1.5 L’Efficient Market Hypothesis
1.5.2 I livelli di efficienza informativa e i riscontri empirici
Nella realtà, quindi, alcune informazioni possono influire sui prezzi più velocemente di altre. Anche le verifiche empiriche testimoniano la presenza di elementi di inefficienza, confermando quanto affermato dalla stessa teoria dei mercati efficienti, la quale distingue tre livelli di efficienza potenzialmente individuabili, di seguito trattati nello specifico.
Efficienza in forma-debole
In questa circostanza l’insieme delle informazioni disponibili è costituito dalle serie storiche dei prezzi, che rappresenta il tipo più semplice di informazione che si può acquisire (per esempio i tassi di rendimento, i volumi di scambio, gli azionisti principali, ecc.). In base a tale ipotesi lo studio delle performance passate dei titoli non è di alcun aiuto per prevederne le evoluzioni future5.
Spesso l’efficienza in forma debole viene rappresentata matematicamente dalla seguente formula [Ross, Westerfield e Jaffe, 1996: 439]:
Pt = Pt-1 + Rendimento atteso + Errore casuale
In base a questa, il prezzo di oggi di un’azione è pari alla somma dell’ultimo prezzo osservato, del rendimento atteso dall’azione e da una componente casuale che si verifica nell’intervallo di tempo in questione. Quando i prezzi delle azioni seguono questa formula si parla di andamento casuale o random walk6.
Tuttavia se si suppone che gli andamenti futuri dei prezzi non possano essere previsti sulla base dei movimenti passati, l’analisi tecnica risulta inutilizzabile7.
Ci si potrebbe aspettare che i mercati siano efficienti in forma debole perché è facile e poco costoso individuare dei cicli in grado di descrivere l’andamento dei prezzi
5 Per esempio una strategia di trading che consiglia di acquistare un’azione quando il suo corso è salito
per tre giorni consecutivi e raccomandi di venderla quando è sceso per altrettanti giorni non permette di generare profitti.
6 In realtà il Random Walk Model assume come ipotesi più stringente che i cambiamenti successivi di
prezzo siano tra loro indipendenti e identicamente distribuiti nel tempo.
7 Spesso gli analisti tecnici ritengono che i prezzi seguano un andamento di tipo head and shoulder o
triple tops. Nel primo caso, si verificano tre successivi rialzi dei corsi, separati da due reazioni verso il
basso. L’investitore ha interesse ad acquistare il titolo nel primo trend ascendente (spalla sinistra) e a rivenderlo subito dopo il secondo top (testa), ben più alto del primo. Nel secondo caso, invece, l’investitore venderà l’azione dopo i tre picchi consecutivi, subito prima della caduta di prezzo.
azionari. Allo stesso tempo, però, se tali andamenti esistessero verrebbero facilmente individuati e sfruttati, facendoli così scomparire.
Efficienza in forma semi-forte
Un mercato è efficiente in forma semi-forte se le informazioni disponibili comprendono anche quelle divulgate al pubblico in occasione delle redazioni del bilancio o di prospetti economici infrannuali oppure al verificarsi di operazioni di finanza straordinaria. Quindi, pur conoscendo tutti questi dati, un investitore non può raggiungere sistematicamente un extra-profitto dato che le risorse informative sono le medesime per tutti.
L’efficienza in forma semi-forte implica quella debole, cioè richiede non solo che i prezzi incorporino l’informazione storica sui prezzi, ma anche quella disponibile al pubblico. In tale circostanza si utilizzano dati e ragionamenti più sofisticati rispetto all’efficienza in forma debole e gli investitori devono essere dotati di competenze specifiche.
Efficienza in forma-forte
Infine un mercato è efficiente in forma forte se si considerano tutte le informazioni possibili, anche quelle riservate (questo significa che implica le due precedenti forme di efficienza). Pertanto tutto ciò che del valore di un’azione è noto ad almeno un investitore è completamente incorporato nel valore dell’azione stessa: l’insider trading non consente di raggiungere extra-rendimenti.
Riassumendo, quindi, l’efficienza di mercato afferma che, in media, i manager non sono in grado di battere il mercato, ottenendo dei rendimenti anomali8, in quanto il
prezzo di un’azione è il suo prezzo equo, cioè riflette il suo valore, data l’informazione disponibile su di essa. La stessa fluttuazione giornaliera dei prezzi conferma l’efficienza del mercato, dato che un’azione si adegua alla nuova informazione modificando il suo prezzo. Inoltre, anche se il numero di operatori che seguono un’azione è piccolo rispetto al numero degli azionisti, il prezzo dell’azione riflette ugualmente l’informazione disponibile [Ross, Westerfield e Jaffe, 1996].
8 Il rendimento anomalo viene definito in relazione al rendimento atteso di riferimento che deriva dalla
Gli studi empirici condotti negli anni Sessanta e Settanta supportano l’ipotesi che i mercati siano efficienti in forma debole e in forma semi-forte, mentre l’efficienza in forma forte non sempre appare verificata. È infatti difficile credere che il mercato sia così efficiente che chi possiede informazioni privilegiate non le sfrutti a proprio vantaggio.
A conferma dell’efficienza dei mercati in forma debole vi sono le prove di una positiva dipendenza nei cambiamenti giornalieri dei prezzi e dei rendimenti sulle azioni ordinarie. Infatti i rendimenti dei titoli si muovono in modo casuale: anche se presentano delle autocorrelazioni, positive e negative, non sono tali da permettere di essere sfruttate per ottenere extra-rendimenti [Fama, 1965]. Inoltre, come già detto precedentemente, le strategie basate sulle analisi tecniche non permettono di ottenere profitti superiori a quelli di una strategia buy and hold, una volta considerati i costi di transazione [Alexander, 1961; Fama e Blume, 1966].
Gli studi sugli annunci di frazionamenti, di aumenti di capitale, del livello degli utili dimostrano un adeguamento dei prezzi nei giorni successivi alla diffusione dell’informazione a conferma dell’efficienza in forma semi-forte [Ball e Brown, 1968; Fama, Fisher, Jensen e Roll, 1969; Scholes, 1969].
Infine, per quanto riguarda l’efficienza in forma forte, l’analisi dei rendimenti ottenuti dai fondi comuni di investimento e dai fondi pensione, dimostra che questi non posseggono informazioni di natura privata. Le performance di questi fondi sono di fatto al di sotto di quelle ottenute dal possesso del portafoglio di mercato e di un titolo privo di rischio. Gli studi effettuati sugli insiders, invece, dimostrano che questi utilizzano le informazioni in loro possesso per ottenere extra-rendimenti [Niederhoffer e Osborne, 1966; Scholes, 1969].
Tuttavia, a partire dagli anni Ottanta la teoria dell’efficienza dei mercati viene messa in dubbio dalla scoperta di alcune anomalie che permetterebbero di ottenere extra-rendimenti. Le principali anomalie riguardano: l’overreaction, l’effetto dimensione e le anomalie temporali.
Innanzitutto De Bondt e Thaler dimostrano che i titoli che presentano rendimenti particolarmente elevati in un certo periodo, registrano in quello successivo rendimenti
peggiori, e viceversa. Infatti, a seguito di annunci di significativi aumenti o diminuzioni dei ricavi, la reazione del mercato e degli investitori risulta essere eccessiva; ciò provoca un’oscillazione in positivo o in negativo del prezzo dell’azione troppo vasta rispetto all’entità dell’informazione che è stata diffusa ed occorrono diverse settimane affinché il prezzo ritorni ad esprimere un valore consono a quello aziendale [De Bondt e Thaler, 1985].
Vi sono poi altre evidenze empiriche che dimostrano come i titoli a modesta capitalizzazione ottengano rendimenti più elevati rispetto ai titoli a larga capitalizzazione [Banz, 1981]. Inoltre i titoli delle società con minori prospettive di crescita (value) ottengono rendimenti superiori rispetto ai titoli con elevate prospettive di crescita (growth). Questo accade perché le informazioni contenute nei multipli di mercato non sono correttamente incorporate nei prezzi dei titoli.
Infine, un altro filone di studi volto a dimostrare che i mercati non sono sempre efficienti riguarda le anomalie stagionali. L’evidenza delle anomali temporali è convincente, dato che i medesimi risultati sono rinvenibili in diversi periodi e in diversi Paesi. I rendimenti dei titoli in alcuni periodi dell’anno sembrano non seguire un random walk, ma dei comportamenti regolari [Gibbons e Hees, 1981; Lakonishok e Smidt, 1988]. Le principali anomalie stagionali individuate sono:
– effetto weekend: i rendimenti del lunedì sono significativamente negativi, mentre i rendimenti degli altri giorni sono positivi;
– effetto gennaio: i rendimenti dei primi giorni dell’anno sono significativamente più elevati rispetto a quelli del resto dell’anno, in particolar modo per le piccole imprese;
– effetto vacanze: i rendimenti che precedono la chiusura dei mercati sono più elevati.
Inoltre, anche i crolli del mercato azionario di notevole entità senza una ragione apparente non sono coerenti con l’efficienza di mercato9. Queste cadute improvvise
sono un’evidenza a favore della teoria delle bolle dei mercati speculativi, vale a dire quando il prezzo dei titoli sale in maniera incontrollata al di sopra dei loro valori
9 Si pensi per esempio al crollo del 19 ottobre 1987 con una caduta tra il 20-25% il lunedì seguente un
effettivi per poi ritornare al livello originario, generando elevate perdite per gli investitori10 [Ross, Westerfield e Jaffe, 1996].
Al di là delle evidenze empiriche, Fama ha il merito di aver colto che in condizioni di incertezza il raggiungimento dell’efficienza e dell’equilibrio concorrenziale dipendono in modo determinante dal ruolo dell’informazione nel processo di formazione dei prezzi. Egli, però, ipotizza un contesto statico in cui è difficile distinguere le fasi di produzione e diffusione delle informazioni rilevanti, dalle decisioni degli investitori e dalla reazione dei titoli sul mercato.
In un mercato dinamico come quello reale i meccanismi attraverso cui l’informazione viene diffusa al mercato sono essenziali ai fini delle decisioni degli investitori. Non bisogna dimenticare poi che nel mondo reale gli individui investono risorse anche economiche per la ricerca di tali informazioni: è quindi l’esistenza stessa di asimmetrie informative ad essere incoerente con l’efficienza informativa del mercato.
L’evidenza empirica presentata pone, quindi, dei dubbi sull’effettiva efficienza dei mercati. E’ possibile però affermare che i mercati, per lo meno quelli dei Paesi industrializzati, sono generalmente efficienti. Esistono però dei momenti in cui l’efficienza non è completamente raggiunta. Pertanto appare necessario migliorare il processo di diffusione delle informazioni al mercato, anche perché il mercato tende a penalizzare le operazioni che non descrivono in modo univoco ed esaustivo la destinazione d’uso del capitale raccolto, segno di un desiderio di trasparenza informativa.