• Non ci sono risultati.

7. IL MERCATO NELL’ETA’ POST CAROLINGIA

7.3. MERCATI E CASTELLI

A partire dal X secolo il paesaggio delle campagne italiane si arricchisce di un nuovo elemento: il moltiplicarsi dei castelli. Durante il regno di Berengario I assistiamo infatti al moltiplicarsi delle concessioni di “incastellamento”, ovvero il diritto per il beneficiario di costruire strutture fortificate sui propri possedimenti.

Negli ultimi anni si è svolto un intenso dibattito tra gli storici sui caratteri, le origini e le conseguenze di questo complesso fenomeno. E la discussione si è particolarmente incentrata sulle sue cause. Solo in pochi casi la loro edificazione può essere messa in

395

TABACCO (G.), “Regno, impero e aristocrazie”, 1991, pp. 263-264.

396 Si tratta di soli 8 diplomi: MGH, Conradi I, Henrici I et Ottonis I diplomata, n° 145, 240, 247, 364. CDR, II, n° 37, pp.178-179. Dell’historia ecclesiastica di Piacenza, n° LXI e LXII. TORELLI (P.), Regesto Mantovano, I, n° 41,

pp. 29-30. 397

150 relazioni con le incursioni ungare e saracene che colpirono l’Italia nel corso del X secolo e, al contrario, a seconda dei luoghi e delle epoche, un peso non trascurabile ebbero diversi fattori, tra cui le necessità di difesa anche dalle lotte intestine al regno, l’iniziativa regia a favore di potentati locali alleati, il desiderio delle élites laiche ed ecclesiastiche di controllare più efficacemente la popolazione rurale, una più efficace gestione dell’azione di disboscamento e di colonizzazione di nuove aree sotto la spinta demografica e produttiva delle campagne.398 Tuttavia non è mancato chi, in passato, ha voluto vedere nel moltiplicarsi dei castelli il frutto di specifiche esigenze commerciali strettamete legate ai mercati. Filippo Carli, nel suo fondamentale, ma oramai superato, studio sui mercati nell’alto medioevo, spiegava il fenomeno dell’incastellamento come una conseguenza diretta della contrapposizione, soprattutto economica, che avrebbe coinvolto, nel corso del X secolo, i conti ed i vescovi in conpetizione per il controllo delle vie di comunicazione che conducevano ai mercati cittadini, ormai saldamente in mano ai vescovi.399 Secondo il Carli i conti avrebbero eretto castelli sulle strade e sui pasaggi importanti al fine di disturbare i commerci cittadini. Questa teoria presenta, evidentemente, nemerosi punti deboli. Innanzitutto, come sottolineato già da Cinzio Violante, Carli si presta a distinzioni troppo nette e ad un’eccessiva schematizzazione di realtà complesse come quelle della crescita dei castelli e dei mercati.400 Una rapida verifica della documentazione di X secolo mostra, infatti, che non sono i conti i principali beneficiari delle concessioni di incastellamento ma i vescovi ed i monasteri. Inoltre, come sottolineato da Aldo Settia, la supposta volontà di controllo delle vie di comunicazionie attraverso la creazione di fortezze deve essere in parte ridimensionata.401 Scrive infatti Settia: ” Ora se, come abbiamo visto, i castelli sorgono,

nell’Italia settentrionale, a protezione di abitati preesistenti, non si dovrà ritenere strano che molti vengano a trovarsi anch’essi lungo le strade (su cui sorgono di preferenza i centri abitati), senza per questo prefiggersi “ex professo” il controllo del percorso medesimo.”402

Alla convinzione che i castelli sorgessero soprattutto in corrispondenza delle principali arterie di comunicazione si è sovente associata, nella storiografia italiana, e non

398 Una sintesi su questi temi in C

AROCCI (S.), “Signori, castelli, feudi”, 1998, pp. 253-255.

399

CARLI((F.), Il mercato nell’alto medio evo, 1934, pp. 317-318. Un commento alla teoria di Carli in SETTIA (A.),

Castelli e villaggi nell’Italia padana, 1984, p. 141.

400 V

IOLANTE (C.), La società milanese, 1981, pp. 14-15.

401

SETTIA (A.), “Strade e castelli”, 1999, pp. 71-89. 402

151 solo, quella che il diffondersi dei castelli nelle campagne avesse avuto una forte influenza sull’ubicazione topografica dei mercati rurali.

Pierre Toubert sostiene, infatti, che “nel momento stesso in cui l’occupazione del

terreno e le strategie dei grandi proprietari si sono decisamente appoggiate a questi “castelli curtensi”, le reti di scambio si sono anch’esse modellate su questa geografia evolutiva, facendo capo ai “mercati castrensi”. Secondo lo storico francese, dunque, l’incastellamento

avrebbe portato ad un graduale adattamento dei traffici commerciali alle nuove forme di popolamento ed alle condizioni in cui erano esercitati i poteri locali.403

Anche per Michael Mitterauer i mercati si installarono di preferenza in prossimità dei centri signorili. Secondo lo storico austriaco la richiesta da parte del signore di specifici prodotti d’importazione e di lusso avrebbe attirato alla sua residenza i mercanti, dando così vita ad un mercato; allo stesso modo la sicurezza, la giustizia, la garanzia della moneta, dei pesi e delle misure (elementi questi necessari, secondo l’autore, per l’esistenza di un vero mercato commerciale), assicurati dal potere del signore e dalla sua dimora fortificata, avrebbero portato alla formazione di mercati in corrispondenza dei castelli.404

E’ indubbio che nella documentazione del X secolo ed in quella della prima metà dell’XI siano menzionati a più ripresei mercati costruiti, o da costruire, all’interno o in prossimità di castelli. E’ tuttavia possibile, sulla base di questa documentazione, sostenere, come è stato fatto, che i mercati fossero abitualmente connessi ad una struttura castrense? Ed era veramente così forte il potere d’attrazione esercitato dai castelli sui flussi commerciali locali, regionali ed interregionali ?

Per rispondere a queste domande è necessario verificare quale sia la frequenza del binomio castello/mercato nella documentazione pubblica e privata di X-XI secolo e cercare di appurare quale impatto abbia avuto il fenomeno dell’incastellamento nella strutturazione delle reti di mercati dell’Italia centro-settentrionale.

Per il periodo corrispondente al regno di Berengario I disponiamo di 25 diplomi in cui è conceso o confermato il diritto di mercato ad abati, vescovi, conti e fedeli del sovrano. Tuttavia, come sottolineato già da Settia nel suo intervento al CISAM sui mercati rurali

403

TOUBERT (P.), Dalla terra ai castelli, 1995, p. 222. 404

152 nell’Italia Padana, solamente in cinque dispositivi regi vi è un chiaro e diretto nesso tra mercato e castello (Vedi Appendice 4).405

In tre diplomi il sovrano elargisce, allo stesso tempo, il diritto di costruire un castrum e quello di tenervi un mercato: nel privilegio, databile tra il 902 ed il 913, con cui Berengario concede al fedele Lupo di costruire un castello in villa Gurgo, nel comitato di Reggio, e di tenervi un mercato annuale406; in quello dell’anno 906 al diacono Audeberto, che ottiene dal sovrano la facoltà di edificare delle fortificazioni a Nogara e di svolgervi un mercato407 e, infine, nel privilegio, redatto tra il 911 ed il 915, con cui si consentiva al vice domino Leone di Novara di costruire castelli in Perrate, Terdobbiate e Galliete e di tenervi mercati annuali.408

Nei restanti due diplomi i castelli sono già esistenti: nel 904 viene confermata alla chiesa di Modena la proprietà del castello e del mercato costruiti presso la città di Nova409 mentre, nel 912-915, Berengario concede al suddiacono Girolamo il castello di Figara con la licenza di svolgervi un mercato.410

Disponiamo inoltre di due diplomi in cui si concedono immunità e diritti su castelli e mercati senza però che sia possibile stabilire una qualche contiguità topografica tra di essi.411 Nei restanti diciotto diplomi i mercati sono posti in corti appartenenti a enti religiosi e a signori laici, in città, in prossimità di porti fluviali, pievi, monasteri ed oratori (Vedi Appendice 4).412

Nei diplomi di Guido, Lamberto, Ludovico III, Rodolfo, Ugo, Lotario, Berengario II ed Adalberto non troviamo nessun riferimento alla creazione o all’esistenza di mercati in prossimità di fortezze. Al contrario, anche in questo caso, sono numerose le menzioni di mercati posti in città o, in generale, nelle proprietà terriere dei signori fondiari (vedi Appendice 4). Il quadro descritto dalla contemporanea documentazione privata appare sotanzialmente il medesimo. Ad esempio, il 30 novembre 891, Irmarda donò al monastero di

405 S

ETTIA (A.), “per foros Italie”, 1993, p. 219. 406

diplomi di Berengario I, n° 94, pp. 249-250; GABOTTO (F.) ET ALII, Le carte dell'archivio capitolare di Santa

Maria di Novara, II, n° XXIIII, p. 34.

407 I diplomi di Berengario I, n° 65, pp.177-178. 408 I diplomi di Berengario I, n° 102, pp. 267-268. 409

I diplomi di Berengario I, n°. 46, p. 134; UGHELLI (F.), Italia Sacra, II, 18, pp. 102-103. 410 I diplomi di Berengario I, n° 104, p. 270; CDV, II, n° 99, p. 129.

411 I diplomi di Berengario I, n° 51, p. 148. 412

I diplomi di Berengario I, n° 7, 13, 40, 43, 52, 60, 63, 67.,68, 78 , 85, 87, 104, 112, 123 e GAUDENZI (A.), Il

153 S. Sisto e Fabiano di Piacenza due corti:” una in Guardatella hubi Felina dicitur, alia Luciaria

cum cappellas duas, una in honore S. Giorgii, alia S. Petri, cum omnibus pertinencias suis, bundini atque ducalibuspiscationibus, mercatas et teloneum portoras Padi…”. 413

Anche nei diplomi Ottoniani non è possibile rivelare un legame diretto tra castelli e mercati. Tra i 41 diplomi concernenti mercati prodotti da questi sovrani, solo in tre casi è possibile riscontrare la presenza di un mercato in prossimità di un castello (vedi Appendice 5): nel 963 Ottone I conferma al vescovo di Luni: ” ...cortem de Ceperana cum mercato et

castro…”414 e l’8 ottobre del 995 Ottone II concede al vescovo di Coira: “…in castello

Clavenna vocato intra et extra castellum, scilicet omne ius et utilitate quam Amuzo comes quondam in beneficium tenuit in teloneo mercato aedificiis infra castellum areis…”415

mentre, cinque anni più tardi, è la chiesa di Piacenza che ottiene dal sovrano due mercati, uno dei quali si celebra “in castello Arcuato”.416 Al contrario, come nel caso della documentazione di epoca precedente, un gran numero di diplomi concernono mercati posti in rapporto a corti, pievi, villaggi, porti e monasteri.

Dunque, sebbene sia innegabile che alcuni mercati sorgessero nelle vicinanze o all’interno di un castello, non sembra che questo fenomeno abbia avuto l’ampiezza e l’importanza che in passato gli si è voluta attribuire dagli storici. A tal proposito occorre sottolinerare che la concessione del diritto di tenere un mercato non implica necessariamente l’effettiva costruzione di strutture mercantili o l’organizzazione di un qualche tipo di mercato periodico da parte del concessionario.417 A ciò si deve aggiungere che alcuni mercati resistettero all’edificazione dei castra. Paradigmatico il caso di Quargnento dove il vescovo di Asti aveva traslato, nel 948, le reliquie di San Dalmazzo. Nel 954 Beregario II autorizzò il vescovo a tenervi un mercato nel primo giorno di ogni mese418, ma è solo in un diploma di Enrico II, del 1041, che troviamo la menzione di un castro

413

TORELLI (P.), Regesto Mantovano, I, n° 14, p. 13. 414 MGH, Ottonis I diplomata, n° 255, p. 363, U

GHELLI (F.), Italia Sacra, I, 18, pp. 836-837. 415 CDR,II, n° 37, pp. 178-179.

416

MGH, Ottonis III diplomata, n° 385, p. 815; DREI (G.), Le carte degli archivi parmensi, I, n° 92, pp. 274-276; UGHELLI (F.), Italia Sacra, II, 34, pp. 206-207.

417 S

ETTIA (A.), “per foros Italie”, 1993, p. 196.

418

I diplomi di Berengario II ed Adalberto, doc. 9, p. 318; ASSANDRIA (G.), Libro verde della Chiesa d'Asti, n° CCCIX(1), pp. 192-194; S. Dalmazzo di Podona, p. 476; UGHELLI (F.), Italia Sacra, IV, 18, p. 346-347.

154 costruito in questo luogo.419 Appare evidente che in questo caso sia stata l’importanza del luogo di scambio, che grazie anche alla presenza delle reliquie del santo martire attirava fedeli e pellegrini, ad incentivare la costruzione del castello e non viceversa. Già esistenti al momento dell’erezione del castrum erano anche il mercato del monastero di Fontaneto e quelli del porto Septimum e di Vicomercato.420

Non ci sembra poi di poter cogliere, nella scelta di fortificare alcuni siti di mercato rispetto ad altri, una chiara logica di tipo economico o militare. Alcuni mercati posti in prossimità di importanti strutture commerciali, quali i porti, e di vie di comunicazione fluviali e terrestri, rimangono sprovvisti di strutture difensive mentre castelli sorgono in prossimità di semplici mercati rurali, posti lontano dai grandi flussi del commercio regionale ed interregionale.

Ora, come è stato dimostrato da Aldo Settia, i castelli non sembrano sorgere, nel corso del X secolo, come frutto di una strategia d’insieme dell’autorità regia, ma piuttosto sotto la spinta delle richieste che i sovrani ricevevano dai signori locali.421 Queste fortificazione si innalzavano dunque in corrispondenza di luoghi già abitati e di siti di un qualche interesse quali corti, pievi, villaggi, porti e monasteri.422 Poiché anche i mercati sorgevano in corrispondenza di centri demici e di strutture commerciali, non sorprende che in alcuni luoghi si trovassero al contempo un castello ed un mercato, senza per questo che quest’ultimo fosse sorto per effetto della presenza del primo, anzi, come abbiamo visto in alcuni casi, sembra essere avvenuto esattamente il contrario.

Non possiamo dunque condividere l’ipotesi di Mitterauer secondo la quale i mercati sorgevano in prossimità di residenze signorili fortificate poichè la richiesta di prodotti da parte del signore richiamava i mercanti. Come abbiamo constatato sono numerose, tra X ed XI secolo, le autorizzazioni ad aprire mercati in pievi, corti e porti sprovviste di qualsiasi tipo di fortificazione e lontane da residenze signorili. La domanda di merci di prestigio e di lusso da parte del signore e della sua famiglia non poteva essere sufficiente a giustificare la nascita

419 A

SSANDRIA (G.), Il libro verde della Chiesa d'Asti, n° CCCXIX (1), pp. 217-222; UGHELLI (F.), Italia Sacra, IV, 24, pp. 354-357 ” Plebem Sancti Dalmatii de Quadringento cum corte et castro et cum canonica eiusdem beatissimi

martiris quam specialiter precipimus ab omnibus esse obseruandam et omnibus suis pertinenciis mercatum ecclesiam et teloneum…..”.

420 Settia (A.) “Castelli e villaggi”, p. 153. 421

SETTIA (A.), Proteggere e dominare, 1999, p. 74. 422

155 di un mercato, soprattutto se consideriamo che in Italia settentrionale, in questo periodo, il castello non sembra presentarsi come una residenza signorile o, comunque, non lo è mai in modo esplicito e coerente.423 Le necessità di approviggionamento della popolazione locale, la presenza di una via di comunicazione o di un luogo di culto, dovevano aver favorito l’installazione e lo sviluppo di un mercato in un determinato luogo più che la presenza di una fortezza. La presenza di una struttura castrense ci appare dunque come un fattore complementare e non determinante nella formazione di un mercato.

La sensazione che si ha è dunque quella che la funzione, così come pure l’organizzazione topografica e gerarchica dei mercati di epoca post-carolingia, presenti caratteri di sostanziale continuità con quelli di età carolingia e che i castelli, che del resto si vanno ad inserire sovente, nell’Italia settentrionale, all’interno di una maglia insediativa già esistente, non abbiano provocato spostamenti di sedi di mercato o una nuova modulazione sul territorio dei flussi commerciali. I punti nevralgici della rete di mercati dell’Italia settentrionale restano le città che, in questo periodo, si popolano di nuovi mercati settimanali e fiere e dove le comunità di mercanti ed artigiani si fanno più numerose ed attive (si veda Appendice 1). A questi mercati cittadini si uniscono i mercati dei borghi posti fuori le mura e quelli delle campagne circostanti, sorti per soddisfare i bisogni della popolazione cittadina. Nelle campagne i mercati rurali, lungi dal dipendere dalle signorie rurali per la loro esistenza, svolgono anche durante il X e XI secolo la loro funzione di intermediazione dei flussi commerciali diretti dalle aree di produzione a quelle di consumo e luogo di approviggionamento di beni e servizi per la popolazione contadina.