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LO SVILUPPO DELL’ARCHEOLOGIA DEI MERCATI IN EUROPA SETTENTRIONALE

3. IL MERCATO NELL’ALTO MEDIOEVO: PROSPETTIVE ARCHEOLOGICHE

3.2. COSA RESTA DI UN MERCATO? CARATTERISTICHE MATERIALI E STRUTTURALI DEI MERCAT

3.2.3. LO SVILUPPO DELL’ARCHEOLOGIA DEI MERCATI IN EUROPA SETTENTRIONALE

Nel 1989 Richard Hodges pubblicava il libro “Dark Age economics” in cui sviluppava la tesi secondo la quale gli emporia del Nord Europa fossero dei “gateway communities” tra il nucleo sviluppato dell’Europa altomedievale (l’area corrispondente all’attuale Francia) e la periferia sottosviluppata (Inghilterra e Scandinavia), dove materie prime e prodotti artigianali di produzione locale erano scambiati con prodotti di lusso provenienti dall’Europa continentale. Questi centri, di fondazione reale, si configuravano dunque, per l’autore, come

121

64 un accesso monopolistico ai beni di lusso destinati alle élites. In questo modello i piccoli mercati rurali, nel caso in cui esistessero, erano ininfluenti nel sistema come tale. 122

Gli scavi e le ricognizioni effettuati in questi ultimi vent’anni hanno però permesso di mettere in evidenza i contesti commerciali regionali ed interregionali degli entroterra dei grandi empori, che appaiono caratterizzati da una fitta rete di centri con funzioni commerciali gerarchicamente organizzati.

In particolare le ricerche effettuate con l’ausilio del metal detector, alle quali hanno fatto in alcuni casi seguito scavi stratigrafici, hanno portato all’identificazione di una serie impressionante di siti, definiti “productive sites”, molto diversi tra loro, alcuni dei quali sembrano aver avuto un’occupazione stagionale, ma tutti caratterizzati ed accumunati dall’abbondanza dei ritrovamenti di monete e manufatti metallici.123 Queste scoperte, spesso casuali, hanno condotto ad una serie di ricerche mirate aventi per obiettivo l’analisi del rapporto esistente tra gli empori ed il loro territorio. Esemplificativo l’Ipswich Ware

Project che si proponeva lo studio dell’entroterra di Ipswich, uno dei più importanti emporia

britannici, attraverso l’analisi della distribuzione della “Ipswich ware”, un tipo ceramico dalla produzione standardizzata e ben datato, prodotta in gran quantità tra il 720 e l’850.124 Questo studio ha portato così alla definizione dell’interland di questo emporium attraverso la mappa distributiva di questo vero e proprio prodotto di massa dell’epoca Anglosassone, area distributiva rivelatasi molto più ampia del previsto, con una penetrazione nel territorio che non concerneva esclusivamente siti a carattere ecclesiastico o signorile, ma anche piccoli villaggi rurali, come nel caso del piccolo insediamento di Yarnton nello Oxfordshire. 125

Sulla base di queste ricerche Palmer, che ha studiato l’entroterra di Ipwich, Lundenwic e Hamwic, ha individuato tre tipi di “trading sites” distinti sulla base delle associazioni materiali e della consistenza quantitativa dei rinvenimenti.126

122 H

ODGES (R.), Dark Age Economics, 1989.

123 In generale sulle ricerche sui “productive sites”: P

ESTELL (T.)-ULMSCHNEIDER (K.) (a cura di), Markets in Early

Medieval Europe, 2003.

124 Per i risultati prodotti da questo progetto si veda: P

ALMER (B.), “ The hinterlandsof three southern english

emporoa”, 2003, pp. 48-50.

125

HEY (G.), Yarnton. Saxon and medieval settlement, 2004. 126

65 Gli insediamenti del primo tipo, i più importanti nella scala gerarchica, si caratterizzano per il ritrovamento di un gran numero di monete e manufatti metallici, a cui spesso si associa la dipendenza da enti religiosi. Probabilmente legato all’abbazia di St. Mary era il sito scoperto al centro dell’Isola di Whigt, che ha restituito 37 sceattas, molti dei quali provenienti da Hamwich e dalla regione delle foci del Reno.127 Caratteristiche simile presentano anche i siti di Tilbury128 e Barham129, entrambi da ritenersi dipendenti da fondazioni monastiche; il primo, posto sul fiume Tamigi, a 150 Km da Hamwic, ha restituito 146 monete, mentre nel secondo, posto a nord-est dell’emporio di Ipswich, gli scavi hanno portato al rinvenimento di 50 sceattas, molti dei quali provenienti da Ipswich e dalla Frisia, oltre che di ceramiche tipo Ipswich ed altri manufatti d’importazione continentale. Sebbene molti di questi siti non siano stati scavati e non sia possibile ricostruire esattamente la loro funzione ed il contesto in cui si inseriscono, non ci appare avventata la proposta di interpretarli come “central place” e/o mercati periodici al centro dei traffici interregionali e regionale che faceva capo agli emporia posti sulla costa.

Ad un livello inferiore nella gerarchia di questi insediamenti Palmer pone i cosiddetti “siti produttivi”, che si caratterizzano per la presenza di inequivocabili tracce di attività artigianali di vario tipo, che vanno dalla tessitura all’allevamento degli animali, dalle attività metallurgiche alla produzione di carne di maiale. Molti di questi siti presentano considerevoli rinvenimenti di Ipswich Ware.

Infine, in questi ultimi anni, si sono scoperti una serie di siti rurali che, a differenza dei due tipi precedenti, non evidenziano nessuna connessione con strutture insediative o ecclesiastiche, ne tracce di attività produttive specializzate, ma che, per la loro posizione in corrispondenza di importanti vie di comunicazione d’acqua e di terra e per il ritrovamento di manufatti d’importazione, possono essere interpretati come luoghi di scambio stagionali, come il già citato sito di Lake End Road.

Anche in area scandinava la revisione dei dati pertinenti dagli scavi degli emporia, e da altri siti identificati come tali, ha messo in luce la complessità della rete insediativa e

127

Sulle ricerche sui “productive sites” dell’isola si veda: ULMSCHNEIDER (K.), “Markets around the Solent”, 2003, pp. 73-83.

128 Sulle scoperte a Thilbury: B

LACKBURN (M), “Productive sites and the pattern of coin loss in England”,

pp. 26-28. 129

66 commerciale di questa regione, caratterizzata da pochi punti nodali, gli emporia di Hedeby, Ribe, Kaupang, Haus e Birka, facenti capo ad una rete di siti minori. 130

Gli scavi e le ricerche mirate effettuate in area nord-europea rivelano dunque un coinvolgimento degli insediamenti e dei mercati rurali nel sistema degli scambi altomedievali superiore a quello che si credeva in passato, ponendo al contempo in rilievo il ruolo non secondario svolto dalle comunità monastiche ed ecclesiastiche nelle attività produttive, di scambio e di gestione dei traffici da e verso gli emporia.

La ricerca, sebbene abbia già condotto a risultati considerevoli, è tuttavia ancora agli inizi e molti punti restano da chiarire in relazione alla strutturazione, l’estensione, l’articolazione e la funzione di molti di questi siti.

3.3. L’ARCHEOLOGIA DEI MERCATI NELL’ITALIA CENTRO-SETTENTRIONALE