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L’ORIZZONTE D’ATTESA VERSOLIBERISTICO

2. Tipologie versoliberiste

2.2 Originalità e rottura con la tradizione

Il desiderio di rompere con la tradizione è abbastanza diffuso fra i primi versoliberisti e se ne può vedere l‘atto di nascita nelle famose quartine di Domenico Gnoli, alias Giulio Orsini,156

Giace anemica la Musa, sul giaciglio de‘ vecchi metri, e noi, giovani, apriamo i vetri, rinnoviamo l‘aria chiusa! Che proseguono:

Pace alle cose sepolte! …O padre voi foste voi, sia benedetta la vostra

Memoria! A noi figli or la nostra Vita: noi vogliamo esser noi!

Traspare da questi versi quella tradizionale polemica, eterna e generazionale, dei padri contro i figli, ovvero dei giovani contro i vecchi, caratterizzata dal desiderio di andare contro la tradizione al fine di trovare la propria originalità. Nel nostro caso, inoltre, questa perenne dialettica generazionale coinvolge anche il piano metrico, rendendo il problema del contenuto omologo a quello della forma.

La tipologia che ci accingiamo a descrivere richiede la conoscenza della percezione che i primi versoliberisti avevano della Triade Carducci, Pascoli e d‘Annunzio, dopo i quali è effettivamente difficile innovare, nel senso più stretto del termine. Infatti, se innovare significa creare nuove espressioni metriche all‘interno dei sistemi tradizionali, dopo la Triade ciò non è più possibile, dato che essa ha portato alle estreme conseguenze tutte le possibilità del sistema metrico.157 Dunque occorre inquadrare il fenomeno versoliberistico in una prospettiva di trasformazione del sistema metrico, anche in virtù della testimonianza di Palazzeschi:

Dal Petrarca, al d‘Annunzio e al Carducci, la lirica italiana era rimasta su posizioni pressoché statiche, il verso libero segna il limite del nuovo ciclo.158

L‘impossibilità di apportare innovazioni al sistema metrico spiega perché ―nessun vero poeta del nostro secolo ha voluto integralmente riprodurre le modulazioni proposte dalla Triade,‖159 raggiungendo la propria originalità attraverso l‘esperienza versoliberista e liberandosi così del

156

Orsini G, Fra terra ed Astri (1903), in Id., Poesie edite ed inedite, Torino-Roma, Società Tipografico-Editrice Nazionale, 1907, pp. 221-6.

157

Contini G., Innovazioni metriche, op. cit., pp. 587-99. 158

Palazzeschi A., Corazzini non è morto, op. cit., p. XI. 159

magistero gravoso di Pascoli, d‘Annunzio e Carducci, la cui lezione non può più essere in alcun modo seguita:

tutta una nuova generazione sorge […] rinnegando i suoi padri, una generazione malinconica e scettica, non confortata più dai grandi ideali, e irrequieta: il Risorgimento è finito e il suo ultimo vate, il Carducci, trascina stancamente la vita; la lussuria di d‘Annunzio pare troppo complessa e sanguigna; il senso del mistero che affascina Pascoli appare troppo vasto, nessuna religione appaga l‘animo; i problemi sociali che pur urgono intorno non interessano; e allora secondo la diversa natura, chi devia in un nazionalismo irrazionale, chi in una rinunzia scettica; e […] si diviene Futuristi o Crepuscolari, in ogni modo si cerca di romperla con la tradizione, anche con quella più vicina, su cui ci si è formati ragazzi.160

Le parole di Petronio ben descrivono quel clima comune di stanchezza verso l‘usata poesia, che appare finta ed inutile ad una generazione che non crede più negli ideali e nelle virtù cantate dai vati Carducci e D‘Annunzio. Le forme ottocentesche sono percepite come vuote, non tanto perché si siano svuotate di contenuto, quanto perché il loro messaggio appare anacronistico, ricco di valori in cui non si crede più. Da ciò ―il dispregio del passato, […] il rinnegare la tradizione, […] i metri ed i ritmi liberi.‖161

Sulla stessa linea interpretativa si muove Palazzeschi:

Quando ho cominciato a scrivere, pensavo a Jacopone da Todi, a san Francesco; pensavo a quelli, a quelli che avevano espresso i primi vagiti della poesia. Anche perché non se ne poteva più di trombonate, vero; s‘era dovuto passare tutto il periodo risorgimentale, le rapsodie garibaldine, Vittorio Emanuele padre della patria e tutta quella roba lì. Si era dovuto fare tutti noi una indigestione tremenda di codesta roba: e allora si pensava alla semplicità, di tornare alle espressioni puerili. Era difficile liberarsene, ripulirsene: quelle erano ritenute le cose ‗assolute‘. Qualcosa d‘altro non aveva ragione d‘esistere. Infatti per noi era difficilissimo trovar da pubblicare, anche pagando.162

Sullo stesso piano si colloca Lucini, che riversa nel verso libero il suo desiderio di originalità e deplora la banalità della metrica tradizionale, che però non rifiuta totalmente, dato che sostiene un‘idea di verso libero che accoglie ―tutti i mezzi passati e presenti di sonorità, di differenziazione.‖163

Infatti attribuisce al verso libero la possibilità di rendere ritmicamente concreto il pensiero, trasformando l‘energia psichica del poeta in esperienza dialogica, a patto che si stabilisca un rapporto diretto con la tradizione linguistica e letteraria.

160

Petronio G., Poesia e poetica dei crepuscolari, in ―Poesia‖, quaderno IX, 1948, p. 75. 161

Id., Poeti del nostro secolo. I crepuscolari, Firenze, Sansoni Editore, 1937, p. 134. 162

Dei A., Descrizione e storia dei volumi di poesia, in Palazzeschi A., Tutte le poesie, a cura di Dei A., Milano, Mondadori, 2002; Farinelli G., Perché tu mi dici poeta? Storia e poesia del movimento crepuscolare, Roma, Carocci, 2005, p. 374.

163

Pertanto, in ottemperanza del concetto di sintesi della tradizione164 che legittima il poeta a trarre dalla tradizione tutto ciò che gli è utile ad evitare gli errori dei suoi predecessori, la libertà metrica consiste nella capacità di costruirsi autonomamente un proprio sistema di norme ―adoperando la tradizione in senso non decorativo ma dinamico e drammatico.‖ L‘originalità dunque richiede una conoscenza profonda delle regole metrico-prosodiche. Non a caso i primi teorizzatori del verso libero lo collegano alla tradizione: per Lucini165 l‘esperienza barbara è da ascrivere al versoliberismo; mentre secondo Buzzi166 lo stesso Marinetti si pone in continuità con Dante.

Tale approccio favorisce soluzioni formali di compromesso quali la presenza contemporanea e sistematica di forma tradizionale e verso anomalo, come avviene in Armonia in grigio et silentio,167 dove il nuovo nasce dalla deformazione di un elemento istituzionale, l‘endecasillabo, che dà luogo ad una morfologia omologante.168 L‘impiego metodico del tredecasillabo nelle strutture tradizionali, inoltre, testimonia una progettualità trasgressiva, che toglie valore a qualsiasi idea di parodia preterintenzionale169 suggerita dall‘effetto straniante del sistema metrico.

Simile compromesso è presente anche nel poemetto Orpheus,170 dove Gnoli impiega versi compresi fra il settenario ed il decasillabo all‘interno di quartine rimate. Anche Fra terra ed Astri171 presenta tale compromesso con i suoi versi che imitano gli octosyllabes francesi, ossia si distaccano dal tradizionale ritmo dell‘ottonario e del novenario italiani, presentando una fisionomia anisosillabica dal ritmo irregolare, sebbene prevalentemente logaedico.

A livello teorico tale compromesso metrico emerge in Buzzi, il quale concepisce il verso libero come meccanismo espressivo oscillante tra superamento della norma e attraversamento dei generi e dei metri tradizionali,172 promuovendo così una creazione del nuovo attraverso la ricombinazione inedita degli elementi tradizionali. Inoltre, esprime chiaramente una concezione di verso libero come trasgressione quando ammira la rottura violenta delle catene della tradizione ad opera di Carducci, Foscolo e Leopardi, i quali hanno il merito di aver ―profondamente sentito il brivido della Poesia libera e liberatrice.‖173

164

Lucini G. P., Il Verso Libero, op. cit. 165

Lucini G. P., risposta all‟Inchiesta internazionale, op. cit., pp. 103-30. 166

Buzzi P., Il verso libero, op. cit., pp. 43-8. 167

Govoni C., Armonia in grigio et in silenzio, Firenze, Lumachi, 1903. 168

Giovannetti P., Metrica, op. cit., pp. 228-32. 169

L‘operazione ricorda le strategie parodiche incontrate in altri poeti. Tuttavia in Govoni è il verso anomalo che si fa carico di un effetto straniante che altrove è affidato o ―alle irrequietezze della sintassi o alle variazioni polimetriche.‖ Cfr. Giovannetti P., Metrica, op. cit., p. 47.

170

Orsini G., Orpheus, in Id., Poesie edite ed inedite, Torino-Roma, Società Tipografico-Editrice Nazionale, 1907. 171

Orsini G., Fra terra ed astri, op. cit. 172

Bertoni A., Dai simbolisti, op. cit., p. 303. 173