabici adottando, per semplicità espositiva, la tripartizione usata nell‘appendice tre: versi ipermetri, versi medi e versi brevi. Riguardo la frequenza dei versi ipermetri, gli unici valori degni di nota sono rappresentati dai versi doppi e composti. Essi fanno la loro comparsa ne La finestra aperta sul mare ed in Sonata in bianco minore, per poi raggiungere la più alta concentrazione in Desolazione.
Dopo tale componimento però la loro presenza diviene inconsistente, confermando così come Desolazione sia una prova metrica unica nel percorso corazziniano. Non a caso alcune unità di versi doppi compaiono ne La morte di Tantalo, ovvero proprio in quella poesia che, insieme a Desolazione, si connota come un manifesto di poetica.
Passando ai versi medi, l‘endecasillabo mostra una presenza consistente lungo tutta la produzione corazziniana, sebbene in certi componimenti il numero delle sue unità rasenti lo zero, mentre è totalmente assente ne Il ritorno, Vigilavano le stelle ed Il sentiero. Queste assenze trovano una spiegazione nella natura formale di questi componimenti.
Infatti ne Il ritorno la competizione con la strofe lunga dannunziana dà spazio a frequenti novenari e senari che creano una struttura oscillante tra isoritmia ed anisoritmia. In Vigilavano le stelle la natura narrativa e l‘anisosillabismo richiedono un‘abbondanza di novenari, ottonari e settenari. Ne Il sentiero, infine, l‘assoluta assenza dell‘endecasillabo consente l‘adozione di una forma tradizionale, il distico, restando però al di fuori della tradizione.
Il settenario, grazie alla sua natura musicale, mantiene una discreta frequenza in Vigilavano le stelle ed è presente con un‘unità ne Il ritorno, mentre risulta assente ne Il sentiero per lo stesso motivo per cui manca l‘endecasillabo. Infine in Toblack la sua totale assenza è legata alla genesi della poesia, originariamente concepita come sonetto e dunque costituita solo di endecasillabi.
Quindi nella produzione versoliberistica corazziniana i due versi tradizionali per eccellenza, l‘endecasillabo ed il settenario, rivestono una presenza consistente, a testimonianza di un‘innovazione interna alla tradizione, ossia impiegandone in maniera originale gli strumenti
metrici. A ciò si riconduce la consistente presenza di versi tradizionali, i quali però adottano spesso degli schemi ritmici anomali.
Riguardo i novenari, il loro numero è massimo soprattutto nei componimenti di stampo dialogico, quali ad esempio Dialogo di marionette. Ad essi spesso si affianca un discreto numero di ottonari e di decasillabi, grazie ai quali Corazzini crea anisosillabismo.
Passando ai versi brevi, si distinguono per una discreta e costante presenza i trisillabi ed i quinari. Se i primi si collegano al desiderio di giocare sui ritmi del novenario, i secondi alludono alla tradizione perché il quinario, assieme al settenario e all‘endecasillabo, richiama la canzone leopardiana.
4.2 Schemi accentuativi
La quarta appendice mostra che il pattern Ab subisce una drastica diminuzione fino a L‟anello per poi risalire e mantenere un andamento incostante lungo tutta la produzione versoliberistica corazziniana, dalla quale non risulta mai assente. Se la sua costante presenza è dovuta alla frequenza delle parole piane nella lingua italiana, la sua drastica diminuzione nelle prime poesie potrebbe spiegarsi con la discreta frequenza degli altri pattern accentuativi.
Fra questi si distinguono per consistenza numerica bAb e bbAb, i cui alti valori sono spiegabili con la stessa argomentazione fornita per il pattern Ab, dato che essi non sono altro che un diverso schema accentuativo delle parole piane. Invece il pattern bbA, corrispondente alle parole tronche, non registra valori notevoli.
Soffermandoci sul pattern Abb, la frequenza dei suoi valori numerici oscilla sulla base del rapporto intrattenuto con d‘Annunzio, il legame col quale è appunto rappresentato dalle parole sdrucciole. Infatti la frequenza di Abb è maggiore soprattutto nei componimenti strettamente relazionati alla figura del vate: Desolazione e Sonata in bianco minore. Una significativa presenza è anche in Tipografia abbandonata, mostrando così come l‘influsso dannunziano sia presente fin dalle prime composizioni versoliberistiche.
Infine, sebbene non fondamentale per l‘individuazione di una strategia metrica accentuativa, il pattern bb coi suoi valori quasi inesistenti consente di apprezzare l‘impiego che Corazzini fa delle preposizioni.
4.3 Colorito vocalico
La sezione dell‘appendice 3 relativa al colorito vocalico contiene quattro tabelle, ciascuna delle quali dedicata alla tematica rappresentata dalle parole da cui sono tratti determinati pattern vocalici. Non essendo emersa alcuna struttura dall‘analisi delle singole poesie, determinati fenomeni sono da considerare un residuo strutturale del testo piuttosto che il risultato di una strategia metrica, nonostante la loro frequenza.
Tuttavia, per alcuni campi semantici è riscontrabile una discreta presenza che non pare essere totalmente riconducibile alla casualità: le cellule vocaliche inerenti al ripiegamento interiore raggiungono i massimi valori in La chiesa venne riconsacrata, Desolazione, Sonata in bianco minore, L‟ultimo sogno, ovvero in componimenti in linea col contenuto che esse veicolano.
I pattern vocalici relativi alla morte sono discretamente presenti in tutti i componimenti in virtù del fatto che tale tematica è così centrale nella poetica corazziniana da influenzarne la forma stessa: l‘originalità esige innovazione formale quando si svolge un tema usato ed abusato dai contemporanei.
Anche il neomisticismo ed il superomismo hanno un‘apprezzabile presenza. Se i pattern neomistici sono frequenti nelle prime poesie e diminuiscono successivamente, quelli superomistici sono esigui all‘inizio ed aumentano a partire da Il ritorno per poi, toccati gli esiti massimi ne La finestra aperta sul mare ed in Desolazione, discendere nuovamente e conservare una lieve presenza. Tale comportamento dei pattern neomistici e superomistici riflette l‘evoluzione della poetica di Corazzini che, a partire da Desolazione, compie una svolta in senso superomistico evidente soprattutto ne La morte di Tantalo.943 Tuttavia l‘esiguità e l‘incostanza delle cellule vocaliche non consentono di confermare tale ipotesi esclusivamente sul piano formale.
4.4 Cellule quantitative
I dati relativi alle cellule quantitative sono bipartiti in due tabelle: alta frequenza e bassa frequenza. Per quanto concerne la prima tabella, il più alto valore numerico pertiene all‘anfibraco, che costituisce così una prova formale del legame fra Corazzini e Palazzeschi.
L‘osservazione del grafico trasmette l‘ingannevole sensazione che nell‘arco delle prime quattro poesie l‘anfibraco diminuisca progressivamente. Invece non è così perché il valore numerico più basso è dovuto non tanto ad una scelta metrica, quanto al minore numero di versi di certe poesie.
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Tuttavia tale assunto non è valido in assoluto. Infatti, se ne L‟anello il basso numero di anfibrachi è proporzionale al basso numero di versi, lo stesso ragionamento non è applicabile a Toblack, il cui esiguo numero di anfibrachi non è legato al basso numero di versi ma alla genesi del componimento stesso, nato appunto come sonetto e dunque privo di un‘ampia libertà strutturale.
Per quanto riguarda i restanti pattern, ovvero trochei, dattili e peoni terzi, i loro valori non permettono l‘individuazione di una struttura e consolidano l‘idea che Corazzini impieghi con consapevolezza solamente il piede anfibraco, che registra una presenza sistematica nelle poesie di stampo dialogico.
Passando alla tabella delle cellule a bassa frequenza, il peone terzo presenta un alto numero di unità, sebbene non crei alcuna struttura perché esso compare nella maggior parte dei casi non all‘interno di una parola, ma fra due parole unite da sinalefe. La sua frequenza, dunque, dipende da un‘interpretazione a posteriori che non necessariamente coincide con la volontà autoriale. In conclusione, tutte le cellule quantitative identificate, ad eccezione dell‘anfibraco, sono frutto di casualità: esse sono un semplice ed inevitabile residuo della natura verbale del testo poetico.
5.
Giudizi critici sulla metrica corazziniana e nostre conclusioni
Una breve rassegna dei principali apporti critici al versoliberismo corazziniano chiarisce lo status quo degli studi ed evidenzia il nostro contributo sull‘argomento. Cominciamo da Giovannetti,944 con cui concordiamo pienamente nella considerazione dell‘opera corazziniana come la più aperta a sperimentalismi in progress nell‘ambito della poesia di inizio secolo, dove si distingue per capriccio ed instabilità metrica.
Il critico individua un contrasto fra l‘inquietudine vitalistica della forma e la monotonia tematica crepuscolare: la strofe è assimetricamente aperta e scossa dagli enjambements arditi che individuano misure alternative. Inoltre Corazzini allude talvolta ad una simmetria per poi disattenderla immediatamente attraverso anafore impercepibili o rime suffissali prive di funzione strutturante.
A livello versale la tensione si manifesta attraverso misure alternative interne ai versi stessi: settenario, ottonario e novenario sono presenti non solo come versi a sé stanti, ma anche come misure contenute a cavallo di due o più versi; l‘endecasillabo, invece, viene gradualmente deteriorato.
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Giovannetti spiega l‘inquietudine versale con il bisogno di dar voce ad una pulsione altra da contrapporre al significato del dettato esteriore: l‘instabilità e l‘irrequietezza metrica esprimono un vitalismo di cui i temi e le parole sono privi.
Concordiamo con Giovannetti anche quando si contrappone a Livi,945 che nega l‘esistenza di una pianificazione metrica in Corazzini, mentre ―c‘è un senso anche nelle operazioni poetiche più divaricate e all‘apparenza più sfuggenti e incompiute,‖ specialmente quando la contraddizione fra la spontaneità del fanciullo malato ed il vigoroso rinnovo delle strutture tradizionali è sostenuta da ―un‘oltranza metrica così percepibile e invadente da chiedere al critico una doverosa semantizzazione dei fenomeni formali.‖946
Giovannetti, individuando nella strofe corazziniana un‘assimetria ed un‘apertura, si contrappone a Baroni,947 secondo cui Corazzini costruisce moduli simmetrici volti ad opporre un‘oratio conclusa a quella perpetua dannunziana: l‘uniformità e la circolarità di tali moduli creerebbe i toni spenti e grigi, ossessivamente monodici, delle sue poesie.
Giovannetti sostiene che la metrica corazziniana tende a costituirsi come disturbo sistematico al fluire lineare del discorso adoperando una serie di indici metrici che negano ogni forma di eufonia e di naturalezza: rima assimetrica e priva di valore strutturante, enjambements che propongono linee alternative al metro primario, scelte mensurali sensibilmente stridenti.
Questa destabilizzazione profonda dà l‘impressione che ―attraverso il metro parli una pulsione altra, estranea alla fin troppo esibita lacrimosità del dettato esteriore. Nel verso sghembo e sempre disposto a rinnovarsi si esprime un impulso vitalistico irriducibile a parola.‖948
Dunque il vitalismo metrico riscatta il patetismo del livello semantico. Una contraddizione paradossale su cui si sofferma anche Mengaldo,949 il quale sottolinea l‘opposizione fra una tematica ridotta, ripetitiva e monotona, ed uno sperimentalismo formale vivace ed inquieto.
Questa contraddizione ha diviso la critica in due filoni: da un lato un Corazzini ingenuo e spontaneo come un fanciullo malato, dall‘altra un Corazzini esemplare, capace di un vigoroso rinnovo delle forme tradizionali.
Continuando la rassegna con Benevento,950 merita un cenno il suo regesto metrico delle poesie corazziniane perché ne riporta numero di versi, data, natura versale, forma metrica e numero
945
Livi F., La parola crepuscolare. Corazzini, Gozzano, Moretti, Milano, Istituto di Propaganda Libraria, 1986, pp. 14- 5.
946
Giovannetti P., Metrica del verso libero, op. cit., p. 148. 947
Palli Baroni G., La prigione dell‟anima. L‟”oratio conclusa” di Sergio Corazzini, in Aa. Vv., «Io non sono un poeta», op. cit., pp. 125-33.
948
Giovannetti P., Metrica del verso libero, op. cit., p. 117. 949
Mengaldo P. V., Sergio Corazzini, in Poeti italiani del Novecento, a cura di Mengaldo P. V., Milano, Mondadori, 1978.
950
di enjambments, sebbene non fornisca una vera e propria analisi e si limiti a sottolinearne l‘insufficienza musicale e ritmica.
Benevento parla di avvicinamento alineare di Corazzini al verso libero, a cui approderebbe dopo un percorso atipico costituito dall‘impiego anomalo dei versi tradizionali da un lato, dalla presenza costante dei metri tradizionali dall‘altro. Dal canto nostro, invece, la presenza della tradizione dipende dalla volontà di innovare all‘interno di essa dando luogo ad un‘ardua polimetria di metri tradizionali disposti liberamente.
Questa strategia metrica è legata ad un orizzonte d‘attesa che distingue fra prosa e poesia non sulla base visiva dell‘a capo, bensì su quella ritmica contemplata dalla tradizione. Tuttavia, se inizialmente Corazzini adotta i versi tradizionali per tale motivo,951 in seguito continua ad impiegarli perché ormai la polimetria è la sua originale e personale espressione metrica.
Discordiamo con Benevento anche quando considera il verso libero come un graduale avvicinamento alla prosa lirica. Esso invece risponde all‘esigenza neomistica da un lato, al desiderio di un‘originalità in linea con gli sperimentalismi di quegli anni dall‘altro.
Altro punto di dissidio riguarda i Poemetti in prosa, considerati dal critico l‘apice del graduale abbassamento prosastico della metrica tradizionale. Dal canto nostro, invece, il poemetto in prosa è un genere diverso dalla poesia e pertanto non costituisce un progresso versoliberista, ma il tentativo di misurarsi in un genere nuovo.
Inoltre Benevento, osservando la musicalità inconcludente di Ode all‟ignoto viandante e di Canzonetta all‟amata, asserisce che Corazzini giunge alla metrica libera quasi per caso. Un‘idea per noi inaccettabile perché l‘inconcludente musicalità non dipende da una carenza tecnica, ma da una strategia volta ad allontanarsi dal magistero dannunziano.
Proseguendo nella rassegna si distingue per brillantezza e scrupolosità il generoso contributo di Farinelli952 che attribuisce alla metrica corazziniana una duplice fisionomia: da un lato una fisionomia ingannevole, costituita da una maggioranza di forme tradizionali rispetto a quelle versoliberistiche e connotata come incidente; dall‘altro una fisionomia fattuale dove il verso libero è lo sbocco di un percorso metrico volto alla ricerca di un ritmo che permetta di aderire spontaneamente ai moti segreti dell‘animo.
Farinelli precisa che Corazzini non solo attinge abbondantemente alla metrica tradizionale per allestire il suo apparato tecnico, ma che da essa non sa o non vuole staccarsi completamente, pur non rifiutando moduli eterometrici consoni al suo istintivo bisogno di musicalità. Su questa
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L‘adozione di versi tradizionali disposti liberamente permette ai poeti di dimostrare che il versoliberismo è una scelta consapevole, e non una scorciatoia dettata da scarsa maestria nell‘impiego della metrica tradizionale. Simile concezione, infatti, era il cavallo di battaglia di tutti i detrattori del versoliberismo.
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prospettiva si innesta la nostra interpretazione della presenza costante della tradizione come un mezzo finalizzato alla realizzazione di una vera e propria strategia metrica volta ad assecondare l‘orizzonte d‘attesa.
Da una prospettiva cronologica, invece, spicca Bertoni953 che vede in Toblack la ―prima prova di intenzionale violazione del metro chiuso‖ perché la prima parte del componimento si presenta come un‘unica strofa di quattordici versi sciolti, senza rapporti di rima e con qualche endecasillabo ipometro, mentre i tre sonetti successivi presentano endecasillabi poco ortodossi.
Inoltre il critico considera le esigue plaquettes pubblicate da Corazzini tra il 1904 e il 1906 la prova di un‘evoluzione dalle forme tradizionali a quelle versoliberiste. Una prospettiva per noi irreale perché Tipografia abbandonata del 1903 testimonia un approccio immediato e spontaneo al verso libero. Al massimo possiamo ipotizzare una doppia linea versoliberista in Corazzini: la prima, caratterizzata da un approccio immediato al verso libero, in cui rientrerebbe Tipografia abbandonata; la seconda, costituita da un‘evoluzione graduale che va dalle forme metriche tradizionali a quelle versoliberistiche. Tale bipartizione spiegherebbe il percorso alineare e molteplice del versoliberismo corazziniano.
Se in Dolcezze Bertoni riscontra una premessa favorevole alla riduzione prosastica versoliberista, dal canto nostro la raccolta manifesta un‘insofferenza latente verso le forme chiuse: il germe del versoliberismo va cercato nelle leggere anomalie che però non tolgono prestigio né al sonetto né all‘endecasillabo né al settenario. Inoltre rifiutiamo l‘identificazione del polo carducciano nella Desolazione del povero poeta sentimentale: tale polo è assente in Corazzini e forse Bertoni lo chiama in causa perché attribuisce ai versi lunghi di Desolazione un profilo prosodico di stampo barbaro.
Una prospettiva diversa è assunta da Petronio,954 che interpreta l‘itinerario metrico di Corazzini come un progressivo sforzo di chiarificazione stilistica consistente nel passaggio dalle forme chiuse ai versi liberi. Simile concezione è espressa anche da Costanzo955 che, contrariamente a Benevento, non vede cadute stilistiche in Corazzini, bensì un costante sviluppo dai primi incerti tentativi giovanili fino al sicuro possesso dei mezzi tecnici ed espressivi. Dal canto suo Solmi956 individua l‘originalità del verso corazziniano nell‘andamento prosastico grazie a cui si distingue da quello di d‘Annunzio, De Bosis e Lucini.
953
Bertoni A., Dai simbolisti, op. cit. 954
Petronio G., Poesia e poetica, op. cit., pp. 62-90. 955
Costanzo M., Sergio Corazzini, in ―La Fiera Letteraria‖, a. IX, n. 46, 14 novembre 1954. 956